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PER NON DIMENTICARE

Post n°231 pubblicato il 16 Ottobre 2013 da longu
 

 

Marco, soprannominato "Marchello" era un commerciante ambulante ebreo di 27 anni. Dopo l'armistizio del 8 settembre si era dato alla macchia ed era entrato a far parte della banda partigiana dei Castelli Romani. Il 18 ottobre 1943 Marco ebbe notizia della retata degli ebrei nel Ghetto di Roma, avvenuta due giorni prima. Nonostante il rischio di essere catturato, decise di tornare nella capitale, per avere notizie dei suoi, e venne a sapere con quale ferocia i nazisti avessero caricato sui camion gli ebrei romani, compresi i bambini, le donne incinte e i vecchi ammalati. Tornato ai Castelli, Marco riprese l'attività partigiana, partecipando a numerose azioni. La più famosa fu la distruzione della linea ferroviaria Roma-Cassino all'altezza del Ponte Sette Luci (19-20 dicembre 1943), che causò ai tedeschi la perdita di circa 400 uomini tra morti e feriti, la cui storia venne immortalata da Nanni Loy nel film "UN GIORNO DA LEONI". Nel marzo '44 alla vigilia dell'azione di via Rasella Marco fu arrestato, probabilmente su delazione, sulla scalinata di Trinità dei Monti. Si era recato presso un'officina meccanica in piazza Panico, nelle vicinanze di piazza di Spagna, per ritirare un piccolo carico di armi per la sua formazione partigiana. Dopo essere stato interrogato e torturato in via Tasso, il carcere delle SS, fu trasferito a Regina Coeli, dove aveva potuto incontrare il fratello Emanuele anche lui detenuto. Il 24 marzo 1944 Marco fu prelevato dalle SS dal carcere e portato, con suo fratello Emanuele, alle Ardeatine. Un altro fratello, Davide, appena diciassettenne, fu arrestato dai Carabinieri il 12 aprile 1944 e, dopo un periodo di prigionia al campo di raccolta di Fossoli, fu deportato ad Auschwitz, dove morì il 10 luglio 1944. Marco, Emanuele e Davide Moscati erano ebrei di Albano Laziale. La sezione ANPI di Albano Laziale porta il loro nome. A Marco Moscati è dedicata la piazza di Albano Laziale.

 
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LAMPEDUSA

Post n°230 pubblicato il 03 Ottobre 2013 da longu
 

Bisognerebbe considerare la possibilità di indire una giornata di lutto nazionale per i morti di Lampedusa.  

Servirebbe a risvegliare gli italiani che accolgono queste notizie come se fossero cose ordinarie.

Morire nel 2013 in questa maniera è inaccettabile.

Non si può pensare anche questa volta di ridurre tutto alle solite dichiarazioni. Parliamo tanto della nostra crisi, ma sarebbe il caso di ricordarsi che non siamo l’ombelico del mondo, che ci sono situazioni ben più drammatiche.

La tragedia di Lampedusa è avvenuta dopo una giornata assai poco decorosa nel parlamento italiano. Dichiarare il lutto nazionale in fondo sarebbe anche un modo per rientrare nella realtà, per uscire dal delirio delle menzogne e degli inganni a oltranza a cui si è ridotta la politica nostrana negli ultimi decenni.

Mio padre aveva un treno
e terra dove andare
a nord una stazione
lo stava ad aspettare

E partì che era di Maggio
con l'armata della fame
e portò con sè fatica
e una vita da sudare

E le notti erano lunghe
ed i giorni da contare
straniero era il suo nome
sua la voglia di tornare

Alì aveva un treno
e terra dove andare
a nord una stazione
lo stava ad aspettare

E partì che era di Maggio
con l'armata della fame
e portò con sè fatica
e una vita da sudare

 
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AHI SERVA ITALIA

Post n°229 pubblicato il 01 Ottobre 2013 da longu
 

Mostra i denti il pescecane

e si vede che li ha

Mackie Messer ha un coltello

ma vedere non lo fa.

" L'Italia è un paese bello e inutile...."

 
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MEMORIE RIMOSSE

Post n°228 pubblicato il 24 Settembre 2013 da longu
 

C’era una volta un lavoratore manuale che con un giornalista parlò della crisi del suo paese che minacciava di trascinare in un vicolo cieco, con l’economia nazionale, l’intera società.

