Creato da poison.dee il 09/11/2005
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è pur sempre agosto.

 

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BURP

Post n°1647 pubblicato il 11 Maggio 2012 da poison.dee
 

Non intendo parlarvi dell’ultimo numero del Bollettino Ufficiale Regione Piemonte, tranquilli.

Come? Avreste preferito che sì?

Siete una manica di perversi, lasciatevelo dire.

Burp è stata l’unica parola che sono riuscita a pronunciare mentre mi recavo alla cassa del ristorante a pagare la cena a base di asparagi che mi aveva vista partecipe in compagnia delle due strepitose bionde che dividevano il tavolo con me.

Che dopo la tartare di vitello con asparagi e parmigiano, il cestino di sfoglia con asparagi, uovo e fonduta di formaggio fresco, i ravioli di ricotta e robiola di Roccaverano con asparagi su crema di parmigiano, gli asparagi con fonduta e salsa tartara, gli asparagi fritti, quando è arrivato il dolce, camuffato da asparagi con uovo al paletto, io e una delle bionde abbiamo avuto un momento di smarrimento dicendo “non ce la possiamo fare!”. Ma, dopo che ci avevano spiegato che, resta di stucco è un barbatrucco, trattavasi del dolce, lo abbiamo affrontato.

Il fatto che io NON SIA RIUSCITA A FINIRLO la dice lunga su quanto fosse ottimo e abbondante tutto il resto.

Spero solo che non si sappia in giro.

Che ho una reputazione da golosa (di tutto rispetto) da difendere, io.

Burp.

 

 
 
 

Gli infedeli.

Post n°1646 pubblicato il 09 Maggio 2012 da poison.dee
 

No vabbè.

Cioè.

Niente.

E’ che ieri sera sono uscita dalla palestra e ho pensato di andare a vedere il film, che lo dovevo recuperare in quanto sua bionditudine l’aveva visto venerdì scorso.

Stasera non potevo che dovevo vedere mio cuggino (mio cuggino) a cena, domani probabilmente si va al cinema, e venerdì ho un impegno. Sti cazzi.

E allora, o ieri sera o mai più (anche perchè a giudicare dalla gente in sala difficile che il film possa durare anche la settimana prossima).

Così sono uscita e mi sono diretta in centro, pronta, nell’eventualità non avessi trovato parcheggio, a far scattare il piano B: andare in un’altra sala, di quelle che io solitamente non frequento, dotata di tutti i comfort, parcheggio e popcorn compresi. Per fortuna mi ha detto culo, e dopo aver parcheggiato in un carico/scarico giorni feriali 9.00/19.00 sono entrata al cinema. In sala eravamo in 10, credo.

Il film è francese, a episodi, quasi tutti interpretati dalla coppia Dujardin/Lellouche, che, non so a voi, ma a me scatena pensieri abbastanza turpi e financo impuri. Comunque, a parte ciò, il film non è certo memorabile. E la rappresentazione di questi uomini dediti al tradimento compulsivo, alla fine risulta abbastanza patetica. Che I Mostri di Dino Risi, al confronto, sembrano delle brave persone.

E comunque, per la cronaca, questa sera mio cuggino (mio cuggino) mi ha dato buca.

 
 
 

L’uomo in prestito

Post n°1645 pubblicato il 07 Maggio 2012 da poison.dee
 

La settimana scorsa ho acquistato la famosa gattaiola per settechilidigatto.

Che ho dovuto prendere la misura “cani piccoli-gatti grandi”, per dire.

E quella era la parte più facile.

Abbisognava quindi trovare un volontario per l’installazione.

Quando avevo accennato la cosa al marito della Lu, che si diletta in lavori di falegnameria con ottimi risultati, lui si è rifiutato dicendo “io la porta non te la buco”.

Ecco.

L’idea di provarci da sola non mi ha sfiorato nemmeno per un istante. Che conosco i miei limiti. E so che con un seghetto in mano potrei fare danni permanenti. A me, più che altro, che della porta mi importa fino a un certo punto.

