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di Vittorio Casula

 
 

 

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Messaggi del 16/09/2014

Assegno di incollocabilità

Post n°1824 pubblicato il 16 Settembre 2014 da deosoe

 

 

Rivalutazione dell'assegno di incollocabilita

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dm_assegno_incollocabilita768

Via libera del Ministero del lavoro alla rivalutazione dell'assegno di incollocabilita
01/09/2014

Dallo scorso 1° luglio 2014, l'assegno di incollocabilità, erogato dall'Inail, è stato rideterminato nella misura di euro 255,90. 
Lo ha disposto il Ministero del Lavoro, con Decreto del 30 maggio 2014, successivamente approvato dal Ministero dell'Economia, su proposta dell'Inail formulata con Determina del 31 marzo 2014.


Ministero del Lavoro, DM del 30 maggio 2014

 

 

 
 
 

Il Santo del giorno

Post n°1823 pubblicato il 16 Settembre 2014 da deosoe


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San Cipriano Vescovo e San Cornelio Papa

San Cipriano Vescovo e San Cornelio Papa

 

Nome: San Cipriano Vescovo e San Cornelio PapaTitolo: MartiriRicorrenza: 16 settembre

«il Signore edifica la sua Chiesa sopra uno solo; anche se dopo la sua resurrezione egli conferisce un'eguale potestà a tutti gli apostoli. Come può credere allora di possedere la fede chi non mantiene l'unità della Chiesa?»

Cipriano di Cartagine era un famoso retore che si convertì al cristianesimo verso il 246. La sua posizione intellettuale e sociale favorì la sua ordinazione come sacerdote e vescovo. All'epoca la comunità di Cartagine era lacerata da divisioni causate da persecuzioni particolarmente cruente, che inducevano numerosi cristiani a sacrificare alle divinità pagane per sfuggire alla morte o all'esilio. 

Molti dei caduti chiedevano poi la riammissione, alla quale si opponevano i rigoristi. Cipriano, in considerazione della debolezza umana e della misericordia di Dio, adottò un atteggiamento più benevolo. 

Identica situazione si presentò a Roma dove, dopo la morte di papa Fabiano, venne eletto Cornelio, che fu papa dal 251 al 253. Il presbitero Novaziano, famoso retore, non accettò l'elezione del nuovo papa. Si fece a sua volta consacrare vescovo e provocò una scissione tra i cristiani della capitale. Anche qui la causa della divisione era 'atteggiamento da tenere nei confronti dei caduti. 

Al più umile e comprensivo Cornelio si opponeva il rigorista Novaziano. In questa difficile situazione il papa ricevette il sostegno convinto di Cipriano. 

I due vescovi conclusero la loro vita con il martirio. Cornelio in esilio nel 253, Cipria no a Cartagine nel 258. Per questo la Chiesa ricorda insieme questi due vescovi, pastori generosi e martiri intrepidi.

 

 

 
 
 

La scuola italiana in Sardegna

Post n°1822 pubblicato il 16 Settembre 2014 da deosoe

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La scuola italiana in Sardegna? E' rivolta a un alunno che non c'è

 La scuola italiana in Sardegna? E' rivolta a un alunno che non c'è

 

 

 

Inizia l'anno scolastico e le fanfare renziane, annunciano e promettono mirabolanti riforme della Scuola che, finalmente si dovrebbe avviare verso magnifiche sorti e progressive. Temo che rimarranno tali: annunci e promesse. Magari con ulteriori dosi di privatizzazione e di "modernizzazione": di inglese e computer. Certo non risolveranno i drammatici problemi da cui è afflitta ormai da decenni: specie per quanto attiene alla Sardegna, caratterizzata com'è da un enorme "buco nero".

La scuola italiana in Sardegna infatti è rivolta a un alunno che non c'è: tutt'al più a uno studente metropolitano, nordista e maschio. Dunque non a un sardo. E' una scuola che con i contesti sociali, ambientali, culturali e linguistici degli studenti non ha niente a che fare. Nella scuola la Sardegna non c'è: è assente nei programmi, nelle discipline, nei libri di testo, nell'organizzazione. Si studia Orazio Coclite, Muzio Scevola e Servio Tullio: fantasie con cui Tito Livio intende esaltare e mitizzare Roma. Non si studia invece - perché lo storico romano non poteva scriverlo -  che i Romani fondevano i bronzetti nuragici per modellare pugnali e corazze; per chiodare giunti metallici nelle volte dei templi; per corazzare i rostri delle navi da guerra.

Nella scuola si studia qualche decina di Piramidi d'Egitto, vere e proprie tombe di cadaveri di faraoni divinizzati, erette da migliaia di schiavi, sotto la frusta delle guardie; ma non si studiano le migliaia di nuraghi, suggestivi monumenti alla libertà, eretti da migliaia comunità nuragiche indipendenti e federate fra loro.

Si studia Napoleone, piccolo e magro, resistentissimo alla fatica, ma non si spende una sola parola per ricordare che il tiranno corso, venuto in Sardegna, bombardò La Maddalena e fu sconfitto. Si studia insomma l'Italia dalle amate sponde e dell'elmo di Scipio, ma la Sardegna, con le sue vicissitudini storiche, le dominazioni, la sua civiltà e i suoi tesori ambientali, culturali e artistici è del tutto assente: un diplomato sardo e spesso persino un laureato, esce dalla scuola senza sapere nulla dell'architettura nuragica, della Carta De Logu, di Salvatore Satta e della lingua sarda. 

