Triballadores

di Vittorio Casula

 
 

 

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Messaggi del 11/11/2015

Tagli ai patronati

Post n°2612 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe


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Tagli ai Patronati - In Puglia a rischio l'assistenza previdenziale e fiscale per i cittadini

"Il Disegno di Legge di Stabilità 2016 presentato dal Governo  - si legge in un comunicato diffuso da Cgil, Cisl e Uil della regione Puglia - assesta un altro duro colpo ai servizi di assistenza previdenziale e fiscale svolta a favore dei cittadini dai Patronati e dai Caf".

"Con i 48milioni di euro di tagli ai Patronati - che si aggiungono ai 35milioni sottratti lo scorso anno - e i 100 milioni di euro di tagli ai Caf, - prosegue il comunicato - il Governo mette seriamente in discussione la possibilità per milioni di cittadini italiani, centinaia di migliaia in Puglia, di continuare a ricevere sul versante previdenziale assistenza per pratiche di pensione, sostegno al reddito, ammortizzatori sociali, riconoscimento di invalidità e di malattie professionali, il funzionamento degli sportelli dedicati agli immigrati e, sul versante fiscale, l'assistenza per le dichiarazioni dei redditi, per l'ISEE, la verifica reddituale per i pensionati e per la tutela di tanti altri diritti sociali individuali che, da solo, il cittadino difficilmente riuscirebbe ad ottenere".

"Tutela individuale che, - si sottolinea nella nota unitaria - nella pesante fase di crisi che il Paese sta vivendo, soprattutto al Sud, ha fatto crescere notevolmente la richiesta di assistenza verso Patronati e Caf, che stanno sopperendo ai vistosi limiti e alle difficoltà che lo Stato continua a scontare nel rapporto con i lavoratori, i pensionati, i cittadini".

"Per tutta risposta il Governo - prosegue il comunicato - anziché favorire e ampliare l'assistenza universalistica, proprio in una difficile fase per milioni di famiglie, decide di sottrarre importanti risorse pubbliche all'assistenza con scelte antisociali che colpiranno vaste fasce di cittadini, in particolare quelle più disagiate assai presenti nelle nostre realtà".

"Per contrastare queste decisioni ingiuste e sbagliate e per scongiurarne gli effetti sulle popolazioni della nostra regione, CGIL CISL UIL di Puglia, come nel resto del Paese, organizzeranno iniziative di denuncia e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, delle Istituzioni locali e dei parlamentari pugliesi

 

 

 
 
 

Inail

Post n°2611 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 

Inail - Infortuni, perse oltre 11 milioni di giornate di lavoro negli ultimi 5 anni...

Negli ultimi cinque anni "oltre 11 milioni di giornate di lavoro sono state perse a causa degli infortuni" nel sistema imprenditoriale italiano. E' quanto ha riferito il presidente 
dell'Inail Massimo De Felice intervenendo al convegno sul ruolo della normazione tecnica volontaria nella politica economica nazionale, che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico.

A questa mole di giornate perse si dovrebbe aggiungere anche "l'inefficienza nei processi dell'attività lavorativa normale dovuta agli infortuni" ha rimarcato De Felice insistendo sull'importanza della prevenzione che può svolgere la normazione tecnica volontaria in termini di norme sulla sicurezza del lavoro.

AdnKronos

 

 

 
 
 

Stress

Post n°2610 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

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Gran Bretagna - Salute donne, boom stress da lavoro

"Una vita senza fiato. Sotto pressione per affermarsi sul lavoro, con orari che si dilatano sempre di più. E fuori dall'ufficio la maratona continua per le incombenze familiari, la casa, i figli, i genitori anziani. E' la generazione delle donne "tuttofare", un esercito di 30-40enni affannate in continuo aumento: riposo mai e stress alle stelle".

