Città-ragnatela

CIMINIERE

Il nostro tavolo guarda alla scala mobile, una X nera contro la vetrata. Mi sento un po' mendicante, un po' showgirl.
Bertuccia ticchetta con le dita sulle pubblicazioni. Senza unghie non fa quasi rumore.
"Che noia."
"La prossima volta metti qualcosa di più scollato." 
Il gruppo della protezione civile se la ride, da qualche parte alla mia destra. Indossare pantaloni catarifrangenti rende ilari.

Mando Bertuccia a fare incetta di gadget. Torna con un shampoo dallo stand della facoltà di economia e commercio, un rasoio e una crema per l'acne dal box della community studentesca, e una scatoletta di carne simmenthal. Le magliette erano finite. Non faccio domande.
Il ragazzo del box all'ingresso passa e, per la quarta volta, lascia cinquanta centesimi.
Non so cosa preveda il pranzo, ma ho sentito parlare di panini.
Lo vedo avanzare, un po' a destra e un po' a sinistra, finché non apre bocca, e allora suppongo non sia ripieno di prosciutto. Sfoglia un opuscolo e poi lo posa, prova a rubarmi una penna e poi il numero di telefono. Ricambio estorcendo una firma.
"Toh, hai dieci anni giusti meno di me," dico.
Se ne va, mogio.

Lo studente medio é affamato. Sarà la scuola, sarà un effetto collaterale del Topexan.
Trovo il banchetto dei panini, lindo come appena montato, e una iena ancora intorno.
Per fortuna abbiamo la simmenthal.

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[Quei fetenti non hanno neppure menzionato l'Unicef.]

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