Provate a chiedere a uno studente sardo che esca da un liceo artistico, cosa conosce di una civiltà e di un'architettura grandiosa come quella nuragica, sicuramente fra la più significative dell'intero Mediterraneo; provate a chiedere a uno studente del liceo classico cosa sa della parentela fra la lingua sarda e il latino; provate a chiedere a uno studente di un Istituto tecnico per ragionieri e persino a un laureato in Giurisprudenza cosa conosce di quel monumentale codice giuridico che è la Carta de Logu di Eleonora d'Arborea. Vi rendereste conto che la storia, la lingua e la civiltà complessiva dei Sardi dalla Scuola ufficiale è stata non solo negata ma cancellata.  Permane infatti una scuola monoculturale e monolinguistica, negatrice delle specificità, tutta tesa allo sradicamento degli antichi codici culturali e basata sulla sovrapposizione al "periferico" di astratti paradigmi e categorie che le grandi civiltàavrebbero voluto irradiare verso le civiltà inferiori. Questa scuola ha prodotto in Sardegna, soprattutto negli ultimi decenni, giovani che ormai appartengono a una sorta di area grigia, a una terra di nessuno. Apprendono l'italiano a scuola ma soprattutto grazie ai media: ma si tratta di una lingua stereotipata, gergale, banale, una lingua di plastica, inodore, insapore e incolore . Ma una scuola monoculturale e monolinguistica produce effetti ancor più gravi e devastanti a livello psicologico e culturale. Da decenni infatti la pedagogia moderna più attenta e avveduta ritiene che la lingua materna e i valori alti di cui si alimenta siano i succhi vitali, la linfa, che nutrono e fanno crescere i bambini senza correre il gravissimo pericolo di essere collocati fuori dal tempo e dallo spazio contestuale alla loro vita. Solo essa consente di saldare le valenze e i prodotti propri della sua cultura ai valori di altre culture. Negando la lingua materna, non assecondandola e coltivandola si esercita grave e ingiustificata violenza sui bambini, nuocendo al loro sviluppo e al loro equilibrio psichico. Li si strappa al nucleo familiare di origine e si trasforma in un campo di rovine, la loro prima conoscenza del mondo. I bambini infatti - ma il discorso vale anche per i giovani studenti delle medie e delle superiori - se soggetti in ambito scolastico a un processo di sradicamento dalla lingua materna e dalla cultura del proprio ambiente e territorio, diventano e risultano insicuri, impacciati, "poveri" sia culturalmente che linguisticamente.

Ma c'è di più : la presenza della lingua materna e della cultura locale nel curriculum scolastico non si configurano come un fatto increscioso da correggere  e controllare ma come elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione, che non "disturbano" anzi favoriscono lo sviluppo comunicativo degli studenti perché agiscono positivamente nelle psicodinamiche dello sviluppo. 

Antonella Sorace, che insegna Linguistica acquisizionale all'Università di Edimburgo, dove ha creato un centro di informazione, Bilingualism Matters,(con filiali in tutta Europa, una ha operato anche in Sardegna) e che diffonde gli esiti delle ricerche fra i non addetti ai lavori, ha scritto che : "Un bambino che parla più lingue ha la mente più flessibile. È più capace di gestire conflitti tra informazioni diverse e selezionare ciò che conta". 

E continua: "Un bambino plurilingue è anche più capace di comprendere il punto di vista altrui. Dietro ogni lingua c'è un modo di pensare, un'intera cultura: i bambini plurilingui lo percepiscono,gli adulti spesso no. Ma ci sono aspetti sociali rilevanti. Un bimbo circondato da persone che svalutano una delle lingue, magari perché la credono inutile e superata, come accade in Sardegna, crescerà meno motivato a parlarla".

Francesco Casula

Sito web: www.dazebaonews.it

 

 

 
 
 

Lavoro

Post n°1821 pubblicato il 16 Settembre 2014 da deosoe


Lucia_assegno

 

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Così decide la Corte di cassazione con la sentenza n. 19000 del 10 settembre 2014, che respinge il ricorso di uomo contro la decisione d'appello che confermava a suo carico l'obbligo di corrispondere la somma di 2500 euro alla ex moglie ed un contributo di 1500 euro per il mantenimento dei figli.
I giudici di legittimità condividono le motivazioni della Corte di merito, secondo le quali l'unico reddito percepito dalla donna era il mantenimento, non avendo la stessa capacità e competenze professionali per poter lavorare; inoltre, non aveva i dividendi delle azioni di cui era comproprietaria con l'ex marito, né i canoni di locazione dell'appartamento che avevano in comune, a differenza del ricorrente che invece poteva contare su un reddito molto alto.
Il ricorrente lamentava che a causa di un problema di salute la propria attività lavorativa (e di conseguenza la capacità economica) era diminuita, e che non c'erano prove che il tenore di vita in costanza di matrimonio fosse tanto alto.
Ma la Corte ha stabilito l'accertamento sul tenore di vita è presuntivo, ovvero si desume dalle potenzialità economiche dei coniugi, vale a dire dall'ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali.
Né alcun rilievo assumeva la circostanza, dedotta dal ricorrente, della mancanza di disponibilità della donna a reperire un'idonea attività lavorativa, alla luce della considerazione che la stessa era priva di conoscenze professionali di alcun genere.

 

 

 
 
 
 
 

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