L'allarme arriva dalla Gran Bretagna: le statistiche ufficiali, spiega un recente studio, rilevano un picco di casi di stress sul posto di lavoro tra le donne di questa fascia d'età, legato all'eccesso di responsabilità che gravano sulle loro spalle non solo nella vita professionale, ma anche nella sfera personale. I dati più recenti pubblicati dall'ente pubblico britannico Health and Safety Executive (Hse) raccontano che le "suddite" della Regina, raggiunta la mezza età, hanno quasi il 70% di probabilità in più di soffrire di stress lavoro-correlato rispetto ai coetanei uomini. Questa situazione si sta acutizzando in particolare fra le donne tra i 35 e i 44 anni, fascia critica in cui i casi sono aumentati di quasi un quinto in 4 anni.

"Le donne di oggi pagano un tributo non da poco alla rivoluzione del mondo del lavoro, perché strette fra due fuochi: da un lato la carriera, dall'altro la pressione per mantenere "i ruoli tradizionali delle donne".   I casi di stress da lavoro fra le 35-44enni sono a quota 2.090 ogni 100.000 donne con impiego, a fronte di solo 1.250 uomini della stessa età: in altre parole hanno il 67% di probabilità in più rispetto ai "colleghi" maschi di crollare sotto il peso della pressione lavorativa".

"Il tasso "rosa" di stress da ufficio è salito del 18% in 4 anni. Nella fascia delle donne 45-55enni i numeri sono ancora più alti, ma in leggera diminuzione: i casi di stress da lavoro sono 2.180 ogni 100.000 donne con impiego, 4 anni fa erano 2.200 per 100.000″.

"In termini professionali - continua la ricerca - la posizione femminile si è trasformata negli ultimi 50 anni e ora possono raggiungere tutto quello che prima era prerogativa maschile. Ma forse quello che non siamo riusciti a fare così bene è il contrario: trasferire le responsabilità legate ad alcuni dei ruoli tradizionali delle donne".

Questo vale per le mamme lavoratrici, ma non solo. "I livelli di stress sono alti ovunque - prosegue lo studio - Viene chiesto sempre di più, le giornate in ufficio si allungano, non sono rari impieghi da oltre 60 ore a settimana". E infine "Le donne non chiedono aiuto fino a quando non raggiungono il punto di rottura assoluto. Ma i signori del business non ritengono che lo stress, l'ansia e la depressione siano un motivo abbastanza valido per permettere ai loro dipendenti di staccare dal lavoro".

 

 

 
 
 

Cnr

Post n°2609 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 

Cnr - Aumentano le migrazioni interne

Nel 2013 in Italia 1.362.000 persone si sono trasferite in un altro Comune, oltre mezzo milione sono "migrate" in un'altra provincia. E il flusso più significativo non è da Sud a Nord, come si potrebbe immaginare, ma tra province del Centro-nord, e non poche persone si spostano verso il Mezzogiorno. Il "Rapporto 2015 sulle migrazioni interne in Italia-Tempo di cambiare" dell'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Cnr di Napoli conferma un aumento dei movimenti di popolazione dentro l'Italia, che vede gli immigrati grandi protagonisti.

Nel 2013, 216.538 italiani e 76.038 stranieri si sono spostati all'interno delle province del Centro-nord: è dunque questo il movimento migratorio interno prevalente. Quasi centomila (99.552) italiani e 10.417 stranieri si sono spostati lungo la tradizionale direttiva dal Sud al Centro-nord, 67.892 italiani e 6.727 stranieri all'interno delle province del Sud e una cifra non irrilevante (59.028 italiani e 7.485 stranieri) si è spostata "all'inverso", dal Centro-nord al Sud. I trasferimenti tra province rappresentano circa il 40% del totale e attestano un aumento della mobilità: da 486.000 nel 2003 a 543.677 nel 2013. Per quanto riguarda le province a forte saldo migratorio, si attestano con il segno più Bologna (+3,9 per mille), La Spezia (+3,2 per mille), Rimini (+ 2,9 per mille) e Bolzano (+2,9 per mille). Con il segno meno Vibo Valentia (-5 per mille), Reggio Calabria (-4,6 per mille), Caltanissetta (-4,2 per mille) e Napoli (- 4,0 per mille).

