CARILLON, uno straordinario romanzo di Claudio Demurtas

CARILLON, uno straordinario romanzo di Claudio Demurtas

di Francesco Casula

Carillon è il nuovo romanzo di Claudio Demurtas. Intrigante e fascinoso Fra surrealismo e dadaismo. Con corposi elementi distopici. Con abbondanti lacerti lirici ed erotici. Flussi coscienziali e onirici. Flash bak.
Un romanzo complesso. Con passaggi pindarici più che logico-narrativi. Da leggere dunque con attenzione e, più volte. In qualche modo abitandolo. Facendoselo amico. Per poterlo assaporare e gustare meglio. Oltre che capire.
Il romanzo è popolato da personaggi bizzarri squinternati sbandati e stravaganti; mendicanti barboni e precari, guru e megere; venerabili medii e fattucchiere. Ma anche assassini.
Un mondo variegato con gai e lesbiche, pittori, poliziotti maneschi e tutori dell’ordine che picchiano. Pescatori stravaganti.
Persino uno “sceicco bello giovane e ricco amico dell’Aga Kan con un mega yoct, alla conquista di Estrella, uno degli uomini più ricchi del mondo”.
Estrella, dunque. Il personaggio più intrigante misterioso e irraggiungibile. Estrella la ballerina. Anzi: la massima espressione vivente nel suo campo. Di una bellezza stregata. Una mariposa, leggera appunto, come una farfalla. Nessuno danza come lei. Una bruxia misteriosa, una malfatata che, dove arriva distrugge. “La sua danza è una emanazione lirica, un vapore capace di collegare il mondo dei viventi al sopramondo romantico. L’unica che può lenire la sua angoscia di vivere” .
L’angoscia di vivere di lui, Severino, il protagonista del romanzo. Che la cerca la sogna la insegue nell’intero Pianeta. Nonostante un medium l’avesse avvertito: “ Lei non è di questo mondo , fratello, e il tuo cercare è vano”.
Come “un pazzo furioso va in America, all’inseguimento di un’ombra”. Anche se è pericoloso. Ma non gli “restano altri motivi per vivere. E’ molto più che amore. E’ una questione infinita”.
Severino vorrebbe avere le ali, per questo cerca Estrella. Si rende conto di “vivere dentro una metafora”. Con l’amico che gli replica: “Tu sei un’ape che si affanna a uscire dal collo di una bottiglia e non si accorge che è chiusa”.
Gli avvertimenti dell’amico non lo dissuadono: per lui l’importante è “Andare verso la luce e la gente, fuggire lasciando la pesantezza, tutto il piombo del mondo, il visibile e l’invisibile”. Sottrarsi a “Un’angoscia densa, atavica”.
Raggiungerà Estrella? Lo pensava, quando incontra e vede Isabela, con il sorriso della Gioconda ”che nel suo abito di organza parve spiccare il volo, disegnando le trame della partitura con levità pollinea e sovrapponendo la grazia della musica alla disperazione per l’amore perduto e quando dopo un’eternità gli occhi della donna calarono su di lui”
In quel momento “ Severino ebbe dentro tutto il verde del mare. Si sentiva parte di un gioco folle, misteriosofico.Fra ipnosi e sogni”.
Ma è Estrella? Al lettore del romanzo la risposta all’interrogativo.
A me invece qualche precisazione in merito al “protagonista” del romanzo: che non è realmente Severino ma il mondo che incarna e in cui opera e vive: un mondo, un Pianeta in sfacelo, liquido: ad iniziare dai rapporti interpersonali. Con edifici chiusi. senza gente. Con macerie melma e paludi. Persino Roma,la città eterna è zeppa “di immondezza mucchi di cartone e fango. Esseri umani e ombre e fantasmi in baracche ricoperte malamente di eternit”.
Un Pianeta dove tutto “è deserto e disabitato, come se fosse scoppiata l’atomica. Siamo già al giorno dopo. Con ratti che sembravano gatti…ci sono anche scarafaggi, i futuri padroni del pianeta. Loro resistono alle radiazioni”.
E’ un visione catastrofica apocalittica e, sommamente distopica? Può darsi.
A parte la “visione” dell’Autore, di cui tutto il romanzo è impastato, a me interessa in modo particolare il linguaggio, il lessico che trovo ricco denso pregnante colto. Con qualche concessione al vocabolo prezioso e persino desueto (giulebbe, pomoli, baluginare, attoscato, elitre, izufallos, panie effemeridi, gorgozzule, stortignaccolo, detumescenza, ragazzume ,offa , aggettare, anfanare, guazza, cembanelle, collottola, draghinassa, affattato).
Ancor più meritevole ritengo il ricorso a lessemi onomatopeici, abbondantissimi, a mo’ di esempio: gnaulio, jans strappucchiati, delibata acqua che sciaguattava, tinnire, barbugliamento, remigavano,spenzolato, frullo”.
O a espressioni fulminanti come: mucillagine di pensieri, succhiare foschia, bellissime gambe sguainate.
Ma soprattutto ho apprezzato alcune magistrali descrizioni: ne riporto qualcuna:
” Gli extrasistoli gli davano respiro, stava tornando il ritmo, si disperdevano con gli ultimi brontolii dell’aria esausta e anche il gallo a bandoliera sul comignolo si accasciava sfinito, mentre un altro mese di maggio ricomparve in un mandorleto lontano ed effluvi di gelsomini…Ora a me non interessano più frammenti del mondo, né le metafore delle cose. Solo il volo conta, la trasparenza, la levità”.
“Una rasoiata di bile lo pizzicò nel braccio, eccitando i polimeri dell’universo mondo, trasformandolo in un punto erratico di giallo nel pulviscolo di luce, quindi inghiottì le quattro pastiglie mattutine cercando di mettere in riga la molazza dei suoi pensieri”.
“ La giornata era glabra, di nebbia. Si spandeva dal mare a smussare perfino la torre del Burlador che soffocava sputando scaglie filamentose e conficcandole in gola”.
“Si ritrovarono all’interno di una grossa cupola impregnata di fumo luci stroboscopiche e laser, dove il popolo della notte, giovane giovane ballando ballando – con le mani pizzicava invisibili arpe all’insù. Creavano gobbe soniche i gobbi profondi e cupi dei bassi e Bebo ne rimase fulminato”.
Concludo: terminata la lettura del romanzo mi sono chiesto: ma il Claudio Demurtas che ho sempre conosciuto, impegnato e attento ai problemi sociali e politici, di cui sono corposamente impregnati i suoi romanzi precedenti, dov’è finito?
E’ ancora presente, anche in questo romanzo. Ma in modo più sotterraneo. Quasi subliminale. Evoca la fame dell’America latina e del Terzo mondo come l’esigenza di combattere l’ordine costituito, contestare il potere della televisione e non arrendersi mai. Ma lo fa in modo non insistito. Quasi en passant. A significare che l’urgenza odierna è lo sfacelo generale e la crisi globale: dell’individuo e della persona prima ancora che del sistema economico sociale e culturale.
Crisi e sfacelo che descrive e racconta: è questo il suo modo di ritagliarsi “una finestra per evadere, quand’era il caso e osservare il mondo”.

CARILLON, uno straordinario romanzo di Claudio Demurtasultima modifica: 2024-06-13T17:12:47+02:00da fcasula45

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