8) Bologna e i suoi fiumi e canali

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8) Bologna è una piccola Venezia che si snoda tra innumerevoli corsi d’acqua, visibili e invisibili, posta tra il Sàvena a est, che separa il quartiere Sàvena da San Lazzaro, e il Reno a ovest che la divide da Casalecchio. E’ percorsa da un labirinto di canali in parte sotterranei e in parte alla luce del sole. A due passi da via dell’Indipendenza il canale delle Moline, con la celebre finestrella di via Piella, è uno dei punti più fotografati dai turisti, attraversato anche da via Malcontenti ad est e dal ponte di via Oberdan ad ovest, dove fa un deciso angolo retto verso nord scorrendo ancora in superficie lungo via Capo di Lucca. Sempre sotto al centro città, proviene da sud il rio Àposa, che attraversa in diagonale, interamente sotterraneo, piazza Minghetti. Il Navile punta dritto verso nord dietro la stazione centrale. Il Reno è collegato al Navile dal Canale di Reno, che li unisce correndo da Casalecchio al cimitero monumentale della Certosa lungo 3 km di Porrettana con due belle piste ciclopedonali immerse nel verde su entrambe le sponde, interrandosi lungo tutta la parte ovest dei viali in direzione nord. Qui incrocia il canale della Grada che, all’esterno dell’omonima via, dove via Sabotino interseca i viali, ha il suo unico incantevole punto scoperto. Il Canale di Reno confluisce nel navile quando arriva alla suggestiva vecchia galleria aperta ai pedoni che passa sotto la ferrovia in via Carracci, poco prima della stazione, e attraversa il parco di villa Angeletti, per puntare dritto a nord in un suggestivo percorso pedonale di quasi 9 km, oltre il centro commerciale Navile e il ponte della Bionda, fino a Castel Maggiore. La canaletta Ghisliera percorre via del Chiù (che prende il nome dall’assiolo, un uccello chiamato anche chiù per il suo verso) dietro l’ospedale Maggiore. In questa zona si interseca anche il canaletto delle Lame. Dalla zona di Casaglia, a sud ovest, scende dai colli il torrente Ravone, mentre in via Corelli, adiacente al centro commerciale di San Ruffillo, passa il Canale di Savena, una diramazione del Savena che, attraversata via Foscherara sotto il suolo, ricompare lungo via delle Armi. La vocazione fluviale della città e i numerosi corsi d’acqua, un tempo navigabili a beneficio delle fiorenti attività commerciali, danno nome ad alcune zone cittadine di primaria importanza, come il quartiere Porto, via della Barca e via Riva di Reno. Dietro al museo di arte moderna MamBo, in via Don Minzoni, c’è il parco del Cavaticcio, dove emerge il torrente omonimo. Lungo i corsi sotterranei sono molte e frequenti le visite guidate dalle associazioni locali. Un accesso è ad esempio di fronte all’ingresso del parcheggio (quasi “ex” parcheggio, visto che la concessione sembra in scadenza) Staveco. Nel nucleo urbano ci sono anche i due leghetti dei guardini Margherita e della Ca’Buia (i Giardini dell’Arcoveggio), entrambe oasi di fauna acquatica protette.