 “Migliaia di fabbriche chiudono i battenti…. Il governo di Grande Coalizione Nazionale si accanisce a tal punto sui cittadini che tanta brava gente per sfamarsi
deve ridursi a rubare….
Assistiamo ad ondate di licenziamenti di operai e di impiegati da parte di molte piccole e medie imprese e di alcune grandi aziende…. Le prospettive non sono rosee neppure per i giovani forniti di istruzione universitaria…. La caduta della domanda ha messo sul lastrico un gran numero di proprietari di piccoli esercizi commerciali, di artigiani e di imprese industriali minori…. In contrasto con l’immiserimento progressivo di operai, impiegati, della piccola borghesia e del ceto medio, risalta l’ostentata ricchezza di una fetta della popolazione….nemmeno la cultura offre stimoli immediatamente tangibili…. La crisi economica, diffondendosi in ogni dove, ha scompaginato le precedenti
 strutture di vita e toglie il riposo e la serenità….
Come se non bastasse, la situazione è resa ancor più complessa dal fatto che il mandato settennale dell’ottantaquattrenne Presidente della Repubblica è scaduto proprio a ridosso delle elezioni. Così, le condizioni della grave crisi economica e la paura di una furibonda contesa politica, hanno fatto sì che i partiti, nell’impossibilità di mettersi d’accordo sul nome di un nuovo Presidente, abbiano chiesto al vecchio di rendersi disponibile per un nuovo mandato”.

L’Italia di oggi? No, la Germania del 1933. Il lavoratore manuale è Hans Ronzheimer,  lavoratore meccanico. Il socialdemocratico Hermann Müller era il presidente del Consiglio del Governo di Unità Nazionale. Von Hindenburg era l’ ottantaquattrenne Presidente della Repubblica rieletto. La repubblica era la repubblica di Weimar. L’intervista è del 29 gennaio 1933. Il giorno dopo, 30 gennaio, ci furono le elezioni politiche che sancirono la vittoria del partito Nazionalsocialista.
Il mondo non fu più lo stesso e precipitò verso una mattanza senza precedenti.

 

 
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TIERRA ARGENTINA (la terra dell'argento)

Post n°227 pubblicato il 18 Settembre 2013 da longu
 

desciendes y cava

Potosì - Cerro Rico

Hubo. Hugo Bolano Gutierrez, ci raccomanda di restare leggeri

mangiando una delle tante famose zuppe boliviane,

così da evitare spiacevoli malesseri dovuti all'altitudine.

Siamo a quota 4.080 mt, già respiriamo a fatica, almeno io.

Mangiamo prima un antipasto con pane e una salsa di pomodoro e peperoncino,

seguito da una zuppa di verdure tipiche della zona

poi da un piatto di pesce con riso, una patata lessa, peperoni e cipolle.

Per finire ci portano una macedonia di papaya e banane e l'immancabile mate di coca.

Alla faccia dello stare leggeri.

Hubo non ha età. Dipende dalla luce.

Dimostra una trentina d’anni, se il sole alto di mezzogiorno

gli sbatte in faccia la luce limpida dell’altopiano,

nascondendo alla vista quelle rughe

che, con la luce trasversale del tramonto o dell’alba,

disegnano invece espressioni che raccontano il sudore e la fatica della miniera,

aumentando notevolmente la sua età.

Hubo è in pensione, fa il tassista e la guida turistica adesso.

Ci aspetta un trasferimento estenuante verso le miniere di Potosi,

su per una strada tutta sfondata e piena di buche e voragini.

Hubo, dalla guida più che sportiva,

dopo una quarantina di minuti inizia a masticare foglie di coca,

così, dice, non avrà nè fame nè sonno. Ce ne passa qualcuna anche a noi.

Durante il tragitto ci dice che per anni ha lavorato in miniera, come suo padre e suo nonno.

Ci racconta delle lotte dei minatori, delle milizie private delle company,

di molti suoi parenti morti o semplicemente spariti.

Hubo, a che età si va in pensione? Domando. Dopo quanti anni di lavoro?

Ride Hubo. No cuente los años, hombre.

Noi andiamo in pensione o da morti 7.50 $ al mese alla famiglia

o da invalidi, 10.50 $, quando perdiamo il 50% della capacita polmonare.

A me ne manca più del 60%.

