ROSSO DI SERA
FARO' IL GIRO DELLE INNUMEREVOLI STANZE, E IN OGNUNA DI ESSE... APRIRO' UNA FINESTRA
BE YOURSELF
Perchè voler sembrare straordinari, quando si può essere se stessi?
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Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
« La mamma mi diceva | La donna prevaricatrice,... » |
Svetta maestoso con i suoi trenta metri d’altezza, il più alto fra gli alberi del minuscolo boschetto di fronte alle finestre di casa mia. Il cancro colorato del platano ha scurito in parte la corteccia del tronco, e dei rami… ma forse la malattia è sotto controllo, poiché l’albero si presenta così già da moltissimi anni senza apparenti variazioni di sorta. I frutti maturi del platano oscillano dolcemente sulle più alte cime, appesi al ramo con un sottile peduncolo: si apriranno a primavera, spargendo al suolo i loro semi. I rami sono nudi, neppure una foglia è sfuggita al vento dell’autunno: eppure anche per le foglie di un albero il destino non sempre è uguale. C’è un grosso ramo colpito da un fulmine di un caldo temporale estivo che ora penzola sconsolato tra i rami eretti, tenacemente attaccato con un lembo di corteccia al fusto cui faceva da cima. E le sue foglie, seppur da tempo rinsecchite, sono ancora attaccate al ramo che le ospitava. Perché il vento non è riuscito a staccarle e a portarle via? Forse perché le foglie del ramo colpito da fulmine sono morte quando ancora erano giovani, quando la loro linfa vitale le legava strettamente al ramo e al ciclo della loro vita. Un legame così stretto che neppure il vento può spezzare. La foglia che in autunno si stacca dal ramo, invece, ha concluso la sua esistenza. Con il tempo il picciolo che la teneva legata al ramo si è naturalmente assottigliato, per far sì che il vento, con facilità, possa portarla via.
. |
Cuore nuovo G. Lorca
Il mio cuore come una serpe
si è spogliato della sua pelle
e la tengo fra le mie dita
piena di ferite e di miele.
I pensieri annidati
nelle tue rughe, dove sono?
Dove le rose che profumavano
di Gesucristo e di Satana?
Povero involucro che opprimevi
la mia stella fantastica!
Grigia pergamena indolenzita
di ciò che volli e ora non amo più.
Ti appenderò ai muri
del mio museo sentimentale,
vicino ai gelidi e oscuri
gigli dormienti del mio male?
O ti metterò sopra I pini
-libro dolente del mio amore-
perché tu conosca I trilli
dell'usignolo all'alba?
Ti lascio un sorriso ed un fiocco di neve *_*
o mia deliziosa amica Giulia...
in un inchino dal Barbone