Gli stranieri hanno una maggiore tendenza a spostarsi: nel 2013 l'hanno fatto 53,5 persone su mille, contro i 20 italiani. Ma se tra gli italiani si spostano maggiormente gli uomini, tra gli stranieri le donne, soprattutto tra i 44 e i 54 anni: in genere si tratta di cosiddette badanti e collaboratrici domestiche che cambiano luogo di lavoro.

Per quanto riguarda il lavoro agricolo, al Sud il numero di lavoratori stranieri è passato dai 66.044 del 2007 ai 129.574 del 2013, con aumenti del 500% in Sicilia e del 400% in Basilicata. "Gli stessi luoghi che prima accoglievano i cosiddetti "terroni" sono oggi occupati da maghrebini, nordafricani, cinesi, sudamericani" dice lo scrittore Marco Balzano, vincitore del Premio Campiello 2015 con la storia di un bambino emigrato dalla Sicilia a Milano negli anni '50 e intervistato nel volume.

 

 

 
 
 

Idos

Post n°2608 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 

Idos - Oltre 250mila le imprese gestite da stranieri

Il dinamismo imprenditoriale italiano ha contagiato anche gli immigrati. L'Italia è il primo Paese europeo per lavoratori autonomi e imprenditori attivi, ed è tra i primi tre per lavoratori autonomi e imprenditori nati all'estero. Terzo, dietro Regno Unito e Germania, per la quota sul totale della Ue, e primo addirittura per quanto riguarda i non comunitari. E' quanto emerge dal rapporto "Immigrazione e Imprenditoria 2015" redatto dal Centro studi e ricerche dell'Idos, in collaborazione con Cna e Moneygram.

Sono oltre mezzo milione le imprese gestite in Italia da nati all'estero, in crescita costante anche negli anni della crisi e in controtendenza rispetto all'andamento generale. Per la precisione, alla fine del 2014, erano 524.674, in aumento del 5,6% rispetto all'anno precedente e del 15,6% in confronto al 2011. Uno stock che rappresenta l'8,7% delle imprese nazionali, oltre sei milioni in tutto, e il 12,9% delle imprese individuali.

La scelta del lavoro autonomo-imprenditoriale, soprattutto in questa fase di persistente criticità, si configura, probabilmente, innanzitutto come un'alternativa alle difficoltà nel mondo del lavoro dipendente ma è anche una spinta verso l'autonomia e l'inserimento nel tessuto socio-economico. Gli imprenditori di origine straniera, inoltre, stanno seguendo perlopiù logiche di sostituzione in settori maturi, come il commercio e l'edilizia,anche per gli esigui capitali di investimento di cui, in genere, dispongono.  

La vocazione al lavoro autonomo e all'imprenditorialità dei nati all'estero è concentrata in poco più di una decina di Paesi. Secondo i dati Sixtema-Cna, le sei collettività più numerose tra i responsabili di imprese individuali (provenienti daMarocco, Cina, Romania, Albania, Bangladesh e Senegal) coprono oltre la metà del totale. I nati in Marocco rappresentano il 15,2% complessivo, seguiti dai nati in Cina (11,2%), Romania (11,2%), Albania (7,3%), Bangladesh (6,2%) e Senegal (4,3%).

La crescita maggiore negli ultimi anni si è registrata tra i nativi del Bangladesh: +28,3% nell'ultimo anno, +245,7% rispetto al 2008. Nella top ten rientrano anche i nati in Svizzera (3,8%) e in Germania (3,2%), ma è evidente che si tratta di figli (e discendenti) di italiani emigrati che hanno voluto riscoprire le proprie radici.

