Recensione “L’Appello” di Alessandro D’Avenia

“Alla fine ciò che conta non è se ci vedi, ma che cosa guardi.”

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Omero Romeo è il nuovo professore di scienze e sta per affrontare quella che è ritenuta la classe più complicata dell’istituto. È un supplente, è di passaggio ed è nuovo. Ma soprattutto è cieco. Per questo istituisce l’Appello per conoscere i suoi nuovi dieci alunni. Un modo per entrare nelle loro vite attraverso la spiegazione dei misteri dell’universo che mai sono troppo distanti dalla realtà quotidiana. E ciò che nato per mancanza della vista diviene ben presto una necessità da trasmettere anche agli altri. Perché l’Appello non è snocciolare i nomi degli alunni, ma entrare in sintonia con loro.

“Tutti dalla mattina alla sera lottiamo Perché il nostro nome Venga pronunciato come si deve.”

La lezione di scienze presto si rivela essere quella della vita: un pretesto per conoscere i ragazzi, un cammino fra le stelle per capire l’anima di ognuno dei dieci studenti.
Storie normali, quotidianità crude che hanno una bellezza che si specchia nella fragilità. Un appello che è solo una scusa, un modo come un altro per far uscire le debolezze di chi affronta tutto di petto o si nasconde dietro a una maschera che gli occhi del professore non possono vedere. Ma esistono altri sensi per conoscere le persone e Omero Romeo lo sa: armi affidate all’udito, all’olfatto, al tatto, ma soprattutto al cuore. È quella la chiave per arrivare a vedere ciò che la vista non scorge seppur ci vediamo bene.

“Sprechiamo la maggior parte del nostro tempo e delle nostre energie a nasconderci, ma sotto sotto vogliamo venire alla luce.”

Un libro deve toccare sempre le corde del lettore, farle vibrare, regalare emozioni. Alessandro D’Avenia ha il dono di saperlo fare attraverso parole che scavano dentro l’anima fino a metterci radici. I suoi libri parlano a tutti usando storie che potrebbero appartenerci. Non insegna, non sale in cattedra, ma tende la mano per mostrarti che c’è altro nella vita. Questo suo ultimo romanzo è un grido di protesta non solo verso una scuola che ha dimenticato il suo vero compito, persa dietro a una burocrazia che sa di fumo ma anche un rimprovero contro chi si è scordato cosa significa avere 18 anni e tanta paura del domani. D’Avenia è un vero Maestro nel parlare al cuore con il cuore.

“Il mondo a culo in suso. Quando l’amore non ti lascia morire in pace” di Claudia Mereu

Un fidanzato da riconquistare, il fantasma di un donnaiolo che vuole ottenere il perdono e tre fidanzate da calmare. Una bella gatta da pelare per Arianna che lascia la Sardegna per Roma pensando di risolvere solo i suoi guai. Infatti spera di riconquistare Michele, il fidanzato che l’ha lasciato il giorno prima delle nozze. In realtà dovrà anche sistemare le “questioni in sospeso” di Dario che è morto lasciando dietro di sé tre fidanzate ognuna all’oscuro dell’altra.

412JD7RqrtL._SX322_BO1,204,203,200_È così che inizia questo divertente romanzo di Claudia Mereu: è la vigilia di Tutti i Santi quando il mondo fra i vivi e i morti è a culo in suso, come si dice in Sardegna, ossia tutto sotto sopra. Una sorta di momento in cui i vivi possono entrare in contatto con i morti e una povera fidanzata con il cuore spezzato può vedere su spìritu di un ragazzo convinto di avere ragione.

Una prova difficile da superare per chi, come Arianna, è inseguita dalla mala sorte e crede nel vero amore, indistruttibile e duraturo, a differenza di Dario che da vivo aveva ben tre relazioni contemporaneamente. Ma cosa hanno da spartire un don giovanni e una ragazza sfortunata? E ciò che inseguono è davvero così diverso da ciò che vogliono?

