“Un ragazzo normale” di Lorenzo Marone

 Eroi, sogni e una Napoli che incanta ancora.


“Su questa terra di eroi nun ce ne stanno, ce sta chi ogni tanto ga ‘na cosa bona e poi torna a essere uno qualunque, comme a tutti quanti”

Mimì è ossessionato dai supereroi. Ha dodici anni, è un ragazzino che legge tanto e parla come un libro stampato e nella sua stranezza sa che l’umanità ha bisogno di eroi.
Un ragazzo normale” di Lorenzo Marone ci fa fare un tuffo nel passato, quella scandito dalla musica di Vasco Rossi e dai giochi per strada.

"Un ragazzo normale" di Lorenzo Marone

“Un ragazzo normale” di Lorenzo Marone

Siamo nella bella Napoli degli anni ottanta, più precisamente in quella del 1985 ed è proprio Mimì adulto che ci racconta di quella estate quasi magica, a rincorrere non solo un pallone insieme all’amico Sasà, ma anche a cercare di conquistare l’amore di Viola e l’amicizia di Giancarlo. Proprio quest’ultimo è per il giovane protagonista un vero eroe, anche se non usa i raggi laser e non sa volare: Giancarlo è infatti un giovanissimo giornalista locale che parla di cose “che non si devono sapere”.

Raccontando di sé, di una famiglia normale, di genitori, sorella e nonni come tanti seppur speciali, Mimì ci apre le porte della sua adolescenza e quella di una città, Napoli, che spesso viene ricordata solo per le cose brutte. Intreccia la sua storia con quella di un personaggio davvero esistito, Giancarlo Siani (Napoli, 19 settembre 1959- Napoli, 23 settembre 1985) ucciso dalla camorra per alcuni suoi articoli scomodi. Per Mimì è lui l’eroe da imitare, è quello di Giancarlo il vero coraggio da emulare.220px-GiancarloSiani

Le storie di Lorenzo Marone hanno il dono di aprire la mente e il cuore nello stesso momento. Le parole di questa storia hanno la magia del suono di un flauto che incanta e ti porta dentro un mondo che non ha conosciuto ma ti appartiene. Quelle di Mimì sono le gesta di qualsiasi adolescente alle prese con la scoperta di sé e degli altri, anche se a suo modo è un piccolo ometto speciale. Perché Mimì ama le parole, ama leggere, ama distinguersi in una società che spesso risulta arrendevole solo perché non ha potuto aspirare a molto altro.

In questa pagine il lettore scopre una bella città spesso maltrattata dai pregiudizi e ti fa sentire a casa anche se non l’hai mai vista perché “Napoli non è solo camorra e che, anzi, la maggior parte della gente vive di un lavoro onesto”.
Una storia che permette di scavare dentro di noi, dove l’amore cede spesso il passo al dolore e alla rinuncia che diventano compagni fedeli di vite che potevano aspirare a qualcosa di diverso.

“Ho sentito dire che i dolori ti restano sul volto e ti rubano il sorriso, invece io credo che siano molto più riconoscibili le rinunce. Sono loro a deformare i lineamenti, spesso a incattivirli, loro a prendersi un pezzetto di pelle ogni volta”.

Marone trova sempre il modo di emozionarmi, a prescindere se affida le parole a Cesare, Luce o a Mimì. Le sue storie sanno di familiare, di intimo e speciale tutt’assieme e ti sembra di ascoltare raccontare le vicende di amici lontani. O almeno, è quello che avviene dentro di me.
Molti di noi rincorrono degli ideale, a prescindere se indossano una maschera o sfidano le ingiustizie della vita. Il messaggio dell’autore è chiaro, su questo punto: siamo circondati di eroi normali che posso davvero ispirarci se siamo attenti ad accorgerci di loro. E basta poco per rendere immortali questi uomini comuni che spesso sacrificano la loro vita pe rnoi: basta non scordarsi mai di loro.

Marone sa parlare di tutti noi che siamo “ragazzi normali”, ma lo fa con uno stile unico che permette a chiunque di sentirsi, nel suo piccolo mondo, un eroe.

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

∼TANTE STORIE, UN UN UNICO FILO CONDUTTORE∼


Era solo una questione di tempo: questo, almeno, pensavano allora, perché in fondo non si sa mai quando è troppo tardi fino a quando non lo è realmente.

 

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” cantava anni fa Venditti, descrivendo benissimo quelle storie complicate che afferrano l’anima di chi le sta vivendo.

Storie nelle storie, vite che si intrecciano nel flusso di sentimenti che completano e allontanano. La ricerca di se stessi nel vano tentativo di capire gli altri e tenerli legati alle nostre egoistiche emozioni.

