Andando

Può darsi sia semplice la solitudine acquisita, e non la volevo affatto,  ma la  vivo come se non mi riguardasse affatto per non darle un senso, che non ha.

E allora prendo le emozioni a piene mani, e le guardo dritte sino in fondo, e penso che quello che procurano ti ledono le intenzioni, e le affronto come si fa quando le tenebre coprono tutto intorno.

E vago tra il buio che si fa lungo, e la luce che accorcia le ombre, e penso di rimestare tutto così che io possa allargare l’orizzonte, e camminarci dentro.

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E senti che

Si scrive, soprattutto, quando senti che muori dentro, e per una improbabile ragione senti, che vuoi accompagnare la tua morte interiore insieme alla nostalgia, che diventa inesplicabile, e allora butti giù parole e parole, che sanno dire dei contorni che racchiudono le sensazioni, che delineano fronti al di là della reale condizione, e ci naufraghi dentro, e ti accorgi che ti piace.

E le usi per dare senso alla sofferenza, che ubriaca dentro, e si trasforma come un veleno salvifico.
E poi c’è la disperazione, che conduce a un sillogismo dell’esistenza amara, caduta fuori dal tempo, e capire dell’inconvenienza di essere nata, e sottopormi poi a un vero sfogo con la mera illusione che lavi le ferite.

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Vivere

Emotivamente sono anni che vivo ai margini dell’esistenza, privandomi di lagnarmi come avrei potuto e dovuto fare, lasciando che le ore vivessero la loro essenza dentro alla instancabile malinconia che mi governa.
In concomitanza ai pensieri dal sapore amaro e, acre delle lacrime nascoste, involontariamente rivelatasi necessarie, seppur la loro natura disorientate fosse naturale.

Questo distacco voluto e perseguito ha reso lo scorrere dei giorni come se avessero intrapreso la loro natura senza destare in me alcuna voglia di modificarli.
Mi ci sono immersa dentro al mio tempo vuoto per nulla colorato, e per nulla ambito, con la convinzione sempre più marcata, che se vivere o essere mai nata non facesse differenze.

Nella vita ti ci trovi dentro per una volontà che non è tua, nessuno ti chiede il permesso di nascere, ma nasci a prescindere senza sapere perché, e senza nessun formalismo a cui attenerti, e prima o tardi oscilli tra il concetto di astrazione e quello emotivo che diventa difficilmente catalogabile, e pensi che equivale al nulla durante il tempo che scorre attraverso.

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E’ un ricordarsi di un tempo che fu

Fu una volta diversa da quelle che costantemente mi caratterizzavano dopo anni di ricerca di serenità, che tanto anelavo dopo un periodo trascorso faticosamente, insieme alla sofferenza, e alla speranza.

E dato che una volta ci credevo a quest’ultima pensavo fosse d’aiuto, invece s’è rivelata incapace di qualunque possibilità di superare un evento dolorosissimo. Lo sostengo spesso che la speranza è illusione, e non vale la pena darsi alla macchia trascurando la realtà, perché prima o tardi ci fai i conti.

Sto divagando, perché quello che mi accingo a dire ha poco a che fare con il tempo antecedente a quello di cui sopra, ma a uno che si è susseguito dove segni ben evidenti di miglioramento apparivano concreti per fare qualcosa di nuovo, e ne fu la ragione per intraprendere quel viaggio breve.

Scelsi il treno come mezzo di trasporto, e fu per dare un senso diverso al mio viaggio dato che evitare di guidare mi avrebbe fatto assaporare ogni attimo di qualunque cosa sarebbe stato. Erano tanti anni che non mettevo piede su un treno, e me lo immaginavo di ultima generazione e pulitissimo, e non come quelli di un tempo dalle linee spartane, e spesso disordinati. Tuttavia,  il treno specchiava del tutto quelli di una volta. Niente novità nel compartimento che era simile a quello del ricordo, che vederlo  riportò alla memoria persino  il medesimo odore di un tempo che era lontano.

