Creato da lillysorriso il 13/06/2008

Vivere per amare

Riflessioni e pensieri sparsi di una piccola anima

 

 

.

Post n°1067 pubblicato il 01 Maggio 2009 da lillysorriso

Maria, donna in cammino

(don Tonino Bello – “Maria, donna dei nostri giorni”)

 

   Se i personaggi del vangelo avessero avuto una specie di contachilometri incorporato, penso che la classifica dei più infaticabili camminatori l'avrebbe vinta Maria. Gesù a parte, naturalmente.

   Siccome allora Gesù è fuori concorso, a capeggiare la graduatoria delle peregrinazioni evangeliche è indiscutibilmente lei: Maria!

   La troviamo sempre in cammino, da un punto all'altro della Palestina, con uno sconfinamento financo all'estero. Viaggio di andata e ritorno da Nazaret verso i monti di Giuda, per trovare la cugina, con quella specie di supplemento Eurostar menzionato da Luca il quale ci assicura che «raggiunse in fretta la città».

   Viaggio fino a Betlem. Di qui, a Gerusalemme per la presentazione al tempio.
   Espatrio clandestino in Egitto. Ritorno guardingo in Giudea col foglio di via rilasciato dall'angelo del Signore, e poi di nuovo a Nazaret. Pellegrinaggio verso Gerusalemme con lo sconto comitiva, e raddoppio del percorso con escursione per la città alla ricerca di Gesù. Tra la folla, ad incontrare lui errante per i villaggi di Galilea, forse con la mezza idea di farlo ritirare a casa. Finalmente, sui sentieri del Calvario, ai piedi della croce, dove la meraviglia espressa da Giovanni con la parola «stabat», più che la pietrificazione del dolore per una corsa fallita, esprime l'immobilità statuaria di chi attende sul podio il premio della vittoria.

   Icona del «cammina cammina», la troviamo seduta solo al banchetto del primo miracolo. Seduta, ma non ferma. Non sa rimanersene quieta. Non corre col corpo, ma precorre con l'anima. E se non va lei verso l'«ora» di Gesù, fa venire quell'ora verso di lei, spostandone indietro le lancette, finché la gioia pasquale non irrompe sulla mensa degli uomini.

   Sempre in cammino. E per giunta, in salita.

   Da quando si mise in viaggio «verso la montagna», fino al giorno del Golgota, anzi fino al crepuscolo dell'ascensione quando salì anche lei con gli apostoli «al piano superiore» in attesa dello Spirito, i suoi passi sono sempre scanditi dall'affanno delle alture.

   Avrà fatto anche le discese, e Giovanni ne ricorda una quando dice che Gesù, dopo le nozze di Cana, «discese a Cafarnao insieme con sua madre». Ma l'insistenza con cui il vangelo accompagna con il verbo «salire» i suoi viaggi a Gerusalemme, più che alludere all'ansimare del petto o al gonfiore dei piedi, sta a dire che la peregrinazione terrena di Maria simbolizza tutta la fatica di un esigente itinerario spirituale.

   Santa Maria, donna della strada, come vorremmo somigliarti nelle nostre corse trafelate, ma non abbiamo traguardi. Siamo pellegrini come te, ma senza santuari verso cui andare. Siamo più veloci di te, ma il deserto ingoia i nostri passi. Camminiamo sull'asfalto, ma il bitume cancella le nostre orme.

   Forzati del «cammina cammina», ci manca nella bisaccia di  viandanti la cartina stradale che dia senso alle nostre itineranze. E con tutti i raccordi anulari che abbiamo a disposizione, la nostra vita non si raccorda con nessuno svincolo costruttivo, le ruote girano a vuoto sugli anelli dell'assurdo, e ci ritroviamo inesorabilmente a contemplare gli stessi panorami.

   Donaci, ti preghiamo, il gusto della vita. Facci assaporare l'ebbrezza delle cose.

Offri risposte materne alle domande di significato circa il nostro interminabile andare.     E se sotto i nostri pneumatici violenti, come un tempo sotto i tuoi piedi nudi, non spuntano più i fiori, fa' che rallentiamo almeno le nostre frenetiche corse per goderne il profumo e ammirarne la bellezza.

   Santa Maria, donna della strada, fa' che i nostri sentieri siano, come lo furono i tuoi, strumento di comunicazione con la gente, e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine.

   Liberaci dall'ansia della metropoli e donaci l'impazienza di Dio.  L'impazienza di Dio ci fa allungare il passo per raggiungere i compagni di strada. L'ansia della metropoli, invece, ci rende specialisti del sorpasso. Ci fa guadagnare tempo, ma ci fa perdere il fratello che cammina accanto a noi.
   Ci mette nelle vene la frenesia della velocità, ma svuota di tenerezza i nostri giorni. Ci fa premere sull'acceleratore, ma non dona alla nostra fretta, come alla tua, sapori di carità. Comprime nelle sigle perfino i sentimenti, ma ci priva della gioia di quelle relazioni corte che, per essere veramente umane, hanno bisogno del gaudio di cento parole.

   Santa Maria, donna della strada, «segno di sicura speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio», facci capire come, più che sulle mappe della geografia, dobbiamo cercare sulle tavole della storia le carovaniere dei nostri pellegrinaggi. E’ su questi itinerari che crescerà la nostra fede.

   Prendici per mano e facci scorgere la presenza sacramentale di Dio sotto il filo dei giorni, negli accadimenti del tempo, nel volgere delle stagioni umane, nei tramonti delle onnipotenze terrene, nei crepuscoli mattinali di popoli nuovi, nelle attese di solidarietà che si colgono nell'aria.

Verso questi santuari dirigi i nostri passi. Per scorgere sulle sabbie dell'effimero le orme dell'eterno. Restituisci sapori di ricerca interiore alla nostra inquietudine di turisti senza meta.

Se ci vedi allo sbando, sul ciglio della strada, fermati, Samaritana dolcissima, per versare sulle nostre ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza. E poi rimettici in carreggiata. Dalle nebbie di questa «valle di lacrime», in cui si consumano le nostre afflizioni, facci volgere gli occhi verso i monti da dove verrà l'aiuto. E allora sulle nostre strade fiorirà l'esultanza del Magnificat.

Come avvenne in quella lontana primavera, sulle alture della Giudea, quando ci salisti tu.

 

 

 

 

 

 

 
 
 

.

Post n°1066 pubblicato il 29 Aprile 2009 da lillysorriso

SENZA LA PREGHIERA E’ IMPOSSIBILE RESISTERE ALLE TENTAZIONI E PRATICARE I COMANDAMENTI.

 

L’orazione inoltre è l’arma più necessaria per difenderci dai nemici: chi di questa non s’avvale, dice S. Tommaso, è perduto. Non dubita il Santo di ritenere che Adamo cadde perché non si raccomandò a Dio allora che fu tentato (P. I. q. 94, a. 4). E lo stesso scrisse S. Gelasio parlando degli angeli ribelli: Che cioè ricevendo invano la grazia di Dio, senza pregare non seppero rimanere fedeli (Epist. adversus Pelag. haeret.). San Carlo Borromeo in una lettera Pastorale (Litt. pastor. De or. in com.) avverte, che tra tutti i mezzi che Gesù Cristo ci ha raccomandati nel Vangelo, ha dato il primo luogo alla preghiera: ed in ciò ha voluto che si distinguesse la sua Chiesa e Religione dalle altre sette, volendo che ella si chiamasse specialmente casa d’orazione. La casa mia sarà chiamata casa d’orazione (Mt 21,13).

Conclude S. Carlo nella suddetta lettera, che la preghiera è il principio, il progresso e il complemento di tutte le virtù. Sicché nelle tenebre, nelle miserie e nei pericoli, in cui ci troviamo (diceva re Giosafat) non abbiamo in che altro fondare le nostre speranze, che in sollevare gli occhi a Dio e dalla sua misericordia impetrare colle preghiere la nostra salvezza (2 Cron 20,12). E così anche praticava Davide; non trovando altro mezzo per non esser preda dei nemici, che pregare continuamente il Signore a liberarlo dalle loro insidie: Gli occhi miei sono sempre rivolti al Signore perché Egli trarrà dal laccio i miei piedi (Sal 24,15). Sicché altro egli non faceva che pregare dicendo: A me volgi il tuo sguardo, e abbi pietà di me, perché io son solo e son povero (Ibid. 24,16). Gridai a te: dammi salute affinché osservi i tuoi precetti (Sal 118,146). Signore, volgete a me gli occhi, abbiate pietà di me, e salvatemi: mentre io non posso niente, e fuori di Voi non ho chi possa aiutarmi.

Ed infatti come potremmo noi resistere alle forze dei nostri nemici, ed osservare i divini precetti, specialmente dopo il peccato di Adamo, che ci ha resi così deboli ed infermi, se non avessimo il mezzo dell’orazione, per cui possiamo già dal Signore impetrare la luce e la forza bastante per osservarli? Fu già bestemmia quella che disse Lutero, cioè che dopo il peccato di Adamo sia assolutamente impossibile agli uomini l’osservanza della divina legge. Giansenio ancora disse che alcuni precetti ai giusti erano impossibili secondo le presenti forze che hanno. E sin qui la sua proposizione avrebbe potuto spiegarsi in buon senso; ma ella fu giustamente condannata dalla Chiesa per quello che poi vi aggiunse, dicendo che mancava ancora la grazia divina a renderli possibili. E’ vero, dice S. Agostino, che l’uomo per la sua debolezza non può già adempiere alcuni precetti con le presenti forze e con la grazia ordinaria, ossia comune a tutti; ma ben può con la preghiera ottenere l’aiuto maggiore, che vi bisogna per osservarli: Iddio non comanda cose impossibili, ma nel comandare ti avvisa di fare quel che puoi, e chiedere quel che non puoi, ed aiuta affinché tu lo possa (De nat. et grat. cap. XLIII). E’ celebre questo testo del Santo, che poi fu adottato e fatto dogma di fede dal Concilio di Trento (Sess. VI, cap. II). Ed ivi immediatamente soggiunse il santo Dottore: Vediamo in che modo... (cioè, come l’uomo può fare quel che non può). Per mezzo della medicina potrà quello che non può per la sua infermità (Ibid. cap. LXIX). E vuol dire che con la preghiera otteniamo il rimedio alla nostra debolezza; poiché pregando noi, Iddio ci dona la forza a far quel che noi non possiamo.

Non possiamo già credere, segue a parlare S. Agostino, che il Signore, abbia voluto imporci l’osservanza della legge, e che poi ci abbia imposto una legge impossibile; e perciò dice il Santo, che allorché Dio ci fa conoscere impotenti ad osservare tutti i suoi precetti, egli ci ammonisce a far le cose difficili con l’aiuto maggiore che possiamo impetrare per mezzo della preghiera (Sess. VI, cap. LXIX). Ma perché, dirà taluno, ci ha comandato Dio cose impossibili alle nostre forze? Appunto per questo, dice il Santo, affinché noi attendiamo ad ottenere con l’orazione l’aiuto per fare ciò che non possiamo (De gr. et lib. arb. c. 16). E in altro luogo: La legge fu data affinché domandassimo la grazia; la grazia fu donata, affinché fosse adempita la legge (De sp. et lit. c. 19). La legge non può osservarsi senza la grazia; e Dio a questo fine ha dato la legge, affinché noi sempre lo supplicassimo a donarci la grazia per osservarla. In altro luogo dice: La legge è buona per chi ne usa legittimamente. Che vuol dire dunque servirsi legittimamente della legge? (Serm. 156).

E risponde: riconoscere per mezzo della legge la propria infermità e domandare il divino aiuto onde conseguire la salute (Serm. 156). Dice dunque S. Agostino, che noi dobbiamo servirci della legge, ma a che cosa? a conoscere per mezzo della legge (a noi impossibile) la nostra impotenza ad osservarla, affinché poi impetriamo, col pregare, l’aiuto divino che sana la nostra debolezza.

Lo stesso scrisse S. Bernardo, dicendo: Chi siamo noi, e qual è la nostra forza che possiamo resistere a tante tentazioni? Questo certamente ricercava Iddio che, vedendo noi la nostra debolezza, e che non abbiamo in pronto altro aiuto, ricorressimo con tutta umiltà alla sua misericordia (Serm. v. De Quadrag.). Conosce il Signore, quanto utile sia a noi la necessità di pregare, per conservarci umili e per esercitarci alla confidenza: e perciò permette che ci assaltino nemici insuperabili dalle nostre forze, affinché noi con la preghiera otteniamo dalla sua misericordia l’aiuto a resistere.

Specialmente, si avverta che niuno può resistere alle tentazioni impure della carne, se non si raccomanda a Dio quando è tentato. Questa nemica è sì terribile, che quando ci combatte, quasi ci toglie ogni luce: ci fa scordare di tutte le meditazioni e buoni propositi fatti e ci fa vilipendere ancora le verità della fede, quasi perdere anche il timore dei castighi divini: poiché ella si congiura con l’inclinazione naturale, che con somma violenza ne spinge ai piaceri sensuali. Chi allora non ricorre a Dio, è perduto. L’unica difesa contro questa tentazione è la preghiera; dice S. Gregorio Nisseno: L’orazione è il presidio della pudicizia (De or. Dom. I.). E lo disse prima Salomone: ‘Tosto ch’io seppi come non poteva essere continente se Dio non mel concedeva, io mi presentai al Signore, e lo pregai" (Sap 8,21). La castità è una virtù che non abbiamo forza di osservare se Dio non ce la concede, e Dio non concede questa forza, se non a chi la domanda. Ma chi la domanda certamente l’otterrà.