"Il mondo a culo in suso" di Caludia Mereu

“Il mondo a culo in suso” di Caludia Mereu

Una storia divertente che ha il tocco della commedia dei film hollywoodiani, fra equivoci, imprevisti e quel tocco di imprevedibilità che rende tutto pepato. Arianna riuscirà a riconquistare il suo ex e ad aiutare il fantasma? E Dario capirà il suo errore o resterà bloccato nel mondo dei vivi?
Un romanzo, “Il mondo a culo in susu. Quando l’amore non ti lascia morire in pace“, che conquista già dalle prime pagine. La protagonista non è un’eroina, né una prescelta, ma una ragazza normale, anche se un po’ scuminigada, sfigata, come dice di sé stessa. Una sorta di viaggio dell’eroe quello di Arianna che ha come aiutante Dario, un insolito cavaliere che più che aiutarla potrà solo confonderla.

Con una scrittura arricchita dal sardo e da una schietta ironia, Claudia Mereu diverte il lettore mentre insegna qualcosa che pochi capiscono: come l’amore sua un ingrediente fondamentale nella vita di tutti. Anche se si è solo uno spìritu.

Buona lettura

 

“Il kamikaze di cellophane” di Ferdinando Salamino

“Niente è senza movente. Si tratta solo di guardare abbastanza lontano, scavare abbastanza a fondo.”

Un uomo legato, un altro davanti a lui con un rasoio affilato. Due individui che stanno per morire. Una vittima, un carnefice, apparentemente. La realtà è sempre più complessa.
Michele avrebbe avuto le potenzialità per essere un uomo dal destino brillante ma, come dice lui stesso, fa parte della tipologia 2, quella che non vuole seguire i consigli degli altri. Persone in gamba ma che a un certo punto decidono di voler seguire il demone che ride nella propria testa. Una voce da sirena che ammalia e distrugge al tempo stesso.
Così, avvinghiato a queste pagine come se contenessero ossigeno, segui anche tu Michele nel suo cadere nel baratro del non ritorno.
In un alternarsi fra il presente e il passato, quella del protagonista è una parabola in discesa, verso l’inferno esistenziale che lo ha reso l’uomo in procinto di uccidere un altro. Ma chi ha reso Michele l’individuo che tiene in mano una rasoio e la vita di un altro individuo?

“La follia è una festa con mille invitati, nella quale tu sei l’unico in costume.”

"Il kamikaze di cellophane" di Ferdinando Salamino

“Il kamikaze di cellophane” di Ferdinando Salamino

Nelle pagine che si susseguono nel romanzo “Il kamikaze di cellophane” di Ferdinando Salamino (Golem Edizioni), il protagonista si racconta senza filtri, senza paraventi fin dal primo momento in cui il click della follia ha suonato inesorabile dentro la sua anima. Un suono tragico e funesto, nascosto dietro a scelte di salvezza che avevano il sapore della pazzia. Perché chi stabilisce chi è matto e chi è sano? La società, la religione, la morale, la medicina. Tuttavia non sono infallibili, e chiedono un tributo salato per restituirti con le carte in regola al mondo. Ma è sempre tutto così semplice?

“Finché l’incantesimo tiene, possiamo fingere che tutto vada bene, ma li sentiamo di continuo, i rintocchi dell’orologio. Riconosciamo subito quell’ansia, quando la magia si dissolve a poco a poco e la carrozza si trasforma in zucca.”

Questa storia parla di distruzione, di pazzia, di fragilità; racconta l’amore, l’odio, le perversioni. Emozioni buone, paure terribili, tutte racchiude dentro un vaso di Pandora che, come ci insegna la tradizione, non va mai scoperto. Perché i propri demoni, quelli che ci spingono a commettere i più grandi errori, spesso non sono chiusi dentro quel vaso, il cui contenuto è ancora più crudo e terribile.

“C’era una violenza, nella tragedia, che mi suonava rintocchi nell’anima.”

Lo stile di Salamino è come quei secchi di colore buttati sulla tela: l’effetto visivo è immediato, cromatico, suggestivo. E tu sei li a fissare le gocce che colano per capire quale sarà l’effetto finale, e sai già che non sarà possibile, perché il colore prende strade che tu non puoi vedere o intuire. E così anche fra queste pagine l’ovvio viene scalzato dall’imprevedibile e la tela si colora di sfumature che tu non avevi immaginato. E tutto viene messo in discussione, così da coltivare quella specie di affetto verso un carnefice che è capace di uccidere senza rimorsi.