La mina tiene joven, qui sotto non invecchia nessuno.

Quota 4300, siamo arrivati.

Attraversiamo uno spiazzo passando fra le mogli dei minatori

sedute davanti a baracche di fango e lamiera,

mentre bambini molto piccoli giocano nella fonderia in disuso tutta sassi e polvere.

Donnone con la bombetta vendono da bere, da mangiare,

le foglie di coca, le sigarette e perfino candelotti di dinamite.

Per i minatori che andremo ad incontrare all'interno delle miniera

prendiamo un sacchetto di foglie di coca e delle sigarette. Siamo pronti.

Stivali, pantaloni di panno, giacca impermeabile, mascherina filtrante e torcia sul casco.

Unici vestiti così, raggiungiamo uno dei 400 ingressi del Cerro Rico.

L’inferno ci aspetta.

All’entrata della galleria, quando ancora filtra un po’ di luce,

c’è una statuetta colorata. Sembra un strano santo. Che santo è? TIO!

Tio es el diablo, amigos. Qui tutto è suo.

La montagna, l'argento, la vita degli uomini: tutto gli appartiene.

Lasciategli una sigaretta accesa in bocca e qualche foglia di coca, per ottenere la sua benevolenza.

Scendendo l'ambiente si presenta umido e freddo, siamo a più di 4200 metri,

cunicoli fangosi e stretti si rincorrono nelle viscere della montagna

e l'aria si fa sempre più rarefatta e irrespirabile.

Incontriamo, sommersi dalla polvere, due “minatori”

che stanno inserendo candelotti di dinamite per inseguire sogni e fortuna.

Subito Hubo ci tranquillizza, niente paura!

sono molto più preparati ed esperti degli ingegneri che studiano all'università.

I due “minatori” non hanno più di dodici anni.

Le condizioni di lavoro saltano all'occhio.

precarietà dei mezzi di lavoro, mancanza di attrezzature di sicurezza,

continua esposizione ad agenti chimici come l’arsenico e i vapori di acetilene.

Poi la polvere di silice che provoca la silicosi.

Vomito. Andiamo via! Non voglio vedere più niente!

Te l’avevo detto di mangiare poco, mi fa Hubo.

 

Oggi un ragazzo come quelli è presidente della repubblica. Hubo probailamente è morto.


El  Tio

A Potosi il cielo sembra più vicino, ma l'argento si nasconde nelle profondità della terra.

Fu fondata dagli spagnoli nel 1545 a seguito della scoperta di minerali ricchi d'argento sul Cerro Rico.

È famosa non solo per essere la città più alta del mondo, ma proprio per l'argento.

La sua storia, le sue tragedie e i suoi orrori, sono tutti inestricabilmente legati a questo metallo.

Sull'onda del motto “desciendes y cava", migliaia di indigeni furono costretti a lavorare

per portare alla luce argento di prima qualità per conto degli spagnoli.

Il lavoro estrattivo era però assai pericoloso.

A causa di incidenti e silicosi polmonare, perirono talmente tanti indios

che gli spagnoli decisero di importare milioni di schiavi dall'Africa. 

Allo scopo di incrementare la produzione,

nel 1572 il viceré di Toledo approvò la Ley de la Mina,

in osservanza della quale tutti gli indios e gli schiavi africani

dovevano lavorare alternandosi in turni di 12 ore.

Restavano sotto terra per periodi di 4 mesi

ed erano costretti a mangiare, dormire e lavorare senza mai uscire dalle miniere.

Quando poi riemergevano, se riemergevano,

dovevano proteggersi gli occhi per diversi giorni per non restare cechi.

Ovviamente questi minatori non vivevano a lungo.

È stato calcolato che nei secoli del dominio coloniale dal 1545 al 1825,

nelle miniere di Potosì siano morti complessivamente

ben 9 milioni di persone tra africani e indios.

Nove milioni!

La riforma dell'industria estrattiva del 1952 pose le miniere sotto il controllo statale,

migliorando un po’ le condizioni di lavoro.

A seguito di scioperi e proteste e a seguito del malcontento generale,

l'attività estrattiva sul Cerro Rico è gestita negli ultimi decenni da cooperative di minatori,

le quali, in accordo con le agenzie turistiche della città,

lasciano entrare visitatori curiosi che, accompagnati dalle guide,

osservano il lavoro dei minatori per i cunicoli della montagna.

