Sardinia

Siamo una grande isola.

La Sardegna è diversa. Chiedetelo a qualunque sardo, in Sardegna o fuori dalla Sardegna . Risponderanno tutti allo stesso modo: “ La Sardegna è diversa”. In realtà tutti i paesi del mondo sono “diversi” agli occhi dei loro abitanti. Ma forse la Sardegna ha qualcosa di più. Anche lo studioso A. Piazza esperto in antropologia evoluzionistica ( ha scritto: Il popolamento della Terra), ha ricostruito in dettaglio le fasi del popolamento della penisola italiana, evidenziando che la Sardegna la cui storia così come la lingua e le frequenze genetiche ne fanno un territorio del tutto peculiare.
In Europa che si sta popolando in misura sempre maggiore, la Sardegna è una delle terre meno abitate: 65 persone per chilometro quadrato, contro la media nazionale di 170. E con la terra, tantissimo mare a disposizione. La Sardegna vanta 1.800 chilometri, che vogliono dire migliaia di piccole spiagge, di cale nascoste, di brevi paradisi di roccia e rena, un mare quasi tutto e quasi sempre intatto. I grandi paesaggi silenziosi e severi, le distese marine trasparenti, l’immagine di una terra mai toccata da mano umana.
L’isola, appunto. Già di per se essere un’isola vuol dire essere qualcosa di diverso. Staccata dalla continuità continentale, ogni isola del Mediterraneo ha una sua storia particolare. In Sardegna comincia da circa 5.000 anni fa, quando una misteriosa popolazione venuta chissà da dove, forse dall’oriente, edificò i nuraghi, torri spesso di dimensioni gigantesche e di complessa architettura che punteggiano l’intero paesaggio sardo. Ce ne sono circa 7.ooo collocati, nella gran parte dei casi, sulle cime delle colline o su erti crinali di montagna, e seguono il viaggiatore come sentinelle.
La Sardegna è il più grande museo a cielo aperto del mediterraneo.
Dopo i nuragici, altri popoli sono passati su queste terre e tra questi i dominatori dei mari venuti da fuori, gli Shardana, e così c’è una Sardegna con le sue città stato:  Un popolo che in coalizione con altri “popoli del mare” insidiò la supremazia egizia cercando di conquistare l’Egitto. Un popolo che gli stessi egizi chiamavano: I popoli della grande isola che sta in mezzo al grande mare.Tharros, Nora, Bithia, Karalis, Solki, Neapolis, Corpus sul bordo di acque calme. Città che i soliti feniciologi attribuiscono ai Fenici o ai Cartaginesi.

Successivamente l’età romana, con anfiteatri, rovine di acquedotti. Una Sardegna medievale con città turrite e bastionate e sbalorditive basiliche di pietra bianca e nera improvvisamente sorgenti dai campi. Una Sardegna aragonese e poi spagnola, con chiese straricche di ori e di statue, o innalzate come immensi fiori di calcare al modo del duomo di Sassari; una Sardegna sabaudia, dove i viceré risiedevano in rocche e palazzi vietati agli indigeni. E infine la Sardegna “italiana”, con le architetture umbertine e poi le città nuove inventate tra le due guerre mondiali (Arborea, Carbonia, Fertilia).

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, 1.500 anni fa, la Sardegna ha voltato le spalle alla penisola e ha guardato di volta in volta verso l’Africa, Costantinopoli, Barcellona, Madrid. Capitali lontane, da cui venivano a questa silenziosa periferia messaggi di civiltà forti, da rielaborare nell’isola. Ne è nato un modo di essere sardi profondamente radicato nel carattere della gente, e che si può cogliere anche in aspetti particolari della vita e del lavoro, la severa civiltà pastorale del centro montano, le feste religiose, i colorati costumi tradizionali. Anche la lingua è diversa in Sardegna, somigliante al latino più di ogni altra lingua romanza, vive e resiste, seppure frammentata in tante varietà locali.