Presi posto dopo aver sistemato il mio bagaglio con l’entusiasmo della viaggiatrice avventurosa pronta a godermi il tragitto sino a destinazione. Il vocio alimentava la curiosità per gli altri viaggiatori, che sembravano propensi a condividere chiacchiere tra il rumore forte del treno stesso, che incitava le voci a sopraffarsi tra loro. A me piace parlare, e lo faccio spontaneamente, e questo influisce a relazionarmi con gli altri facilmente.
Dapprima sorrisi e poche parole, poi tutto diventava spontaneo, e dirsi, e persino raccontarsi era molto naturale. E tra conversazioni e sorrisi giunsi a destinazione a sera inoltrata.  –

Alla  stazione mi accolse colui che non vedevo da anni, che mi aveva invitata più volte a trovarci proprio dalle sue parti. Vederlo fu come un ritorno al passato, sebbene fosse  praticamente uguale ad allora con quel suo sorriso bello, ora aveva il viso coperto dalla barba incolta brizzolata, che dava risalto i suoi occhi verdi sorridenti. Mi venne incontro appena scesi dal treno e mi strinse a sé per un tempo indefinito. Era il suo solito fare sempre affabile e scanzonato. Ricevetti una sensazione che tornava dal passato, che si trasmise come fa il sole quando lambisce la pelle.

Arrivammo nella sua casa, e appena entrati sentii l’odore dei ricordi, quelli  che non ti abbandonano, se non per il tempo vissuto lontano da quel luogo per far ritorno in quel momento.
Sistemai il mio bagaglio nella camera degli ospiti, e subito dopo tornai nel soggiorno dove si sentiva la legna che scoppiettava dentro al camino. Mi sentivo come se non fossi mai andata via da quella casa. Da ragazzina praticamente ci vivevo, non c’era giorno che non ci andassi; era la mia seconda casa, era quella del mio amico più caro che avessi ed eravamo sempre insieme.

Pomeriggi  vissuti a  studiare, a fare scherzi, a ridere,  a piangere sulla sua spalla quando la delusione per qualcosa mi arrivava addosso. E lui a consolarmi, a parlarmi e ad ascoltarmi ogni volta. Crescendo le nostre vite si separarono, e furono pianti e nostalgie mentre ero lontana, che si attutivano quando tornavo e si amplificavano quando ripartivo.
Poi mi innamorai dell’uomo che sposai e lui, il mio amico divenne un ricordo sempre custodito, ma non ci vedemmo quasi più. E ora dopo tanti anni, che sono sola lo rivedo ancora, e mi sembra di sognare e di tornare come allora quando ogni sguardo sapeva di intesa, e ogni parola generava qualcosa che ci rendeva uniti e complici.

Mi guarda e sorride, mi invita  davanti al camino acceso con un gesto della mano che batte sul divano. Mi siedo accanto a lui e parliamo di me e di lui. Delle cose vissute nelle nostre vite, e poi ancora tornammo ai tempi passati insieme accompagnate da risate fragorose, sorseggiando vino.
E soltanto quando svuotammo la bottiglia di vino mi accompagnò in camera, mi abbracciò, mi sorrise dandomi la buona notte, per avviarsi poi  nella sua camera.

E ora a letto  mi sembrava strano non trovarmi nel mio.
Tornata in quel passato pieno di infinite cose tutte vissute, e da ricordare di nuovo, vivendole.

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Paure

Non riesco a togliermi dalla mente l’idea di quanto ho vissuto ieri, sebbene oramai è più di un mese che viviamo l’attuale disastro del virus che ci schiaccia in ogni maniera, e che si combatte con forza per quanto possibile.
Non uscivo di casa da prima delle restrizioni, e ho dovuto farlo proprio ieri, mal volentieri devo ammettere, ma vivendo sola devo far fronte alle mie necessità, e così sono uscita per fare la spesa. Avevo già visto alla tivù le code di persone in attesa per entrare nei supermercati, e mi appariva frastornate, ma viverlo di persona è stato sconcertante. Non per l’attesa in sé, ma per la inusuale situazione che somigliava a una specie di auto-costrizione civilissima.  Tenere il passo alla fila molto ordinata e silenziosissima, è stato persino toccante.

Le persone corrette le ho viste ieri, li, con gli sguardi attenti, quasi sommessi in quella circostanza unica, che portava al  rischio di contagio, perché nonostante ci raccomandano di indossare la mascherina, non tutti possiamo dato che sono letteralmente introvabili, e diventa improponibile uscire di casa senza, e lo si fa se è necessario.
Tuttavia, alcuni escono per ragioni che appaiono insensate a coloro che rispettano il prossimo per un senso civile e di buon senso. Si muovono e si rincorrono per fare comunella a chiacchierare e ridere, senza preoccuparsi di tenersi a distanza di sicurezza. E dopo tornano nelle loro case senza chiedersi se insieme a loro  hanno portato il virus che non si fa alcuno scrupolo ad attaccare i loro cari. Probabilmente costoro non capiranno mai l’emergenza attuale, non capiranno la paura di chi si preoccupa e di chi si ammala, di chi purtroppo muore.