7) Bologna: le porte e le mura

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7) Tutte le guide on-line di Bologna citano le 3 cerchie di mura concentriche che hanno delimitato il centro urbano via via che andava espandendosi. Il 1° nucleo era il più antico e interno, in realtà non dotato di mura. Ne rimane il ricordo nella toponomastica: piazza di porta Ravegnana, ossia quella delle 2 torri, rivolta verso Ravenna. La 2^ cerchia muraria è quella di cui rimangono ben visibili i 4 “torresotti” superstiti, ai 4 punti cardinali: via Piella a nord, via San Vitale a est, via Castiglione a sud e piazza Malpighi ad ovest. Oltre ad essi ne rimangono pochissime tracce, ad esempio sul retro della chiesa di San Giacomo Maggiore in piazza Verdi, e nella lunga curva di via Petroni e piazza Aldrovandi. La 3^ cerchia, che è la più recente, coincide con gli 8,5 km dei viali di circonvallazione (dai felsinei chiamati semplicemente “i viali”). Anche di queste mura rimangono pochissimi tratti, quasi esclusivamente ad est, tra porta Mascarella e porta Maggiore, oltre a un mozzicone pendente ad ovest, tra porta San Felice e porta Lame. Rimane anche quasi intatta e perfettamente merlada una trentina di metri di mura dietro alla chiesa del Baraccano. Il motivo di questa strage non mi è noto, se siano stati i bombardamenti nemici o gli stessi bolognesi ad inizio ‘900 per l’intensificarsi delle carrozze o nel primo dopoguerra per l’intensificarsi delle automobili. Anche delle 12 porte (alcune veramente belle e monumentali), che secondo alcuni erano collegate all’esoterismo e ai segni zodiacali, ne rimangono solo 9, essendo state abbattute Santo Stefano (l’unica di cui non rimangano neppure antiche foto sbiadite), San Mamolo e Sant’Isaia. Porta San Felice e porta Maggiore sono i due ingressi della via Emilia, rispettivamente da ovest e da est. Delle altre 7 superstiti merita un cenno particolare porta Saragozza, per me la più bella (anche se “finta, perché ricostruita dopo le altre), che ha subito una inusuale redenzione da casa di appuntamenti a museo della Beata Vergine di San Luca. Porta Lame fu teatro di una storica battaglia della Resistenza. Porta Galliera è l’ingresso al centro per chi viene dalla stazione, mentre San Donato è l’accesso al cuore della città universitaria e del ghetto. Porta Castiglione è ai cancelli del polmone verde della città: i Giardini Margherita.

6) Bologna, la musica e il canto

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6) Si sa che i bolognesi sono un popolo di melomani. Tutti musicisti, tutti suonano, e chi non sa suonare canta. La musica viene insegnata fin da piccini. Non per niente quella fucina di cantanti in erba che è il Piccolo Coro dell’Antoniano è nato qui, appena fuori dal circolo anarchico di porta Santo Stefano, zona sudest. Il Mago Zurlì Cino Tortorella si è dovuto trasferire qui per poter lanciare lo Zecchino d’Oro nel 1959. In via D’Azeglio, di fianco a San Petronio, è la casa di Lucio Dalla, oggi sede dell’omonima fondazione e in alcune giornate visitabile, con un grande affresco stilizzato del cantante sul muro esterno. Nell’adiacente piazzetta dei Celestini, meta di pellegrinaggi degli ammiratori, la fondazione aveva collocato una bella statua bronzea del cantante seduto su una panchina. I turisti si sedevano a turno per farsi una foto col cantante. Dopo qualche mese la fondazione se l’è ripresa con gran disappunto di tutti. Peccato. E’ dubbio se la piazza grande cantata da Dalla fosse questa o, piuttosto, piazza Cavour in cui ha vissuto per qualche tempo. Di certo non è la vicina piazza Maggiore, che da bolognese non avrebbe mai chiamato come la modenese piazza Grande. Altro big della musica bolognese è Francesco Guccini da Pavana (in cima all’Appenino, al confine con la Toscana, oltre Porretta Terme), ma da ragazzo abitante in quella via Paolo Fabbri 43 che parte di fronte all’ospedale Sant’Orsola e si addentra nello storico quartiere della Cirenaica.  Ma se parliamo di canzoni impegnate il leader induscusso è Claudio Lolli, cantautore felsineo autenticamente impegnato dagli anni ’70 della contestazione, che non si è mai spostato dalla sua casa di via Indipendenza e si è spento nell’agosto 2018.  I festival di Sanremo degli ultimi anni hanno dato gloria alla musica bolognese negli ultimi anni, con gli Stadio, vincitori nel 2016 (il leader Gaetano Curreri si vede spesso aggirarsi dalle parti di via Oberdan, via delle Moline e via Righi) e Lo Stato sociale, secondi nel 2018. Come dimenticare, tra i vecchietti terribili, gli eternamente giovani Gianni Morandi da Monghidoro (BO) e i Pooh, gruppo formatosi a Bologna, città di Dodi Battaglia, che facevano le prove in uno studio di registrazione a San Lazzaro di Savena, dove ha ancora casa Riccardo Fogli? E Cesare Cremonini,  ex frontman dei Lunapop, che cantava com’è bello andare in giro per i colli bolognesi. E’ recente il brano “Bologna è una regola” del bolognese Luca Carboni, che già agli esordi cantava “son partito da Bologna con le luci della sera”. Andrea Mingardi è un istituzione, immancabile allo stadio Dall’Ara. E’ di recente formazione il gruppo dei Rumba de Bodas. Freak Antoni, leader degli Skiantos, gruppo rock demenziale degli anni ’70, è stato recentemente omaggiato con l’installazione di un busto nel parco del Cavaticcio. Ma il rock demenziale trova riscontro anche nella band bolognese Gem Boy. Il romano De Gregori chiosava la sua canzone “Viaggi e miraggi” rendendo omaggio a “Bologna coi suoi orchestrali”. Questi sono professionisti. In un altra occasione racconterò gli artisti di strada e gli improvvisatori, che fanno sì che chiunque raggiunga in centro della città senta sempre qualcuno che suona o canta ad un angolo.

