21) La lingua di Bologna

2120181103_230755) Se ti senti augurare “ban àn”, non è il fruttivendolo che ti sta chiamando,  ma solo l’augurio di buon anno in dialetto. Il bolognese abbonda di vocali aperte: A e È. Soltanto una vera bolognese o un vero bolognese sanno come si pronunci il nome del paese di Dozza, famoso per le sue case colorate. Con la zeta di pizza o di zanzara? E dove hanno l’accento il torrente Savena, il canale d’Aposa e il quartiere di Roncrio? Come si pronuncia biassanot (il perdigiorno che tira tardi tra osteria e osteria)? Se ti senti chiedere “dammi il tiro”, significa semplicemente “aprimi la porta”. Brisa è la negazione per eccellenza (“cinno, fa’ brisa i capricci”, dove cinno e cinna sono il bimbo e la bimba) e deriva da briciola, ossia il minimo, esattamente come il milanese “mica” deriva dal pane). Di uso comunissimo nelle esortazioni è il “mò” posposto (“vieni mò qui”, “dai mò”, “stai mò a sentire”, “dammi mò qua”). Capita spesso di sentire l’espressione “del trentadue” (“dal trantadù”): “una nevicata del trentadue”, “una sfuriata del trentadue”, “un’abbuffata del trentadue”, “un freddo del trentadue”, ossia esagerati. Deriva dai moti rivoltosi scoppiati in piazza nel 1832 contro i gendarmi del governo austro-ungarico. Una specie di 48 nostrano. Una figura tradizionale nella traduzione domestica era quella della zdàura, quella che a Parma si chiama rezdòra (reggitrice) e nelle Marche sarebbe la vergara, cioè la matrona dell’antico casale di campagna. E’ infine diventato di uso nazionale il termine umarèl, l’anziano che passa le giornate sulla pubblica via osservando con le mani dietro la schiena i lavori nei cantieri. Ah…, se qualcuno non conoscesse la soluzione delle domande poste all’inizio: Dozza si pronuncia con la zeta sibilante di pizza, Sàvena e Àposa entrambi con l’accento sulla prima a, Roncrìo con l’accento sulla i, e biassanòt non si pronuncia alla francese, ma alla bolognese come si scrive: biassanòt, ossia biascica notte, mastica notte.

16) Bologna turistica: bus e personaggi

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16) Bologna è città turistica. Come tale si organizza per farsi conoscere dai turisti. Per i più pigri ci sono due trenini: uno che fa su e giù da piazza Maggiore al santuario di San Luca sul colle della Guardia oppure dalla stessa partenza raggiunge i giardini Margherita; uno che fa avanti e indietro lungo il decumano della Bononia romana (un breve tratto lungo la via Emilia tra via Ugo Bassi e Strada Maggiore). C’è poi il Red Bus, un autobus turistico scoperto che percorre praticamente tutta la città, dentro e fuori dalle mura (mi è capitato di vederlo ovunque) in ogni stagione e con ogni condizione meteorologica. Sul Red Bus vengono date spiegazioni, presumo multilingue, sui vari siti di interesse che si incrociano, si ferma spesso per consentire foto e d’estate ospita anche animatori che trastullano i trasportati (nel 2017 il duo comico bolognese Malandrino e Veronica). Bologna è citta della musica, e una caratteristica che colpisce i turisti che arrivano in centro sono i musicisti, cantanti e percussionisti di strada che animano il centro, oltre a hip-hopper, giocolieri, statue viventi e artisti vari. Fino al 2016 furoreggiava la domenica prima di cena davanti alla Sala Borsa Beppe Maniglia, settantenne cantante dei pezzi migliori degli anni ’70, citato anche dall’ispettore Coliandro in un episodio della sua serie tv. Beppe venne poi sfrattato dai vigili urbani e la moto confiscata per occupazione abusiva del suolo pubblico. Altri personaggi che si aggiravano negli anni ’80: la Flora, che girava con una bici vendendo rose, e Settepaltò o Settecappotti, che indossava numerosi paletot uno sull’altro. Ora sono sostituiti da più tecnologici artisti di strada, alcuni dei quali anche con le proprie pagine sui social. Meno gloriose le gesta che resero famosa Eva Robbins, la prima persona transessuale ad essere sdoganata in TV (“Lupo Solitario”) e al cinema (“Belle al bar”) nei primi anni ’90, dopo aver esercitato l’antica professione lungo via Stalingrado ed essere stata notata a livello locale.