Creato da erinn78 il 28/11/2004

Città-ragnatela

Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti di Ottavia é meno incerta che in altre città. Sanno che piú di tanto la rete non regge.

 

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Ingrata

Post n°760 pubblicato il 20 Maggio 2008 da erinn78

Una storia d'amore. Che finisce male.
Questo pezzo partecipa all'ultimo gioco letterario proposto da Writer

Ma io,
ingrata.

.

.

.

- Come faccio a raccontarti tutto dal principio, capirai che ce ne vuole.


- Nemmeno un minuto di più. Sapessi al buio per quanto tempo ho sentito bruciare il cuscino, e non lo meriti.


- Non voglio pensi che abbia costruito tutto su una bugia. Era una perla.
E non dire che anche le perle nascono da un briciolo d’immondizia.

Nella galassia di conchiglie, cocci verdi e monetine ossidate, solo tu non mi avevi ferito la pianta dei piedi.
Sentivo posarsi le api sui capelli, tanto ero leggera e, dopo la puntura e una strofinata d’aglio sul bitorzolo perché non gonfiasse, odoravo di bruschetta.
Così, in quell’estate che sapeva di limone e ombra, abbiamo fatto l’amore.
Ero foderata di velluto. 
Guardavamo dall'acqua certe volute come ami barocchi sollevarsi dall’orizzonte trasparente, supponevamo provenissero da un incendio, da qualche parte non lontano da lì, e sospiravamo, facendo bolle a pelo d'onda.
Ardevano le case, e palpitavano gole.

- Poi cos’è cambiato.
- Stai rivangando.
- Non è vero.
- Ho portato tua madre fra le braccia a casa la notte in cui è morta, ti ho guardato vestirla. Allontanarti da me. Ma io t’ho aspettato, finché non sei tornata. Per sette anni t’ho inseguito. Ingrata.
Poi ho incontrato lui.  

Sei stata l’unica per me.
E io invece
io.

 
Rispondi al commento:
RamonSerrano
RamonSerrano il 21/05/08 alle 18:08 via WEB
Magari fossi tanto bravo da trovarli i complimenti giusti che meriti stavolta. Mi viene in mente una storia vera. C'erano delle tipe cupe, tutte uguali, come bambole gonfie e basse. Portavano un velo nero sulla testa. Io avevo dieci anni e volevo andare fuori a giocare a pallone. Arrivare prima che fosse rimasto solo il ruolo di portiere per entrare in squadra. Era primavera ma dovevo stare lì un'ora al giorno se volevo fare la comunione. Io desideravo il Commodore64, quindi cazzo che volevo farla la comunione! Così rimanevo lì ad ascoltarle. Loro mi insegnavano a pregare per la salvezza di una cosa che risiedeva nel mio petto. Almeno così dicevano. L'anima. Appartiene a Dio, mica è tua. Dicevano. Poi ripetevano. E ancora. E ancora. Ma io non sentivo niente. Non si muoveva nulla. Poi sono cresciuto. Mi è capitato di sentirla. Forse mai pregando, ma questo non conta. Oggi, mentre leggevo le tue parole, vedevo immagini che esistono ma che non avevo visto mai e mai vedrò. Non capivo. La mia mente non capiva. Ma nel buio del mio petto si agitava qualcosa. Diversi livelli di comprensione: li adoro.
 
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Mura ovviamente sono io. E Muto, Bertuccia e Gibbone, Ermenegildo, Lesby, la Tedesca, Bakhum che voleva una moglie bionda, Crosti, Fernando con le sue parole che sono musica. Esistono e non sanno che una sola loro parola ha creato un angolo di Ottavia.

 
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