Che sarò una femmina indipendente, prepotente, e pure un po’ saccente, ma alla fine per certe cose c’è poco da fare, serve un uomo.

E siccome io un uomo non ce l’ho, me lo sono fatto prestare. Da lei.

E così sabato mattina, l’uomo in prestito è arrivato, e, mentre settechilidigatto dormiva pacifico su un divano, ha iniziato il lavoro.

Che ha portato a termine in un tempo ragionevole, ottenendo un ottimo risultato e sacrificando parzialmente uno dei suoi attrezzi.

Insomma, dovesse mai servire posso rilasciare una lettera di referenze.

Dovrò anche sdebitarmi, prima o poi, ma spero di cavarmela con un paio di birre.

Durante tutta l’operazione ho fatto in modo che settechilidigatto non si avvicinasse alla porta, che quel gatto è strano, metti che poi si spaventa, mi rimane traumatizzato per qualche motivo e la gattaiola non la vuole vedere nemmeno dipinta.

Nel pomeriggio, con calma, l’ho preso e l’ho portato davanti alla porticina.

Ovviamente si è spaventato.

Allora gli ho fatto vedere lo sportellino basculante e lui, sborone, gli ha soffiato.

Andiamo bene, ho pensato.

Poi, tenendo lo sportellino sollevato gli ho fatto vedere che da lì poteva uscire. E, poco convinto, è uscito.

E poi, chiamandolo, è rientrato, come niente fosse.

Abbiamo ripetuto l’operazione una seconda volta, ed è uscito e rientrato di nuovo. Ho preferito non insistere, per non stressarlomi. Ieri pomeriggio ci ho provato, ma ho visto che non era cosa, e ho lasciato perdere.

Stamattina l’ho fatto uscire da lì. Magari prima o poi capisce come funziona.

Magari.

 

 
 
 

delle strane associazioni che possono scaturire da una coppia di neuroni che rimbalza nello spazio

Post n°1644 pubblicato il 04 Maggio 2012 da poison.dee
 

Cip e Ciop sono rilassati.

Ultimamente sto facendo in modo che si agitino il meno possibile.

Che poi iniziano a rincorrersi, fanno bordello, e finisce che mi viene mal di testa.

Poi, capita che leggo un post in cui si parla di tagliatelle shirataki e decido di andare a pranzo al ristorante giapponese sotto l’ufficio, perchè mi è venuta voglia di yaki udon.

Che assomigliano alle tagliatelle shirataki nello stesso qual modo io posso ricordare (al buio, in una stanza buia e vestita di nero) Monica Bellucci.

Comunque.

Entro, saluto. E prendo posto in un tavolo vista acquario. Solo perchè i posti al bancone sono già occupati.

Che a me piace sedermi al bancone e guardare i ragazzi sfilettare il pesce, e preparare i maki e i nigiri.

Invece.

Lì, al tavolo. Da sola, a guardare i pesci nell’acquario.

Mentre i pesci nell’acquario probabilmente guardavano me. O forse no.

Che poi mi sono incantata a guardare un pesce.

Forse era una carpa giapponese, tecnicamente parlando.

Ma aveva la faccia da passerotto.

Ed era davvero carino.

Poi nel mio campo visivo si è materializzato il proprietario del ristorante.

E ho smesso di guardare il pesce passero.

E al posto di cip e ciop, i neuroni, mi si sono risvegliati tom e jerry, gli ormoni.

E mentre mi offriva un bicchiere di vino, mi faceva i complimenti per le scarpe. Dicendo che a lui sono sempre piaciute le donne che sanno camminare sui tacchi.

Ma lo sanno tutti che io non so leggere fra le righe.

 
 
 

Fuori porta. Fuori portata.

Post n°1643 pubblicato il 03 Maggio 2012 da poison.dee
 

Dopo aver consegnato una scorta di pappe e le chiavi di casa al vicino, ho infilato nella borsa quattro stracci (per modo di dire) e sono partita, senza salutare settechilidigatto che non era ancora rincasato.

