Creato da lillysorriso il 13/06/2008

Vivere per amare

Riflessioni e pensieri sparsi di una piccola anima

 

 

« MEDITAZIONI. »

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Post n°1063 pubblicato il 23 Aprile 2009 da lillysorriso

 

LA REALTA’ DEL PECCATO

 

Il peccato e’ senza dubbio opera della realta’ fragile e limitata dell’uomo; ma vi agiscono fattori per i quali esso si situa nella zona di confine dove la coscienza, la volonta’ e la sensibilita’ della persona sono in contatto con forze oscure che agiscono
nel mondo.

 Il peccato e’ dunque realta’ e mistero; se non teniamo conto di questi due aspetti sara’ impossibile capire il senso e la portata del peccato.

Afferma Giovanni Paolo II° nella Esortazione Apostolica “Reconciliatio et poenitentia” al n° 18: “Ristabilire il giusto senso del peccato e’ la prima forma per affrontare la grave crisi spirituale incombente sull’uomo del nostro tempo. Ma il senso del peccato si ristabilisce soltanto con un chiaro richiamo agli inderogabili principi di ragione e di fede…”.

Se l’elemento essenziale e primario di comprensione della realta’ del peccato e’ la fede, tuttavia esso si incarna nella vita morale dell’uomo concreto e storico.

Non sempre tutto cio’ che e’ sotto il segno della colpevolezza e’ peccato e viceversa. Ci sono alcuni aspetti della colpevolezza che non hanno un riferimento diretto al peccato, per cui occorre non confondere senso di colpa e senso del peccato, che sono due dimensioni umane, distinte e interagenti.

Il senso di colpa vero e costruttivo e’ la consapevolezza di aver trasgredito un valore importante, e’ il dispiacere per un valore smarrito. Ma occorre andare oltre, perche’ non basta sentirsi colpevoli di fronte alla propria coscienza: abbiamo bisogno di
scoprirci peccatori davanti a Dio.

Questo e’ il passaggio dal senso di colpa alla coscienza del peccato, che decide della maturita’ della nostra fede.

La coscienza del peccato si ha solo quando ci si mette di fronte a Dio e si scopre, con dolore, di averlo offeso. Quando arriviamo a capire che il peccato rompe un’alleanza, un’amicizia.

Solo da questa consapevolezza assolutamente sincera e realistica e’ possibile rialzarci dalle nostre cadute e rimetterci in cammino, dopo aver chiesto perdono a Dio nel Sacramento della Riconciliazione.

La Parola di Dio ci illustra la nostra condizione di peccatori: la malignita’ del peccato non consiste tanto nell’atto in se’, ma nel tentativo di rovesciamento dell’ordine stabilito da Dio (cf. Gn 3,5).  Inoltre appare come una rottura del rapporto tra Dio e la
sua creatura.

Il peccato e’ rivolto contro Dio perche’ ferisce direttamente il suo amore, e nello stesso tempo e’ un male per l’uomo stesso che si pone sotto il dominio di Satana. Il risultato e’ il cambiamento radicale operato dal peccato nel profondo dell’uomo, come
uno stravolgimento che solo Dio puo’ correggere e mutare. (cf. Salmo 50).

Sostanzialmente il peccato e’ questo: tentativo dell’uomo di essere indipendente da Dio, dimenticando la sua fondamentale origine e la sua attuale realta’; costruire se stesso indipendentemente da Dio, con il tragico risultato di perdere l’orientamento
verso Dio; perdere, cioe’, la meta e lo scopo della sua vita, che sono l’avvicinarsi a Dio e finalmente trovarlo.

“Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa; ma ora non hanno scusa per il loro peccato”. (Gv 15,22)

E’ il Cristo, manifestazione vivente dell’amore del Padre verso l’uomo, che rivela l’essenza del peccato come odio contro la volonta’ amante di Dio.

Nonostante l’infedelta’ dell’uomo, Dio si e’ rivolto ancora verso di lui chiamandolo in Cristo che personalmente entra a far parte della storia. E’ proprio in funzione del Cristo che il Padre ha pensato, deciso e realizzato tutto.