5) Il centro del centro di Bologna

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5) Per entrare nel cuore del centro storico dalla stazione o comunque da nord, si percorre via dell’indipendenza, i cui ultimi 500 metri costituiscono la gamba della zona T, così chiamata dalla forma delle tre vie più interdette al traffico: Indipendenza, Rizzoli e Ugo Bassi (nei T-days non possono passare nemmeno i bus né i taxi e ora vengono anche transennate ai veicoli). Se si riesce a superare indenni il terribile chilometro dello shopping low cost di via dell’Indipendenza, che è il km più rassegnato per gli uomini e più coinvolgente per le donne (differenze di genere), si aprono davanti agli occhi le tre piazze divise dal palazzo merlato di re Enzo (figlio di Federico II di Svevia, che vi finì i suoi giorni regalmente imprigionato). La piazza di re Enzo, appunto, a est verso le torri. Piazza del Nettuno a ovest, con l’omonima corpulenta statua (“al zigànt”) scolpita dal Giambologna, che sovrasta la fontana, restaurata di recente. Per uno scherzo prospettico non proprio involontario dello scultore, il nume, visto avvicinandosi dall’ingresso della sala-borsa, svela un generoso attributo. Di sera l’illuminazione posta sul palazzo di re Enzo proietta la sinistra ombra del Nettuno sul muro di palazzo d’Accursio. L’angolo sotto il portico tra la piazza di Re Enzo e via Rizzoli, dove c’è l’edicola, è detto l’angolo dei Cretini (l’angòl di cretèn, al canton d’imbezell) perché era luogo di trastullo degli scansafatiche, dei perdigiorno e dei biassanòt (nottambuli), che da qui addocchiavano e fischiavano alle fanciulle di passaggio. A sud c’è la magnifica piazza Maggiore, dominata dalla basilica di San Petronio, il palazzo dei Banchi, il palazzo del Podestà e palazzo Accursio (sede municipale con la torre dell’orologio e la statua di papa Gregorio VIII, ancorché sormontata dalla lapide “Divus Petronius” perché l’invasore Napoleone non voleva statue di papi). Attenzione! Non è la “piazza grande” cantata da Lucio Dalla: gaffe doppia, perché una piazza Grande si trova a Modena. Una nota curiosità del palazzo di re Enzo sono gli echi che, mettendosi sotto due dei cantoni sovrastati da statuine diagonalmente opposti, permettono di parlarsi a distanza anche sottovoce. Piazza Maggiore è la più ampia delle tre. Vi si effettuano eventi popolari, come il “rogo del vecchione” a capodanno e la rassegna di cinema gratuito all’aperto in estate. Il bordo est del grande marciapiede quadrato che occupa l’intera piazza, chiamato affettuosamente “il crescentone” (la grossa focaccia), verso i portici del Pavaglione e l’ingresso affrescato della biblioteca dell’Archiginnasio, porta ancora i segni di sfondamento lasciati dai cingoli dei carri armati USA nei giorni della Liberazione. Da pochissimi anni è stato livellato con artistici scivoli per essere accessibile a tutti. Svoltando l’angolo della Sala Borsa e imboccando via Ugo Bassi, sulla sinistra si trova la “fontana vecchia”, installata per preservare la fontana del Nettuno minacciata dalla continua ressa dei popolani per attingere acqua. La splendida biblioteca della Sala borsa ha la pavimentazione trasparente sotto cui si snodano gli scavi archeologici dei reperti romani, il soffitto finemente affrescato e, al terzo piano, una cyclette con cui simulare una pedalata per le vie del centro. E in fondo a via degli Orefici compare uno scorcio di autentico mrdioevo. Piazza della Mercanzia è un vero gioiello, con l’inconfondibile facciata del palazzo della Mercanzia (o loggia dei Mercanti, o palazzo del Carrobbio), dove avevano sede le arti (corporazioni) e la medievale struttura su travi in legno del palazzo dei Gabellieri, affiancata dalla torre degli Alberici.