Pertanto dice S. Tommaso contro Giansenio, che non dobbiamo dire essere a noi impossibile il precetto, poiché quantunque non possiamo noi osservarlo con le nostre forze, lo possiamo nondimeno con l’aiuto divino (1, 2, q. 109, a. 4, ad 2). Né dicasi, che sembra un’ingiustizia il comandare ad uno zoppo che cammini diritto; no, dice S. Agostino, non è ingiustizia, sempre che gli sia dato il modo di trovare rimedio al suo difetto; onde se egli poi segue a zoppicare, la colpa è sua (De perfect. iust. c. III).

Insomma, dice lo stesso santo Dottore, che non saprà mai vivere bene chi non saprà ben pregare (S. 55. in app.). Ed all’incontro, dice S. Francesco d’Assisi, che senza orazione non può sperarsi mai alcun buon frutto in un’anima. A torto dunque si scusano quei peccatori che dicono di non aver forza di resistere alla tentazione. Ma se voi, li rimprovera S. Giacomo, non avete questa forza, perché non la domandate? Voi non l’avete, perché non la cercate (Gc 4,2). Non vi è dubbio, che noi siamo troppo deboli per resistere agli assalti dei nostri nemici, ma è certo ancora, che Dio è fedele, come dice l’Apostolo, e non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: "Ma fedele è Dio, il quale non permetterà che voi siate tentati oltre il vostro potere, ma darà con la tentazione il profitto, affinché possiate sostenere" (1 Cr 10,13). Commenta Primasio: Con l’aiuto della grazia farà provenire questo, che possiate sopportare la tentazione. Noi siamo deboli, ma Iddio è forte: quando noi gli domandiamo l’aiuto, allora egli ci comunica la sua fortezza, e potremo tutto, come giustamente vi prometteva lo stesso Apostolo dicendo: "Tutte le cose mi sono possibili in Colui che è mio conforto" (Fil 4,13). Non ha scusa dunque, dice S. Giovanni Crisostomo, chi cade perché trascura di pregare, poiché se avesse pregato, non sarebbe restato vinto dai nemici (Serm. De Moyse).

 

 
 
 

s alfonso deliguori

Post n°1065 pubblicato il 29 Aprile 2009 da lillysorriso

Il Venerabile Giuseppe Toniolo

DEL GRAN MEZZO DELLA PREGHIERA

 Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle

 
 
 

.

Post n°1064 pubblicato il 26 Aprile 2009 da lillysorriso


Riflessioni sulla liturgia della
3° Domenica di Pasqua   B

Credere in Gesù risorto vuol dire per il cristiano conversione, osservanza dei comandamenti, testimonianza.
San Pietro vede la risurrezione di Gesù come la glorificazione che il Padre gli concede, e richiama perciò gli ebrei alla conversione.
La lettera di San Giovanni dice che Gesù è vittima di espiazione dei peccati di tutti ed avvocato presso Dio. Lo si ama osservando i suoi comandamenti.
Gesù nel Vangelo appare risorto in mezzo ai suoi, in Lui si sono avverate le Scritture. Ora il suo messaggio di conversione e di perdono deve essere portato a tutti. Gli Apostoli sono i testimoni di Cristo risorto.
Anche ogni cristiano ha, a suo modo, parte a questa testimonianza.
Questa ulteriore apparizione del Risorto ci porta a considerare l’assemblea eucaristica come luogo privilegiato della presenza attiva del Signore: Gesù che si fa presente in mezzo ai suoi, il dono della pace, la gioia dei discepoli, l’invio in missione, l’annuncio del perdono… sono realtà in atto ancora oggi in ogni nostra comunità, perché in essa prolungano il mistero e il frutto della Pasqua di Cristo.
Rendiamo grazie al Padre per la vita che in Gesù è effettivamente prevalsa sulla legge comune della morte; e partecipando al pane della vita impegnamoci con Lui a far crescere nel mondo la vita nuova che sgorga dalla pasqua di Cristo.

 
 
 

.

Post n°1063 pubblicato il 23 Aprile 2009 da lillysorriso

 

LA REALTA’ DEL PECCATO

 

Il peccato e’ senza dubbio opera della realta’ fragile e limitata dell’uomo; ma vi agiscono fattori per i quali esso si situa nella zona di confine dove la coscienza, la volonta’ e la sensibilita’ della persona sono in contatto con forze oscure che agiscono
nel mondo.

 Il peccato e’ dunque realta’ e mistero; se non teniamo conto di questi due aspetti sara’ impossibile capire il senso e la portata del peccato.

Afferma Giovanni Paolo II° nella Esortazione Apostolica “Reconciliatio et poenitentia” al n° 18: “Ristabilire il giusto senso del peccato e’ la prima forma per affrontare la grave crisi spirituale incombente sull’uomo del nostro tempo. Ma il senso del peccato si ristabilisce soltanto con un chiaro richiamo agli inderogabili principi di ragione e di fede…”.

Se l’elemento essenziale e primario di comprensione della realta’ del peccato e’ la fede, tuttavia esso si incarna nella vita morale dell’uomo concreto e storico.

Non sempre tutto cio’ che e’ sotto il segno della colpevolezza e’ peccato e viceversa. Ci sono alcuni aspetti della colpevolezza che non hanno un riferimento diretto al peccato, per cui occorre non confondere senso di colpa e senso del peccato, che sono due dimensioni umane, distinte e interagenti.

Il senso di colpa vero e costruttivo e’ la consapevolezza di aver trasgredito un valore importante, e’ il dispiacere per un valore smarrito. Ma occorre andare oltre, perche’ non basta sentirsi colpevoli di fronte alla propria coscienza: abbiamo bisogno di
scoprirci peccatori davanti a Dio.

Questo e’ il passaggio dal senso di colpa alla coscienza del peccato, che decide della maturita’ della nostra fede.

La coscienza del peccato si ha solo quando ci si mette di fronte a Dio e si scopre, con dolore, di averlo offeso. Quando arriviamo a capire che il peccato rompe un’alleanza, un’amicizia.

Solo da questa consapevolezza assolutamente sincera e realistica e’ possibile rialzarci dalle nostre cadute e rimetterci in cammino, dopo aver chiesto perdono a Dio nel Sacramento della Riconciliazione.

La Parola di Dio ci illustra la nostra condizione di peccatori: la malignita’ del peccato non consiste tanto nell’atto in se’, ma nel tentativo di rovesciamento dell’ordine stabilito da Dio (cf. Gn 3,5).  Inoltre appare come una rottura del rapporto tra Dio e la
sua creatura.

Il peccato e’ rivolto contro Dio perche’ ferisce direttamente il suo amore, e nello stesso tempo e’ un male per l’uomo stesso che si pone sotto il dominio di Satana. Il risultato e’ il cambiamento radicale operato dal peccato nel profondo dell’uomo, come
uno stravolgimento che solo Dio puo’ correggere e mutare. (cf. Salmo 50).

Sostanzialmente il peccato e’ questo: tentativo dell’uomo di essere indipendente da Dio, dimenticando la sua fondamentale origine e la sua attuale realta’; costruire se stesso indipendentemente da Dio, con il tragico risultato di perdere l’orientamento
verso Dio; perdere, cioe’, la meta e lo scopo della sua vita, che sono l’avvicinarsi a Dio e finalmente trovarlo.

“Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa; ma ora non hanno scusa per il loro peccato”. (Gv 15,22)

E’ il Cristo, manifestazione vivente dell’amore del Padre verso l’uomo, che rivela l’essenza del peccato come odio contro la volonta’ amante di Dio.

Nonostante l’infedelta’ dell’uomo, Dio si e’ rivolto ancora verso di lui chiamandolo in Cristo che personalmente entra a far parte della storia. E’ proprio in funzione del Cristo che il Padre ha pensato, deciso e realizzato tutto.

Infatti il piano di Dio e’ che l’uomo entri in relazione con lui mediante il Cristo. “Fedele e’ Dio, che vi ha chiamati alla comunione del Figlio suo Gesu’ Cristo, Signore nostro” (1 Cor 1, 9)

Ma l’uomo e’ un essere sociale per sua intima natura, e senza i rapporti con gli altri non puo’ vivere ne’ esplicare le sue doti (cf GS 12).

L’uomo, quindi, realizza la sua salvezza vicino e “con” i propri fratelli. Da questo punto di vista il peccato rivela non soltanto una responsabilita’ negativa del peccatore, ma si ripercuote pesantemente sulla comunita’ e la comunione viene turbata.

L’uomo e’ un essere che dipende da Dio e ha bisogno di tendere a Lui. Il peccato e’ dunque rifiuto, un “no” detto a Dio, un’offesa a Dio che ha tutti i diritti sulla sua creatura anche se fa prevalere sempre l’amore.

E’ respingere il dono di Dio. E’ abbandono del Cristo, e’ resistenza allo Spirito.

All’origine di questo rifiuto c’e’ l’orgoglio, la superbia, l’affermazione della propria autosufficienza, la consapevolezza di poter fare a meno di Dio, di essere indipendente da Lui e dalla Sua volonta’.

Rivelando agli uomini il mistero del peccato e tragica situazione dell’uomo peccatore, Dio ha voluto mostrare quanto grande sia il dono della salvezza di Gesu’ Cristo. Infatti, nella prospettiva cristiana, il peccato deve essere sempre visto nella luce della grazia, poiche’ “dov’e’ abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20).

Il cristiano, percio’, puo’ guardare al peccato in tutta la sua tragicita’, puo’ sentirne e sperimentarne il terribile peso sulla sua storia, senza tuttavia essere sopraffatto dal pessimismo e dalla disperazione.

Egli sa che con la sua morte e la sua risurrezione Cristo ha liberato gli uomini dal peccato e dalla morte e ha dato ad essi la grazia e la vita. Certo, questa liberazione non e’ ancora definitiva e il peccato agisce con forza. Tuttavia, la potenza di salvezza e di liberazione, che con la sua risurrezione Cristo ha immerso nella storia umana, e’ gia’ in azione e produce frutti di vita, di carita’, di rinnovamento del mondo.

L’ultima parola non e’, dunque, al peccato e alla morte, ma alla grazia e alla vita. L’ultima parola non e’ davvero al “principe di questo mondo”, che Cristo ha gia’ “gettato fuori” (Gv 12, 31), ma a Dio, che “ci da’ la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesu’ Cristo” (1 Cor 15, 57).

Per quanto riguarda la responsabilita’ personale occorre fare chiarezza:

“Dio non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare” (Sir 15, 20)

Questa affermazione della Scrittura sgombra il campo da ogni valutazione permissiva della responsabilita’ personale, per cui Dio ci chiede di accusarci con sincerita’ nel Sacramento della Riconciliazione, facendo presente al sacerdote confessore la nostra reale situazione. Ma è anche vero che “c’è modo e modo” di essere colpevoli: se la nostra colpa, pur grave, e’ frutto soprattutto della nostra fragilita’ e debolezza umana, dichiarandoci colpevoli con sincerità siamo già anche nella condizione di poterci rialzare e di rimetterci in cammino: il Sacramento ci rinsaldera’ nella nostra amicizia con il Signore mentre il nostro dispiacere di aver peccato ci fara’ individuare modi concreti di riparazione.

Ben diversa infatti e’ la condizione di chi “non vuole” lottare per fare il bene e porta avanti una condotta perversa. In ogni caso nessuno puo’ considerarsi senza speranza, ma certo la grazia di Dio troverà molti ostacoli per poter essere efficace in vista della
conversione.

Aiutare a comprendere la grandezza del Sacramento della Riconciliazione significa insegnare a “camminare nella speranza”. E’ importante far scoprire al giovane o all’adulto il valore della fedelta’ nel vivere, pur da peccatori.

E’ sbagliato pensare che sia troppo difficile. La Chiesa e’ fatta di peccatori e il cristianesimo non e’ una morale, ma una proposta di salvezza gia’ iniziata.

La misericordia di Dio va messa prima di tutto. Se, nonostante le nostre condizioni interiori, riprendiamo ogni giorno il cammino verso il Cristo, lo facciamo non tanto per raggiungere una normalita’, ma per vivere l’insperato: lasciarci trasformare ad immagine di Cristo, di quel Cristo che prega per noi e ci offre la liberazione del perdono. E noi stessi dobbiamo non condannare nessuno, ma diventare dei “liberatori”.

Il peccato distrugge le forze fisiche e morali, ma non puo’ distruggere la potenza della misericordia e dell’amore di Dio. “Dio e’ piu’ forte degli uomini” (1 Cor 1,25). Dio continua sempre ad amarci, prima, durante e dopo il peccato.

La preghiera, in quanto relazione fra noi e Dio, ci mette in relazione con la sua misericordia che rimette anche le colpe piu’ gravi. Per sua natura la preghiera e’ una manifestazione di pentimento e di ritorno a Dio. E Dio e’ sempre disposto ad
accogliere chi ritorna a Lui.

Se e’ vero che il peccato distrugge gran parte della forza acquisita mediante la preghiera, non puo’ tuttavia sradicare completamente quanto abbiamo ottenuto “nella” preghiera.

Se dopo aver pregato soccombiamo, qualunque sia il tipo di peccato, conserviamo pero’ sempre in noi un resto della potenza acquisita attraverso la preghiera. E questa potenza finisce per prendere di nuovo il sopravvento.

Anche dopo le colpe piu’ grandi resta sempre nel nostro cuore e nella nostra coscienza un fondo di potenza spirituale, che si e’ formato in noi mediante la preghiera offerta a Dio con un cuore sincero e una coscienza che rifiuta il peccato.

Con la preghiera assidua si acquisisce progressivamente un tesoro di potenza spirituale che alla fine arriva non solo ad annullare ogni peccato, ma anche a purificare la coscienza dal senso di malessere causato dal peccato. La gioia della remissione e della salvezza viene a sostituirsi all’afflizione e al dolore causati dal peccato.