 

 
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11 SETTEMBRE

Post n°226 pubblicato il 13 Settembre 2013 da longu
 

 IL MIO 11 SETTEMBRE  ' 73

ci sono luoghi che ti restano attaccati addosso come il sangue di una ferita che non rimargina mai.

Il Cile è un paese ricco abitato da poveri. Pinochet è morto, nel suo letto, nel 2006, il 10 dicembre. Ironia delle date. Proprio il 10 dicembre (1948) l'Assemblea generale dell'ONU ha proclamato la DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI. Arrestato a Londra nel 1988   grazie all'ostinazione del giudice spagnolo Baltasar Garzon, Pinochet fu rimandato in Cile nel marzo del 2000 per ragioni di salute grazie all'ipocrisia umanitaria del premier laburista Tony Blair. Incriminato più volte dopo il suo ritorno dal giudice Juan Guzman, uno dei pochi magistrati cileni non colluso col dittatore genocida, ma mai condannato da un tribunale del suo paese. E i guai giudiziari che gli amareggiarono la parte finale della sua vita riguardavano ruberie e soldi depositati in banche straniere non le atrocità che commise o ordinò nei 17 anni di potere assoluto. Pinochet si porta dietro un fardello di 3500 morti e desaparecidos,  40/60 mila torturati, un milione di esiliati. Eppure quando morì il New York Times lo elogiò “per aver  trasformato il Cile nell'economia più prospera dell'America latina” e il Washington Post scrisse che "Pinochet ha introdotto le politiche liberiste che hanno condotto al miracolo economico cileno". Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato.

Quello di Pinochet non fu una parentesi per la restaurazione dell'ordine precedente scosso o distrutto da Unidad Popular, come  credeva la destra democristiana di Frei e Aylwin. Al contrario fu un golpe di tipo nuovo che si proponeva di fondare, riuscendovi, un nuovo ordine giuridico, politico, sociale ed economico. Un’anticipazione periferica del liberismo globale spregiudicato e armato di oggi.

Quelli fra il 4 settembre 1970,  quando Allende vinse le presidenziali sul conservatore Alessandri e il democristiano Tomic, e l'11 settembre 1973,  il giorno del golpe, furono mille giorni di passione e di fuoco, convulsi, grandiosi e terribili.

Chissà perché capitò al Cile,  paese periferico  e dipendente, prima dal salnitro poi dal rame, di entrare nel ruolo di laboratorio sperimentale del liberismo di Milton Friedman e dei suoi Chicago Boys.

Il Cile era anche "il paese dei tre terzi": un terzo di destra classica e oligarchica,  il Partido Nacional; un terzo di centro, la Democrazia Cristiana; un terzo di sinistra, il PC e il Partito Socialista, vicinissimi a Cuba e lontani dalle socialdemocrazie europee. La "via cilena al socialismo" fu il tentativo, visionario e affascinante che vide anche una serrata dialettica fra il polo rivoluzionario sostenitore della linea "avanzar sin transar" e  il polo riformista del "consolidar para avanzar". Fra la fine del 1970 e il 1971 i risultati furono eccellenti. La riforma agraria, la nazionalizzazione del rame e delle banche, l'aumento dei salari e un avvio di redistribuzione della ricchezza, la famosa "tazza di latte per ogni bambino cileno". Il PIL crebbe dell'8%, la produzione industriale del 14%, l'inflazione scese dal 35 al 20% e la disoccupazione dall'8 al 4%. Ma con il 1972 cominciarono i problemi. Per l'accoppiata Nixon-Kissinger e le  multinazionali USA (ITT, Anaconda, Kennecott, Ford, Bank of America...) la questione “Cile” doveva essere chiusa in fretta. "Il governo di Allende è peggiore di quello di Castro", disse l'ambasciatore a Santiago Edward Korry,  e il consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger avvertì Nixon che "l'esempio di un governo marxista, democraticamente eletto, avrebbe sicuramente un impatto e anche un valore di precedente in altre parti del mondo, soprattutto in Italia" .