Gruppi etnici e attività vanno di solito a braccetto. I marocchini sono impegnati nel commercio in tre casi su quattro, i cinesi sono distribuiti più equamente tra commercio, manifattura e servizi, i romeni e gli albanesi sono concentrati nell'edilizia, i bangladesi e i senegalesi nel commercio (in quest'ultimo caso la percentuale sfiora il 90%). Su un altro piano si ha la conferma del profondo rapporto tra etnia e attività. Quasi la metà degli immigrati impegnati nella manifattura è cinese, così come nell'edilizia capita complessivamente per romeni e albanesi. Il commercio è appannaggio di marocchini, bangladesi e senegalesi.

AdnKronos

 

 

 
 
 

Patronati

Post n°2607 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 

Tagli Fondo Patronati - Cgil, Cisl e Uil Marche protestano e chiedono di incontrare i Parlamentari

Le confederazioni Cgil, Cisl e Uil delle Marche chiedono incontri ai parlamentari presenti sul territorio per spiegare la loro contrarietà ai tagli al Fondo Patronati previsti nella legge di stabilità, considerandoli "molto penalizzanti per il proseguimento dell'attività di tutela" assicurata da questi istituti.  Con questo primo atto, cui seguiranno altre iniziative di mobilitazione, le tre confederazioni chiedono la soppressione della norma che, se confermata, rischia di mettere in ginocchio la rete dei Patronati.

"La consistente riduzione delle risorse al Fondo - spiegano in una nota Cgil, Cisl e Uil -  è, infatti,  una scorciatoia per comprimere il sistema delle tutele e dei diritti sociali,  che comporterà, se approvata dal Parlamento, un rischio concreto per i cittadini di incorrere nella inesigibilità dei diritti fondamentali, soprattutto per i più bisognosi di tutela"

 

 

 
 
 

Mobbing

Post n°2606 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 

Demansionamento: risarcimento anche senza mobbing

E' legittima la richiesta di risarcimento del danno biologico da parte di un lavoratore sottoposto a un demansionamento professionale, anche in assenza di mobbing: lo stabilisce la Corte di Cassazione (sentenza n. 22635 del 2015). Nel caso in oggetto, è stata ritenuta ricompresa nella domanda di risarcimento da preteso mobbing anche quella, di portata e contenuto meno ampio, di  danni da demansionamento professionale, conseguente allo stato di inattività o scarsa utilizzazione del lavoratore.

Il risarcimento - oltre che per lesione della  integrità psicofisica - anche alla professionalità, causati «dai comportamenti posti in essere dalla società resistente e da alcuni colleghi», previo «accertamento della loro vessatorietà e arbitrarietà, sicché bene ha fatto la Corte, una volta esclusa la natura "mobbizzante" delle condotte, ad esaminare la domanda anche sotto il profilo della violazione degli obblighi posti al datore di lavoro dall'articolo 2103 del codice civile.

Secondo la Cassazione, il mobbing è «figura complessa», consistente «in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo».

Nel caso in esame, sono stati esclusi l'intento vessatorio e persecutorio, ed è quindi stato escluso il mobbing. Ma la condotta di "radicale e sostanziale esautoramento" del lavoratore dalle sue mansioni rimane giuridicamente valutabile.

Pmi.it

 

 

 
 
 

Il Santo del giorno

Post n°2605 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 


San Martino di Tours

 

InviaNome: San Martino di ToursTitolo: VescovoRicorrenza: 11 novembreProtettore di:albergatori, cavalieri, fabbricanti di maiolica, fanteria, forestieri, mendicanti, militari, oche, osti, sarti, sinistrati, vendemmiatori, viticoltori

Uno dei più illustri ornamenti della Chiesa nel secolo 'v fu certamente S. Martino, vescovo di Tours e fondatore del monachismo in Francia. 

Nato nel 316 in Sibaria, città della Pannonia, l'odierna Ungheria, da genitori nobili ma pagani, ancor bambino si trasferì a Pavia, ove conobbe la religione cristiana. A 10 anni all'insaputa dei genitori si fece catecumeno, e prese a frequentare le assemblee cristiane. Appena dodicenne deliberò di ritirarsi nel deserto; essendo però figlio d'un tribuno, dovette presto seguire il padre nella cavalleria e per tre anni militare sotto gli imperatori Costanzo e Giuliano. 