Libri così, in giro, ce ne saranno molti, dirà qualcuno. Eppure la sensazione, appena finisce l’ultimo capitolo, è che hai appena letto qualcosa di scritto davvero dannatamente bene. Non lasciatevi ingannare da ciò che Salamino vi vuole fare vedere, perché ho scoperto essere un bravo prestigiatore di parole e storie.

Quello che occorre tenere presente è che bisogna andare oltre alle apparenze, come quando si guarda un incontro di boxe. Dimenticate i pugni, il sangue, i denti rotti, e godetevi lo sport nella sua eccezione più movimentata. Non importa la tecnica, la bravura, l’impegno. Conta il risultato. Perché basta  ricordare che il “pugile perfetto è quello che scende dal ring con la stessa faccia con cui è salito.
E Salamino, da bravo prestigiatore di parole, compie una vera magia con chi è sul ring.

Buona lettura.

“Maledetta Cenerentola” di Tiziana Irosa

Bidibi bodibi bu.
Diciamocelo: la formula magica della Fata Madrina ci ha incasinato la vita, perché ci ha fatto credere che le zucche diventino carrozze, che i topi possano fare i valletti e che il principe azzurro sia alla portata di tutti. Una gran fregatura, insomma.
Victoria Morelli ne sa qualcosa e seppure non ha mai rinunciato all’amore sa anche, però, che non basta una bacchetta magica per avere ciò che si vuole.

“Da bambine ci impolpettano la storia di Cenerentola e di tutte le sue amiche creandoci delle aspettative. Crescendo scopriamo sulla nostra pelle che la realtà è diversa. Non ci sono battiti d’ali nello stomaco, sussulti al cuore o robe simili.”

Quando si ritrova a fare l’assistente personale del gran capo Christopher Carter, però, scoprirà quanto possano essere reali i sussulti e le farfalle nello stomaco. La sua vita si complica di impegni, ma si arricchisce di sensazioni ed emozioni. E non è facile conciliare lavoro con quel muscolo che ci batte nel petto. Perché dietro al carattere severo e agli scarsi sorrisi dell’uomo che tutti reputano un despota si cela forse un animo sensibile, che ha bisogno di essere amato e di dare amore, anche se gli imprevisti sono sempre dietro all’angolo. Infatti, se si bacia il rospo c’è sempre il principe come ricompensa? E come si capisce qual è il rospo giusto da sbaciucchiare?

“Come avrei potuto riconoscerlo? Nella mia mente malata credevo che sarebbe arrivato a cavallo di un bianco destriero, con un enorme mazzo di fiori in mano e, buttandosi in ginocchio, avrebbe dichiarato il suo amore infinito per me.”

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“Maledetta Cenerentola” di Tiziana Irosa

Maledetta Cenerentola” di Tiziana Irosa è un libro che celebra l’amore, quello romantico, quello, insomma, che si vede nei film mentre si mangiano schifezze. E l’autrice lo fa raccontandoci una storia che sposa l’ironia ai sentimenti in un connubio sempre spassoso. Non si sacrifica nulla di entrambi e la storia di Victoria e Christopher ne trae tutti i vantaggi.

WhatsApp Image 2020-08-31 at 16.58.30 (1)I protagonisti sono imperfetti e complicati, lontani dagli stereotipi da fiaba che da Cenerentola a La Bella e la Bestia ci hanno fatto compagnia negli anni. Sono reali, hanno passioni e debolezze, sono impulsivi e poco propensi ad attendere che una formula magica faccia il resto.

Tiziana Irosa l’avevamo già conosciuta con romanzi dove i suoi protagonisti affrontano la vita come tutti noi: a tentativi e circondandosi di affetti veri. Anzi, in “Maledetta Cenerentola” ritroviamo la scoppiettante Allegra di “Volevo una quarantadue” seguendo il filo della Bantor in una sorta di consegna del testimone. Dopotutto l’amore chiama amore e chi ha già amato Killian e Allegra non può perdersi questa nuova storia tra l’inchiostro e la carta.

Le fiabe, a quanto pare, hanno sempre un lieto fine. Per fortuna. E spesso hanno anche una morale che possa guidare le ragazze ammaliate dalle scarpette di cristallo e il sangue blu verso una vita fatta di spine, ma non da buttare del tutto.