La preghiera si rivela cosi’ come la piena guarigione dell’anima.

Tutto questo, pero’ non si compie in un giorno e neppure in un anno. E’ solo nel corso di lunghi anni che la preghiera realizza la sua opera di maturazione, lenta ma continua, che mira a distruggere il desiderio del peccato e a purificare progressivamente la
coscienza. Quando la vita di preghiera e’ sufficientemente matura, la luce della salvezza comincia a brillare in un modo intenso e inatteso all’interno dell’anima, con una gioia indicibile che si estende a tutto il tuo essere interiore. Questa luce interiore, che
appare soltanto piu’ tardi e che sembra qualcosa di improvviso, e’ in realta’ il risultato di lunghi anni, il frutto di migliaia di preghiere.

Fino all’ultimo soffio di vita continuerà a offrirsi l’Amore di Dio, chiedendo solo di essere riconosciuto e accolto, perche’ sappiamo che “Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” ( Ez 18, 23; 33, 11).



La presa di coscienza della propria debolezza

apre la via della guarigione,

perche’ diventa una porta per la quale

 la grazia puo’ entrare nell’uomo.

L’uomo che e’ giunto alla conoscenza della propria debolezza,

e’ giunto al fondo dell’umilta’.

Se ricorderai sempre e conoscerai con esattezza

che tu sei debole, non oltrepasserai mai

i limiti della vigilanza.

(cf.   Isacco di Ninive)

 
 
 

MEDITAZIONI

Post n°1062 pubblicato il 21 Aprile 2009 da lillysorriso

MEDITAZIONI

PERDONARE I NEMICI

Ho spesso considerato, con molta ammirazione e piacere,
l’estrema premura che Gesù Cristo ha avuto di indurci ad amare i nostri fratelli. Ecco, di un passaggio del Vangelo, ecco quello che vi ordino soprattutto: amatevi gli uni gli altri; e amatevi, se possibile, quanto sapete che io ho amato voi. Sarà questa caratteristica dei miei figli. Esigo che i miei discepoli si distinguano così da tutti gli altri: In hoc cog noscent oomnes quod discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicem. Altrove ci dice di non volere che alcuna ragione, sia d’onore, sia di interesse, ci porti a cambiare l’amore in odio; ci ripudia completamente, ci mette al livello dei pagani e degli infedeli se non amiamo i nemici, se non preghiamo per loro,se non facciamo loro del bene. Insomma, sembra che tutto il cristianesimo si riduca a questo solo punto.Ecco il compendio di tutti i comandamenti, ci dice tramite san Paolo: amate il prossimo come voi stessi: chi ama ha compiuto tutti i suoi doveri; l’amore è il compimento della legge: Plenitudo legis dilectio.
Dio mio, quanto mi sembra dolce questo comandamento! Quanto mi sembra, per così dire, umano! Quanto mi pare degno della bontà e della saggezza di Dio! Quanto è ragionevole che uomini che hanno una stessa natura, una stessa religione, uno stesso Padre, uomini che devono vivere in società, che sono tutti come compagni di viaggio, che puntano alla stessa mèta per lo stesso cammino, che devono essere eternamente insieme nel cielo, vedersi e amarsi scambievolmente in eterno; quanto è ragionevole, dico, che comincino ad amarsi già da quaggiù e a rendersi gli uni gli altri tutti i servizi che ciascuno sarebbe contento fossero resi a lui stesso! Signore, il vostro zelo per la carità non vi spinge forse oltre i limiti quando ci comandate di abbandonare il culto che dobbiamo al Creatore, per pensare a riconciliarci con i nostri nemici? Il servizio di Dio non deve essere preferito a tutto il resto? L’obbligo che Abbiamo di onorare colui che ci ha formato, non è più urgente che quello di riprendere i contatti con coloro, che forse, non pensano ad altro che a distruggervi? Permettete che compiamo i nostri doveri verso di voi, dal quale abbiamo ricevuto tanti beni; dopo di che non rifiuteremo di mostrarci cortesi con quanti ci fanno del male. No, Gesù Cristo vuole che cominciamo con i nemici e che, dopo, andiamo a offrire il sacrificio: Vade prius riconciliare fratri tuo, et tunc veniens offerse munus tuum.
Dio vuole essere onorato prima di tutto, come merita di esserlo, su tutto. Eppure ci ordina che se, disposti a offrirgli un sacrificio, ci ricordiamo di essere in cattivi rapporti con qualcuno dei nostri fratelli, ci ordina, dico, di lasciare la nostra vittima ai piedi dell’altare e di andare a cercare il nostro fratello, per offrirgli la nostra amicizia e chiedergli la sua. Questi due voleri non sono affatto opposti; Dio vuole essere onorato prima di altra ogni cosa vuole che ci riconciliamo, perché niente gli rende tanto onore quanto questa riconciliazione. Vuole che si lasci il sacrificio per andare ad abbracciare un nemico, perché non possiamo fargli sacrificio più gradito che sacrificargli la nostra vendetta e il nostro risentimento.
I nemici del Figlio di Dio hanno lavorato alla sua gloria più che i suoi ferventi discepoli: hanno diffuso le sue profezie, con le loro precauzioni hanno anticipato tutti i dubbi che si sarebbero potuti avere sulla sua Risurrezione. La stessa cosa accadrebbe a tutti i cristiani se non volgessero a loro danno, con il loro risentimento e le loro vendette, i progetti dei loro nemici, diciamo meglio, i progetti della Provvidenza: diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum.
Dopo che abbiamo offeso Dio, Gesù Cristo si è messo tra suo Padre e noi, per trattenere il suo sdegno. Dio per suo riguardo, ci perdonò. Lo stesso Gesù Cristo si mette tra il nostro nemico e noi; noi lo scavalchiamo, lo trapassiamo, per trapassare colui che ci ha offeso.
Non è proprio la fatica che sentiamo nell’agire che rende le nostre azioni meritorie. So che esse sono più o meno preziose in proporzione all’amore che ci anima.Di solito capita che i santi danno più gloria a Dio in occupazioni molto blande, o anche prendendosi svaghi innocenti, che non i cristiani ordinari fanno con fatiche molto penose, o con l’eliminazione dei piaceri più legittimi; perché quelli agiscono per il motivo di una carità più perfetta e un più grande desiderio di dare gloria al loro Creatore. Tuttavia ciò non toglie che la difficoltà di un’azione sia una regola molto sicura per giudicare l’eccellenza dell’azione stessa, perché, come solo l’amore può renderci dolci cose estremamente difficili, così solo un grande amore può indurci a intraprenderle. Come non c’è niente di tanto penoso per l’uomo quanto soffocare la brama della vendetta, così non c’è niente che dia tanta gloria a Dio. Il dovere di perdonare è forse una verità che abbia bisogno di prova? Non c’è maggior motivo di temere che molti credano questa vittoria del tutto impossibile, piuttosto che temere che essa appaia facile a qualcuno? Quanti non ci dicono tutti i giorni che non è in loro potere dimenticare le ingiurie loro fatte, che inutilmente si obbligherebbero a farlo, poiché ciò supera le loro forze; che è assolutamente necessario che si vendichino; bisogna, almeno, che si allontanino, che evitino la conversazione e l’incontro con i loro nemici!
Noi abbiamo una spaventosa tendenza alla vendetta; la natura ci porta ad essa con tanta violenza che spesso ci toglie la libertà di seguire, e perfino di consultare, la ragione. Da ciò deriva che, no soltanto si dimentica Dio in quegli incontri, ma si dimentica perfino se stessi; si corre alla vendette senza timore, senz’armi, senza precauzione; disprezziamo i più grandi pericoli, o piuttosto non ce ne accorgiamo. Quanta violenza bisogna fare a se stessi per resistere alla violenza della natura! Ci riesce tanto difficile nascondere il risentimento quando l’interesse o l’ambizione, o quando il timore di un più gran male sembrerebbe richiederlo, perfino quando sarebbe necessario per facilitare o per rendere sicura la nostra vendetta! Bisogna compiere sforzi tanto grandi per impedire che la passione scoppi, in azioni o in parole!
Per quanta premura abbiamo avuto di calmare il nostro cuore, per quanto tempo sia passato dopo l’offesa, la sola vista della persona che ci ha offeso, o anche il semplice ricordo dell’offesa,talvolta distrugge in un momento l’opera del tempo e della ragione, e risvegli gli impulsi che credevamo spenti. Sentiamo che tutto il sangue si infiamma malgrado noi ; tutte le vene si gonfiano, il cuore moltiplica le sue pulsazioni, la vista s’intorbida, il viso cambia colore, tutto il corpo trema, la mente stessa si confonde e non è più padrone di se stessa. Ecco cosa avviene spesso dopo parecchi anni di quiete, dopo lunghe e frequenti meditazioni!
Quando siamo oltraggiati, o quando il ricordo dell’ingiustizia che ci è stata fatta è ancora fresco, è difficile spiegare i moti che la natura suscita, sia nell’anima sia nel corpo. Per parte mia immagino un mare su cui tutti i venti sono scatenati, e che una spaventosa tempesta agita e sconvolge in mille modi: ora s’innalza fino al cielo, ora si apre fino agli abissi; ora è spinto verso la riva con tanto impeto che sembra dover coprire tutto il continente con una sola ondata,poi si ritira con tanta velocità che si crederebbe che cambia letto, o che si ingolfa negli inferi; vedete solo montagne d’acqua che si slanciano fino alle nuvole, che cozzano tra loro, che si frangono con un rumore spaventoso. Fu un grande prodigio quando Gesù Cristo, trovandosi su un mare così agitato e avendo comandato ai venti e ai flutti di calmarsi, di colpo si fece tanta calma che dopo un momento non restò la minima traccia di una tempesta tanto furibonda. Ma, a mio parere, è ancora più prodigioso calmare l’emozione di un cuore irritato da un’ingiuria. Un nemico che ci maltratta solleva tutte le nostre passioni; suscita l’odio con ciò che ci manifesta, la tristezza per il male che causa, la vergogna e il dispetto con il disprezzo che mostra di avere per noi; a queste emozioni si mescola anche la paura, alla vista delle conseguenze fastidiose che l’offesa potrebbe avere, se si lasciasse impunita; il desiderio di respingerla infiamma la collera, l’impotenza di far sì che non sia stata ricevuta, accresce la disperazione. Bisogna che il cristiano che perdona per amore di Gesù Cristo, si arresti di colpo, incateni e sacrifichi a Dio tutte quelle furiose passioni, cosa possibile solo a prezzo di sforzi incredibili.
Ancora: rinunciando alla vendetta si sacrifichi l’amore
del piacere: che senza dubbio di tutti i piaceri è il più squisito, la cui fruizione lusinga di più la natura. Niente c’è di tanto dolce quanto vedere umiliati quelli che ci odiano, e costretti a pentirsi degli oltraggi che ci hanno fatto. Per questo coloro che si vendicano dei loro nemici non si contentano di recare loro molto male; ma vogliono anche che sappiano da dove viene il male, e come se lo sono procurato, per poter godere del rammarico che questa conoscenza deve loro causare. Questo, dice sant’Agostino, è il rimedio per la piaga che hanno ricevuto, o almeno un calmante meraviglioso per il dolore che essa causa loro. Di modo che un uomo non si vendica quando può farlo, si priva del piacere più grande nella vita: è un malato che soffre per Dio dolori estremi e che rifiuta tutto ciò che potrebbe o dissiparli, o mitigarli.
Tutti concedono che l’odio che portiamo ai nostri nemici
È un effetto naturale dell’amor proprio; che non possiamo non odiare ciò che è contrario a quanto molto amiamo; e così, per amare quanti ci vogliono del male, dobbiamo smettere di amare noi stessi, bisogna che cambiamo in vero e proprio odio quell’amore tanto tenero e tanto eccessivo che abbiamo per noi stessi. E’ chiaro che amare quelli che infangano la nostra reputazione, significa essere nemici di questa reputazione; che bisogna avere avversione per la propria carne per voler bene a quelli che ci privano delle comodità della vita; in una parola, che bisogna odiare la stessa vita per non voler male a quanti vorrebbero rapircela.
La morte è la cosa al mondo alla quale ci adattiamo più penosamente. Il sommo della costanza cristiana sta nel sopportarla volentieri per Gesù Cristo; eppure è ancora più facile morire che perdonare. Ne sono prova cento tipi di combattimenti inventati per soddisfare il desiderio della vendetta, nella quale ci si espone al pericolo certo di perdere la vita per farla perdere al proprio nemico. Prova ne è colui che, per trafiggere il nemico che lo teneva avvinghiato da dietro, si trafisse con la sua stessa spada.
Prova ne è il famoso Saprizio che, avendo avuto abbastanza forza per sopportare orribili tormenti per la fede in Gesù Cristo, mentre stava per salire al patibolo per subire il martirio, non riuscì mai a decidersi di perdonare un’ingiuria, benché Niceforo, dal quale l’aveva ricevuta, gli chiedesse perdono con le lacrime agli occhi e non omettesse nulla per persuaderlo. E’ vero che, per punire tanta durezza, Dio strappò a quell’ostinato la corona che aveva già in mano: rinunciò al cristianesimo, e,da martire che era, diventò apostata e idolatra. Ma è certo che avrebbe superato la morte se avesse potuto vincere il suo risentimento; aveva già subito i più duri attacchi della crudeltà; il colpo di spada che doveva porre fine al suo supplizio non gli faceva paura. Ma ci voleva un coraggio più grande del suo per perdonare al suo nemico, benché questi fosse umiliato, quasi accasciato dal pentimento della sua colpa.
San Gregorio di Nazianzo, parlando della preghiera che
Santo Stefano fece per coloro che lo lapidavano, non esita a dire che, con quella preghiera, il Santo offriva a Dio un sacrificio più grande di quello che allo stesso tempo gli faceva della vita: Maius aliquid morte offerens Deo, nempe animi moderationem et inimicorum dilectonem. Eppure questo grande santo subì una morte crudele e la sopportò con costanza ammirevole, perché non si piegò sotto le pietre con cui lo opprimevano, e restò in piedi fino all’ultimo respiro. Ciò nonostante san Gregorio nota che la sua dolcezza e il suo amore per i suoi carnefici fu una prova del suo coraggio più luminosa e più eroica di quella imbattibile costanza, e che egli meritò di più perdonando la loro inumanità che sopportandoli.
Nulla più mi persuade che è difficile perdonare, quanto l’esperienza che mi insegna che non esiste quasi niente di più raro. Il nostro Maestro ha perdonato lui stesso in faccia a tutti, nella maniera più generosa e nelle circostanze più difficili. I suoi apostoli e i suoi primi discepoli si sono segnalati nell’imitare tanto esempio. Eppure chi di noi compie tanto bene questo dovere? Non parlo dei mondani, che si vantano delle loro vendette e che, lungi dall’obbedire al precetto del Vangelo, si comportano verso i loro nemici come se ci fosse un precetto di odiarli a morte. Perfino tra quanti fanno professione di virtù, c’è cosa più rara che vedere chi perdona sinceramente, chi loda quelli che lo criticano,chi prega per quanti lo perseguitano, chi si affretta a servire quanti turbano la sua quiete e in tutti gli incontri gli mettono i bastoni tra le ruote? Vero è che, una volta che ci siamo impegnati nella vita devota, ci guardiamo bene dal dire che vogliamo vendicarci; ma spesso non tralasciamo di farlo, mai mancando di dichiarare che non vogliamo alcun male al nemico. Ma, come se dopo questa precauzione tutto ci fosse permesso, sparliamo di lui in tutto quello che sappiamo, e spesso anche in quello che non sappiamo; esageriamo l’ingiustizia e la violenza del suo comportamento; ci appaghiamo nel far notare i suoi difetti; rievochiamo il ricordo delle sue azioni passate. Voglio che non si dica nulla che non sia vero, e che non sia già di dominio pubblico; cioè che non vi sia né calunnia né maldicenza; ma certamente la carità non può non esserne ferita; si tratta sempre di vendetta.
I devoti cercano con cura il loro risentimento con qualche pretesto specioso, di zelo o di giustizia. Ma molto pochi sono quelli che cercano di soffocarlo. I viziosi palesi si vendicano apertamente; i devoti di professione qualche volta si vendicano in modo occulto, senza farsene accorgere, e molto spesso senza che loro stessi se ne accorgano; gli uni ricorrono alle armi e alla violenza per darsi soddisfazione, altri talvolta lo fanno col silenzio e con moderazione. Infine, alcuni che sono i meno propensi al vendicarsi personalmente, spesso sono molto lieti di vedersi vendicati: godiamo nel vedere che uno che voleva farci del male è caduto lui stesso nella trappola che ci stava tendendo; apprendiamo con piacere che la sua condotta viene condannata dalla gente onesta; ci rallegriamo delle disgrazie che gli capitano. Non dico soltanto che comportarsi così non è amare come Gesù Cristo ci ordina; è palese che è un odiare e un volere il male; anzi, dico che è compiere una vera e propria vendetta.
La vendetta non consiste nell’uccidere, colpire, spargere sangue; tutte queste cose si possono compiere per un principio di giustizia, e alcune addirittura per un motivo di amore e di carità. Vendicarsi è provare piacere nella sventura di un nemico; è trovare gioia e consolazione in ciò che l’affligge, sia che siamo noi gli autori dei suoi mali, sia che questi vengano da altri. Secondo sant’Agostino: Vindicari non est aliud nisi delectari vel consolari de alieno malo. Ma non è vero che poche persone sono esenti da questi sentimenti, e che è molto difficile difendersene?
Talvolta siamo in difficoltà nel trovare i mezzi di esercitare il nostro fervore; invidiamo ai santi le occasioni che hanno avuto di far brillare la loro virtù; rimpiangiamole persecuzione della Chiesa, che sono state tanto favorevoli ai primi fedeli. Vade riconciliare fratri tuo: andate a riconciliarvi con vostro fratello. Andate verso quel nemico che vi perseguita, che vi maltratta; e senza compulsare le regole del mondo, che vi dispenseranno da compiere il primo passo, senza dar retta alla natura che vi sollecita vendetta, convincetelo: con la vostra mitezza, con la vostra facilità nel cedergli su tutto, con ogni genere di arrendevolezza, a desistere dalla sua collera e ad amarvi in Gesù Cristo. Se poi non avete nemici, o se le circostanze sono tali che la prudenza non vi permette di comportarvi così, imponete a voi stessi questa legge indispensabile di vivere con quanti no vi amano, che invidiano la vostra fortuna, o la vostra gloria, che vi disprezzano, che parlano di voi con poca carità e riservatezza; di vivere, dico, con loro come se voi ignoraste tutte queste cose, come se foste persuaso del contrario. Vagliate le loro virtù e le loro buone qualità per poterne parlare nelle conversazioni; cercate le occasioni per rendere loro servizio, e consideratevi fortunati quando ne avrete trovate; eccitate il vostro cuore ad amarli, ad augurare loro il bene, ad affliggervi dei loro mali, rallegrarvi dei loro successi; fateli oggetto delle vostre preghiere; chiedete per loro ciò che credete sia loro più necessario e più utile; rendete mille grazie a Dio per tutti i beni che ha loro dato; infine, che l’amore di Gesù Cristo vi induca a fare per loro tutto quello che l’amore naturale più sincero e più tenero vi farebbe compiere per un amico o un fratello. Ecco come conquistarvi il cuore di Dio, come presto arrivare a una santità molto eminente.
Sono buone opere una messa ascoltata, elemosina fatta con un’intenzione molto pura, un servizio reso per carità cristiana; ma un servizio reso a un nemico; un’elemosina data per lui, una messa ascoltata per ottenergli qualche grazia, sono azioni eroiche, capaci di attirare su di noi le più grandi benedizioni.E per difficile che sia, questo mezzo è pur sempre nelle nostri mani e alla portata di ogni genere di persona. Non tutti hanno beni a sufficienza per essere molto generosi con i poveri;; le austerità suppongono la salute, Che Dio non a tutti data; occorre tempo libero, per fare lunghe preghiere, e alcuni sono impegnati in occupazioni che non danno loro questo tempo;ma per perdonare e per amare i nemici, per cercare di accattivarseli, per pregare per loro, per parlarne bene in ogni occasione, per prendere parte a tutto ciò che li riguarda, basta il cuore. Vero è che bisogna averlo grande: i cuori meschini non sanno cos’è perdonare.
Nessuna mente creata può comprendere quanto un peccato mortale irriti Dio. La punizione di Adamo e di tutta la sua discendenza condannata a morte per una semplice disubbidienza; Gesù Cristo abbandonato e consegnato al furore degli uomini e dei demoni per essersi reso simile al peccatore, benché fosse del tutto esente dal peccato; infine l’inferno, dove Dio ha precipitato gli angeli per tormentarveli eternamente, insieme agli uomini colpevoli: tutto ciò ci fa comprendere quanto il peccato lo adira contro quelli che lo commettono.
Non bisogna meravigliarsene. Non è molto strano che una piccola creatura tratta dal nulla si sollevi contro colui che l’ha plasmata; che un uomo osi prendersela con il suo Dio; che disprezzi questa Maestà infinita; che non tema di offendere l’Onnipotente?
Se un motivo c’è di meravigliarsi, è che tolleri con tanta pazienza che tutti i giorni si specchi con incredibile audacia, e che non distrugga con l’uomo tutto l’universo, da lui creato soltanto per l’uso dell’uomo stesso.
Ma più sorprendente è che, pur essendo in effetti tanto e tanto giustamente irritato, egli dimentica tutta la sua collera non appena noi stessi abbiamo dimenticato le ingiurie che ci sono state fatte, o che le abbiamo perdonate: Dimittite et dimittebitur vobis. Volete sapere come potete piegare la mia giustizia, dopo aver offeso la mia misericordia? Lasciatevi piegare voi stessi in favore dei vostri nemici; sacrificatemi il vostro risentimento. Con questo solo sacrificio espirete le vostre colpe: Dimittite et dimittetur vobis.