Affidandomi ad un navigatore approssimativo, sono arrivata più o meno a destinazione.

Pazienza se ad un certo punto sì è resettato da solo, e, nonostante fossi sull’A1, secondo lui stavo vagando in mezzo ai campi. Dopo un po’ ha ripreso a ragionare, e si è rimesso sulla retta via.

E io pure.

E riabbracciare la Sister è stata una gioia grande.

Il fatto che lei fosse fuori casa a sbracciarsi, e io troppo concentrata a individuare i numeri civici per vederla è un fatto puramente marginale.

Dopo avermi rifocillato, ce ne siamo andate a zonzo per la città, parlando, parlando, parlando e parlando ancora. Che un conto è tenersi in contatto su what’s up, un conto è parlare guardandosi negli occhi. Anche se i miei ogni tanto si lasciavano distrarre dalla vetrina di un negozio di scarpe. E non me ne voglia la Sister, che mi sarei distratta allo stesso modo anche passeggiando con Johnny Depp. Né io né lei avremo mai la prova provata, ma sono abbastanza certa di quello che dico. Anche perchè, avendo Johnny Depp a disposizione tutto farei fuorché passarci del tempo a passeggiare, per dire.   

E parla parla parla ti viene sete. E non c’è niente di meglio di una Erdinger in un bar in pieno centro storico continuando a parlare di argomenti che forse non era il caso affrontare all’aperto e ad alta voce, ma sono sicura che le due coppie sedute di fianco a noi hanno apprezzato parecchio. E probabilmente imparato anche qualcosa.

Poi riprendi a camminare, e, aspettando che si liberi un tavolo al ristorante, inganni l’attesa in compagnia di un Gewurztraminer alsaziano, che scende sempre di un bene...

Ho mangiato molto bene. E, per fortuna non si trova in commercio, altrimenti sarei tornata a casa in compagnia di un carico di... tenerina. Se non avete mai mangiato la tenerina, non iniziate. Che sviluppa dipendenza già dal primo boccone. Infatti a me manca già. Se invece sapete di cosa sto parlando... ecco, ci siamo capiti.

Poi torni a casa, e per strada, incrociando una coppia, realizzi in un nanosecondo che... quelle facce non ti sono nuove. E sono baci e abbracci e risate pensando che allora è proprio vero per davvero che il mondo è piccolo.

E quando tornate a casa, visto che non avete parlato ancora abbastanza, continuate a chiacchierare, e poi decidete di andare a dormire.

E il giorno dopo, una lunga passeggiata al mattino, e una gita fuori porta al pomeriggio, seguendo le indicazioni visionario-approssimative del famigerato navigatore, che secondo me sta iniziando a prendermi bellamente per il culo, si va a vedere una mostra in un convento dei cappuccini, che la signora del bar a cui chiediamo indicazioni ci indica dicendo che non possiamo sbagliarci, perchè ha il tetto a punta, ed è un convento. Perchè lì una volta c’erano i cappuccini. E chi meglio di  una barista può spiegarti come riconoscere un cappuccino?

E poi arriva il fastidioso momento dei saluti.

E tu, a differenza del ginocchio della sister, sei stata benissimo.

 
 
 

Tra il fiume e i portici...

Post n°1642 pubblicato il 27 Aprile 2012 da poison.dee
 

già buio alle sei...

Nella mia testa un po’ di buio c’è ancora, che andare a dormire alle 2.45, dopo aver salutato con uno sbadiglio la pattuglia di carabinieri che all’uscita dal casello ti ha chiesto “patente e libretto” e poi ti ha congedato con “Lei è stanca, vero? Vada, vada pure!” mentre tu pensi che, se non ti avessero fermato, saresti già nel letto, un po’ fa la differenza.

