Anniversario della morte di Garibaldi.
di Francesco Casula
Ricorre oggi il 141° anniversario della morte di Garibaldi. Occorre ricordarlo per esaltarlo? Al contrario. Per fargli le pulci e demitizzarlo.
Ecco come il più grande mistificatore del Pianeta, Edmondo de Amicis, descrive Garibaldi:” «Affrancò milioni d’italiani dalla tirannia dei Borboni […] Quando gettava un grido di guerra, legioni di valorosi accorrevano da lui da ogni parte […] Era forte biondo bello. Sui campi di battaglia era un fulmine, negli affetti un fanciullo, nei dolori un santo» (De Amicis, Cuore, Garzanti, Milano, 1967, pagina 176)
E le stragi, i massacri, le devastazioni compiute nella conquista, manu militari, del Sud da Garibaldi o comunque in nome e per conto di Garibaldi? Taciute. Nascoste.
Per ristabilire, con un minimo di decenza un po’ di verità storica occorrerebbe, messa da parte l’agiografia e l’oleografia patriottarda, andare a spulciare fatti ed episodi che hanno contrassegnato, corposamente e non episodicamente, il Risorgimento e Garibaldi: Bronte e Francavilla per esempio. Che non sono si badi bene, episodi né atipici né unici né lacerazioni fuggevoli di un processo più avanzato. Ebbene, a Bronte come a Francavilla e in moltissime altre località, vi fu un massacro, fu condotta una dura e spietata repressione nei confronti di contadini e artigiani, rei di aver creduto agli Editti Garibaldini del 17 Maggio e del 2 Giugno 1860 che avevano decretato la restituzione delle terre demaniali usurpate dai baroni, a chi avesse combattuto per l’Unità d’Italia. Così le carceri di Franceschiello, appena svuotate, si riempirono in breve e assai più di prima. La grande speranza meridionale ottocentesca, quella di avere da parte dei contadini una porzione di terra, fu soffocata nel sangue e nella galera. Così la loro atavica, antica e spaventosa miseria continuò. Anzi: aumentò a dismisura. I mille andarono nel Sud semplicemente per “traslocare” manu militari, il popolo meridionale, dai Borboni ai Piemontesi. Altro che liberazione