Infatti il piano di Dio e’ che l’uomo entri in relazione con lui mediante il Cristo. “Fedele e’ Dio, che vi ha chiamati alla comunione del Figlio suo Gesu’ Cristo, Signore nostro” (1 Cor 1, 9)

Ma l’uomo e’ un essere sociale per sua intima natura, e senza i rapporti con gli altri non puo’ vivere ne’ esplicare le sue doti (cf GS 12).

L’uomo, quindi, realizza la sua salvezza vicino e “con” i propri fratelli. Da questo punto di vista il peccato rivela non soltanto una responsabilita’ negativa del peccatore, ma si ripercuote pesantemente sulla comunita’ e la comunione viene turbata.

L’uomo e’ un essere che dipende da Dio e ha bisogno di tendere a Lui. Il peccato e’ dunque rifiuto, un “no” detto a Dio, un’offesa a Dio che ha tutti i diritti sulla sua creatura anche se fa prevalere sempre l’amore.

E’ respingere il dono di Dio. E’ abbandono del Cristo, e’ resistenza allo Spirito.

All’origine di questo rifiuto c’e’ l’orgoglio, la superbia, l’affermazione della propria autosufficienza, la consapevolezza di poter fare a meno di Dio, di essere indipendente da Lui e dalla Sua volonta’.

Rivelando agli uomini il mistero del peccato e tragica situazione dell’uomo peccatore, Dio ha voluto mostrare quanto grande sia il dono della salvezza di Gesu’ Cristo. Infatti, nella prospettiva cristiana, il peccato deve essere sempre visto nella luce della grazia, poiche’ “dov’e’ abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20).

Il cristiano, percio’, puo’ guardare al peccato in tutta la sua tragicita’, puo’ sentirne e sperimentarne il terribile peso sulla sua storia, senza tuttavia essere sopraffatto dal pessimismo e dalla disperazione.

Egli sa che con la sua morte e la sua risurrezione Cristo ha liberato gli uomini dal peccato e dalla morte e ha dato ad essi la grazia e la vita. Certo, questa liberazione non e’ ancora definitiva e il peccato agisce con forza. Tuttavia, la potenza di salvezza e di liberazione, che con la sua risurrezione Cristo ha immerso nella storia umana, e’ gia’ in azione e produce frutti di vita, di carita’, di rinnovamento del mondo.

L’ultima parola non e’, dunque, al peccato e alla morte, ma alla grazia e alla vita. L’ultima parola non e’ davvero al “principe di questo mondo”, che Cristo ha gia’ “gettato fuori” (Gv 12, 31), ma a Dio, che “ci da’ la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesu’ Cristo” (1 Cor 15, 57).

Per quanto riguarda la responsabilita’ personale occorre fare chiarezza:

“Dio non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare” (Sir 15, 20)

Questa affermazione della Scrittura sgombra il campo da ogni valutazione permissiva della responsabilita’ personale, per cui Dio ci chiede di accusarci con sincerita’ nel Sacramento della Riconciliazione, facendo presente al sacerdote confessore la nostra reale situazione. Ma è anche vero che “c’è modo e modo” di essere colpevoli: se la nostra colpa, pur grave, e’ frutto soprattutto della nostra fragilita’ e debolezza umana, dichiarandoci colpevoli con sincerità siamo già anche nella condizione di poterci rialzare e di rimetterci in cammino: il Sacramento ci rinsaldera’ nella nostra amicizia con il Signore mentre il nostro dispiacere di aver peccato ci fara’ individuare modi concreti di riparazione.

Ben diversa infatti e’ la condizione di chi “non vuole” lottare per fare il bene e porta avanti una condotta perversa. In ogni caso nessuno puo’ considerarsi senza speranza, ma certo la grazia di Dio troverà molti ostacoli per poter essere efficace in vista della
conversione.

Aiutare a comprendere la grandezza del Sacramento della Riconciliazione significa insegnare a “camminare nella speranza”. E’ importante far scoprire al giovane o all’adulto il valore della fedelta’ nel vivere, pur da peccatori.