Soprattutto se la sveglia, come tutte le mattine, alle 6.00 inizierà a fare il suo (s)porco lavoro. E anche alle 6.30. E alle 7.00.

Che c’ho un’età.

Quella in cui, dopo che avrai saltato per due ore abbondanti al Palaisozaki, durante il concerto dei Subsonica, di cui ha scritto egregiamente Max (*), sarebbe opportuno rincasare e infilarsi nel letto.

Invece.

Non hai considerato il fattore X, ovvero la tua collega con cui sei andata al concerto.

Che, dopo aver prelevato un amico a casa, ti costringerà ad un giro alcolico (o – se vi piacciono le allegorie – una via crucis) per i locali di piazza Vittorio.

Così che io, adesso, non sappia se, per il mio mal di testa, devo incolpare l’alcool o l’assenza di sonno.

Facciamo patta?

 

(*) I 15 anni del gruppo vengono “commemorati” con l’uscita – il prossimo 18 maggio -  di “Subsonica x 15” volume di racconti di 15 scrittori torinesi (Andrea Bajani, Alessandro Baricco, Luca Bianchini, Gabriele Ferraris, Fabio Geda, Paolo Giordano, Massimo Gramellini, Luciana Littizzetto, Luca Morino, Luca Pastore, Alessandro Perissinotto, Marco Ponti, Enrico Remmert, Marco Travaglio, Gabriele Vacis) che hanno scritto altrettanti racconti partendo ciascuno da una canzone dei Subsonica.

 
 
 

Parada

Post n°1641 pubblicato il 26 Aprile 2012 da poison.dee
 
Tag: cinema

Potendo scegliere se vedere il film serbo martedì sera o mercoledì pomeriggio, abbiamo optato per la sera, in modo da riuscire ad assistere anche alla consegna del premio Dorian Gray a Luciana Littizzetto. Metti mai che il giorno dopo, che è festa, si organizzi qualcosa, e un film a metà pomeriggio ti rovina un po’ ogni programma eventuale.
Infatti ieri non ho fatto un’emerita minc ehm, non ho fatto nulla.
In ogni modo il film è delizioso. A partire dalla sigla iniziale, in cui vengono descritti alcuni termini offensivi con cui ogni etnia chiama gli appartenenti alle etnie differenti, "Chetnik", "Balija", "Shiptar" per finire con “peder”, che credo corrisponda, in buona sostanza, al nostro “frocio”, e, come ci spiega la didascalia, viene usato indistintamente da serbi, macedoni, kossovari e croati… e da lì parte il racconto di come un ex militare/criminale omofobo, in seguito al fortuito incontro con con un veterinario gay, accetti di far parte del servizio di sorveglianza a protezione del gay pride che uno sparuto gruppo di militanti sta cercando di organizzare a Belgrado. Nonostante tratti il delicato tema dei diritti degli omosessuali in Serbia, non è un film tirato e noioso. Anzi. Esilarante  e sprezzante, si ride parecchio. Di gusto. Un po’ meno verso il finale, ad essere sinceri. Applauditissimo.  
(I
nfatti, dopo aver vinto il premio del pubblico all'ultimo festival di Berlino, l'ha vinto anche al GLBT TFF).


 
 
 

Week end al GLBT TorinoFilmFestival

Post n°1640 pubblicato il 23 Aprile 2012 da poison.dee
 
Tag: cinema

Erano anni che non prendevo parte al GLBT TFF, dai tempi in cui probabilmente si chiamava ancora “da Sodoma a Hollywood”. E la location era al Teatro Nuovo.

Non ho idea di quanti anni siano passati, ma credo parecchi.

Quest’anno ho deciso di tornare e così, nel week end, sono riuscita a vedere un paio di film.

Sabato sera è stata la volta di “Keep the lights on” di Ira Sachs, che si basa sulla relazione del regista con Bill Clegg.

La storia inizia alla fine degli anni 90, quando Erik incontra Paul, che al momento nasconde la sua omosessualità relegandola ad incontri sporadici organizzati tramite hot-line.