Umile e caritatevole, aveva per attendente uno schiavo, al quale però egli puliva i calzari e che trattava come fratello. Un giorno nel rigore dell'inverno era in marcia per Amiens, incontrò un povero seminudo: sprovvisto di denaro, tagliò colla spada metà del suo mantello e lo copri. La notte seguente, Gesù, in sembianza di povero, gli apparve e mostrandogli il mantello disse: « Martino ancor catecumeno m'ha coperto con questo mantello ». Allora bramoso di militare solo più sotto la bandiera di Cristo, chiese e ottenne dall'imperatore stesso l'esenzione dalle armi. 

Si portò a Poitiers presso il vescovo S. Ilario da cui fu istruito, battezzato e in seguito ordinato sacerdote. Visitò ancora una volta i genitori per convertirli; poi, fatto ritorno presso il maestro, in breve divenne la gloria delle Gallie e della Chiesa. 

Desideroso di vita austera e raccolta, si ritirò dapprima in una solitudine montana, poi eresse la celebre e tuttora esistente abbazia di Marmontier (la più antica della Francia) ove fu per parecchi anni pddre di oltre 80 monaci. Però i suoi numerosissimi miracoli, le sue eccelse virtù e profezie lo resero così famoso, che, appena vacante la sede di Tours, per unanime consenso del popolo fu eletto vescovo di quella città. La vita di San Martino fu compendiata in questo epigramma: "Soldato per forza, vescovo per dovere, monaco per scelta". 

Il nuovo Pastore non cambiò appunto tenore di vita, ma raccoltosi a meditare i gravi doveri che assumeva, si diede con sollecitudine ad eseguirli. Sedò contese, stabilì la pace tra i popoli, fu il padre dei poveri e più che tutto zelantissimo nel dissipare ogni resto di idolatria dalla sua diocesi e dalle Gallie. 

Formidabile lottatore, instancabile missionario, grandissimo vescovo. sempre vicino ai bisognosi, ai poveri. ai perseguitati. Disprezzato dai nobili, irriso dai fatui, malvisto anche da una parte del clero, che trovava scomodo un vescovo troppo esigente, resse la diocesi di Tours per 27 anni. in mezzo a contrasti e persecuzioni. 

Tormentato con querele e false accuse da un suo prete di nome Brizio. diceva: "Se Cristo ha sopportato Giuda, perché non dovrei sopportare Brzio?" Stremato di forze, malato, pregava: "Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non mi rifiuto di soffrire. Altrimenti, venga la morte". 

Morte di San Martino

Nell'anno 397 udì che a Candate (Candes-Saint-Martin) era sorto un grave scisma: benchè ottantenne, si portò colà, convocò clero e popolo e ricompose gli animi nella pace. Ma stando per tornare alla sua sede, fu assalito da febbri mortali. Volle essere adagiato sulla nuda terra e cosparso di cenere, per morire, come sempre aveva vissuto, da penitente. 

Il volto del santo rimase nella morte splendente come se fosse avvolto da una luce di gloria e da molti fu udito un coro di angeli cantare intorno alla sua salma. Alle sue esequie si riunirono gli abitanti di Poitou e di Tours e così cominciarono ad altercare. Dicevano gli uni: " È un monaco della nostra città e noi ne vogliamo il corpo". E gli altri di rimando: "Dio ve l'ha tolto per darlo a noi". La notte seguente, mentre gli abitanti di Poitou dormivano, gli abitanti di Tours si impadronirono del corpo di Martino, lo gettarono da una finestra su di un battello e lo portarono seguendo il corso della Loira fino a Tours con gran gioia e venerazione. 

