“La quarta dimensione del tempo” di Ilaria Mainardi

“Dove si arriva e da dove si parte sono i soli punti da tenere sempre presenti per non sbandare durante il percorso”.

Lo sa bene James Murray, pubblicitario cinquantenne della “Grande Mela”, quando entra in possesso di una lettera che lo pone davanti al suo passato. Una vita lasciata dietro di sé senza troppi rimpianti e con essa Lucinda, sua madre. Una lettera, seppur vecchia di quasi tre decenni, è pur sempre un pezzo di carta, ma diventa un segno, un monito alla vigilia dei propri cinquant’anni. James, dunque, decide insieme all’amico Gavin, di riprendere le redini della propria storia da dove l’aveva lasciata. Nel Missouri ci sarà ad attenderlo solo il rimpianto o anche quella stessa rabbia che fuggendo via aveva sperato di dimenticare? E sua madre sarà il punto da mettere alla fine di questa lunga memoria dolorosa?

Questo romanzo è una fotografia carica di colori, si sfondi, di prospettive. Il lettore non legge la storia, ma la vede, la vive con naturalezza. Attraverso paesaggi assolati dove l’aria è impregnata di ricordi, o nelle affollate vie di New York, si respira l’aria americana che siamo abituati a vedere nei film, o a scorgere nei romanzi d’oltreoceano.

"La quarta dimensione del tempo" di Ilaria Mainardi

“La quarta dimensione del tempo” di Ilaria Mainardi

Ma anche così non c’è nulla di scontato nel lavoro di Ilaria MainardiLA QUARTA DIMENSIONE DEL TEMPO“, della casa editrice Les Flauners. È la realtà quella che impregna la carta, sono i colori di esistenze comuni a far capolino fra le righe. James Murray non è un eroe, non è perfetto, non ha una missione. È uno di noi, un uomo che cerca di andare avanti pensando che sia il solo modo di vivere; un uomo che ha dimenticato come il passato possa lasciare cicatrici invisibili sull’anima.

“James si era accorto, con l’inestimabile chiarezza di una patacca di caffè sulla camicia immacolata, che gli anni e i chilometri sono il più delle volte un simpatico palliativo rispetto a dolori percepiti come inaffrontabili e che forse, almeno in una fase della vita, lo sono stati davvero.”

La narrazione procede attraverso immagini nitide e quella dell’autrice è una voce fuori campo che accompagna lo spettatore mentre le scene del film si parano davanti. Lo stile è fluido e incalzante, mai fronzoloso, mai banale. Un continuo omaggio al cinema come cornice al ritorno a casa di James. Un viaggio che gli farà scoprire altre vite, altre storie sospese in un tempo che pensava non gli appartenesse più, come quella del giovane artista Pablo o della scoppiettante Clara.

La trama viene snocciolata con attenzione attraverso una scrittura originale, d’impatto. Ilaria Mainardi butta l’amo verso il lettore e lo tira lentamente a sé raccontando l’amicizia, come quella con Gavin, e l’amore, come quello per una donna che James ha creduto di non averlo mai compreso. Tutto questo scandito dalle lancette di un orologio che reclama le sue vittime attraverso la fretta, attraverso la memoria.

“Il tempo non ha soltanto la dimensione “Sbrigati, è tardi”. No, il tempo ha almeno altre due dimensioni altrettanto importanti, se non di più: “Sono sempre stato qui” e “Cazzo, non adesso”. […] Esisteva una quarta dimensione del tempo: “Ancora un attimo”.

Perché tutto quello che un uomo, anche quello che pensa di poterne fare a meno, cerca nel suo passato è avere il tempo per riconciliarsi con esso. E nelle attese che precedono le vere gioie, spesso, risiede l’amore più forte.

Buona lettura.

“Le cronache di Teseo” di Davide Bottiglieri

UN EROE.
IL MITO E LA LEGGENDA CHE PRENDONO VITA


“Finché il Fato non manifesta il suo volere,
il destino appartiene all’uomo”


Teseo, nato dall’amore fra Etra, figlia del re di Trezene, e il dio Poseidone, è il mitologico eroe destinato a regnare dopo Egeo, re di Atene. Un semidio la cui fama cresce insieme alle imprese a cui viene sottoposto per raggiungere i suoi obiettivi.