Forse nella vita reale non tutto fila liscio come l’olio, né si può sperare che tutto sia come lo avevamo immaginato, ma spesso basta andare oltre le apparenze per rendersi conto che la fiaba ce l’abbiamo davanti a noi. Basterebbe permettere alla vita di guadagnarsi la stessa stima riservata agli eroi delle pagine dei libri per capire come l’amore, l’avventura e i sogni siano davvero a portata di mano. Non avere paura di sognare il lieto fine come Vivian in Pretty Woman, insomma.

E allora basta poco per rendersi conto che tutto è possibile. Anche che le zucche diventino carrozze.

“La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani

“Non ero più una ragazza viva, sbagliata magari, ma viva. Non sentivo più come negli anni precedenti i desideri, gli impulsi, un odore, un colore, una forma”

"La ragazza di nome Giulio" di Milena Milani

“La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani

Jules è una ragazza diversa dalle altre, con un nome maschile che descrive a tratti la sua originalità.

Ciò che però davvero la distingue è il suo modo di vivere, di fare esperienze, di provare a conoscere quelle sensazioni che, pure, non pensava esistessero. Come l’iniziazione al piacere sessuale saffico con Lia, la cameriera, o i baci rubati ad Amerigo, il fidanzato di una sua coetanea. Non solo: c’è la scoperta del proprio corpo, quel piacere che sembra non riesca a trovare altrove; ci sono incontri fugaci con persone che non conosce, a cui lei si approccia seguendo un sordo richiamo che non sa come gestire. Perché non si sente soddisfatta, perché nessuno può capirla. Nemmeno Lorenzo, il fidanzato storico conosciuto quando era appena una bambina, ma che sembra voler mantenere il proposito di sposarla a ogni costo: un ragazzo serio, che vuole rispettarla fino al matrimonio.

Non sarebbe una storia dai tratti originali ai giorni nostri, ma la particolarità del romanzo “La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani, è racchiusa nell’anno della sua pubblicazione: 1964, a opera della Longanesi. Fu uno scandalo. Le tematiche legate alla sessualità di una ragazza nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali procurò una condanna a sei mesi di reclusione per l’autrice, che tuttavia venne prosciolta.

Un libro molto moderno, un tema che oggi siamo abituati a vedere e a leggere con molta semplicità, ma che era ancora tabù appena trent’anni addietro. In queste pagine il peccato cerca conforto nella sacralità della preghiera a opera di un’adolescente che sente i richiami del proprio corpo e non riesce a conciliare ciò che vorrebbe con ciò che è giusto fare o pensare.

“Che cos’è il vizio, se non l’abitudine di peccare, acquistata col commettere spesso il medesimo peccato?”

Jules si scontra e si misura con la voglia di trovare la pace dei sensi, di sfidare una società che era ancora chiusa entro mentalismi abbastanza ipocriti se si considera che, sottobanco, molte trasgressioni avvenivano lo stesso.

Un libro davvero interessante, una prospettiva diversa con la quale affrontare un periodo storico che conosciamo solo attraverso gli eventi bellici.

“Dove sento il cuore” Mattia Cattaneo

-VITA, AMORE, DOLORE, MA TANTA SPERANZA-


1943. La Seconda Guerra Mondiale è agli sgoccioli e i partigiani come Bruno, lottano contro quel nemico che fino a qualche tempo addietro era loro alleato.
È la memoria di Eva, però, che ci riporta indietro nel tempo: è attraverso i suoi ricordi e la sua voce che il lettore segue la trama del romanzo “Dove sento il cuore” di Mattia Cattaneo.

"Dove sento il cuore" di Mattia Cattaneo

“Dove sento il cuore” di Mattia Cattaneo

Eva, ormai anziana, vedova e con i sentimenti imbrigliati nel cuore, lascia che la sua mente torni a quei giorni, quando un gruppo di giovani partigiani si prese cura di lei. Una bambina, certo, ma anche l’attenta spettatrice di una vita di coraggio e sacrificio dove l’amore e il dolore si intrecciano come facce della stessa medaglia.

Perché Bruno, conosciuto dai suoi compagni come Neve, lotta per liberare la sua patria dall’oppressore al di là della Alpi, ma lotta anche per poter sopravvivere e costruirsi una vita con Vittoria, la donna che ama.

