Per i terreni di Sa Serra (NU) un destino funesto

Per i terreni di Sa Serra (Nuoro) un destino funesto.

di Francesco Casula

Per i terreni di Sa Serra un destino fumesto: ieri “privatizzati”, oggi bruciati e, Dio non voglia, destinati ad essere ulteriormente devastati dalle Pale eoliche.
IERI:
esattamente il 26 aprile del 1868, una domenica, a Nuoro Paskedda Zau, diede vita a una ribellione, passata alla storia come rivolta di “Su Connotu”,
Paskedda vedova, con 10 figli a carico, (che fa la pastora, avendo preso il posto del marito morto), in strada,


 (Nuoro all’uscita della messa, si rivolse alle donne che con lei avevano assistito alla celebrazione. Raggiunta la piazza antistante la chiesa, cominciò a chiamare anche gli altri nuoresi invitandoli alla ribellione. Che si trasforma in vera e propria rivolta con più di 300 persone – soprattutto donne – che assaltano il Municipio, scardinano le porte, asportano i fucili della Guardia nazionale, scaraventano in piazza i mobili e i documenti dello stato civile ma soprattutto i documenti catastali (su papiru bullau) sulle lottizzazioni dei terreni demaniali (dell’Ortobene e di Sa Serra, circa 8 mila ettari), che l’Amministrazione comunale – espressione degli interessi dei printzipales e della borghesia intellettuale e professionale, per lo più massonica – aveva deciso di vendere a famelici possidentes. Sottraendoli all’uso comunitario di pastori e contadini (che consentiva legnatico ghiandatico e pascolo per le pecore), viepiù ridotti alla miseria: uso che costituiva, per le comunità, un sollievo alla povertà, aggravatasi in seguito alla violenta carestia, che, nel 1866, li aveva colpiti duramente, mettendoli in ginocchio e portandoli sull’orlo della catastrofe.
Quelle terre comunitarie non potevano essere vendute. Ma violando consuetudini millenarie i tiranni sabaudi con una Legge del 25 aprile 1865 le avevano “liberate” dal vincolo e rese vendibili. Con il pretesto che il Comune di Nuoro doveva pagare i costi della ferrovia allora incipiente.
La rivolta di Paskedda Zau rappresenta l’epilogo drammatico di rivolte decennali contro la privatizzazione delle terre, volute dai tiranni sabaudi, prima con l’Editto delle Chiudende e poi con l’abolizione dei diritti di ademprivio.

OGGI:
parte di queste terre, boschive e a pascolo, evidentemente “maledette”, vengono bruciate da mani criminali: ben 1500 ettari.
Ma c’è un fatto curioso ma soprattutto inquietante: ricadono in quell’area bruciata due progetti di Pale eoliche. Il primo si chiama “Intermontes” con 13 Pale, ognuna alta 180 metri, sulla strada provinciale Nuoro-Benetutti, degli Spagnoli di “Edp Renewables”.
Il secondo della “Nuoro Wind s.r.l” ma con sede a North Bridge Road nel grattacielo centrale di Singapore. Il parco prevede 15 torri giganti, con 135 metri di altezza.
Un destino funesto per i terreni di Sa Serra: ieri sottratti all’uso comunitario della gente nuorese (soprattutto dei pastori) da parte di famelici possidenti (autorizzati dallo stato sabaudo) e oggi sottratti ai sardi tutti da parte di veri e propri nuovi colonizzatori faccendieri e predatori incalliti invasivi invadenti e sbrigativi.
Predatori venuti da tutto il Pianeta, d’oltreoceano e d’oltralpe, che hanno deciso di mettere a ferro e fuoco, ogni angolo di questa terra promessa, votata al ruolo di genio naturale, trasformata per scelte scalmanate e devastanti in terra di stazione di servizio di industrie nere e inquinanti e di servitù per armi rifiuti scorie e ora pale eoliche e distese infinite di pannelli cinesi.
Piani di assalto studiato nelle casseforti delle banche d’affari mondiali, congegnato nelle diplomazie europee ma messi a punto “accolti” “legalizzati” nei Palazzi romani, ovvero, ancora una volta come nel 1865, autorizzati dallo Stato nemico dei Sardi. E, ahimè con il beneplacito o, comunque la connivenza collusione e pavidità dei “basisti” e vassalli locali. Come nel 1868 con il Comune di Nuoro!
Vengono per sfruttare, deprivandocene, le nostre risorse: vento e sole, terra e mare. Suolo e sottosuolo. Devastando il nostro territorio e imbruttendo il nostro paesaggio.
Ma non solo. Violentando l’ambiente. Sradicando gli alberi. Interrando la nostra storia e la nostra cultura e identità etno-antropologica, e linguistica.
Sardos, ma finas a cando? Usque tandem?