"Le ragazze stanno bene" di Davide Simeone

“Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone

Le ragazze stanno bene” di Davide Simeone (Les Flâneurs Edizioni) è tutto questo e molto di più. Sono tante esperienze di vita apparentemente isolate, quasi come la sensazione di quei burattini che pensano di calcare da soli le scene dei piccoli teatrini, per scoprire poi alla fine che c’è qualcuno che muove i fili di tutti.

L’amore come pretesto per dispiegare le anime in cerca di un punto di contatto. Uomini e donne, amanti, fidanzati, sconosciuti che si inseguono e si allontanano.
Così conosciamo Danilo e Clara, amanti  che si rincorrono per saziare quella fame che solo la passione, il senso si appartenenza, scatena dentro le persone. Una passione che, però, non mette radici perché ha scavato un baratro che attira sempre più in giù. Poi ci sono uomini come Paolo, alla ricerca di appagamenti fugaci come Veronica, anche lei pronta ad annullarsi fra le braccia di sconosciuti pur di dimenticare i capricciosi scherzi del destino. Dalila, invece, crede che l’amore non debba avere distrazioni, mentre Giulia si perde dietro ai clichè mediatici dell’apparire a discapito dell’essere.

L’amore regna sovrano fra queste pagine, ma nulla a che vedere con il roseo sentimento che i bambini disegnano con i cuoricini colorati e i romantici si figurano con il solito lieto fine.Qui l’amore è soluzione, ma anche problema, è ricerca, ma anche meta. Le storie delle coppie che qui si susseguono ci mostrano esseri umani affamati di quelle stesse briciole di imperfezione che la vita ci regala spacciandole per caramelle.

Il giovane autore (giovane solo all’anagrafe, perché conta già diverse pubblicazioni alle spalle) ci mostra la fragilità dell’egoismo contrapposto alla ricerca, sempre eterna e sempre senza soluzione, dell’amore come pretesto per sopravvivere e per tenere legati a noi gli altri.

Ogni storia ha sempre un passato e un futuro, ma è viverla nel presente la cosa più difficile.

Il lettore esplora le vitte qui descritte intuendo come spesso i legami siano semplici solo all’apparenza. In un cerchio dove tutto ritorna per avere completezza ci si rende conto come le coincidenze sono spesso più beffarde che benigne e che non può mai mettere la parola fine se il famoso cerchio non si è chiuso.

Nessuna falsa morale in questi stralci di vita perché Simeone ribadisce il concetto che “non ci sono sante, non ci sono puttane“, ma cambia solo la prospettiva, si decide solo da qualche angolazione osservare le cose che ci appartengono.

Sono solo le scelte personali a renderci ciò che siamo, perché la vita non prevede istruzioni o regole. Sappiamo sempre ciò che vogliamo, se ci fermiamo a riflettere: “come quando lanciamo una moneta solo per darci l’illusione di poter fare una scelta”.

“Figlie di una nuova era” di Carmen Korn

UNA NUOVA GENERAZIONE CHE SI PREPARA AD AFFRONTARE UNO DEI MALI DEL SECOLO SCORSO: IL NAZISMO.


La morte poi metteva tutto sotto una luce diversa, regalava la preziosa libertà di chiamare le cose con il loro nome.


Tante storie in un lavoro corale dove si racconta la vita. Quella di Henny, Kathe, Rudi, Unger, Anna, Ida. Alcuni dei protagonisti, cioè, di “Figlie di una nuova era” di Carmen Korn, edito Fazi Editore.

Siamo in Germania, Amburgo. La società tedesca si lecca le ferite ricevute, insieme alle umiliazioni, dall’ultimo conflitto.51ugZBevLEL._SX320_BO1,204,203,200_
Il titolo riassume già molto bene le caratteristiche della storia, quella di una nuova generazione, quella a cavallo tra le due guerre mondiali, che affrontano la vita con idee nuove, e spesso innovative, rispetto al passato. Storie individuali fatte di sogni, progetti e speranze. Henny, per esempio, in cerca di qualche emozione e motivata a essere una buona ostetrica, ma che si ritrova a vivere relazioni non previste e spesso non giuste per lei; Kathe, filo comunista in una Germania che sta avviandosi verso il nazismo di Hitler, sempre battagliera, che divide la sua ideologia con il fidanzato Rudi, appassionato di poesia. Poi c’è Ida, ricca e viziata, ma alla disperata ricerca di un amore che non trova nel suo matrimonio forzato. Il dottor Unger, invece, perde forse a causa di un bicchierino di troppo l’opportunità di conquistare qualcuno a cui tiene. Storie spesso semplici, di vita quotidiana, ma con un filo conduttore che le rende un coro. Un racconto collettivo di una Germania che accoglie il nuovo credo politico per riscattarsi dalla Prima Guerra Mondiale, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.