Fu così sepolto a Tours, ove gli fu dedicata la cattedrale e dove egli compi innumerevoli miracoli. Gli Ugonotti violarono quelle sacre spoglie, e dopo averle bruciate, ne dispersero le ceneri. 

PRATICA. — Facciamo qualche atto di carità verso il prossimo. 

PREGHIERA. — O Dio, che vedi che noi non possiamo sussistere per nostra virtù, concedi, propizio, per intercessione del tuo beato confessore e vescovo Martino, che siamo difesi contro ogni avversità. 

Approfondimento

Tutti gli alunni delle scuole leggono sul loro libro di lettura l'episodio di San Martino, che, cavalcando avvolto nel suo mantello di guardia imperiale, incontra un povero, tremante al primo brivido dell'autunno. A quella vista, il generoso cavaliere sguaina la spada e fa due pezzi del suo mantello, donandone la metà al povero. La notte, in sogno, vede Gesù avvolto in quel mezzo mantello, che gli sorride riconoscente. Tutti i contadini, poi, alzando gli occhi al cielo, dove, tra strappi di nuvole, il sole si fa ancora sentire tiepido e dolce, ricorderanno l'antico proverbio 

L'estate di San Martino
dura tre giorni e un pochino.

In Piemonte, il giorno di San Martino era, almeno una volta, dedicato agli sgomberi. E "fare San Martino", significava mutare d'alloggio. Pare infatti che Vittorio Emanuele II, prima della battaglia di San Martino, dicesse, in piemontese, ai suoi soldati: "Coraggio figlioli, altrimenti gli austriaci ci faranno fare San Martino". Voleva dire: " Ci faranno sgombrare dalle nostre posizioni". 

E di paesi col nome di San Martino, oltre quello della battaglia, ce ne sono, in Italia, a centinaia. In Francia sono addirittura migliaia. Non parliamo delle chiese a lui intitolate e dei monasteri che portano il suo nome. Forse nessun nome di santo ha avuto nel medioevo tanta diffusione, e anche nell'arte non si contano i San Martino a cavallo, con la spada sguainata, che dividono il bel mantello di guardia imperiale. 

E questo forse perché, molto prima di San Francesco, quel gesto indicava il dovere che i cristiani hanno verso i poveri, nei quali è la figura dello stesso Gesù. Ma la storia di San Martino non si ferma a quel gesto notissimo. La storia di San Martino è molto più lunga e complessa. Ed è storia, non leggenda. 

La sua fama di santità era tale che fu il primo e per molto tempo l'unico Patrono della Francia. Ciò spiega la straordinaria diffusione del suo culto e del suo nome, mentre la sua figura sembrava ringiovanire, e da vescovo logorato e perseguitato ritornava, nella fantasia popolare, il giovane cavaliere, che in un giorno di primo novembre, divideva il proprio mantello con un povero, rabbrividente, come una foglia ingiallita, al primo vento autunnale. P. B. 

Il beato Severino, vescovo di Colonia, la mattina in cui San Martino venne a morte, aggirandosi secondo il solito nella chiesa dopo il mattutino, udì gli angeli cantare in cielo. Chiamò l'arcidiacono e gli domandò se non udisse niente: quegli rispose che non udiva nulla; allora il vescovo lo esortò a concentrare tutta la sua. attenzione.. Ma per quanto l'arcidiacono tendesse il collo, drizzasse le orecchie, si alzasse sulla punta di piedi appoggiandosi al bastone, non riusciva a sentire niente. Infine il vescovo pregò per lui e allora cominciò a udire il suono delle angeliche voci. E il vescovo: "Il signore mio, Martino, se ne è andato da questo mondo e gli angioli stanno portandolo in cielo. I demoni volevano trattenerlo ma se ne sono dovuti andare coperti di confusione perché non hanno trovato in lui alcunché di impuro". L'arcidiacono annotò il giorno e l'ora in cui il suddetto fatto era avvenuto e trovò poi. che corrispondeva al giorno e all'ora in cui Martino era morto. 