La guerra, però, non è mai il focolare sereno dove si possa coltivare l’amore, anche se i tempi sono bui e il futuro incerto. Basta che il cuore palpiti per scoraggiare la morale e i pregiudizi di una donna che ha amato al di fuori del matrimonio? E qual è il prezzo da pagare per una scelta così audace?
E se l’amore fatica a districarsi fra le radici della ragione, il dolore è sempre in agguato, mettendo alla prova anche i cuori più saldi.

“A volte si è permeati dentro da un profondo vuoto, dolente e silente.”

Vite che si intrecciano come i fili di un arazzo di cui nessuno conosce il disegno, dove spesso il vero nemico è quello che coviamo nel cuore. È così anche per Karl Unterbeiden, l’ufficiale tedesco che entra nella vita di Bruno, Eva e Vittoria con la freddezza di chi deve eseguire degli ordini, ma con il cuore in grado di palpitare anche per chi non lo ricambia.
Ma un segreto è celato nella vita stessa di Eva, un tassello che il destino ha sottratto nella trama di vite altrui per restituirlo quando era giunta l’ora della verità.

Il romanzo di Cattaneo parla dei sentimenti che nemmeno il tempo può obliare, soprattutto se la vita ha posto davanti degli ostacoli che hanno reso il cammino amaro. Lo stile dell’autore è fluido, impregnato di forza che conferisce nei suoi personaggi e la loro sorte.
Cattaneo sceglie di inserire più punti di vista nella narrazione di un evento, fatto che può confondere essendo il cambio di registro troppo immediato. E’ una tecnica, tuttavia, che permette di vedere attraverso più “occhi” come si è svolto un avvenimento ed è ovviamente lasciata al lettore la sensazione piacevole o meno per questa scelta.

Lo sfondo delle vicende è un tripudio alla bellezza nostrano di Como e dei suoi dintorni, dove la natura si fonde e confonde con l’uomo: un mondo devastato sì dal dolore della guerra, ma che si rigenera attraverso il tempo che tutto fa dimenticare.

I sentimenti, il dolore, l’incertezza che ogni guerra porta con se regalano anche qualcos’altro a queste pagine: la speranza, la signora vestita di verde che mette tutto a posto.

Buona lettura.

 

 

 

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

∼TANTE STORIE, UN UN UNICO FILO CONDUTTORE∼


Era solo una questione di tempo: questo, almeno, pensavano allora, perché in fondo non si sa mai quando è troppo tardi fino a quando non lo è realmente.

 

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” cantava anni fa Venditti, descrivendo benissimo quelle storie complicate che afferrano l’anima di chi le sta vivendo.

Storie nelle storie, vite che si intrecciano nel flusso di sentimenti che completano e allontanano. La ricerca di se stessi nel vano tentativo di capire gli altri e tenerli legati alle nostre egoistiche emozioni.

"Le ragazze stanno bene" di Davide Simeone

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone (Les Flâneurs Edizioni) è tutto questo e molto di più. Sono tante esperienze di vita apparentemente isolate, quasi come la sensazione di quei burattini che pensano di calcare da soli le scene dei piccoli teatrini, per scoprire poi alla fine che c’è qualcuno che muove i fili di tutti.

L’amore come pretesto per dispiegare le anime in cerca di un punto di contatto. Uomini e donne, amanti, fidanzati, sconosciuti che si inseguono e si allontanano.
Così conosciamo Danilo e Clara, amanti  che si rincorrono per saziare quella fame che solo la passione, il senso si appartenenza, scatena dentro le persone. Una passione che, però, non mette radici perché ha scavato un baratro che attira sempre più in giù. Poi ci sono uomini come Paolo, alla ricerca di appagamenti fugaci come Veronica, anche lei pronta ad annullarsi fra le braccia di sconosciuti pur di dimenticare i capricciosi scherzi del destino. Dalila, invece, crede che l’amore non debba avere distrazioni, mentre Giulia si perde dietro ai clichè mediatici dell’apparire a discapito dell’essere.

L’amore regna sovrano fra queste pagine, ma nulla a che vedere con il roseo sentimento che i bambini disegnano con i cuoricini colorati e i romantici si figurano con il solito lieto fine.Qui l’amore è soluzione, ma anche problema, è ricerca, ma anche meta. Le storie delle coppie che qui si susseguono ci mostrano esseri umani affamati di quelle stesse briciole di imperfezione che la vita ci regala spacciandole per caramelle.