4) Le chiese di Bologna

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4) Bologna la rossa, chiamata così per i suoi colori, visibili soprattutto nei tendaggi ormai lisi e sbiaditi dei finestroni dei palazzi, ha una tradizione politica di sinistra, ma non per questo è atea. Tra gli edifici di culto bolognesi la più conosciuta, la basilica di San Petronio, visibilmente incompiuta all’esterno (è stata rivestita di marmo solo parzialmente), custodisce al suo interno una meridiana solare che corre lungo il pavimento, e il dipinto di Maometto dannato, occultato dietro un tendone per non offendere la sensibilità di altre religioni. Per questo è costantemente pattugliata da esercito e polizia, in quanto obiettivo sensibile. L’altra chiesa famosissima è il santuario della Beata Vergine di San Luca, che svetta in cima al colle della Guardia, visibile anche da chi percorre le autostrade, ed è meta dei pellegrini al termine dei 3 km di percorso interamente coperto da portici lungo 666 archi, che simboleggiano il maligno che si arrende quando arriva davanti alla Madonna. Per chi non vuole camminare c’è il trenino turistico che parte di fianco a San Petronio, ma qualche volte fonde il motore lungo il ripidissimo curvone delle Orfanelle (così chiamato perché c’era un orfanotrofio). Lungo via dell’indipendenza la cattedrale di San Pietro offre la possibilità di salire in cima al campanile,  panoramico ma dalle scale strettissime. Forse la più scenografica e ricca di storia è la chiesa di Santo Stefano, conosciuta anche come “le sette chiese”, perché lo stesso sito ha inglobato via via il primo tempio paleocristiano e, poi le chiese successive, fino all’attuale struttura, che chiude la bellissima piazza triangolare di Santo Stefano, dalla caratteristica pavimentazione a ciottoli. Visibile dietro la stazione con la sua splendida cupola appare la chiesa del Sacro Cuore, monumentale porta d’accesso allo storico quartiere della Bolognina, mentre visibile dell’autostrada, all’altezza dell’uscita 8 della tangenziale, è il campanile della chiesa di San Donnino (quartiere San Donato), con la statua di San Rocco e il cane. Grandiose sono le chiese di San Domenico e San Francesco con i loro sarcofaghi nei piazzali esterni. imponenti sono le chiese di San Giacomo Maggiore e di Santa Maria dei Servi (in cui Pasolini girò una scena). Poco dietro a Santo Stefano c’è San Giovanni in Monte, l’unica chiesa in cima a un’altura, in pieno centro città.