Attraverso i protagonisti il lettore affronta gli anni dal 1921 al 1948 immergendosi nella realtà tedesca della propaganda antisemita, dell’amore perseguitato nelle forme ritenute non lecite, nella contestazione politica che porta solo morte. Uno scenario che i libri di scuola ci hanno reso ahimè familiare, ma che la Korn mette a disposizione nell’intimità di storie semplici. Si apre una finestra su Amburgo, sui suoi negozi, su persone che la finzione ha voluto riesumare per mostrarci uno spaccato di vita lontano e diverso dal nostro.

Ho apprezzato molto questo romanzo: la copertina da tempo aveva attirato la mia attenzione e la storia non ha deluso la mia aspettativa. Mi è piaciuto leggere le diverse vite attraverso i diversi punti di vista affidati ai personaggi. Questa scelta ha reso Rudi, Anna, Henny e gli altri amici intimi, mi ha permesso di sbirciare nella loro anima e nei loro pensieri.

Consiglio questo lavoro a tutti, soprattutto a chi vorrebbe approfondire la società dell’epoca senza sentire totalmente il peso della Storia. Quella con la s maiuscola, quella che nemmeno un romanzo deve farci dimenticare.

 

Recensione “Volevo essere una gatta morta” di Chiara Moscardelli

Avete presente Bridget Jones, pasticciona ma capace di avere un happy ending? O le strafighe protagoniste di Sex and the city, sempre impegnate in avventure amorose? Bene, ora che sapete di cosa parlo metteteli da parte, perché Chiara, la voce narrante di questo libro, nonché protagonista, è tutt’altra cosa.

"Volevo essere una gatta morta"

“Volevo essere una gatta morta”

Volevo essere una gatta morta” di Chiara Moscardelli non è un semplice romanzo divertente che racconta qualcosa di irreale: è una sorta di manuale per sopravvivere nella giungla delle scelte sbagliate che si fanno nella vita. Soprattutto in quella sentimentale. Passo dopo passo, raccontando di sé e mettendo a nudo una vita imperfetta ma vera, l’autrice stila una serie di nozioni che hanno fatto sì che il mondo femminile si divida in “gatte morte” e tutto il resto. E Chiara, con la sua ricerca del principe azzurro, fa parte del secondo gruppo.

Nei miei sogni c’era sempre il lieto fine, altrimenti che razza di sogni sarebbe stato?”

Alla lunga, però, le aspettative lasciano il posto alle delusioni, soprattutto quando molte di noi diventano le amiche dei ragazzi che si vorrebbe conquistare e tu, ma in modo particolare Chiara, ti domandi il perché. Cosa si sbaglia nell’approcciarsi agli altri? Cosa si dovrebbe fare per non essere sì simpatica ma nemmeno presa in considerazione per una storia seria? Chiara Moscardelli cerca di dare la sua interpretazione partendo da un’operazione in ospedale: la frase “Perché gatta morta si nasce, non si diventa” riassume molto bene il suo pensiero.

Lei ne è sicura: è stata la sua smania di essere sempre attenta all’uomo di turno, di non apparire pesante o con aspettative che l’ha fregata. Mentre, dall’altra parte, molte donne –le famose gatte morte- hanno un’altra strategia. La gatta morta, rivela l’autrice, è una sorta di donnina dell’ottocento piena di riservatezza, quasi troppo moralista e che fa la misteriosa. Niente a che vedere con la Chiara del romanzo, alle prese con una vita che le va stretta in tutti sensi.

“Volevo essere una gatta morta” è un libro che si legge con il sorriso sulle labbra. Pagina dopo pagina non puoi che sentirti come uno dei tanti amici della protagonista alle prese con avventure quotidiane al limite del vero. Ho sorriso, ho riso, ho annuito felice mentre lo leggevo, dicendomi che questa Chiara Moscardelli ha scoperto il vero Graal per tutte noi che gatte morte non ci siamo nate. È una sorta di balsamo per chi la Natura si è dimenticato di valorizzare con doni estetici degni di questo nome, ma comunque va avanti e non perché, dopotutto, “è bello dentro” : l’autrice sfata anche quest’ancora di salvezza di  molte donne meno belle.

Dovremmo invece tutti capire, specialmente le donne, che rincorrere la perfezione non appaga sempre il nostro cuore e che, come dice la bravissima Moscardelli, “quello che non abbiamo riesce sempre a rovinare quello che abbiamo.”

“La ragazza della palude” di Delia Owens

UNA RAGAZZA. UNA PALUDE. E UNA VITA DI SOLITUDINE E SCOPERTA.

UN OMICIDIO E I PREGIUDIZI DI UNA COMUNITA’


Kya ha sei anni quando sua madre scappa di casa, lasciando un marito violento e cinque figli a se stessi. Un abbandono che segnerà la sua giovane vita vissuta in un ambiente dai più ritenuto inospitale: la palude.