Il giovane autore (giovane solo all’anagrafe, perché conta già diverse pubblicazioni alle spalle) ci mostra la fragilità dell’egoismo contrapposto alla ricerca, sempre eterna e sempre senza soluzione, dell’amore come pretesto per sopravvivere e per tenere legati a noi gli altri.

Ogni storia ha sempre un passato e un futuro, ma è viverla nel presente la cosa più difficile.

Il lettore esplora le vitte qui descritte intuendo come spesso i legami siano semplici solo all’apparenza. In un cerchio dove tutto ritorna per avere completezza ci si rende conto come le coincidenze sono spesso più beffarde che benigne e che non può mai mettere la parola fine se il famoso cerchio non si è chiuso.

Nessuna falsa morale in questi stralci di vita perché Simeone ribadisce il concetto che “non ci sono sante, non ci sono puttane“, ma cambia solo la prospettiva, si decide solo da qualche angolazione osservare le cose che ci appartengono.

Sono solo le scelte personali a renderci ciò che siamo, perché la vita non prevede istruzioni o regole. Sappiamo sempre ciò che vogliamo, se ci fermiamo a riflettere: “come quando lanciamo una moneta solo per darci l’illusione di poter fare una scelta”.

“Avrò cura di te” di M. Gramellini e C. Gamberale

Una donna inquieta,
un angelo custode e la forza dell’amore,
sempre e ovunque.

 

Gioconda, detta Giò, è una giovane donna che affronta la vita dal punto di vista sbagliato. A tratti teatrale nei suoi sentimenti, convinta che ci sia una cospirazione degli affetti contro di lei, gestisce la sua nuova vita incolpando quella vecchia di ciò che non va in lei. Nella sua fragilità di donna inquieta, senza sapere come, inizia una corrispondenza surreale con un angelo, il suo angelo custode. Sono loro i registi di questa storia scritta a due mani da Massimo Gramellini e Chiara Gamberale: “Avrò cura di te”, un romanzo dalla soffice consistenza della preghiera e dell’ascolto che Giò e l’angelo portano avanti fra consigli e ricordi.

A dare il via a questa conversazione con Filèmone, così si firma il suo amico di penna astrale, è un biglietto della nonna paterna, figura importante nella figura della protagonista che vede in lei la perfezione dei sentimenti che si sono consolidati in un matrimonio duraturo. In questi scambi epistolari si dispiega la vita di Giò nelle sue imperfette quotidianità: dalla sua amicizia con Kiki (l’amica che trova un equilibrio d’amore nel tradimento) al suo rapporto difficile con i genitori, accusati da Giò di essere distanti da lei. E su tutti, il difficile epilogo del suo matrimonio con Leonardo e la convinzione di dover ricevere perdono prima di perdonare se stessi.

È un libro che si legge tutto d’un fiato, inseguendo i consigli di un angelo che intreccia la sua vita a quella di questa giovane donna alla ricerca di qualcosa che ha dentro di sé senza saperlo. La voce di Filèmone, gestita magistralmente da Granellini, ha il sapore delle cose sagge e antiche, ma non per questo vecchie: è la voce della coscienza, quella che spesso releghiamo nei luoghi più remoti perché scomoda e inopportuna. Abituati a incolpare il destino, la vita, dio delle nostre colpe non ci rendiamo conto, spesso, delle attese sciocche a cui ci abbandoniamo.

“Chi resta fermo ad aspettare che la vita gli restituisca ciò che gli ha tolto otterrà soltanto rancori mescolati a rimpianti.”

Il romanzo non ha la pretesa di mostrare vite perfette, di parlarci di scelte giuste o sentimenti eterni. Non porta il lettore a ricercare quegli idilli patinati d’oro che si ritrovano spesso nella letteratura o nei film: la vita, nelle sue pieghe imperfette, ha molto da insegnare e i due autori, attraverso una giovane donna come Giò vogliono solo mostrarci come, riuscendo a capire chi siamo davvero e cosa vogliamo, possiamo essere persone diverse, migliori a tratti. Solo così riusciremo a vedere la vita da un punto differente e godercela nella sua magnificenza.

Buona lettura.