Dopo qualche tempo il rapporto si consolida, Paul lascia la fidanzata e va a vivere con Erik. Ma i problemi non sono finiti, anzi. Paul, come dice lui stesso in uno dei primi incontri con Erik ha un “segreto inconfessabile”: si fa di crack. Fra rehab e riappacificazioni la storia si trascina per anni, fino al momento in cui, all’ennesimo ritorno di Paul dalla comunità, i due decidono di prendersi una “pausa di riflessione”.

Nonostante il film abbia vinto il Teddy Award all’ultimo festival di Berlino a me la storia in sé non ha detto molto.

La domenica ero molto indecisa se vedere o meno il film delle 16.00, “Bye Bye Blondie”, con protagoniste Emmanuelle Beart, la fintissima bocca di Emmanuelle Beart e un amore dei miei 20 anni: Beatrice Dalle. Il film è la storia di Gloria (Dalle) e Frances (Beart + bocca di Beart) che si ritrovano dopo un amore adolescenziale, nato nella clinica psichiatrica in cui tutte e due erano ricoverate e, nonostante siano passati anni e le loro vite abbiano intrapreso percorsi totalmente diversi (Gloria vive col sussidio di disoccupazione, Frances è un’affermata conduttrice televisiva), la passione torna prepotente a farsi sentire.

La mia per Beatrice Dalle, in compenso, si è un po’ affievolita.

Interessante colonna sonora, con alcuni pezzi, come questo, che mi hanno portato indietro nel tempo.  

Una doverosa pausa, un caffè, una birra, un cassone (che non ho mai capito se mangiare un cassone a Torino sia considerato etnico o meno) e poi di nuovo in coda per il film della sera.

“The Perfect Family”, dove troviamo una Kathleen Turner invecchiata senza ricorrere al botox nei panni della devota Eileen Cleary, tutta casa e chiesa (cattolica) che, quando padre Murphy (Richard Chamberlain, l’uccello di rovo più famoso del mondo) le annuncia che è una delle candidate al premio “Donna cattolica dell’anno” (sti cazzi) è la donna più felice del mondo, ma dovrà prima attendere la visita casalinga dell’arcivescovo. E riuscire a conciliare la sua immagine irreprensibile con quella della sua famiglia, composta da un marito alcolista, un figlio che ha lasciato la moglie per mettersi con una donna più vecchia e una figlia incinta di cinque mesi che sta per sposare la sua fidanzata Angela.

Applausi in sala durante il film per un paio di battute strepitose. Se verrà distribuito, non perdetelo.

 
 
 

Are you ready?

Post n°1639 pubblicato il 19 Aprile 2012 da poison.dee
 

Se non la smette con questo freddo sabato vado alla ricerca di un panettone (mal che vada mi accontento financo di un pandoro) e preparo l’albero di natale.

Hai visto mai.

Come quando stai aspettando l’autobus e ti accendi una sigaretta. Stai sicuro che non farai in tempo a fare un tiro che l’autobus arriva. Ovviamente non funziona nel caso in cui tu la sigaretta decida di accenderla per far arrivare l’autobus. In quel caso farai in tempo a fumartene anche due.

Quindi, io nel week end addobbo l’albero, con le migliori intenzioni, e, magari, torna il caldo.

Che siccome ho deciso di non accendere più il riscaldamento, la sera vado a dormire bardata come un inuit nei dì di festa: pigiamone sformato e felpato, calzini pelosi, scialle di lana della nonna e immancabile copertina di pile di ordinanza. Se il gatto è disponibile, all’occorrenza lo uso come boule pelosa dell’acqua calda. Lo so che il solo pensiero vi ha turbato non poco, ma non è colpa mia: noi femmine single abbiamo un’immagine da difendere ed è per questo che siamo impeccabili e sexy h24 7/7.  