3) Mangiare a Bologna

3) Se pensi a Bologna, qual è la prima cosa che ti viene in mente? Il bolognese DOC è devotamente fedele alle tradizioni alimentari della città. Dialoghi interminabili e diatribe infinite si protraggono su come si prepara la vera lasagna bolognese (l’esatta dose di macinato di maiale, il numero di strati di pasta rigorosamente tirati a mano) o su come dev’essere il condimento perfetto per il “turtlèn” (ragù, MAI brodo come per i cappelletti, perché l’impasto è più spesso e ha bisogno di condimento saporito. MAI la panna, sarebbe una bestemmia). Oltre ai primi, Bologna va fieramente orgogliosa della sua  crescentina (focaccia alta, di farina, acqua, latte e strutto) e della sua crescente (crescentina farcita con mortadella, salame o prosciutto). Altrettanto diffuse, ma di derivazione modenese, sono le tigelle. Immancabile nel tagliere la mortadella (non a caso chiamata Bologna nel nord Italia). Non c’è una grande tradizione di vini, perché le colline da vino devono guardare a sud, verso il sole, mentre i colli felsinei son rivolti a nord. Ma un assaggio di Pignoletto dei colli bolognesi non è niente male. Il ristorante più prestigioso di Bologna è il Diana, anche se in questi giorni deve rinunciare allo storico ingresso in via dell’indipendenza spostandosi appena dietro l’angolo. Un ultimo avvertimento. Per quanto suggestivo, il quadrilatero dei locali mangerecci via degli Orefici, Pescherie vecchie, Clavature, Drapperie è per i turisti forestieri e non ci sono piatti indimenticabili. Al massimo, può essere originale una capatina nell’osteria di via Ranocchi, dove ci si porta il pasto da casa e si ordina solo il vino. Da non dimenticare la pizza di Altero (cantata da Lucio Dalla), le gelaterie di piazza Cavour e di via Montegrappa, in centro, quella all’incrocio tra le vie Saragozza e Andrea Costa e quella in fondo a via Massarenti (3 km fuori da porta San Vitale) in periferia, finora i migliori gelati artigianali provati in città.

2) Il meteo bolognese

2) Dialogo tipico, sentito sull’autobus 14/A, tra due signore di mezza età, quelle che un tempo si chiamavano “zdàure” (a Parma “rezdòre”), termine contratto che significa reggitrice, ossia la matrona della casa. Nelle Marche sarebbe la “vergara”, che reggeva la verga ammonitrice. Ma non divaghiamo. Il dialogo sul bus era il seguente: “Senti mò che freddo oggi? Tira un’aria da neve”. “Eh, ma dura brisa, cambia in fretta. Tra una settimana moriamo dal caldo”. “Eh. A Bologna è così”. Già. A Bologna è  così. La città è abbastanza nettamente divisa in due, tra la “bassa” e i colli, un po’ come Bergamo bassa e Bergamo alta. E il clima ne risente. Inverni Alpini ed estati tropicali. Inutile dire che anche qua, come altrove non ci sono più le mezze stagioni. La particolarità del clima bolognese è che la città si trova nella ‘bassa’ (la campagna padana) lontana dal mare ed esposta ai venti freddi da nord e dall’est, così come all’afa estiva, ma già sui colli preappenninici nella sua parte meridionale (non distanti come invece a Modena o a Parma) che possono portare il freddo montano, ma anche formare una barriera protettiva dal vento e dalle nebbie padane. Spostandosi verso Ferrara, la nebbia regna sovrana nelle notti invernali. Tra la zona bassa (Bolognina, San Donato, San Vitale, Lame) e la zona sud (Saragozza, Colli) ci son sempre un paio di gradi di differenza. C’è da dire che con la pioggia o con il sole una bella mano la danno i 40 km di portici che riparano dal vento, dalla pioggia e dal sole. Per dire, è possibile fare oltre 6 km a piedi in linea retta, da via Mazzini al santuario della Beata Vergine di San Luca, tutta sotto i portici (se si eccettua qualche attraversamento pedonale). Un microclima a sé è quello dei due ponti di via Matteotti sopra la stazione centrale e di via Stalingrado. Siberia pura in inverno e tropici assoluti in estate.