Claudio De La Colombiere s.j., Santo

 

 
 
 

.

Post n°1061 pubblicato il 20 Aprile 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, la Mia Luce è in voi, datela ai bisognosi; la Mia Gioia è in voi, datela a chi l’ha perduta. Il vostro cuore è nella pace, offrite a chi conoscete, a chi incontrate i Miei Doni: sono per ogni uomo della terra.

 

Sposa amata, i Miei Doni sono per tutti, per ogni uomo della terra, ma quanti, in questo tempo, non li accolgono, li rifiutano, quanti ne fanno pessimo uso! Sposa amata, non manca sulla terra la Pace perché Io, Io, Gesù, non la dono, non manca la Gioia perché Io, Io, Dio, non la voglio offrire, i Miei più grandi Doni sono pronti per tutti, per ogni uomo della terra, hai compreso perché gran parte di essi ne sono privi, l’hai compreso, amata Mia sposa?

Mi dici: “Gesù adorato, Tu, Dolcissimo, Ti degni di darmi spiegazione ed io comprendo. I Tuoi Doni sono per ogni uomo della terra; Tu, Gesù adorato, non fai distinzione fra uomo e uomo, non hai figli amati e figli non amati, come avviene tra gli uomini, hai figli tutti immensamente amati. Tu, Dolce Amore, elargisci i Doni a tutti, ma non tutti li colgono, non perché non sono in grado di farlo, ma perché non vogliono coglierli, fanno una scelta che Tu, Gesù, sempre rispetti. Mi hai fatto spesso l’esempio di un lauto Banchetto che offri ad ogni uomo della terra, sopra c’è un Cibo adatto ad ognuno: c’è quello per colui che è forte e robusto che serve a mantenere la sua forza e la sua robustezza; c’è il Cibo per quello che è debole e deve riprendere più forza; c’è anche il Cibo leggero per l’anoressico che deve ristabilirsi piano piano. Ecco, il Cibo è secondo le necessità adatto al bisogno di ognuno. Questo, Dolce Amore, mi hai rivelato, perché tutti capissero, sulla terra, che nessuno è abbandonato nella sua miseria, ma curato da Te con Immenso Amore. Sei, infatti, come una madre amorosa che vede le necessità del proprio figlio, anche le minime; sei come un padre premuroso che non vuole far mancare alla sua famiglia nulla. L’uomo deve riflettere e capire questo, appena è in età di ragione, guardare la sua condizione e prendere il cibo che gli serve per crescere nella fede, nella speranza, nella carità. Nessuno potrà mai dire: “Per me non c’è nulla; sono stato trascurato, abbandonato da Dio Altissimo”. Nessuno può dire questo. Gli uomini della terra sono in condizioni molto diverse spiritualmente, Tu, Gesù, desideri che tutta la terra dei viventi giunga ad avere un’unica fede e sia sotto un unico Pastore: Tu sei il Pastore Buono e Sapiente. Nel presente sono ancora pochi coloro che formano il Tuo gregge, gli uomini si sono fatti ingannare dall’astuto Tuo nemico che ha creato idoli di ogni genere, ne crea di nuovi, di ogni specie, pur di allontanare da Te i cuori e le menti. Ho ben compreso che nel mondo sono pochi gli uomini di pace, questo avviene perché essi non si nutrono del Cibo Santo che Tu hai preparato per loro, ma vanno spesso a nutrirsi ad un altro banchetto: quello che ha preparato la Tua scimmia, egli ha preparato anche un banchetto di cibi tossici e molti accedono. Gesù adorato, gli uomini hanno libertà di scelta, in questo tempo quanti scelgono il male! Che pessimo uso fanno della loro libertà! Il mondo non ha pace proprio perché non si apre a Te, Re di Pace e di Giustizia; il mondo non ha gioia perché non la vuole, sceglie la via della discordia e dell’odio. Il mondo sta anche perdendo la speranza, perché non confida in Te. Questo, Gesù adorato, questo è il mio pensiero”.

Amata sposa, bene hai parlato, bene hai detto, perché il Mio Spirito parla in te. Tutta la terra potrebbe essere in pace e nella concordia, nel benessere, perché i Miei Doni sono pronti, ma i Miei Doni da molti non vengono accolti. Ti dico, piccola sposa che, se il mondo non si affretta e non coglie presto ciò che offro, la situazione generale peggiorerà. Ti ho fatto l’esempio di una malattia grave che viene trascurata: giunge sempre il momento nel quale non si può più curare tanto il male è andato avanti.

Mi dici: “Gesù, Dolce Amore, pazienta ancora un poco, continua ad elargire le Tue Grazie, ognuno possa coglierle per avere salvezza. Capiscano gli uomini, dai segni forti che stai dando, che la vita di ogni uomo può terminare da un momento all’altro. Tu sei il Signore della vita: la doni e la togli quando vuoi; occorre essere sempre pronti, in qualunque ora puoi venire a riprenderTi il Tuo e tutto è Tuo, tutto ciò che l’uomo ha Ti appartiene: la vita e le cose”.