Teseo ed Etra - Laurent de La Hyre - 1635/1640

Teseo ed Etra – Laurent de La Hyre – 1635/1640

Dopo aver recuperato il sandalo e la spada del re, sotterrati in un luogo nascosto fino al giorno in cui il giovane potesse recuperarli e reclamare il trono, Teseo deve raggiungere la capitale ellenica.
Può farlo seguendo la via del mare, la più sicura, o quella di terra, dove tuttavia, molti pericoli sono di vedetta per ostacolare il suo cammino. La scelta di un eroe, però, non può mai essere quella più facile.
Da Perifete il licantropo a Sini il Golem, sfidando la Gigàt Fea e scontrandosi con Scirone il lievitano Teseo si fa strada verso il suo destino, usando la forza e l’intelligenza, ma anche i suoi poteri da stregone che, di volta in volta, gli conferiscono armi e magie delle divinità greche o di eroi del passato.
Molte sfide e tranelli attendono il giovane principe ateniese divenuto anche famoso per aver ucciso il mitico Minotauro, annidato nel labirinto dove nessuno era in grado si uscirne vivo.

4132geGjmfLLe cronache di Teseo” di Davide Bottiglieri, edito da Les Flaneurs Edizioni, raccoglie le imprese del mitico eroe greco restituendocele attraverso una chiave di lettura che si avvicina molto al fantasy.
Il Teseo di queste storie è uno stregone, abile nella magia che gli permette di vincere i mostri che incontra lungo il suo cammino. Un eroe molto vicino alle figure che i ragazzi seguono attraverso i cartoni animati, dotato di una spada e di incantesimi che attiva quando ne ha più bisogno. Un ragazzo protetto dagli dei, ma che si fa strada anche grazie alla sua voglia di annientare le presenze demoniache che infestano la sua Terra.

Bottiglieri ci restituisce uno dei miti più famosi della mitologia greca e lo fa rispettando le origini stesse della storia, attraverso uno stile accattivante che emula i cantastorie che, fino all’avvento dei libri e del cinema, intrattenevano la gente narrando degli eroi del passato.
Scegliere di riproporre vicende più che note è sempre un azzardo, sopratutto per chi si lascia tentare dal metterci del suo mentre prende vita la storia. Con Davide Bottiglieri non si corre, però questo rischio: le sue “Cronache” rendono il giusto omaggio al mito vero e proprio, senza che questo ne risulti modificato o alterato.

Teseo, insieme a Ercole, Perseo, Giasone e a Ulisse, fa parte di un ciclo di avventure che da sempre affascina l’uomo. Un eroe, spesso un semidio, che deve sconfiggere un destino avverso, o deve realizzare un cammino già previsto dagli oracoli; un uomo spesso dotato di ingegno, aiutato dagli dei, provvisto di astuzia e nobile coraggio. Un esempio per i contemporanei, un mito per i posteri.

In una società dove le divinità erano capricciose creature troppo simili ai loro imperfetti figli mortali, le figure come Teseo erano un baluardo di luce nelle tenebre dell’inciviltà, dove a regnare forse non erano solo i mostri scaturiti da Echidna.
Gli eroi erano spesso chiamati a risolvere questioni terrene, frutto dell’avidità o della stoltezza umana, dimostrando che un vero eroe è colui che sa anche arrendersi, oltre che vincere.

Astuzia e forza sono le armi di un valoroso paladino, ma spesso è la volontà e la saggezza che guidano i passi di chi è stato designato dagli dei

A tale proposito è molto significativo un capitolo del romanzo che vede Teseo affrontare ancora una volta un ostacolo nel suo viaggio verso Atene.

Quando, infatti, cade nel tranello di Procuste (che dà ospitalità ai viandanti, condannandoli a un sonno di incubi senza risveglio) l’eroe dovrà fare i conti contro le sue paure più nascoste, fino a sfidare se stesso in una lotta impari dove tuttavia c’è una lezione da imparare:

“la grandezza sta nel saper prendere la decisione giusta. Un grande uomo può anche non essere un uomo grande. Un grande uomo fa la cosa giusta.”

Un eroe, dopotutto, è colui che sacrifica se stesso per un bene maggiore.

Buona lettura.

“Il Maestro dei morti” di Yannick Roch

“Scopri i trucchi dell’illusionista e la magia non esiste più.”
(Richard Bach)


Nella Parigi degli anni trenta lo studio investigativo di Renard e Tortue si prepara a indagare sulla scomparsa di Géraldine Lathune, moglie del famoso editore parigino. Una signora dalle idee liberali, che sembra interessata alla vita notturna della capitale e ritenuta stravagante rispetto alla rigida esistenza conservatrice del marito. Eppure Géraldine sente attorno a sé una gabbia, forse dorata, ma le cui sbarre la soffocano.