Controllo la posta. Seleziono tutte le mail(s) non lette e sto per spostarle automaticamente nel cestino, ma l’oggetto di una di queste attira la mia attenzione: “sei bikini ready?” la risposta sorge spontanea: “minchia, ma mi hai visto? certo che sì!”

Non paga la apro. Oltre a vedere la foto di un paio di tizie ritoccate in maniera approssimativa con fotosciop, l’info è questa:

  1. prenoti la visita col chirurgo plastico
  2. scegli il beachwear dei tuoi sogni
  3. prenoti l’intervento di chirurgia estetica. E il bikini te lo regalano loro!

Sai che sforzo, aggiungerei io.

Comuque, se poi decidi di farti un interventino a luglio, ti fanno uno sconto di 1000euro, ad agosto di 1500.

E poi sei pronta per la prova bikini.

Ma a dicembre.

A Bondi Beach.

Are you ready?

 

 

 
 
 

Della gestione del gatto di casa

Post n°1638 pubblicato il 18 Aprile 2012 da poison.dee
 

Settechilidigatto è un po’ disorientato.

Che sono 11 anni che era abituato a fare un po’ quello che voleva, e dentro e fuori e fuori e dentro, che tanto la poison-mamma era lì a dispensare amorevoli maledizioni a ogni entrata/uscita.

Adesso deve adeguarsi al nuovo andazzo.

Se è dentro è dentro, se è fuori è fuori.

Che ieri mattina si era già acciambellato sul divano, e io, quando sono uscita di casa, l’ho gentilmente accompagnato fuori, visto che sapevo che sarebbe uscito il sole, e lui sarebbe stato senz’altro meglio all’aperto.

Gentilmente. Ho dovuto rincorrerlo attorno ai divani, e poi ha deciso lui di uscire, visto che io gli stavo dando fastidio.

Stamattina era in casa, e, siccome pioveva, ho deciso che lì sarebbe rimasto.

Che lo so che stasera, quando tornerò, lo troverò a miagolare disperato sulle scale, e, appena apro la porta, uscirà di corsa, senza degnarmi di uno sguardo.

E finché si tratta di uscire al mattino e tornare a casa la sera (parlo di me), non ci sono problemi. Ma.

Come mi organizzo per gli eventuali week end e/o viaggi e/o vacanze e/o trasferte di lavoro e/o ricoveri ospedalieri che si presenteranno? perchè, ad esclusione delle trasferte (che l’ultima risale a circa 10 anni fa) e ai ricoveri ospedalieri, che, potendo scegliere, ne faccio volentieri a meno, le altre eventualità, prima o poi, si manifesteranno.

E non è che posso rinunciare a muovermi per Settechilidigatto.

Così ho iniziato a chiedere informazioni a pensioni per animali (che a me “gattile” come termine non è che non mi piaccia, mi fa proprio cagare!), che alla “modica” cifra di 10/13€ al giorno me lo conserverebbero amorevolmente in una gabbia più o meno spaziosa per tutta la durata della mia assenza. Che tenere Settechilidigatto in gabbia è come mandare me in chiesa, più o meno. Dopo 2 minuti non vedo l’ora di andarmene, qualunque sia il motivo per cui io mi trovi lì. Che poi ultimamente il motivo è uno solo, ma questo è un altro discorso.   

La sorella del “mio” barista si presterebbe a custodirlo, visto che è una cosa che solitamente fa per amiche e conoscenti.

Ma io non so come si troverebbe la bestiola in un ambiente estraneo, e se poi quando torno mi mette il muso?

Quindi ho pensato a una gattaiola. Ma installarla sul portoncino (blindato) di ingresso non mi pare il caso. Le porte/finestre di casa si chiudono con le persiane, e quindi non mi sembra una soluzione praticabile. Mi rimane il portone del garage. Da cui il gatto si tiene allegramente alla larga da quella volta in cui il poison-babbo lo arrotò mentre metteva l’auto in garage.

Mi toccherà istruirlo all’uso delle chiavi di casa, già lo so.  

 
 
 
 
 

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