Amata sposa, ognuno osservi attentamente i segni che offro, pensi che quello che accade lontano può accadere vicino. Pensa alle Parole che dissi quando Mi chiesero quale era la condizione spirituale di coloro sui quali era caduta la torre di Siloe, essi erano interiormente convinti che dovevano essere i più colpevoli. Ricordi, piccola Mia sposa, la Mia Risposta?

Mi dici: “Queste le Tue Parole sublimi: “Se non vi ravvedete, se non vi pentite dei vostri peccati,

fate la stessa loro fine”.

Amata Mia sposa porta al mondo il Mio Messaggio d’Amore: ognuno faccia una revisione di vita, un’attenta revisione di vita e si corregga. Guai all’uomo che non vuole uscire dal fango del peccato, ma si affonda sempre più, non potrà avere pace né gioia né futuro. Resta, amata Mia piccola, ben stretta al Mio Cuore, la tua adorazione continua è un dolce balsamo al Mio Dolore di essere da molti dimenticato. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 

 
 
 

.

Post n°1060 pubblicato il 20 Aprile 2009 da lillysorriso

“Missione è ... essere spezzati.
Condividere la vita!”

Questa sera, o Dio, voglio mettermi davanti a te, come figlio che vuole sentire lo sguardo misericordioso del suo papà su di se. Voglio dirti che ti amo, ma a volte faccio fatica a vivere il desiderio del mio cuore. Vedo attorno a me la miseria del tuo popolo che soffre, sento la sua voce che si alza indignata, ma non sempre ho la risposta giusta a tanta sofferenza.

 
 
 

.

Post n°1059 pubblicato il 20 Aprile 2009 da lillysorriso

20 aprile - La Madonna nella luce della Resurrezione"O Vergine fanciulla, placida nell'umilta', odorosa di virtu', luce e fuoco di carita'! Tu diletti e imbevi il cuore devoto con la tua candida dolcezza, rendi casto il cuore, rassereni e chiarifichi l'anima, illumini le piu' intime profondita' della creatura.
Ti prego che il mio cuore ferva nell'amor tuo, diventi chiara l'anima mia, sia infiammato il mio cuore, mai manchi la tua lode dalle mie labbra, ne' il tuo amore dal mio petto, ne' il tuo santo nome dalla mia mente, affinche' Ti senta protettrice nelle tentazioni, consolatrice nel dolore, ausiliatrice nei pericoli, aiuto nelle necessita', sollievo nell'agonia, guida fedele al gaudio degli angeli".
Amen. Ave Maria!
(S. Ildefonso)

 
 
 

FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Post n°1058 pubblicato il 19 Aprile 2009 da lillysorriso

La festa

E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a Płock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia" (Q. I, p. 27). Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore" (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre" (Q. II, p. 345).

La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere" (Q. II, p. 294).

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:

- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;

- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta" (Q. II, p. 278).

La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:

- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" (Q. I, p. 132) - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia" (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.

Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto" (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;

- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;

- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.

Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

 
 
 

..

Post n°1057 pubblicato il 19 Aprile 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
Domenica in Albis   B

Fede ed amore sono il vivere concretamente la risurrezione di Gesù.
La Chiesa primitiva attua la carità fraterna fino alla condivisione volontaria dei beni.
San Giovanni dice che l'amore di Dio si realizza nell'osservanza dei suoi comandamenti, specie nell'amore verso i fratelli.
Chi crede è nato da Dio e vince il mondo.
Il Vangelo parla dell'amore di Dio che, in Cristo risorto diventa per gli uomini pace e perdono, privilegia la fede: "Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno".
L'assemblea eucaristica, comunità pasquale, continua a condividere ogni domenica i doni del Risorto e del suo Spirito: si riunisce per celebrare Cristo sempre vivo e presente in mezzo al suo popolo; per condividere come Chiesa l'ascolto della Parola e la mensa del Pane di vita.
Tutto questo è nello stesso tempo segno e realtà: realtà che stiamo già vivendo: segno di ciò che dobbiamo continuare a diventare.
Rendiamo grazie per la vittoria di Cristo sul peccato e sulla incredulità, e con fede guardiamo i segni che annunciano: sulla croce furono l'acqua e il sangue sgorgati dalle sue ferite a testimoniare il dono totale della sua vita; oggi sono il pane e il vino a cui partecipano quelli che con il battesimo sono generati da Dio.


 
 
 

affidamento agli angeli di DIO

Post n°1056 pubblicato il 18 Aprile 2009 da lillysorriso

Affidamento agli Angeli di DioSan Paolo afferma espressamente che la missione specifica degli angeli è quella di assistere gli uomini che non hanno ancora guadagnato il regno dei cieli: "Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?" (Ebrei I, 18). "Ogni anima", continua Sant’Anselmo, “viene affidata ad un angelo nello stesso momento in cui si unisce al corpo”. La tradizione non può, su questo argomento, essere più generale, più ininterrotta o più uniforme. “Sebbene la salvezza delle nostre anime sia il principale oggetto di sollecitudine per i nostri angeli custodi, tuttavia hanno tanta cura di noi da procurarci anche i beni di questa vita; essi ci proteggono dagli incidenti ai quali siamo tutti esposti, e ci allontanano dal male quando cadiamo in esso. Essi ti porteranno nelle loro braccia, dice la Scrittura, quando ti potresti ferire contro una pietra; il Signore manderà i suoi angeli attorno a coloro ...

...  che lo temono, ed Egli li libererà da tutte le loro tribolazioni. I santi angeli ci procurano beni temporali, solo allo scopo di impedire ai demoni di offenderci. "La nostra debolezza," dice Santa Ilaria, "non potrebbe resistere alle forze degli spiriti maligni senza l'assistenza dei nostri angeli custodi!" "Con l'aiuto di Dio," aggiunge San Cirillo, “noi non abbiamo niente da temere dalle forze dell'oscurità, poiché è scritto: L'angelo del Signore si accamperà attorno a coloro che lo temono e li libererà. Gli angeli custodi non sono contenti di aiutarci ad evitare le trappole del diavolo e ad allontanarci dai vizi, essi ci assistono anche nell'esercizio di tutte le virtù… Ma hanno una maggiore cura dei giusti, in proporzione al loro fervore nell’esercizio della virtù; cosicché il peccato sembra allontanarli, a seconda se si interrompono o diminuiscono più o meno gli effetti della loro vigilanza." “Per quanto riguarda l’anima, gli angeli possono e prontamente agiscono su di essa, in una maniera – ora ordinaria, ora straordinaria – e in una misura difficile da comprendere. La comprensione deve loro molta luce preziosa…Per quanto riguarda le azioni angeliche sulla volontà umana, l’esperienza universale dell’umanità testimonia come molte ispirazioni di angeli buoni sono efficaci nel guidarci verso la virtù, e dall’altra parte, come spesso le suggestioni degli spiriti maligni sono efficaci nel guidarci verso il vizio. Ma gli angeli buoni disperdono l'errore, riportano i sensi alla loro purezza originale e generano una specie di luce interiore nell'anima, per mezzo della quale si possono vedere le cose nel loro carattere vero. Tali sono nella loro natura le ammirabili creature che chiamiamo angeli buoni".

"Dovunque andiamo,"- scriveva il Cardinale O’ Connell nella sua bellissima lettera pastorale sui santi angeli,- "questa angelica assistenza non viene mai interrotta. Gli spiriti celesti ci proteggono dai pericoli del corpo e ci amministrano nei nostri bisogni temporali… Essi sono intenti a portare le nostre anime alla salvezza, ci istruiscono, ci proteggono, intercedono per noi presso Dio. Per quanto riguarda i bisogni dell'anima durante la vita che amministrano, gli angeli assistono l'anima  affinché arrivi intatta fino alla fine del suo viaggio. Essi fanno tutto ciò per noi se glielo lasciamo fare; essi ci aiutano se noi li accogliamo e cooperiamo con loro con gratitudine.

"Molti sono i motivi che inducono a una tale costante devozione per i nostri interessi. Questi patroni celesti, come sappiamo, sono vicini al misericordioso Cuore del Redentore; essi comprendono quindi la sua preoccupazione per il nostro benessere, e da quella inesauribile Fonte di Amore essi traggono il più tenero affetto nei nostri confronti… Tuttavia, ciò che accresce in special modo l’intensità del loro affetto è il fatto che hanno ricevuto da Dio il compito di volgere lo sguardo su di noi, e di essere per noi qui sulla terra strumenti della grazia di Dio. Questo è ciò che urge loro: scendere dai loro cieli dorati per volare velocemente e gioiosamente attraverso la debole aria di questo mondo terreno, per assicurarci il loro amore e tenderci una mano nelle paure e negli errori.

"E con quale ammirabile sollecitudine e incessante attenzione questi angeli protettori adempiono il loro compito Divino nei nostri confronti! In ogni momento, anche se invisibili, essi sono accanto a noi. Non ci abbandonano mai, dal nostro primo respiro fino a quando non raggiungiamo il nostro destino eterno. Essi assistono i bambini che dormono nelle loro culle, guidano i timidi passi con cui il bambino e il giovane si avvicinano alla vita sempre così piena di pericoli. Essi ci danno una mano per rafforzare l'umanità, impegnata nella lotta contro le forze del male, e che porta le cicatrici delle ferite causate dal peccato. E quando la luce della vita si trasforma in oscurità, con i suoi sogni non realizzati e le sue care speranze ormai vane, gli angeli custodi sono vicini per supportare i nostri passi vacillanti e per bandire le ombre della solitudine e della tristezza."

"Le vite dei santi rivelano che molti di essi erano devoti agli Angeli custodi. Alcuni di essi avevano anche il privilegio di una familiare amicizia coi loro angeli e ricevevano prove visibili dei servigi che i santi angeli rendevano a coloro che erano sotto la loro cura.

Santa Rosa di Lima, il primo fiore di santità americana alla quale la Santa Chiesa ha conferito pubblica venerazione, visse una vita di grande purezza e innocenza. Fin dalla sua prima infanzia ebbe il privilegio di avere un rapporto familiare con gli angeli custodi. Da numerose difficoltà e pericoli ella venne liberata dal suo angelo custode e dichiarò che il suo angelo custode faceva tutto ciò che gli chiedeva di fare.

Papa San Gregorio Magno era teneramente devoto al suo angelo custode. Grazie a lui ottenne la dignità Papale. Durante il periodo in cui il santo fu Abate di un monastero che egli aveva costruito a Roma, il suo angelo custode gli apparve spesso, sotto le vesti di un povero mercante, che chiedeva l'elemosina. Dopo che divenne Papa, San Gregorio prese l'abitudine di sfamare ogni giorno dodici persone povere. Tra questi egli scorse un uomo virtuoso che lo impressionò profondamente. Alla domanda di chi fosse, egli ricevette tale risposta: "Io sono il povero mercante al quale tu desti, oltre a dodici dollari, il piatto d'argento di tua madre. Questo atto di carità che ti ho indotto a compiere ti ha preparato per la dignità di alto sacerdote. Io sono il tuo angelo. Non avere paura Gregorio. Dio mi ha mandato a dirti che puoi ottenere qualsiasi cosa tu chieda attraverso il mio servizio. Poiché grazie a me tu sei stato elevato al trono di Pietro, io ti proteggerò e ti preserverò fino alla morte.

di don Marcello Stanzione

 

 
 
 

.

Post n°1055 pubblicato il 16 Aprile 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, sapete confidare in Me completamente? Sapete abbandonarvi all’Onda Soave del Mio Amore? Chi fa questo è già entrato nel Mio Infinito Orizzonte d’Amore e si accinge a contemplare le Mie Meraviglie.

 

 

Sposa amata, gli uomini della terra hanno poco, perché poco confidano in Me: essi confidano in sé stessi, nei loro simili, ma non confidano in Me, Gesù. Che tanto li amo e voglio la loro salvezza e la loro Gioia. Piccola Mia sposa, hai compreso tutto questo?