“Sono invisibile. Fantasma in questo
castello dove nessuno ode le mie grida e dove le mie lacrime sono dello stesso colore dell’aria. Il re e i principini non mi vedono perché non capiscono chi io sia: credono di vedermi, credono.”

Durante le ricerche i due investigatori scoprono, infatti, che per le vie parigine un evento ha catturato l’attenzione di molti: è lo spettacolo di Larnac, il Maestro dei morti, un illusionista che intrattiene il suo pubblico tramite le arti occulte. Può la scomparsa di Geraldine essere collegata a questo misterioso evento a cui si partecipa solo se si risolvono degli enigmi?

E quale filo collega un annoiata signora dell’alta borghesia alle scomparse nei bassifondi della capitale?

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“Il Maestro dei morti” di Yannick Roch

Il Maestro dei morti” di Yannick Roch (Les Flâneurs Edizioni) ci restituisce l’immagine di una Parigi superba a cavallo tra le due Guerre Mondiali. Una città dove il bene e l’occulto si sfidano reclamando adepti e rendendo l’illusione molto simile alla realtà.
Una scrittura schietta quella di Roch che fa calare il lettore nelle rue parigine per assistere i due investigatori sulle tracce del fatiscente Maestro dei morti. Chi si cela dietro all’individuo che sembra aver destato gli annoiati abitanti della borghesia perbenista di Parigi?

Un giallo, ma anche l’istantanea di una città capace di ammaliare e celare, che mette in evidenza come l’animo umano possieda sfaccettature che nemmeno il lusso può soddisfare.

“La storia ci insegna che quando qualcuno si annoia, è spinto ad agire nel modo sbagliato, pensando di attirare l’attenzione su di sé o di voler infrangere quelle regole, sociali o religiose che siano, che sembrano limitare la propria libertà”

Una fotografia di una città del passato, una ricostruzione che ci restituisce la bella capitale francese prima del secondo conflitto mondiale; una scrittura dettagliata degli usi e costumi che attingevano ancora i propri tentacoli alla superba e vicina Belle Époque.
Le ombre, tuttavia, sono le stesse che si annidano nei cuori della gente anche oggi. Perché nessuno sembra soddisfatto di ciò che ha: una mera illusione che da sempre seduce l’uomo, facendogli scordare il fascino del bene.

Recensione “Omicidi in si minore” di Davide Bottiglieri

Cosa attanaglia l’anima di una persona? Il dolore, l’amore o la perdita?


“La paura è un grido, il terrore è un sussurro.”(Anonimo)

Anche l’ispettore Ljudevit Alecsandri è diventato un sussurro in bocca di chi vede in lui un’entità del maligno, un essere superiore dotato dell’ingegno di scovare il male per punirlo. E’ lui il protagonista delle pagine di “Omicidi in si minore” di Davide Bottiglieri, edito per Les Flâneurs Edizioni.

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“Omicidi in si minore” di Davide Bottiglieri

Siamo nel cuore della Transilvania, alle fine del diciottesimo secolo.
Cluj è una cittadina imperversata da strani omicidi che non hanno nulla di consueto, che sembrano voler essere una sfida per il giovane ispettore Alecsandri, abile agente del Plotone, corpo scelto di polizia. Un’ombra nera, un fantasma che semina la morte lasciando indizi, beffeggiando chi lo insegue, preparandosi a colpire ancora.
Un susseguirsi di eventi e di equivoci sembrano designare il Male in persona come l’artefice della scia di sangue che mette in subbuglio una città che pone le sue fondamenta fra occulto e religione.
Personaggi dalle personalità forti, capaci di influenzare e districare i fili della matassa che ruotano intorno agli eventi, come la bella Helena o come Edward Gordon Wordswarth.

“Non è forse la verità una bugia perfetta?”

Basterà il senso di giustizia dell’ispettore Alecsandri per tenere a bada la parte nera della sua stessa anima, la parte brutale che graffia per emergere e inseguire a sua volta il colpevole? E chi si cela dietro al terrore che danza intorno al male?

Questo romanzo è stata una piacevole sorpresa, una lettura capace di catturare fin dalle prime pagine. Lo stile dell’autore è incalzante, mai pesante, sempre coinvolgente.
La trama è ben architettata, non lascia scampo, ti prende e ti imbroglia per mostrarti alla fine lo spiraglio della verità, quando ormai è troppo tardi.
Le pagine di questo libro sono il frutto di un lavoro certosino, di un’abilità di fotografare un’epoca lontana come se il lettore potesse davvero vedere tutto quanto. A tratti si ha l’impressione di contemplare un quadro dai colori cupi, dall’atmosfera sferzata dal vento gelido dell’inverno in cui avvengono i fatti.

