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Istat

Post n°1726 pubblicato il 28 Maggio 2014 da deosoe

 

 

ISTAT

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Istat: famiglie sempre più povere, under 35 e Sud sempre più a rischio

La crisi continua a piegare le famiglie italiane che sono sempre più povere, specie al Sud dove si registra un disagio cinque volte superiore al Nord. Nel nostro Paese la povertà colpisce tre volte di più le persone sotto i 35 anni e due volte di più i disoccupati e gli inattivi. Così, per tirare avanti, o per non erodere i risparmi, le famiglie italiane nel 2013 hanno ridotto la spesa per i consumi del 2,6% e quella per le cure mediche.

E' ancora piena di ombre la situazione del Paese fotografata nel Rapporto annuale 2014 sulla situazione del Paese, diffuso oggi dall'Istat. L'indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, segnala l'Istat, "sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all'8% della popolazione. La grave deprivazione, dopo l'aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%". La foto scattata dall'Istat indica come "il rischio di persistenza in povertà, ovvero la condizione di povertà nell"anno corrente e in almeno due degli anni precedenti, è nel 2012 tra i più alti d"Europa (13,1 contro 9,7%)".

"Si tratta di una condizione strutturale" sottolinea l'Istituto, e "le famiglie maggiormente esposte continuano a essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione". Il rischio di persistenza nella povertà "raggiunge il 33,5% fra le famiglie monogenitori con figli minori" e "nel Mezzogiorno è cinque volte più elevato che nel Nord, tre volte più elevato tra gli adulti sotto i 35 anni, due volte più elevato tra i disoccupati e gli inattivi" è il dato che arriva dall'Istat.

Sempre a causa della crisi economica, evidenzia il Rapporto Annuale 2014 dell'Istat, peggiorano anche i divari territoriali, facendo registrare una perdita di occupazione nel Mezzogiorno superiore al resto del Paese. "Il tasso di occupazione maschile del Mezzogiorno, già inferiore di quasi dieci punti alla media nazionale nel 2008, -si legge nel Rapporto- continua a diminuire con un ritmo più accentuato, attestandosi al 53,7% nel 2013″.

E per la prima volta dall'inizio della crisi, nel 2013 la riduzione dei consumi è stata maggiore di quella del reddito. "Dopo qualche anno di contrazione dei redditi reali e probabilmente in seguito al diffondersi della percezione che la crisi non era conclusa, sembra che le famiglie abbiano smesso di finanziare la spesa contraendo il risparmio" dice l'Istat.      Nel 2013, inoltre, "è tornata ad aumentare la propensione al risparmio (ovvero il risparmio lordo sul reddito disponibile), risalita al 9,8% dopo il minimo storico dell'8,4% toccato nel 2012″ prosegue l'Istituto rilevando che "per la prima volta dall'inizio della crisi, nel 2013 la riduzione dei consumi è stata maggiore di quella del reddito".

Sul fronte delle imprese, nel 2013 i livelli dell'attività produttiva "sono rimasti inferiori a quelli del 2008, in particolare nelle costruzioni (-28% di valore aggiunto) e nella manifattura (-17,5%), meno nell'agricoltura e nei servizi (rispettivamente -6,4 e -3,9%)". Rispetto ai paesi Ue, però, "l'Italia mostra una quota elevata di export afferente alle piccole e medie imprese (circa il 54%), molto superiore a quella delle altre grandi economie europee". Le imprese estere controllate dalle multinazionali italiane occupano 1,7 milioni di addetti.

La loro presenza è in aumento tra il 2007 e il 2011: +1.600 unità (pari a +8,1%) e +250 mila addetti esteri (+18,4%). Il nostro Paese, inoltre, stenta ad attrarre investimenti diretti esteri (Ide). Nel 2011 sono circa 13 mila 500 le imprese a controllo estero; esse occupano quasi 1,2 milioni di addetti e spiegano il 13,4% del valore aggiunto del sistema produttivo (meno che in Francia, Germania e Spagna). Riguardo l'innovazione, l'Italia continua ad investire in Ricerca e Sviluppo (R&S) una quota di Pil distante dall'obiettivo definito da Europa 2020 (1,25% a fronte dell'1,53%). "Il ritardo -afferma l'Istat- è vistoso anche nella spesa delle imprese (0,7% del Pil contro 1,3% della media Ue27). Quasi un quarto di questa spesa si deve a multinazionali estere".

Ma nel Rapporto dell'Istat sembra intravedersi anche un pò di luce. Secondo le stime dell'Istituto di statistica, infatti, nel 2014 si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano "pari allo 0,6% in termini reali". E la prospettiva apre all'ottimismo anche per per i prossimi due anni, periodo in cui, "la crescita dell'economia italiana si attesterebbe all'1% nel 2015 e all'1,4% nel 2016″. Queste previsioni, avverte però l'Istat, "sono tuttavia soggette a rischi e incertezza derivanti dall'andamento della domanda globale, dalle condizioni di accesso al credito e dagli effetti delle politiche economiche".

 

 

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