Nel 1972 la morsa interna-esterna  e l'asfissia politico-finanziaria cominciarono a mordere. L'economia rallentò, i prezzi ripartirono verso l'iper-inflazione, il boicottaggio provocò penuria e code, il salario reale perdeva il 15% del suo valore ogni mese. I 25 giorni di serrata dei camionisti in ottobre furono il colpo finale. I  tentativi di Allende e dei  comunisti di fermare l'irresistibile attrazione della DC verso la destra estrema in parlamento, dove Unidad Popular restava  in minoranza, fallirono  irrimediabilmente nel maggio '73, quando la sinistra democristiana di Tomic e Leighton dovette cedere  il controllo del partito alla destra di Frei e Aylwin contrari a ogni dialogo con Allende e decisi a giocare la carta del golpe. Il punto di non ritorno arrivò in agosto, con la risoluzione DC-PN in parlamento con cui il governo Allende veniva dichiarato "illegittimo". Con le dimissioni del generale "lealista"  Carlos Prats da ministro degli interni e da capo dell'esercito, sostituito da Pinochet,  anche l’ultimo e l'unico obiettivo di Allende di evitare la guerra civile andò in fumo. L'11 settembre mattina la Marina scatenò con un bombardamento dal mare il golpe a Valparaiso e a metà giornata Allende era morto ed era tutto finito. Il golpe assai "spettacolare", con la sua forsennata  ma scientifica  brutalità diffusa per la prima volta in diretta tv,  servì da battistrada e da monito. Fu apripista della nuova strategia USA affidata alla CIA che con il PIANO CONDOR avrebbe presto sepolto per i vent’ anni successivi tutti i paesi della regione  sotto la cappa di notte e nebbia stesa dai militari.

Il golpe contro Unidad Popular del presidente Allende dell'11 settembre 1973 fu, e resta, un momento fondamentale di svolta nella storia mondiale, non solo in Cile o in America latina, ma anche in Italia per via  delle famose "riflessioni" in cui il segretario del PCI Enrico Berlinguer elaborò la strategia del compromesso storico, partendo proprio dalla tragedia cilena.

Oggi a quarant’anni dal golpe,  dopo quattro presidenti di centro-sinistra, due democristiani e due socialisti, che hanno governato dal 1990 ad oggi,il modello economico neo-liberista è intatto e trova il suo complemento politico nella costituzione di Pinochet del 1980, emendata qua e là, ma mai rinnegata. Una costituzione che garantisce la libertà del lavoro, ma non il diritto al lavoro, la libertà di insegnamento ma non il diritto all'istruzione. Il Cile è oggi uno dei paesi più iniqui del mondo, l'ottavo più diseguale collocato al posto 111 sui 123 presenti nella lista dell'ONU. È il paese dove solo il 10% dei lavoratori fruisce del salario minimo intorno ai 200 dollari mensili e l'80% prende meno di quello che la chiesa cattolica definisce "salario etico". Però in Cile ormai è sempre più difficile tenere insieme l’ "eredità maledetta" di Pinochet con il crescente malessere sociale. Gli studenti, nati dopo il trauma, che esigono il diritto a una educazione gratuita e non classista, gli ostinati Mapuche che rivendicano le loro ricche terre del sud svendute alle multinazionali, gli operai che rivendicano salari e pensioni più equi,  stanno facendo saltare il banco e l'immagine virtuosa del paese modello dei liberisti.

 

 

 
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11 SETTEMBRE

Post n°225 pubblicato il 11 Settembre 2013 da longu
 

IL MIO 11 SETTEMBRE  ' 73

Quel pomeriggio dell’undici settembre del ’73 ero a Firenze.

Da appena un mese ero tornato dalle Americhe.

Quel pomeriggio dell’undici settembre del ’73 a Firenze

 stavo trovando insieme ad altri la "via cristiana al socialismo".

Si discuteva dell’organizzazione del convegno CRISTIANI PER IL SOCIALISMO 

che si sarebbe tenuto a Bologna dal 21 al 23 settembre.

Gli “altri” erano Giulio Girardi, Lidia Menapace, Giovanni Franzoni, Mimì Jervolino, Filippo Gentiloni,

le comunità di base dell’Isolotto e di Oregina,

le ACLI di Labor e Gabaglio, per citare i più famosi e conosciuti.

Il Concilio era passato da poco tempo e Giulio ci stava spiegando

che esperienze come il dialogo tra Marxismo e Cristianesimo erano superate perché sterili.

Sterili perché lasciavano gli interlocutori come erano prima.

Da un punto di vista ecclesiale ribaltava il primato dello spirituale

introducendo un’analisi di classe della religione nella chiesa.