Non è facile, e ho paura e non serve specificare per cosa, in fondo abbiamo un pò tutti questa paura, e non ci sono canti e nemmeno rassicurazioni illusorie a farci tranquillizzare, perché dopo tutto stiamo vivendo una pandemia causata da un qualcosa del tutto inaspettato.

Al peggio non si è mai abituati. Il peggio arriva e travolge, e spetta a noi rimediare il salvabile stando in casa tutti quanti, aiutando coloro che senza risparmiarsi  salvano chi si ammala.
Questa immane tragedia ci cambierà o forse  siamo già dei sopravvissuti.

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Riflessioni riflesse

Per quale motivazione  si esula dal voler rivivere i giorni e i mesi, e persino gli attimi, quelli difficili e dolorosi che trafiggono come lame taglienti ogni istante che accompagna il respiro, proprio non so spiegarmelo.

Eppure sembrano bazzecole quelle giornate di sofferenza oramai estinte come lo sono le Ere geologiche, ma tuttavia presenti, perché per alcuni tratti le rivivo con un ruolo preciso da spettatrice che sfoglia pagine di  pezzi di vita vissuti.
La sensazione che rimane addosso è quella simile che si prova dopo aver guardato un film che lascia emotivamente toccati. Dopo giunge la consapevolezza di smettere di fare da protagonista di quel passato che non c’è, poiché adesso appartengo al presente, e  così quel film perde quella valenza da sempre attribuitagli, seppur continuando a guardarlo, di tanto in tanto, cerco di farlo con distacco, e a seguire spengo lo schermo e vado avanti.

Tornando alla motivazione iniziale mi trovo al punto di partenza.
Nessuna risposta sensata, e nessuna idea del perché e del come, pertanto rimane in sospeso come un respiro a metà.
Probabilmente se la tristezza giunge inaspettata una ragione deve esserci, anche se poi lascia il posto alla malinconia, che seppur meno aggressiva lascia i suoi segni prima di attenuarsi sino a sparire apparentemente, ma poi fa il suo ritorno comunque.

 

 

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Non saprei

Vorrei poter essere come sono sempre, evitando di inciampare nelle fragilità di cui sono fornita, e continuare a vivere i miei giorni come ho fatto attraverso questi ultimi anni con la consapevolezza piena che tutto è come deve essere.
Affido me a me stessa,  poiché è sulle mie forze che appoggio le mie debolezze sempre, e vado avanti.

Respiro.

Non è nell’apparenza che cerco la sostanza, e ancor meno negli orizzonti delle indifferenze. Scruto quello che appare difronte sentendo l’aria volare veloce, e impossibile da fermare senza reclamare nulla dei sogni che danzano dentro ai sogni stessi, perché ciò che si vede somiglia a quello che si vorrebbe che fosse, e non lo è quasi mai.

Prefiggermi occhi nuovi per nuove stagioni, e fuggire da dentro per arrivarsi addosso senza aspettare altro.

E poi ci sono momenti gradevoli che si uniscono a quelli di differente natura che contengono sapore poco allettante e di conseguenza decisamente di minor pregio, e viverli comunque.

E pensieri che sormontano altri pensieri che si sovrappongono, e si mescolano in un brusio di elementi chiassosi dediti a delineare le fattezze di quei pensieri per diventare parole da leggere.

In fondo si scrive per dare vita a idee fatte di parole senza sapere perché.

 

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Sensatezze e disfacimenti

Mi aspetto e prospetto cose di cui non dico, e se le dicessi un pò alleggerirebbero certe giornate che si presentano sin dal risveglio pesanti da sopportare. Capita di fare bilanci nei momenti che con il senno del poi risultano più significativi, ma che  poi appaiono soltanto un grumo di considerazioni alle quali si da volutamente il peso del nulla, poiché esse stesse diventano forvianti e persino fomentatrici di pensieri malsani di cui, nonostante ne sia attratta, ne evito il sentore.