Mi dici: “Dolce Amore, ho compreso che colui che confida in Te completamente e si affida al Tuo Amore, ha tutto ed è felice pur nel travaglio della vita che non manca. Ho compreso, Gesù adorato, ho ben compreso che Tu concedi molto a chi confida in Te completamente; ricordo che hai fatto i più grandi miracoli sempre, durante il Tuo passaggio sulla terra, quando vedevi fede ed abbandono a Te, se vedevi, invece, incredulità poco facevi o nulla. Ho ben compreso che il segreto per ottenere le Grazie più sublimi è chiederle con grande fiducia, sapendo, Dolce Amore, che Tu non rifiuti una Grazia a chi la chiede con cuore ardente e sincero, ma concedi, concedi, concedi e non Ti stanchi mai di donare. Gesù, il Tuo Cuore Meraviglioso vuole donare salvezza e Pace, Gioia a fiumi, gli uomini della terra, nel presente, non hanno né pace né gioia, ma una grande ansia nel cuore, sono tormentati da cupi pensieri e sempre inquieti. Tu, Amore Infinito; Tu, Gesù, Amore Infinito, vuoi donare tutto, ma, per farlo chiedi fiducia, Tu vuoi fare le più sublimi concessioni all’uomo di oggi, ma a tale condizione. Siccome vedo che gli uomini sono sempre agitati, vanno di qua, corrono di là, non concludono, cresce l’ansia e la disperazione, capisco che essi in Te non si sono abbandonati, in Te non hanno confidato e non confidano. La stoltezza umana in questo tempo è grande più che nel passato, i grandi della terra sono montati in grande superbia e vogliono sfidarTi, lo stesso peccato fanno degli angeli ribelli; sarei molto triste se non sapessi, con certezza, che le redini del mondo non sono in mani umane, ma sono nelle Tue Sapientissime Mani. Tu, Gesù, adorato Gesù, sei al timone della storia umana, lasci fare agli uomini le loro scelte, ma l’ultimo colpo di timone lo riservi sempre a Te; questo, Dolce Gesù, mi rende felice molto. Vedo come i grandi della terra osano sfidarTi e vogliono competere con Te, addirittura sostituirsi a Te, Dio Infinito; so che Tu lasci fare, hai concesso all’uomo la libertà e non la togli, ma le redini della storia sono e restano saldamente nelle Tue Mani. Nella situazione attuale, con gli arsenali colmi di armi micidiali, ci sarebbe proprio da temere la fine del mondo se gli uomini, manovrati dall’antico terribile nemico, potessero fare come vogliono. Non è così, non è proprio così, vorrei dirlo e ripeterlo ad ogni uomo della terra che trema e geme per il suo futuro, come se tutto dipendesse dagli uomini stolti della terra che promettono molto, ma nulla offrono. Tu, Gesù Dolcissimo, hai fatto grandi e meravigliose Promesse e tutte, proprio tutte, le manterrai nel tempo stabilito dalla Tua Infinita Sapienza e nel modo da Te scelto. Spesso, spesso, Dolce Amore, rifletto sul futuro del mondo, alzo lo sguardo verso Te, Gesù: Ti vedo con l’abito candidissimo di Gesù della Misericordia; il Tuo Volto, tanto Bello da non potersi descrivere, è tutto splendore e Luce, il mio cuore si rassicura e non trema. Dico a me stessa: qualunque cosa accada c’è Gesù, c’è Gesù, Egli è l’Oceano d’Amore nel quale si immergono tutte le anime che hanno in Lui pienamente confidato. Gesù adorato, questo pensiero mi ricolma di grande felicità e non gemo, non tremo più, ma esulto in Te. La Tua Infinita Misericordia avvolge il pianeta azzurro, chiunque la coglie è salvo, ma chi non la vuole, è perduto. Ti adoro, Gesù, Ti adoro e voglio adorarTi in ogni istante della mia vita, desidero che venga presto il giorno nel quale tutta la terra diventi un grande santuario dove si adora Te, benedicendo il Dono della vita”.

Amata sposa, gli uomini della terra stanno facendo la loro scelta così come la fecero gli angeli, poi ci sarà la divisione come avvenne per loro, ognuno avrà secondo la sua scelta: chi sceglie Me avrà Me per l’eternità, chi rifiuterà il Mio Amore, la Mia Infinita Misericordia, Mi perderà per sempre.

Mi dici: “Adorato! Adorato! Adorato Gesù, come vorrei che sulla terra non restasse alcuno che rifiuti la Tua Infinita Misericordia per cadere nella Tua Perfetta Giustizia”.

Sposa amata, come gli angeli furono divisi, perché alcuni usarono male la loro libertà, così sarà degli uomini: saranno divisi e la divisione sarà definitiva. Amata sposa, non sia triste il tuo volto ed il tuo cuore per coloro che fanno la scelta di rifiutare Me, usano il Dono della libertà ed Io, Io, Gesù, Che tanto li amo, continuo a rispettare la loro scelta. Resta in Me, piccola Mia sposa, stretta

al Mio Cuore Ardente, vedrai compiersi proprio in questo tempo le Mie più sublimi Meraviglie. Sappia il mondo che è urgente decidersi per Me, dopo questo attimo favorevole, sarà troppo tardi. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 
 
 

.

Post n°1054 pubblicato il 15 Aprile 2009 da lillysorriso

  • SONO UN UOMO DI SPERANZA

    Sono un uomo di speranza
    perché credo che Dio
    è nuovo ogni mattina.
    Sono un uomo di speranza
    perché credo che lo Spirito Santo è all'opera nella Chiesa e nel mondo.

    Sono un uomo di speranza
    perché credo che lo Spirito creatore dà a chi lo accoglie
    una libertà nuova e una provvista di gioia e di fiducia.
    Sono un uomo di speranza
    perché so che la storia della Chiesa è piena di meraviglie.

    Sperare è un dovere e non un lusso. Sperare non è sognare,
    ma è la capacità di trasformare un sogno in realtà.
    Felici coloro che osano sognare
    e che sono disposti a pagare il prezzo più alto perché il loro sogno prenda corpo nella vita degli uomini.

  • In ascolto della Parola
  • Vangelo: Gv 6,1-15
    Dopo questi fatti, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? ”. Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? ”. Rispose Gesù: “Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo! ”. Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

    Per riflettere

    Ci hanno ben spiegato che tutto quanto dobbiamo fare sulla terra è amare Dio. E perché noi non esitassimo, nella preoccupazione di sapercisi impegnare, Gesù ci ha detto che il solo modo, il solo mezzo, il solo cammino, era di amarci l’un l’altro.
    Questa carità che è anch’essa teologale perché ci salda inseparabilmente a Lui, è l’unica soglia, l’unica porta, l’unico ingresso all’amore di Dio. A questa porta giungono tutte le strade che sono le virtù. Tutte sono, in fondo, fatte soltanto per condurvici, più rapidamente, più gioiosamente, più sicuramente. Una virtù che non termini là è una virtù diventata stolta.
    Intorno al monte di Dio, intorno alla vetta dell’amore di Dio, essa girerà invano, senza poterne scalare le pareti lisce e alte.
    Il solo punto vulnerabile, la sola breccia, il solo varco, è l’amore di questi poveri esseri simili a noi, così poco amabili perché troppo simili alla nostra personale mediocrità.
    E forse sarà un piacere arrivare a un’umiltà sensazionale o a una povertà imbattibile o a un’obbedienza imperturbabile o a una castità ineccepibile. Ciò potrà forse soddisfarci, ma se questa umiltà, questa povertà, questa castità, questa obbedienza non ci avranno fatto incontrare la bontà; se quelli della nostra casa, della nostra strada, della nostra città avranno ancora sempre fame, avranno ancora sempre freddo, se saranno sempre così tristi, così ottenebrati, se saranno sempre così soli, noi saremo forse degli eroi ma non saremo di quelli che amano Dio.
    Perché capita per le virtù come per le vergini sagge che, con la lampada in mano, restano sedute a quest’ultima porta, la porta dell’amore, della sollecitudine fraterna, la sola porta che s’apre alle nozze di Dio con i suoi.

  •  
     
     

    .

    Post n°1053 pubblicato il 14 Aprile 2009 da lillysorriso

    EMERGENZE TERREMOTO,DAI ANCHE TU UN PICCOLO AIUTO VIA SMS

    Gli operatori di telefonia mobile TIM, Vodafone, Wind e 3 Italia, d'intesa con il Dipartimento della Protezione Civile, hanno attivato la numerazione solidale 48580 per raccogliere fondi a favore della popolazione dell'Abruzzo gravemente colpita dal terremoto. Ogni SMS inviato contribuira' con 

    1 euro, che sara' interamente devoluto al Dipartimento della Protezione Civile per il soccorso e l'assistenza. Il Dipartimento della Protezione Civile fornira' tutte le indicazioni sull'utilizzo dei fondi raccolti.

    GRAZIE E PASSA PAROLA!

     
     
     

    Divina Sapienza

    Post n°1052 pubblicato il 14 Aprile 2009 da lillysorriso

    Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

     

    06.04.09

     

     

    Eletti, amici cari, voi oggi sospirate in attesa della piena realizzazione delle Mie Promesse; presto sarete nella Mia Gioia, quella grande e piena, perché in Me avete confidato.

     

     

    Sposa amata, continua a gioire in Me e dona anche agli altri la Mia Gioia e la Mia speranza. Non aver paura, vedendo il cammino cupo del mondo, perché il Mio Giudizio non sarà collettivo, ma individuale, ognuno verrà giudicato per le scelte che ha fatto e non per quelle che gli altri hanno fatto.

    Mi dici con tristezza: “Amore Infinito, ognuno che Ti appartiene nel profondo ama il prossimo con una stilla del Tuo Amore, vorrebbe che la Festa fosse per tutti e che nessuno ne venisse escluso. Mio Dolce Amore, vedendo il comportamento del mondo il cuore trema nel profondo, perché chi si sta preparando al sublime Incontro con Te, Gesù? Quanti, alle Tue Parole, cambiano vita e si piegano alla Tua Volontà così Perfetta, sempre rivolta al bene dell’uomo? Amore Infinito, vedo un’Umanità che sta sempre più dimenticando i Tuoi Precetti, vedo ben pochi che fanno con gioia la Tua sublime Volontà, fanno, invece, in gran parte, la propria e vivono come se i Tuoi Comandamenti non fossero scritti, incisi a lettere di fuoco nel loro cuore. Mi dici, Dolce Gesù: “Sia gioia nel tuo cuore stretto al Mio Divino”. Dici questo, mentre la gioia in me è come un fiume impetuoso, ma se il pensiero va a quello che accade intorno a me, in ogni angolo del mondo, nasce tristezza perché so, l’hai rivelato, la fine che fanno gli increduli che non cambiano, gli agnostici che non si muovono dalla loro posizione, i viziosi che non vogliono uscire dal fango del peccato. Mio Dolce Amore, per essere felice devo fermare il pensiero solo in Te, entrare nel Tuo sublime Oceano di Bellezza ed Armonia e non emergere. Nella realtà del mondo c’è tanta disobbedienza, tanta indocilità; i Tuoi piccoli più piccoli, intorno alla Madre Tua, Ti implorano, perché la conversione sia di tutti gli uomini e la festa sia grandiosa, fatta di miliardi, miliardi di uomini, che hanno tutto compreso e nulla dimenticato”.

    Amata Mia sposa, ascolta le Mie Parole, quelle che continuo a ripetere, ma che restano sempre inascoltate: il mondo, che non vuole ascoltare le Mie Parole, avrà il Mio Silenzio. Chi non Mi ha risposto, non avrà risposta quando chiederà; chi molto Mi ha donato molto avrà, ma chi poco Mi ha dato poco avrà; chi, poi, nulla Mi ha voluto dare nulla avrà. Ogni uomo si scriva nel profondo del cuore le Mie Parole e le mediti in ogni momento. Certo, c’è chi confida nelle sue forze e ripete: “Sono vigoroso e posso fare molto”. C’è chi confida nei suoi beni e dice: “Ne ho in abbondanza e sono sicuro e saldo”. Costoro non sanno che in un solo istante si può perdere ogni vigore e divenire svigorito come un anoressico, non sanno che i beni della terra non sono stabili: tutto va, ciò che è sulla terra è sempre instabile, Io, Io, Gesù, sono per sempre. Sposa amata, ripeti al mondo le Mie Parole, tutti le ascoltino, perché questi sono momenti speciali di grandi e profondi cambiamenti che verranno talora improvvisi. Che ne farà l’uomo del suo vigore, senza la fede nel cuore? Che ne farà dei suoi beni, senza avere in sé la perla preziosissima che dà Vita in Me? Vedi, piccola Mia sposa, come ancora parlo agli uomini della terra per chiamarli a conversione? Finché parlo con Amore Immenso, dura il tempo favorevole, ma verrà un altro tempo, sposa amata, per quelli che sono restati sordi alla Mia Parola, ciechi ai Miei Segni, verrà un tempo diverso: quello del grande Mio Silenzio, allora i muti volontari parleranno, certo che parleranno, ma ormai non avranno risposta alcuna; gli indocili, i ribelli, i viziosi, gli indifferenti presto sperimenteranno il Mio Silenzio, questa è stata la loro scelta.

    Mi dici: “Dolce Amore, il mio cuore desidera ardentemente che i muti ribelli divengano tanto loquaci e parlino con Te, Dolcezza Infinita, implorando il Tuo Perdono e riconoscendo le loro colpe; desidero che i ciechi volontari vedano i Tuoi Segni eloquenti e capiscano il Tuo chiaro Linguaggio d’Amore, questo tanto vorrei, perché la Gioia a fiumi, la Tua Gioia, scorra in ogni cuore, perché ho ben compreso, Dolce Gesù, me l’hai fatto comprendere negli intimi colloqui, che l’uomo, ogni uomo è fatto per la Gioia, la grande Gioia in Te. Tu, Gesù adorato, hai tanto patito per noi perché ogni uomo potesse avere la Gioia e si realizzasse su di lui il Tuo sublime Progetto d’Amore”.

    Amata sposa, avrà tutto chi fa le giuste scelte secondo il Mio Cuore. Vivi stretta a Me questi tempi unici e speciali, vedrai compiersi le più grandi Meraviglie del Mio Amore. Ti amo.

    Vi amo.

     

                                                                                                  Gesù

     

     
     
     

    .

    Post n°1051 pubblicato il 13 Aprile 2009 da lillysorriso

    Gli Angeli nella RisurrezioneLa resurrezione non è semplicemente un ritorno alla vita come accadde a Lazzaro, ma è soprattutto il passaggio ad una vita nuova per la potenza dello Spirito Santo. Essa non è soltanto una azione divina come tante altre ma è l’avvenimento decisivo della storia della salvezza. II tempo pasquale, che si estende dal Triduo pasquale fino alla domenica di Pentecoste, si può definire come il "tempo di un giorno unico prolungato, cioè senza tramonto". Ogni anno la Chiesa, dopo aver celebrato; nel Triduo pasquale, i tre aspetti della redenzione: Morte, Sepoltura e Resurrezione di Gesù Cristo, prolunga, in una festa ininterrotta di 50 giorni, anche i misteri complementari dell'Ascensione e della Pentecoste. Con la Pasqua di Cristo si realizza il disegno di condurre tutti gli uomini alla salvezza e alla conoscenza della verità, che è anche liberazione e riconciliazione del genere umano con Dio.  L'anti¬ca omelia "sulla Santa Pasqua" dell'anonimo Quartidecimano, ... 