Anche il monaco Severo, che scrisse poi la vita di San Martino, essendosi addormentato dopo il mattutino, vide il santo biancovestito, col volto fiammeggiante e gli occhi simili a stelle. Lo vide anche salire al cielo dopo averlo benedetto. Subito dopo apprese che in quella notte il beato Martino era morto. 

In quello stesso giorno Sant'Ambrogio, vescovo di Milano, mentre celebrava la Messa si addormentò fra la Profezia e l'Epistola. Poiché nessuno osava svegliarlo, il Santo rimase addormentato per due o tre ore. Infine i diaconi lo scossero dicendo: "Il tempo passa e il popolo è stanco di aspettare; signor nostro comanda che il chierico legga l'Epistola". E Ambrab "il fratello mio Martino è morto e io ho assistito ai suoi funerali, voi mi avete impedito di recitare le ultime preghiere!" 

Narra il maestro Giovanni Beleth che i re di Francia usano portare in battaglia il mantello di San Martino, Sessant'anni dopo la morte del Santo, il beato Perpetuo volle costruire una magnifica chiesa in onore di San Martino e trasportarvi il sacro corpo. Ma invano il clero e Perpetuo stesso rimasero per tre giorni in preghiera e in digiuno: in nessun modo la bara poteva essere rimossa. Quando già stavano per rinunciare all'impresa gli apparve un bellissimo vecchio e gli disse: «Cosa aspettate? Non vedete che il beato Martino è pronto ad aiutarvi?" Infatti il Santo li aiutò con una mano e la bara fu sollevata con estrema facilità e deposta là dove ora è venerata. Questa traslazione avvenne nel mese di luglio. 

C'erano a quel tempo due amici di cui l'uno era cieco, l'altro paralitico. Il cieco portava il paralitico e il paralitico insegnava la via al cieco. In tal modo chiedevano l'elemosina e si procuravano abbondantemente il necessario per vivere. Essendo venuti a sapere che molti infermi avevano trovato la salute sulla tomba del beato Martino e che il corpo del santo era portato in processione nella chiesa nuova, cominciarono a temere che la processione passasse dinanzi alla casa in cui si trovavano e che il Santo li risanasse. Infatti non volevano riacquistare la salute per non perdere il guadagno delle elemosine. Per la qual cosa si nascosero in una strada per cui pensavano che la processione non dovesse passare. Ma ecco che mentre camminavano, si imbatterono nel corpo del Santo e subito si trovarono, contro la loro volontà, risanati; di che molto si rattristarono. Così il Signore a volte accorda i suoi benefici anche a chi non li desidera. Così scrive Ambrogio del beato Martino: "San Martino distrusse i templi dell'errore, inalzò i vessilli della pietà; resuscitò i morti; scacciò i demoni dai corpi degli ossessi; risanò molti infermi e tanto grande fu la sua perfezione da essere ritenuto degno di vestire Cristo nella persona di un povero...". (* Dalla Leggenda Aurea). 

fonte:Le Grandi Religioni 

L'estate di San Martino

L'estate di San Martino

L'estate di San Martino è un periodo dove venivano rinnovati i contratti agricoli, tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino nuovo abbinato alle prime castagne. Questa tradizione è celebrata anche in una famosa poesia di Giosuè Carducci, San Martino:


La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.

L'Estate di San Martino è legata alla leggenda del Santo, che divise in due un mantello per coprire un povero mendicante nudo e freddoloso. Il Signore "ricompensò" il Santo inviando un clima mite e temperato quando oramai esso volgeva al freddo dell'Inverno incipiente.

Libri su San Martino

San MartinoSan Martino di Tours
La straordinaria diffusione della venerazione per san Martino di Tours (336/337-397) ebbe inizio subito dopo la sua morte e raggiunse in poco...

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San MartinoIl mantello di Martino
In una fredda giornata d'inverno Martino offre metà del suo mantello a un povero. A questo gesto Martino si era preparato fin da bambino...