Tuttavia, poi dico a me stessa che volere a ogni costo comprendere le cose affatica sino a sfinire con il risultato e la costante che non ci si capisce nulla comunque, perché si sa le cose hanno una propria identità, e si manifestano se chiamate in causa a seconda dell’interesse e l’importanza che vi si pone, altrimenti si assiepano lungo un luogo  che rimane da parte, e dove la luce del sole è distante e confinata lasciandole esiliate alla logica.

Pensieri insensati ne evocano altri, che si scontrano e  mescolano con quelli che detengono il sentore razionale battendosi con  quelli che vorrebbero dare vita a pensieri vivaci in contrapposizione a quelli stanchi e oramai sciupati. Destinati ad affiancarsi gli uni agli altri come guerrieri che si prestano a dare battaglia misurandosi per l’occasione con il proprio  coraggio camuffato dalla paura che non vuole farsi avanti e destinato a emergere comunque.

Tutto quanto potrebbe avere un senso, o con molta probabilità ne ha qualcuno o diversi. E scoprire dopo ricerche faticose e mai sufficientemente appaganti  si giunge ad inventarsi sensazioni rivelatrici che spalancano mondi come braccia accoglienti, dalle quali attingere qualcosa di cui non ne conosco le fattezze.

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I soliti perchè

Non ho mai avuto, e tutt’ora nemmeno, la volontà di creare account sui social, mi riferisco a quelli famosi come Facebook e altri. Agli albori in cui sono sorti vedevo le persone che conoscevo attratte dalla novità e soprattutto ad avere la propria pagina personale con l’intenzione di dare libero sfogo alla ricerca per ritrovare persone oramai sepolte dal tempo e che mai avrebbero pensato di rivedere realmente. L’occasione meritava di essere sfruttata a loro dire insieme alla contraddizione nella quale cadevano per la scelta insolita.
Se smetti di vedere coloro che hai chiuso nel passato mi domando a che pro dovrei cercarle attraverso Facebook ?
Oltre a essere una domanda è una considerazione mia, ma contenti loro contenti tutti.

Detto questo, tuttavia, devo confessare che ho ceduto al fascino dei social, e non per cercare gente, ma per scoprire come ci si sente e a cosa porta, e così adesso ho un account su Twitter da poco più di un mese. E’ stato prodigioso riuscire a comprenderne i meccanismi, perchè si sa io sono antica, e ancora difficoltoso è stato dover scrivere in maniera succinta concetti o sciocchezze varie, si,  perchè scrivo pure quelle.
E’ noto a chiunque che quando si è possessori di una pagina quello che ci si scrive viene letto da altri e se piaci loro ti seguono e tu segui coloro se pensi ti possano piacere.
Ebbene, avevo pochi follower da principio e ne ero contenta di averne, ora non mi spiego il fatto che in pochi giorni si sono più che moltiplicati e inoltre sono quasi tutti provenienti da oltre oceano. E questa cosa non la capisco dato che non posso essere diventata interessante per persone, che a dirla tutta non si esprimono a valutare quello che scrivo così improvvisamente, e non me lo spiegare sebbene non sia obbligatorio mostrare consenso o meno su un tweet.
Ad ogni modo non so del perchè di questo seguito, e non so nemmeno se mi piaccia dato che un pò mi fa sentire a disagio.
Io sono una persona che scrive qualche pensiero e senza pretese, anche perchè ho notato che su Twitter non è che conti molto saper scrivere, e fin qui entro nella categoria, ma ciò che fa seguito sono ben altre cose a me incomprensibili.
Tuttavia, io preferisco le parole di menti capaci e, per il resto  è così

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Tutto passa

Non è mai chiaro l’evento che nasce inaspettato, capace di tramortire la quiete che imperversa costante, e che all’improvviso cambia ogni cosa.
Serve un pò di tempo prima che sia netto e ordinato quello che la reazione di un attimo fornisca alla calma oramai perduta.
E poi si precipita dove il vuoto ti accoglie per afferrarti nella sua morsa giù nel burrone, e ci rimani fin quando qualcosa riesce a smuovere quello stato di stasi per condurti su sempre più su, e rivedere il cielo.
E’ soltanto la reazione tipica di una ferita infertaci e, che a seguire, attraverso i giorni che si susseguono rimane il suo ricordo sbiadito.
Del resto tutto passa e nulla permane.

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