Sardinia

Il mito della maschera e della pietra.

La Sardegna negli ultimi trent’anni è vista come oggetto del desiderio turistico. Le agenzie turistiche la presentano come "il più vicino dei posti fuori del mondo", luogo geograficamente prossimo e miticamente lontano. I viaggi nell’isola vengono offerti descrivendola come una "terra vergine e primitiva", con il suo stupendo mare cristallino blu e smeraldo, le sue calette nascoste e solitarie di rena bianca e trasparente, la verde vegetazione selvaggia della macchia mediterranea, screziata di bianchi graniti stemperatisi nel rosa e nel grigio.
Disegni, volumi, colori in un'arcaica solitudine. Tutte bellezze ambientali che vengono confezionate per rappresentarle meglio nella simbologia turistica e nella logica di un consumo di specialità naturalistiche: l'ecologia tipica di un mercantilismo redditizio. Questa riduzione della Sardegna a natura, a naturale è la più astuta creazione dell'industria turistica per collocare un raffinato e costoso prodotto nella mostra-mercato delle vacanze di lusso. Ma tale progettazione, a mio avviso, tende a rimuovere, a nascondere il vero tesoro della Sardegna, un tesoro fatto di storia, di cultura materiale, di produzione artigianale, di tradizioni popolari, di oggetti e simboli di una civiltà millenaria. La Sardegna oggi ha bisogno di creare una nuova forma di turismo che sappia coniugare l'eden geologico con l'economia e la cultura locali, per dare al visitatore un "prodotto più vero". Oltre al mare e le spiagge, occorre offrire al visitatore, itinerari di natura e di cultura, come "la via del tappeto", "la via del formaggio", "la via del cavallo", “la via della gastronomia”, e cento altri percorsi che sfuggo-no ai visitatori frettolosi ma che stabilirebbero una comunicazio-ne autentica con la civiltà e la gente di Sardegna.
Io vorrei proporre due interessantissimi itinerari: "Il mito della pietra" e "il mito della maschera". La pietra in Sardegna non è soltanto lo scoglio della spiaggia ritagliata ad arte. Nel paesaggio sardo la pietra tende a prendere forma umana, nella cultura sarda ogni corpo rischia la metamorfosi in pietra. Percorrere i sentieri della pietra vuol dire conoscere la storia della civiltà e dell'arte isolana ma anche le forme simboliche e i fantasmi dominanti della cultura antropologica sarda. Dalle statue enigmatiche della geologia create dall'erosione del vento e dell'acqua si passa all'ar-chitettura e alla religione del periodo neolitico delle domus de ja-nas (le case delle fate) alla civiltà nuragica dell'età del bronzo. Tombe di giganti, menhir testimoniano il culto degli antenati. La pietra delle città stato edificate dal popolo Shardana che regnò incontrastato sul mediterraneo. La pietra del medioevo che ci racconta le mirabili architetture delle chiese romaniche, la pietra delle sculture contemporanee. Un altro percorso perturbante si può fare attraverso le maschere tragiche ed ancestrali della Sardegna centrale, i Mamuthones di Mamoiada, i Merdùles di Oltana e i Thurpos di Orotelli. Il rito di travestimento e di metamorfosi non rientra nell'espressione di un teatro popolare: è la narrazione di un destino, l'articolazione di un mito. É l’ uomo che aliena la propria identità per diventa-re animale o dio. La maschera della Barbagia dalla terrificante espressività non è l'espressione di un viso, non ha nulla a che fare con la psicologia. Il Mamuthone, il Merdùle non è un individuo, non è un segno e non esprime uno stato d'animo: tutto il corpo è nascosto e mascherato per fare la terribile esperienza. Non c'è parola, non c'è canto, non c'è musica; c’é la maschera or-rida (sa bisera) priva di qualsiasi carattere antropomorfo, immagine di silenzio e impassibilità, che si muove, c’è il passo cadenzato con il suono cupo ed inquietante dei campanacci, c'è lo stravolgimento del corpo, l'urlo strozzato che esprime la solitudine dell'uomo. Tutto il paese ha esperienza del rito di travestimento, c'è un rapporto strettissimo tra linguaggio rituale e dramma sociale: una narrazione che produce un nuovo senso culturale. La comunità ritrova la sua identità. Il rito della maschera non è tanto una commemorazione di un tempo perduto, non si svolge per esorcizzare gli spiriti del male del passato bensì per esorcizzare gli spiriti del male del tempo presente. Invano il turista preten-derà di sapere cosa ci sia dietro la maschera perché dietro la maschera c'è un'altra maschera, l'uomo.