    ... del II secolo, definisce la Pasqua come: "Festività comune di tutti gli esseri, invio nel mondo della volontà del Padre, aurora divina di Cristo sulla terra, solennità perenne degli Angeli e degli Arcangeli, vita immortale del mondo intero, nutrimen¬to incorruttibile per gli uomini, anima celeste di tutte le cose, iniziazione sacra del cielo e della terra".

    Come già abbiamo rilevato nella vita terrena di Gesù, gli Angeli appaiono solo in alcuni precisi momenti. All'inizio della sua missione pubblica, dopo aver presentato Gesù, che è stato tentato da Satana nel deserto ed averlo vinto, San Matteo annota: "Allora il diavolo lo lasciò ed ecco Angeli gli sì accostarono e lo servivano" (Mt. 4, 11).La sola presenza degli angeli testimonia che un’azione divina essenziale si sta compiendo. Gli angeli sono quindi una testimonianza della resurrezione. Per le donne che si erano recate al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, l’incontro con gli angeli costituisce una profondissima esperienza col divino. 

    Il teologo Renzo Lavatori fa opportunamente notare che a Cristo, che ha dato prova di restare fedele al progetto messianico del Padre, gli Angeli mostrano la loro sudditanza. Essi si pongono al servizio dell'uomo, quando l'uomo è disponibile a servire Dio.

    Una volta, riguardo alla missione degli Spiriti celesti, Gesù ebbe a dire: "In verità in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo" (Gv. 1,51). Questa frase del Signore si riferisce particolarmente al momento della esaltazione gloriosa che comprende la sua Passione, Morte, Resurre¬zione e Ascensione. Nel Vangelo di Luca, un "Angelo del cielo" conforta Gesù nella sua angoscia morta¬le, quando nel Getsemani Egli accetta di morire in croce, per redimere l'umanità del peccato. L'Angelo non lo libera dalla Passione né dalla dolorosa Agonia, ma non lo abbandona, anzi lo conforta, perché Egli trovi il coraggio per restare fedele al progetto di Dio. Così, come all'inizio, dopo le tentazioni, anche alla fine della sua resistenza, Gesù non trova vicino a sé gli apostoli o i discepoli, ma trova la presenza consolante degli Angeli che sono al suo fianco, per condurlo sino alla fine a compiere la sua missione di Messia sofferente.

    Nei racconti della Resurrezione vediamo una massiccia presenza di figure angeliche che rotolano via pietre dal sepolcro, vigilano sulla tomba vuota, tranquillizzano e preparano gli apostoli ed i discepoli alla fortissima emozione di vederlo di nuovo vivo. Nel Vangelo di Marco, l'Angelo della Resurrezione viene descritto come "un giovane seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca" egli si trova all'interno del Sepolcro e alle donne che erano venute per ungere il corpo di Gesù dà un messaggio sconvolgente: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete, come vi ha detto" (Mc. 16, 6-7). Nel Vangelo di San Matteo, l'apparizione dell'Angelo della Resurrezione è così riportata: "Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un Angelo del Signore, sceso dal cielo, sì accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l'angelo disse alle donne: 'Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui.

    È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi disce¬poli: è risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea, là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto. Abbandonate in fretta il Sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli" (Mt. 28,2-8). Nel Vangelo di San Luca, le pie Donne giungono presso il Sepolcro di mattino, assai presto. Esse trovano una Tomba aperta: non c'è nessuno e vedono due Spiriti celesti in vesti luminose. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, gli Angeli dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’Uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e resuscitasse il terzo giorno ".

    Ed esse sì ricordarono delle sue parole". (Lc. 24, 5-8). La teologa americana Megan Mckenna rileva che, nei racconti evangelici della Resurrezione, tutti quelli che vedono gli Angeli, sono fortemente colpiti dall'esperienza, strappati dalle loro emozioni e relazioni personali, per approdare a una realtà che appartiene all'intera comunità. Essi sono mandati agli altri, così come vengono mandati gli Angeli, per interpellare, per annunciare, per dichiarare un nuovo ordine esistenziale, per espandere i loro cuori con i segni della fede, della speranza e dell'amore. Questi spiriti celesti spingono ad una totale conversione, cioè rendono più agevole il passaggio tra una forma di vita e un'altra, messa in moto dalla Resurrezione. Questi Angeli della Resurrezione sono intermediari e trascinano una comunità, in via di dispersione, in un nuovo luogo in cui Gesù possa apparire loro per mandarli nel mondo così come Egli era stato mandato nel mondo dal Padre. L’annuncio che il Cristo è risorto ed è il Vivente, potrebbe significare che la potenza di Dio l’ha strappato alla morte, ma il bagliore degli angeli che hanno una “veste candidissima” ed il volto abbagliante “come il lampo”, attesta che Cristo è entrato con la sua umanità trasfigurata nella gloria divina. La gloria dell’angelo della resurrezione è così sfavillante che le donne devono chinare gli occhi.

    L’umanità terrestre non può sopportare il loro bagliore. L’angelo custode è vicino ad ognuno di noi e ci reca un annunzio di gioia: “Non abbiate paura, Cristo è risuscitato! Anche voi risorgerete e lo vedrete!”.

    di Don Marcello Stanzione

     

     
     
     

    .

    Post n°1050 pubblicato il 12 Aprile 2009 da lillysorriso

    Pasqua di Risurrezione

    CRISTO E' RISORTO !
    "Nessuno ha un amore più grande di chi dà la propria vita per gli amici" (Gv 15,13).
    Così, attraverso la risurrezione, la croce è stata trasformata da strumento di castigo e di morte nelle mani dei crocifissori in strumento efficace dell'amore divino nelle mani del Buon Pastore, che ha riscattato le sue pecore e che ancora oggi va alla ricerca della pecora perduta fino ai confini della terra.
    La croce è diventata uno strumento di gioia per tutti quelli che vi sanno scorgere il mistero del perdono e dell'amore divino: "Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me!" (Gal 2,20).
    Questo significa che la risurrezione di Cristo nella carne il terzo giorno è diventata la forza fondamentale ed efficace per il perdono dei peccati.
    Se Cristo è risorto, allora la nostra fede è autentica e noi non siamo più nei nostri peccati. La sua croce non fu infamia ma gloria. Se il corpo di cui ci nutriamo è il corpo della sua crocifissione, è anche il corpo della sua risurrezione e noi diventiamo partecipi proprio della stessa risurrezione e della vita eterna.
    La risurrezione di Cristo ha mutato l'infamia e la maledizione della croce in grazia, salvezza e gloria e ha reso il corpo spezzato e il sangue versato realtà non solo vive, ma anche datrici di vita.
    Ciò di cui abbiamo bisogno è una risurrezione che abbia la stessa forza rivelatrice di quella data ai discepoli al terzo giorno, una risurrezione che possa correggere tutti i nostri errati concetti di paura della sofferenza e della croce, e diventi un punto di partenza per la nostra fede, una forza dalla quale trarre la capacità non solo di capire il potere che ha la croce di perdonare i nostri peccati, ma anche di sopportare le stesse sofferenze della croce ripieni di gioia.
    Non sarà più un'agonia ma una comunione nella gloria, come ha scoperto San Paolo: "Partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Rm 8,17).
    Lo scopo dell'incarnazione perciò, nella visione dei Padri della Chiesa, non si è mai limitato all'espiazione della croce e alla redenzione per mezzo del sangue, ma è sempre andato oltre, fino a concepire la risurrezione in vista del rinnovamento dell'uomo come fine ultimo dell'incarnazione. Questo perchè l'uomo non avrebbe cessato di cadere in peccato, di rompere la comunione con Dio e di incorrere nell'ira divina anche se i suoi peccati fossero stati rimessi.
    La risurrezione di Cristo dai morti con lo stesso corpo con cui era morto offre la risposta pratica e divina al modo della nostra nuova nascita intesa come nuova creazione.
    E' attraverso la risurrezione che Cristo, vivente e vincitore non solo del peccato ma anche della morte, ha aperto una volta per tutte le porte per il nostro ritorno al regno di Dio, cioè alla vita eterna, dopo aver pagato Egli stesso il prezzo dei nostri peccati sulla croce.
    Si tratta di un sacrificio che ottiene non solo il perdono dei peccati, ma anche la ri-creazione del peccatore in Cristo e nel suo Spirito: così il Cristo può presentare gli uomini al Padre, prendendoli con sè nel suo amore, dopo averli lavati nel suo sangue; li presenta nel suo risorgere e sedere alla destra del Padre, affinchè possano essere senza macchia davanti a Dio nell'amore, ed essere creature nuove che traggono il proprio respiro vitale dallo Spirito di Dio, amati come il Figlio. Come afferma Cristo stesso: "L'amore con il quale mi hai amato sia in essi" (Gv 17,26).
    Cristo è vivente per sempre e, anche dopo essere morto per noi e averci giustificati con il suo sangue, continua a intercedere per noi presso il Padre con l'audacia dell'amore con cui realizzò la redenzione, in modo che non venga mai meno la speranza nonostante la nostra ignoranza e la purtroppo ancora presente trasgressione: "Ma Dio dimostra il suo amore per noi perchè, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue,saremo salvati per mezzo di Lui" (Rm 5,8-9).

    BUONA PASQUA !


     
     
     

    ....

    Post n°1049 pubblicato il 08 Aprile 2009 da lillysorriso

    ZELO DI GESU’ SOFFERENTE

    Pro omnibus mortuus est Christus,ut qui vinunt,non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis
    Mortuus est.
    << Cristo è morto per tutti, affinchè coloro he
    vivono non vivono per se stessi, ma per colui
    che è morto per loro>>.
    (2 Cor 5,15)

    Non si può spingere lo zelo più lontano, né ci può essere più ardore , perché arriva fino a morire, né più estensione, poiché abbraccia tutto l’universo, e non dipende da Gesù che tutti gli uomini non si salvino. Sicchè , signori, se ci danniamo, non possiamo accusarne il nostro buon Maestro, poiché egli ha dato la vita per la redenzione degli uomini, ed è certissimo che noi non siamo esclusi da questa redenzione. Dilexit me et tradidit semetipsum pro me.
    Mi sembra che, dato che abbiamo tutti l’intenzione di passare i giorni che ci restano fino a Pasqua nel più stretto ritiro e ai piedi di Gesù crocifisso, non potremmo occuparci più utilmente che nel considerare lo zelo che l’ha attaccato a questa croce e l’intenzione che ha avuto che tutti traggano vantaggio dalle sue sofferenze. In qualsiasi stato siamo, di fervore, di tiepidezza, o d’insensibilità, vi troveremo considerazioni che potranno confermarci nella pratica farvi predestinato: Fac ut praedestineris. Entrate nel cammino. Non lo conoscete? Andate ad apprenderlo da un saggio direttore. Vi ha giustamente fatto temere di andare all’inferno per un cammino? Abbandonatelo per prendere uno migliore. Spero che questa volta apriremo gli occhi. Ma il secondo punto ci servirà molto.



    II
    Il suo zelo si è steso fino ai tiepidi, fino ai peccatori. Ciò è tanto più ammirevole, perché questi dovevano servirsene in maniera tanto poco onesta, e testimoniare tanta scarsa riconoscenza, o piuttosto tanta ingratitudine, che sorprende che egli si sia dato la pena di toglierli dalla disgrazia in cui si trovavano. Si dirà, forse, che vi sono uomini che danno zelo per i peccatori. E’ differente: 1. essi non ne hanno ricevuto offesa; 2. se non ne ricevono ricompensa dai peccatori, ne riceveranno da Gesù Cristo.
    O mio Dio,quando, da un lato, considero queste sofferenze e queste brame di soffrire, e dall’altro, rifletto per chi sono, per noi, per noi dico, che non vorremmo fare per voi quanto costi la minima pena: 1.. che vi contestiamo inezie; 2. che non stimiamo neppure questo beneficio; 3. che non ci degniamo trarne vantaggio; che bontà, che zelo! Ma quanto è puro, quanto è disinteressato! Perché non la lasciate perire, quest’anima disgraziata che fa tanto la difficile, che si fa tanto pregare, ecc. Io senza dubbio lo meritavo. Ma la vostra compassione è stata più grande di tutti i miei delitti.Voi vi siete commosso al vedere il danno che avrei subito, i mali in cui sarei caduto, e questa vista, nonostante la mia indengnità, vi ha fatto desiderare la morte per salvarmi.
    Ma a che cosa mi serve tanta compassione, se non smetto di perdermi? A che cosa mi serve questo zelo, se io non ne ho per me stesso? E’ vero che senza di noi, voi non ci salverete: Qui creavit te sine te, te non salvabit te. Ma si può vedere una negligenza simile? Si tratta di un affare di così poca importanza, che non ci tocca più? Abbiamo mai ponderato di che si tratta?