E’ sbagliato pensare che sia troppo difficile. La Chiesa e’ fatta di peccatori e il cristianesimo non e’ una morale, ma una proposta di salvezza gia’ iniziata.

La misericordia di Dio va messa prima di tutto. Se, nonostante le nostre condizioni interiori, riprendiamo ogni giorno il cammino verso il Cristo, lo facciamo non tanto per raggiungere una normalita’, ma per vivere l’insperato: lasciarci trasformare ad immagine di Cristo, di quel Cristo che prega per noi e ci offre la liberazione del perdono. E noi stessi dobbiamo non condannare nessuno, ma diventare dei “liberatori”.

Il peccato distrugge le forze fisiche e morali, ma non puo’ distruggere la potenza della misericordia e dell’amore di Dio. “Dio e’ piu’ forte degli uomini” (1 Cor 1,25). Dio continua sempre ad amarci, prima, durante e dopo il peccato.

La preghiera, in quanto relazione fra noi e Dio, ci mette in relazione con la sua misericordia che rimette anche le colpe piu’ gravi. Per sua natura la preghiera e’ una manifestazione di pentimento e di ritorno a Dio. E Dio e’ sempre disposto ad
accogliere chi ritorna a Lui.

Se e’ vero che il peccato distrugge gran parte della forza acquisita mediante la preghiera, non puo’ tuttavia sradicare completamente quanto abbiamo ottenuto “nella” preghiera.

Se dopo aver pregato soccombiamo, qualunque sia il tipo di peccato, conserviamo pero’ sempre in noi un resto della potenza acquisita attraverso la preghiera. E questa potenza finisce per prendere di nuovo il sopravvento.

Anche dopo le colpe piu’ grandi resta sempre nel nostro cuore e nella nostra coscienza un fondo di potenza spirituale, che si e’ formato in noi mediante la preghiera offerta a Dio con un cuore sincero e una coscienza che rifiuta il peccato.

Con la preghiera assidua si acquisisce progressivamente un tesoro di potenza spirituale che alla fine arriva non solo ad annullare ogni peccato, ma anche a purificare la coscienza dal senso di malessere causato dal peccato. La gioia della remissione e della salvezza viene a sostituirsi all’afflizione e al dolore causati dal peccato.

La preghiera si rivela cosi’ come la piena guarigione dell’anima.

Tutto questo, pero’ non si compie in un giorno e neppure in un anno. E’ solo nel corso di lunghi anni che la preghiera realizza la sua opera di maturazione, lenta ma continua, che mira a distruggere il desiderio del peccato e a purificare progressivamente la
coscienza. Quando la vita di preghiera e’ sufficientemente matura, la luce della salvezza comincia a brillare in un modo intenso e inatteso all’interno dell’anima, con una gioia indicibile che si estende a tutto il tuo essere interiore. Questa luce interiore, che
appare soltanto piu’ tardi e che sembra qualcosa di improvviso, e’ in realta’ il risultato di lunghi anni, il frutto di migliaia di preghiere.

Fino all’ultimo soffio di vita continuerà a offrirsi l’Amore di Dio, chiedendo solo di essere riconosciuto e accolto, perche’ sappiamo che “Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” ( Ez 18, 23; 33, 11).



La presa di coscienza della propria debolezza

apre la via della guarigione,

perche’ diventa una porta per la quale

 la grazia puo’ entrare nell’uomo.

L’uomo che e’ giunto alla conoscenza della propria debolezza,

e’ giunto al fondo dell’umilta’.

Se ricorderai sempre e conoscerai con esattezza

che tu sei debole, non oltrepasserai mai

i limiti della vigilanza.

(cf.   Isacco di Ninive)

 
 
 
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Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. E invece di riconoscenza non riceve dai più che ingratitudine per le irriverenze e i sacrilegi, per la freddezza e il disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore.

 

 

 

 

 

 

 

..Gesu è vivo!

 

Gesu è vivo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LAMPADA AI MIEI PASSI E' LA TUA PAROLA

 

AVE MARIA

Ave, o Maria piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso, e nell’ora della nostra morte.
Amen.

 

PADRE NOSTRO

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.

 

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