L’autore lascia indizi, illude chi legge di poter seguire la scia di elementi che il suo protagonista raccoglie pagina dopo pagina. Le Sacre Scritture infervorano il protagonista, la musica scandisce il ritmo della storia stessa, la sua evoluzione, il suo dispiego.

E’ davvero un bel libro, che dimostra l’abilità dell’autore nel creare una storia valida, credibile, forte. Si mostra la fragile anima umana alle prese con la paura, con la perdita, con il terrore.
Lasciatevi guidare dalle note di un romanzo fresco, ma maturo, fermandovi sull’orlo di quell’abisso su cui è in bilico il protagonista ma che riguarda tutto il genere umano: la sua lotta fra ciò che è giusto e ciò che è lecito, fra perdizione e salvezza.
Buona lettura.

 

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

∼TANTE STORIE, UN UN UNICO FILO CONDUTTORE∼


Era solo una questione di tempo: questo, almeno, pensavano allora, perché in fondo non si sa mai quando è troppo tardi fino a quando non lo è realmente.

 

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” cantava anni fa Venditti, descrivendo benissimo quelle storie complicate che afferrano l’anima di chi le sta vivendo.

Storie nelle storie, vite che si intrecciano nel flusso di sentimenti che completano e allontanano. La ricerca di se stessi nel vano tentativo di capire gli altri e tenerli legati alle nostre egoistiche emozioni.

"Le ragazze stanno bene" di Davide Simeone

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone (Les Flâneurs Edizioni) è tutto questo e molto di più. Sono tante esperienze di vita apparentemente isolate, quasi come la sensazione di quei burattini che pensano di calcare da soli le scene dei piccoli teatrini, per scoprire poi alla fine che c’è qualcuno che muove i fili di tutti.

L’amore come pretesto per dispiegare le anime in cerca di un punto di contatto. Uomini e donne, amanti, fidanzati, sconosciuti che si inseguono e si allontanano.
Così conosciamo Danilo e Clara, amanti  che si rincorrono per saziare quella fame che solo la passione, il senso si appartenenza, scatena dentro le persone. Una passione che, però, non mette radici perché ha scavato un baratro che attira sempre più in giù. Poi ci sono uomini come Paolo, alla ricerca di appagamenti fugaci come Veronica, anche lei pronta ad annullarsi fra le braccia di sconosciuti pur di dimenticare i capricciosi scherzi del destino. Dalila, invece, crede che l’amore non debba avere distrazioni, mentre Giulia si perde dietro ai clichè mediatici dell’apparire a discapito dell’essere.

L’amore regna sovrano fra queste pagine, ma nulla a che vedere con il roseo sentimento che i bambini disegnano con i cuoricini colorati e i romantici si figurano con il solito lieto fine.Qui l’amore è soluzione, ma anche problema, è ricerca, ma anche meta. Le storie delle coppie che qui si susseguono ci mostrano esseri umani affamati di quelle stesse briciole di imperfezione che la vita ci regala spacciandole per caramelle.

Il giovane autore (giovane solo all’anagrafe, perché conta già diverse pubblicazioni alle spalle) ci mostra la fragilità dell’egoismo contrapposto alla ricerca, sempre eterna e sempre senza soluzione, dell’amore come pretesto per sopravvivere e per tenere legati a noi gli altri.

Ogni storia ha sempre un passato e un futuro, ma è viverla nel presente la cosa più difficile.

Il lettore esplora le vitte qui descritte intuendo come spesso i legami siano semplici solo all’apparenza. In un cerchio dove tutto ritorna per avere completezza ci si rende conto come le coincidenze sono spesso più beffarde che benigne e che non può mai mettere la parola fine se il famoso cerchio non si è chiuso.

Nessuna falsa morale in questi stralci di vita perché Simeone ribadisce il concetto che “non ci sono sante, non ci sono puttane“, ma cambia solo la prospettiva, si decide solo da qualche angolazione osservare le cose che ci appartengono.

Sono solo le scelte personali a renderci ciò che siamo, perché la vita non prevede istruzioni o regole. Sappiamo sempre ciò che vogliamo, se ci fermiamo a riflettere: “come quando lanciamo una moneta solo per darci l’illusione di poter fare una scelta”.