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Quando il bambino era bambino (2/2)

Post n°195 pubblicato il 28 Febbraio 2008 da semi.conduttore
 

Ma il vero amore, il vero amore era il pallone. Camus, che con ogni probabilità scemo non era, scrisse che aveva imparato più morale sui campi di calcio che in tutti i libri che aveva letto, e non vedo come gli si possa dar torto. La vita è una metafora del calcio, e diffido di chiunque non si sia sbucciato le ginocchia sull'asfalto, da ragazzino, per rincorrere un pallone, di chiunque non abbia dato e ricevuto calci negli stinchi.

In quarta elementare (avevo 8 anni, ho fatto la primina) andavo a giocare ai giardinetti, all'angolo tra via Arrigo D'Avila e via Giovanni Botero. Se ci penso adesso mi sembra assurdo, 8 anni, e già giravo il mondo. Che poi "giardinetti" è parola che uno scrittore di polso non esiterebbe a etichettare come "eufemismo cosmico", perché in realtà si trattava di un fazzoletto di terra (saran stati 20 metri per 20) coperto di breccolino. Ogni volta che si cascava in terra (e si cascava spesso, vuoi per gli scontri di gioco vuoi per la scarsa aderenza che il breccolino è in grado d'offrire alle suole) eran fiumi di sangue dalle ginocchia e dai gomiti.

Si giocava col supertele, che se lo portava via un soffio di vento, a volte col santos, quello arancione con le righe nere, e allora ci si poteva arrischiare al dribbling; ma la palla finiva sempre dentro il cortile della caserma della polizia, proprio dietro i giardinetti. Gli stronzi non ce la ridavano mai, toccava andare al negozio a ricomprare il supertele. Naturalmente pagava chi aveva buttato il pallone nel cortile.

Poi ci siamo spostati in un campo dopo via Latina (credo che adesso sia parte del Parco dell'Appia Antica), ma io ci andavo di nascosto, mia madre non voleva perché ci stava una marana - a dire la verità in prima media un mio compagno di classe c'è morto dentro quella marana, quindi non è che mia madre avesse tutti i torti, alla fine) e giustificare il fango che riportavo a casa non era mica semplice. Però vuoi mettere giocare sulla terra e non sul breccolino, si è trattato di un salto di qualità epocale, di un cambiamento di paradigma.

Salto a volo sopra il periodo "strada" (quando ci siamo trasferiti vicino Frascati - avevo 12 anni - la strada di casa finiva con un muretto, non passavano macchine, se non per parcheggiare, e noi facevamo le porte coi sassi e i giacchetti sull'asfalto terroso e instabile - adesso quella stessa strada sembra l'A1 nei giorni delle partenze intelligenti, il che significa che sono invecchiato, come Zazie).

All'università avevamo fatto una bella squadretta: io Luca e Gianfranco giocatori da dopolavoro ferroviario ma non scarsi, Enrico in porta, coi guantoni timidi ma prensili, e poi soprattutto ciavevamo gli assi nella manica, il Cola che aveva giocato nella primavera della Roma e Massimo che aveva giocato in C1: ciaveva rimesso tutte e due le ginocchia e scendeva in campo con delle fasciature strette che gli fermavano la circolazione, ma almeno le rotule non se ne andavano in giro a cazzi loro, e quando prendeva palla non gliela toglieva nessuno. Lavorava esperto di gomito, in caso.

Detta squadra si iscrisse al torneo di calcetto universitario col nome di "Dottorandi in Fisica". In realtà su sei giocatori solo Luca e Gianfranco facevano il dottorato: io e Enrico c'eravamo laureati da poco, ma non avevamo fatto in tempo per il concorso dell'89, mentre il Cola e Massimo erano già ricercatori. Ma o facevamo così o non si riusciva a formare una squadra. La cosa è stata accettata, e siamo finiti del girone A, lo stesso girone dei "Tecnici". Detti tecnici giocavano a calcetto insieme da una vita, quindi si trovavano facile. La prima partita è stata contro di loro, e abbiamo preso una sleppa difficile da dimenticare: 7-0 secco e inglorioso.

Poi però abbiamo cominciato a carburare, gli automatismi si sono fatti più fluidi, abbiamo scardinato le difese dei Biologi, degli Ingegneri, dei Laureandi in Chimica, e alla fine ci siamo ritrovati secondi nel nostro girone, dietro i maledetti Tecnici, e superata brillantemente la semifinale contro i primi del girone B siamo arrivati in finale contro i Tecnici. Il cerchio si è chiuso, l'ultima partita del torneo era la prima.

Ora, il problema è che i Tecnici ci avevano già polpettizzato, quindi sono scesi in campo tranquilli che sarebbe stata una passeggiata, per loro, ma non avevano considerato che nel frattempo, a furia di giocare, noi, da quell'insieme di persone che si ritrovavano casualmente alla stessa ora nello stesso posto con la stessa casacca sopra i pantaloncini corti, eravamo riusciti a tirar fuori una squadra.

A metà del secondo tempo, ancora sullo zero a zero, ho lanciato Luca sulla sinistra, una palla bassa e tesa; Luca l'ha addomesticata con l'esterno destro, ha fintato di rientrare verso il centro, sbilanciando il difensore, ha fatto invece un passo avanti e ha lasciato partire una zaganella micidiale, di sinistro - che di solito lo usava solo per salire sul tram - boum!, sotto al sette, uno a zero e palla al centro.

I Tecnici non ci stavano, si sono innervositi. La partita s'è incattivita. A un certo punto Gianfranco è a centrocampo con la palla tra i piedi, arriva Stefano B. e da dietro gli entra in scivolata sparato sulle caviglie, roba da frattura scomposta.

Dopo qualche minuto Gianfranco si rialza, e Stefano gli si avvicina con la mano tesa, per fare pace. Ora, dovete considerare che Gianfranco è la paciosità fatta persona: di un tranquillo al limite del vegetale, quando ci parli rischi d'addormentarti per via della cantilena sonnacchiosa e lenta, quando ci è capitato di fare gli esami insieme abbiamo sempre dato bei voti, insomma, un buono; s'era rialzato tranquillo, un po' dolorante, sì, ma tranquillo, e non ti piglia il pallone e lo spara in faccia a Stefano, da un metro? Un missile di collo pieno, paff, un tiro perfetto, al volo, e il naso di Stefano s'è trasformato all'istante in una fontanella di sangue. Naturalmente subito dopo è scoppiata la rissa, e c'è toccato fare un po' a botte in mezzo al campo. Le fidanzate sugli spalti strepitavano.

I Tecnici poi hanno pareggiato a cinque minuti dalla fine, e hanno vinto ai rigori.

 
 
 
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