1) Qualche coordinata geografica su Bologna

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1) Sono qui ormai da più di due anni. …Sembra l’incipit del conte di Montecristo, ma non sono su un’isola sperduta tra i marosi. Sono a Bologna. Se percorri la A14 da sudest, a metà strada tra Castel San Pietro e San Lazzaro di Savena, subito dopo il cavalcavia 24, guarda in lontananza sulla destra, immersa nella “bassa”, oltre la via degli Stradelli Guelfi, la palazzina della famosa azienda che produce tisane alle erbe, raffigurata in tutte le scatole dei suoi prodotti. Gli Stradelli Guelfi sono pubblicizzati come strategico percorso alternativo per raggiungere il mare Adriatico nei torridi weekend estivi, in cui la A14 è un unico serpentone di auto che sciamano verso i lidi romagnoli, spesso ferme in coda. Sembra che Cesenatico sia la località preferita come seconda casa dei bolognesi. Ma non divaghiamo. Prosegui fino al cavalcavia n. 19 dove intravedi la sagoma del grattacielo detto anche “la busta del latte”, lo shuttle o “il matitone”, per l’evidente somiglianza della forma. Se arrivi col buio vedrai lampeggiare le sue luci rosse, necessarie perché il grattacielo, che si dice sia la più costosa opera eretta lungo i 300 km di via Emilia che vanno da Rimini a Piacenza, si trova sulla rotta di atterraggio degli aerei che fanno scalo all’aeroporto Marconi. Se invece arrivi da nordovest di sera vedi la punta che cambia continuamente di colore, oltre al nome dell’azienda costruttrice. Se scendi da nord lo affiancherai sulla sinistra,  mentre sulla destra vedi lo storico mega-condominio di via del Verrocchio, la cosiddetta “piccionaia”. Venendo dal mare, con il grattacielo entri ufficialmente nel territorio di Bologna. Ecco. Così l’ho conosciuta io quando mi sono trasferito, 30 mesi fa. La città di Bologna si estende tra la croce del Biacco ad est (presso i 30 metri di spazzatura sotto e i 20 sopra della “collina dei rifiuti” lungo gli Stradelli Guelfi), la croce di Camaldoli s sud, la croce di Casalecchio ad ovest e la Croce coperta a nord (oltre, ci sono solo i quartieri, comunque rilevanti, di Corticella e dei giardini col suo laghetto). Ognuno ha la sua croce.

0) Bologna secondo me. Indice degli argomenti.

Benvenuta/o in Bologna secondo me, la mia esperienza di vita qui. Probabilmente un’esperienza comune a tutte le grandi città, ma io questa conosco. Un po’.

SOMMARIO CRONOLOGICO 1) Arrivare. 2) Clima. 3) Mangiare. 4) Chiese. 5) Il centro. 6) Musica e canto. 7) Mura, porte e torresotti. 8) Fiumi e canali. 9) Autobus. 10) San Luca e processione. 11) Curiosità. 12) Vip watching. 13) Shopping. 14) Auto. 15) Ospedali e Certosa. 16) Bus turistici e personaggi strani. 17) Personalità. 18) Parchi. 19) Torri. 20) Multietnica. 21) Dialetto. 22) Natale. 23) Panorami. 24) Bagni pubblici. 25) Quartieri storici. 26) Maratone. 27) Stazioni ferroviarie. 28) Sport. 29) Fauna. 30) Ballo. 31) Film e telefilm. 32) Cronaca nera. 33) Vie. 34) Hotel fantasma. 35) Etruschi. 36) Storia. 37) Cinema e teatri. 38) Mortadella.
INDICE ALFABETICO Arrivare > 1.  Automobile > 14.  Autobus > 9.  Bagni > 24.  Ballo > 30.  Bus turistici > 16.  Centro > 5.  Chiese > 4.  Cimitero > 15. Cinema > 37. Clima > 2.  Cronaca nera > 32.  Curiosità > 11.  Dialetto > 21.  Espressioni > 21.  Etruschi > 35.  Fauna > 29.  Film > 31.  Fiumi e canali > 8.  Hotel fantasma > 34.  Mangiare > 3.  Maratone > 26. Mortadella > 38.  Multietnica > 20. Mura > 7.  Musica e canto > 6.  Natale > 22.  Ospedali > 15.  Panorami > 23.  Parchi > 18.  Personalità > 17.  Personaggi strani > 16.  Porte > 7.  Processione > 10.  Quartieri > 25.  San Luca > 10.  Shopping > 13.  Sport > 28.  Stazioni ferroviarie > 27. Storia > 36. Teatri > 37.  Torresotti > 7.  Torri > 19.   Via > 33.  Vip > 12.