    Occupazione per la solitudine della Settimana Santa
    Di che si tratta? Ci parlano tanto di questa salvezza,
    Di quest’anima, di questa eternità; ci hanno fatto tante prediche. E’ proprio vero che sono al mondo solo per salvarmi? E’ proprio vero che Gesù Cristo si è fatto uomo soltanto per questo? E’ proprio vero che debbo morire, essere giudicato, rendere conto, essere punito, o ricompensato, eternamente? Abbiamo le orecchie rintronate da questi discorsi. Ma tutto questo è proprio vero? Sono convinto che Dio mi vede, Che è testimone delle mie viltà, che, quando rifiuto un’ispirazione, rifiuto lui, che è lui che offendo, che è il suo sangue che calpestato? O sono segni, o sono verità. Se sono sogni facciamone ancora di Più; divertiamoci: Fruamur bonis quae sunt, edamus et bibamus, ecc. Nullum sit pratum, quod non pertranseat luxuria nostra. Continuiamo ad amare il mondo, a tenere più in conto gli uomini che Dio più il corpo che l’anima. Ma se, come credo, sono verità, se è vero, com’è vero, che io vivo e parlo ecc., a che cosa penso, a che cosa ho pensato fino a quest’ora? E se fossi morto, e se morissi adesso, che cosa ho fatto? Dio mio, quanto siete buono per avermi atteso! Ma voi non potete aspettare sempre; la morte verrà presto, o forse non tanto presto; ma dice san Giovanni Crisostomo: << Pensate di che si tratta. Rischiare la propria anima su un ‘’forse’’, significa aver perso il senno>>.
    Vediamo, dunque, se questo affare è al sicuro. Sono sul cammino che conduce al Cielo? Sono sicuro che, continuando come faccio, 1. sarà sufficiente, 2. non diventerò peggiore, 3. sarò contento all’ora della morte? <>.
    Se state male, peggiorerete, perché quando ci si trova nella rilassatezza, non se ne torna indietro tanto facilmente.Inoltre questo tempo forse non verrà mai. Sarete giudicati sullo stato in cui sarete, non su quello in cui avevate l’intenzione di essere. Richiamiamo un buona volta la vostra ragione a consiglio. Se io credo fermamente, che cosa voglio dire, dov’e la mia ragione, dov’è il mio senno? Quando ci fosse solo un dubbio, vedete questo mercante come si disfa della sua merce;come quest’uomo getta i suoi mobili, per paura dell’incendio, come esce in camicia; e quest’altro, come dà il suo denaro; questo malato, come si lascia amputare. Ma non è un’incertezza, è una verità. Proprio così, la mia salvezza è in pericolo, sono in pericolo di perire eternamente; dipende solo da me mettermi al sicuro, e io non faccio tutto ciò che posso, non faccio quasi niente, non faccio niente! Bisogna decidersi: non è una faccenda da nulla. Se è l’eternità che ci attende, cinquant’anni di vita non sono nulla.
    Signori, quando esaminiamo tutto ciò a sangue freddo e con
    Animo non preoccupato, non sappiamo più dove siamo, non sappiamo se siamo razionali, se siamo vissuti in un incantesimo. Ma Dio mio, si dice, bisognerebbe proprio vivere in un altro modo! Non sogno ciò che sono; tutto il mio animo è ricolmo di piani per la mia fortuna, ed è un divertimento. O Dio mio, non è di questo che si tratta: sono cose passeggere, e io ho da gestirne che durano per sempre. Come sono vissuto? Come mai mi sono tanto divertito? Come mai ho fatto tanto caso a Ciò che ne merita tanto poco? Debbo dunque passare per un insensato agli occhi delle persone sagge e giudiziose.
    No, non si può credervi tale, giacchè si vede bene che in tutto il resto avete giudizio; ma in ciò vi comportiate con tanta trascuratezza è da non credere, se non lo si vedesse tutti i giorni.
    Io non sono uno che ha più penetrato queste verità, ma con la scarsa intelligenza che ne ho, confesso che la condotta del mondo in ciò mi è più impenetrabile che la Trinità, e che l’eternità. Non vedo nulla nei nostri misteri che sia contrario alla grandezza, alla bontà, alla potenza di Dio; ma qui tutto mi sembra opposto alla nostra stessa ragione. Sono contraddizioni spaventose tra la fede, la ragione e la nostra condotta.
    E’ proprio sorprendente. Ma quel che colpisce è che ciò che
    Ci fa sviare, sono soltanto inezie e falsi timori; è che sarà così fino alla fine, come se non se ne fosse mai parlato; è che non si riesce a fare ben capire ciò che si sente. Dio mio, a che ci serve la ragione? Allora, devo continuare in questa maniera di vivere?- Sì- Per quale ragione? Vi sfido a darmene una sola. Cambiamo, dunque, a partire da oggi, perché forse non ci sarà più tempo domani. Facciamo qualche cosa per noi, per i quali Gesù Cristo ha fatto tanto. Ci ha insegnato che cosa bisognava fare. Dio mio, rendici utile questa considerazione, Eccoci convinti. Ma a che cosa ci servirà tutto questo, se non a renderci inescusabili?
    III
    E’ morto per i reprobi. Christus mortuus est pro peccatis nostris. Non pro nostris autem tatum, sed et pro totius mundi. Perchè? Per non avere niente da rimproverarsi, affinché i reprobi non abbiano niente, neppure loro, da rimproverargli, e che non abbiano niente da dire quando saranno condannati all’inferno. E’ per questo che il giorno del giudizio la croce adorabile del mio Salvatore e le sue piaghe convinceranno i reprobi della loro ostinazione; a questo spettacolo taceranno.
    Avranno l’ardire di difendersi con l’impossibilità dei comandamenti loro dati? Sarà loro presentata la croce, da cui scorrevano le grazie destinate a incoraggiarli, a fortificarli. Diranno che non sapevano di che si trattava, che sono stati ingannati e che non pensavano che la faccenda fosse tanto considerevole, che avevano considerato il peccato come un’inezia? <>. Un Dio morente dovrebbe almeno persuadervi che la faccenda esigeva qualche momento di seria riflessione. Indurranno a pretesto che non sapevano per quale via andare al cielo? E non è stato loro predicato tante volte? Non hanno tanti esempi davanti agli occhi, tanti libri che glielo insegnino? Perché è morto? Per porre la sua giustizia al sicuro, e perché i dannati non potessero lamentarsi della maniera equa, ma molto rigorosa, con cui li punirà. Voi, peccatori, non volete considerare ora un Dio crocifisso per amor vostro e per salvarvi; l’avrete per tutta l’eternità davanti agli occhi, e questo oggetto, di cui non avrete voluto trarre vantaggio, costituirà il vostro tormento maggiore. Queste piaghe, questo sangue, quest’agonia tanto crudele vi rimprovereranno eternamente la vostra insensibilità. Accasciati da questi rimproveri, gemerete inutilmente; direte, e lo direte sempre con disperazione: <>. Dio voleva pormi in cielo; ecco che cosa ha fatto per questo; era segno che voleva proprio, e io non ho voluto approfittare di tanti dolori, di tanti sforzi, di cure così grandi. Una soddisfazione tanto grande non m’è servita a niente!
    Vi esorterò ad avere zelo gli uni per gli altri a imitazione di Gesù Cristo. Ma se siete fervorosi, non c’è bisogno che vi esorti a questo; quando uno ha conosciuto l’importanza della salvezza e quanto Dio è amabile, vi opera senza pensarci. Se siamo tiepidi, come possiamo essere suscettibili di zelo per la salvezza degli altri, visto che trascuriamo la nostra? Se non facciamo le cose necessarie per noi, come faremo per gli altri le cose in più? Non mi resta, dunque, che pregarvi di ascoltare Gesù Cristo, il quale, dall’altro della croce,vi dice: Tutte queste pene mi sono sembrate leggere in confronto a quelle che vi risparmiavo. Perché ne fate tanto poco conto? Perché lusingate tanto questo corpo, alla vista del mio tutto lacerato? A che servono tanti piaceri, tante dolcezze, se io ne sono totalmente privato per amor vostro? Miserere animae tuae placens Deo. Abbiate pietà della vostra anima. La morte non metterà un termine alle sue miserie, dato che è immortale. Il vostro corpo perirà: non ne resterà più nulla, e voi lo rimpinzate di piaceri, che aumenteranno i tormenti dell’anima per tutta l’eternità!
    Miserere animae tuae. Credetemi, abbiate pietà della vostra
    Anima, di cui io ho avuto tanta compassione. Non potete salvare la vostra anima se volete conservare il corpo; essa perirà infallibilmente, è un articolo di fede, se non fate perire il corpo. Siate dunque saggi per una volta e in una faccenda tanto importante. Mettetevi al sicuro; non c’è altro cammino per il cielo oltre a quello che vi ho mostrato. Ve l’ho tracciato; sono il vostro modello, ed essendo stato il primo a subirne tutte le difficoltà, che cosa dovete temere dopo esempi tanto grandi? Abbracciate, dunque, questa croce; soltanto per mezzo di essa potete entrare ne paradiso che vi prometto, se vi abbracciate ad essa a me. Non bisogna avere dubbi, anime sante: non c’è salvezza fuori della croce. In vista di ciò. Ditele col discepolo del Salvatore: O bona crux, quae decorem ex membris Christi eccepisti. Ma ditelo di buon cuore. O croce buona, croce amabile, quanto vi fate desiderare, quanto vi fate attendere! Dove eravate nascosta allora, quando vi cercavo con tanta ansia? Quante lacrime e sospiri mi siete costata! Ma finalmente sono oltremodo felice, perché, dopo tutto ciò, vi possederò e morirò tra le vostra braccia. Se questi sono i sentimenti Che Gesù Cristo e i santi hanno avuto della croce, Di mio, quanto sono diversi i nostri sentimenti! Quanto si sono dati da fare i santi per cercare la croce! Con quanta cura noi l’evitiamo! Dobbiamo proprio avere interessi molto diversi o, se Gesù Cristo non s’è sbagliato, trovarci in un errore spaventoso. E allora prometteremo a Dio di andare a cercare in futuro le croci più dure? No, ascoltatori cristiani, non vi do questo consiglio; questo è ancora troppo forte per noi; mancheremmo alla nostra parola: non bisogna promettere nell’orazione niente che non possiamo mantenere; bisogna pensare che è a un Dio che facciamo promessa. A che cosa dunque ci servirà la vista di tutti i tormenti del divino Salvatore? A umiliarci, a confonderci. Quanto mi vergogno di aver ricevuto la croce tanto male, di aver testimoniato tanto scarso amore, tanto poca sottomissione! Dio mio, come mi sono comportato alla minima parola? Quante viltà! Che discorsi ho tenuto! Quale consolazione, se avessi sopportato pazientemente tutto ciò che mi è capitato! Che tesoro di grazia e di merito! Passati tutti i mali, mi resterebbero meriti e ricompense eterne. Se non posso forzare il mio cuore ad amare la croce, almeno l’obbligherò ad amare un po’ meno il piacere. Me ne asterrò spesso per amore vostro, Dio mio, e così forse mi disporrò a ricevere beni più grandi. Divino mio Gesù, benedite le nostre risoluzioni, rendetele efficaci, ecc.

    Claudio De La Colombiere s.j., Santo

     
     
     

    .

    Post n°1048 pubblicato il 07 Aprile 2009 da lillysorriso

    Lode a Maria7 aprile - Santa Maria del CastelloO Vergine bella, o Madre della Grazia, o Regina della Chiesa, donami la perpetua nascita di Gesu' nel mio cuore come hai donato a San Bernardo il tuo Gesu' nella notte di Natale.
    Che per i tuoi meriti e la tua intercessione nasca ogni giorno in me, nella rettitudine dell'intenzione, nella purezza dei sentimenti, nell'ardore degli affetti per Dio e per il prossimo, nello splendore delle opere, nel dovere, nel lavoro, nel dolore per la glorificazione del Padre Celeste, ora e nei secoli eterni, o dolcissima Madre mia!
    Amen. Ave Maria!

     
     
     

    CERCA IN QUESTO BLOG

      Trova
     

    .."Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre."

     

    AREA PERSONALE

     

    ARCHIVIO MESSAGGI

     
     << Agosto 2024 >> 
     
    LuMaMeGiVeSaDo
     
          1 2 3 4
    5 6 7 8 9 10 11
    12 13 14 15 16 17 18
    19 20 21 22 23 24 25
    26 27 28 29 30 31  
     
     

    CERCA IN QUESTO BLOG

      Trova
     

    FACEBOOK

     
     
    Citazioni nei Blog Amici: 13
     

    ULTIME VISITE AL BLOG

    Dovere_di_vivereNicolasangermax5MITE_ATTACHET_2donfranco65georgebernanosromagoresposito10membro33pieri.cristianabaranello.stefaniamultipla69donatonatolal.damonte63luciarossy
     

    CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

    Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
     

    ULTIMI COMMENTI

    Chi unque tu sia mi ha fatto tanto piacere che tu possa...
    Inviato da: ambrante
    il 18/07/2010 alle 23:26
     
    Ciao, davvero bello questo post. Da dove l'hai tratti?
    Inviato da: testimone82
    il 20/09/2009 alle 14:59
     
    Buona Domenica del Corpus Domini
    Inviato da: chepazzaidea
    il 14/06/2009 alle 17:44
     
    Sono passata per caso in questo blog...Bello...
    Inviato da: vodaf_2008
    il 06/06/2009 alle 09:36
     
    ciao ,grazie
    Inviato da: lillysorriso
    il 29/05/2009 alle 03:54
     
     
    RSS (Really simple syndication) Feed Atom
     
     

    .......

     

    ....

     

    ....

     

     

     

    ... 

    Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. E invece di riconoscenza non riceve dai più che ingratitudine per le irriverenze e i sacrilegi, per la freddezza e il disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore.

     

     

     

     

     

     

     

    ..Gesu è vivo!

     

    Gesu è vivo!

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ..

    LAMPADA AI MIEI PASSI E' LA TUA PAROLA

     

    AVE MARIA

    Ave, o Maria piena di grazia,
    il Signore è con te.
    Tu sei benedetta fra le donne
    e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
    Santa Maria, Madre di Dio,
    prega per noi peccatori,
    adesso, e nell’ora della nostra morte.
    Amen.

     

    PADRE NOSTRO

    Padre nostro, che sei nei cieli,
    sia santificato il tuo nome,
    venga il tuo regno,
    sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    e rimetti a noi i nostri debiti
    come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
    e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
    Amen.

     

    ..

     
     

    © Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963