Giulio cercava di farci capire anche l’aspetto antropologico: la rivoluzione o sarà umana o non sarà.

Le immagini di quell’undici  settembre del ’73  rimasero scolpite nella memoria di un'intera generazione.

I militari guidati dal generale Pinochet e sostenuti dalla Cia e dalla destra cilena,

dopo un massiccio bombardamento aereo, assaltano il palazzo presidenziale.

Il presidente socialista resiste asserragliato all'interno della Moneda.
La dura repressione. Migliaia di militanti arrestati, torturati e giustiziati sommariamente

 

 
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VENTI DI GUERRA

Post n°224 pubblicato il 05 Settembre 2013 da longu
 

DIES IRAE
 

C'è poco da scherzare, anzi nulla, ma nella squadra del presidente Bush dev'esserci una fantasista d'eccezione. Tempesta nel deserto era una sigla appropriata alla guerra del golfo ma banale, la guerra umanitaria fu invece un'invenzione che rimarrà nella storia, ma l'operazione Giustizia infinita oscura qualsiasi precedente.

Sarebbe consolante se fosse venuta in mente a un pubblicitario reclutato a Hollywood per l'occasione. La civiltà americana è essenzialmente cinematografica, è l'unico paese dove un attore è diventato presidente e i manifesti wanted che girano il mondo replicano i telefilm western. Ma temo che l'operazione Giustizia infinita abbia una matrice meno frivola, tanto biblica quanto è coranica la guerra santa, di una comicità che mette i brividi.

Infinito è Iddio, per definizione, e giustizia infinita può essere solo quella divina, come ora precisa anche la televisione. Queste che suonano sono dunque le trombe del giudizio universale che speravamo rinviato nel tempo e invece ci viene annunciato per domani o dopo, quanto basta per spostare la portaerei Roosevelt e le schiere degli angeli e decidere da dove cominciare.

E' retorica grottesca, enfasi buona per la psicologia delle masse fondamentaliste occidentali o questa guerra senza confini di spazio e di tempo è quella realmente pianificata in segretezza nei sotterranei della Casa Bianca e del Pentagono? E' questa l'idea della specie di ministro che ha parlato di cinquanta paesi da colpire e che Kissinger ha definito senza malanimo l'uomo più spietato da lui mai conosciuto? Oppure tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare ed è a questa massima che dobbiamo affidarci?

L'Europa è afona, ma forse i suoi cittadini vorrebbero sapere dai governanti se ci sentiamo tutti americani contro il terrorismo o se l'articolo 5 del patto atlantico ci impegna a partecipare in silenzio o con fanfare e fanfaronate e anche al giudizio universale.

L'Europa moderna, per non parlare del rinascimento italiano su cui si tengono mostre affollate, è fondata su una tradizione razionale e sul pensiero laico e nulla dovrebbe apparirle più estraneo e pericoloso dell'impazzimento che circola nell'aria.

Noi avevamo già un cattivo governo quando era in borghese, se ora si mette in uniforme anche molti che lo hanno votato quattro mesi fa avranno di che pentirsi. E' triste avere un ministro della difesa che un giorno dice una cosa prudente e poi riceve una telefonata e dice il contrario. Però stiamo attenti, non credano ai sondaggi, non è vero che la maggioranza degli italiani è favorevole o rassegnata al diluvio cosmico e neppure al neoliberismo in divisa.

Non sempre chi tace acconsente. Sono comunque più sinceri e meritano più ascolto i molti che rifiutano apertamente lo squilibrio del terrore e non confondono gli Stati Uniti col Monte Grappa. Scendono e scenderanno in piazza, magari ad Assisi e forse anche l'opposizione, se ci fosse, farebbe bene a non ripetere gli errori del passato.

Luigi Pintor 21 settembre 2001 



 
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SEMPRE PIU' SOLI

Post n°223 pubblicato il 30 Giugno 2013 da longu
 

 

"la colpa di Eva è stata quella di voler conoscere,

sperimentare,

indagare con le proprie forze le leggi che regolano l'universo,

la terra,

il proprio corpo,

di rifiutare l'insegnamento calato dall'alto.

In una parola

Eva rappresenta la curiosità della scienza

contro la passiva accettazione della fede."

addio signora delle stelle....e grazie.

 
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