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Il Santo del giorno

Post n°2604 pubblicato il 11 Novembre 2015 da deosoe

 


San Leone I, detto Magno

 

†Nome: San Leone I, detto MagnoTitolo: Papa e dottore della ChiesaRicorrenza: 10 novembre

S. Leone visse nella prima metà del fortunoso secolo v, che vide il dissolvimento e lo sfacelo finale dell'impero dei Cesari, e gli effetti meravigliosi del Pontificato cattolico, che trasformò ed avviò l'Europa in quei secoli di ferro alla civiltà cristiana. 

Nato in Toscana, ma educato nella città eterna, rivelò fin da principio un ingegno non comune, ingegno che applicava con tutto il vigore della sua verginale giovinezza alla scienza sacra. 

Per l'alta dottrina che ben presto raggiunse e per il suo zelo, fu caro al Papa S. Celestino I, che lo creò arcidiacono: fu stimato dal popolo e dai dotti, tanto che il celebre Cassiano gli dedicò i suoi libri sull'incarnazione, chiamandolo « decoro e splendore della Chiesa Romana e del sacro ministero ». 

Ma Iddio lo riserbava a cose più grandi. Nell'anno 440, trovandosi Leone in Francia, ove s'era recato per dirimere una enntesa mori S. Sisto III. ed il clero concorde lo elesse Papa. Reduce dalle Gallie, umile e fidente in Dio, abbracciò la sublime e ardua missione, che esercitò in modo sì mirabile da meritarsi il titolo di « Grande ». 

Esplicò la sua attività in tutti i campi dello zelo: attese instancabilmente all'istruzione del popolo e alla santificazione del clero che formarono le sue maggiori preoccupazioni. Nel frattempo, col concorso di ricche e pie persone costruì molte chiese. 

Fu il martello degli eretici : combattè i Manichei, ma soprattutto smascherò l'eresia di Eutiche, il quale, adulterando il mistero adorabile dell'Incarnazione del Verbo, scuoteva i fondamenti della religione cristiana. E nel Concilio di Calcedonia, dove per ordine suo si erano radunati ben 630 Vescovi, l'eresia di Eutiche e nuovamente quella di Nestorio furono confutate e condannate, principalmente coll'esposizione della lettera che egli aveva inviato a S. Flaviano, capolavoro e monumento dell'antichità cristiana sul dogma dell'Incarnazione. 

Leone si prese pure la cura materiale dell'Italia e di Roma, e quando l'imperatore e l'esercito, impotenti a frenare le orde sitibonde del Flagello di Dio, Attila, fuggivano impauriti, il santo Pontefice, fidente nell'aiuto di Dio, si recò sulle rive del Mincio e fece retrocedere il fiero conquistatore. Poco dopo risparmiò pure Roma dalla totale distruzione minacciata dal vandalo Generico. 

Questa forza morale per cui Leone s'imponeva perfino agli imperatori più crudeli, era l'effetto della sua umiltà, della sua carità e della sua dolcezza, che lo facevano amare e rispettare non solo dal popolo, ma dai principi e dagli imperatori, dai barbari e persino dagli stessi eretici. 

Dopo un pontificato glorioso di ben 21 anni, nel 461 andava a ricevere il premio da quel Dio che aveva tanto amato e glorificato. Fu scrittore profondo tanto che la Chiesa lo dichiarò Dottore. Anzi san Leone è debitore d'una gran parte della gloria che sempre godè nella Chiesa alle sue 69 omelie e 173 lettere, monumenti autentici della sua pietà e del suo ingegno. 

PRATICA. — Cerchiamo, nella nostra vita quotidiana, di imitare l'amabilità di questo Santo. 

PREGHIERA. — Deh! Signore esaudisci le nostre preghiere che t'indirizziamo nella solennità del tuo beato confessore e Pontefice Leone e per intercessione dei meriti di lui, che tí servì sì degnamente, assolvici da tutti i peccati.

 

 

 
 
 
 
 

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