LA RAGAZZA DELLA PALUDE” di Delia Owen, edito dalla Casa Editrice Solferino, racconta lo straordinario riscatto di una ragazza emarginata e abbandonata.

"La ragazza della palude" di Delia Owens

“La ragazza della palude” di Delia Owens

Kya, infatti, vive in una sorta di simbiosi con la palude che lei vede con occhi diversi e che la porta a conoscere le creature faunistiche e floreali uniche nel loro genere. Una passione che le farà conoscere Tate, una figura-guida molto importante nella sua vita.

Un micromondo quello di Kya Clark lontano da una società, quella di Barkley Cove, che si lascia alle spalle il secondo conflitto mondiale e si protende verso il boom economico.
Ma è anche una comunità che, sconvolta, ritrova un giorno il cadavere di Chase Andrews, figlio perfetto e amico di tutti.

 Ma cosa c’entra Kya con la sua morte? Quali fili uniscono la sua storia fatta di solitudine con quella del giovane ucciso che invece brillava di luce propria?

“La ragazza della palude” è uno di quei lavori che ti catturano piano piano, ti guidano verso mondi lontani dal tuo per mostrarti l’altra faccia della vita, quella fatta di emarginati come la protagonista o come discriminati, come Jumpin e sua moglie Marbel.

Una vita solitaria, quella di Kya, respinta da tutti nonostante in lei cresca prepotente quel bisogno umano che abbiamo tutti di essere amati ed essere circondati dai nostri simili.
Un’esistenza solitaria non voluta bensì solo accettata, contro i pregiudizi e le cattiverie.

“Quanto si è disposti a dare per combattere la solitudine?”

Quello di Delia Owens è un lavoro che esplora l’animo umano un po’ come Kya fa con la sua palude. Emerge la figura di una ragazza fragile, attenta e sola; una creatura che accetta le briciole di un’attenzione collettiva che la società le nega perché diversa, perché strana. Appare quasi scontato questo clima di diffidenza se si pensa al contesto storico del libro. Negli anni ’60 del secolo scorso anche solo il colore della pelle era motivo di discriminazione.

Questo romanzo, però, racchiude molto di più di quello che in apparenza ci mostra. Emerge una realtà dolce e malinconica, inframmezzata dalla poesia che Kya stessa compone.
Allo stesso tempo, però, si snoda una storia fatta da diverse verità nascoste oltre la vegetazione di un palude.

Ma sopratutto dietro ai segreti di un cuore che ha conosciuto anche il dolore.

“Non è mai troppo presto per amare” di Eugenio Nascimbeni

Amore e il tempo come amanti e nemici

I ricordi hanno il potere di farci rivivere profumi, sensazioni e sapori persi nelle pieghe del passato. Una sorta di macchina del tempo carica di nostalgia per ciò che non potremo avere più, ma che ci riscalda il cuore quando ci lasciamo travolgere dalla memoria.

"Non è mai troppo presto per amare" di Eugenio Nascimbeni

“Non è mai troppo presto per amare” di Eugenio Nascimbeni

Ed è la memoria il filo conduttore del romanzo di Eugenio Nascimbeni,Non è mai troppo presto per amare“, edito per Amarganta Editore.

E’ Fabio, il protagonista, a raccontarci l’estate dei suoi dodici anni quando scoprì come il suo mondo milanese fatto di calcio, amici e ghiaccioli, poteva essere incompleto senza l’amore, proprio lui che a certe cose non ci pensava proprio.

Per me esistevano solo i maschi, con
cui giocare a pallone o con
le cerbottane, compagni di avventura in bicicletta.
Le sole femminucce che frequentavo erano
le compagne di scuola e nessuna di loro mi aveva mai fatto battere il cuore, macché
!”

Ma l’amore è un grande tiranno che s’impone quando è giunto il momento, senza preoccuparsi se crediamo di essere pronti o meno.

“Per l’amore non è mai troppo presto, né troppo tardi.”

Assieme a Fabio anche noi facciamo un salto nel passato e si ha quasi la sensazione di poter sentire la musica che i jukebok diffondevano nei bar, di poter rivivere la felicità di collezionare figurine di calciatori famose o esultare se si para il gol nella sfida di quartiere. Sono emozioni semplici, quasi banali per chi non le vive di persona, ma che rappresentano quel bagaglio di emozioni che ci hanno reso quelli che siamo oggi.
Un mondo che da adulti quasi dimentichiamo, pur avendolo vissuto intensamente, perché

“… da ragazzi ci si sente forti, sicuri, invincibili,
e i cieli della vita non sono mai solcati dalle nuvole.

Quell’estate, però, durante le vacanze nella campagna di Pesaro, Fabio capì che l’amore “move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII). Un sentimento puro, innocente che a tutti ha fatto battere il cuore, vuoi per la gioia, vuoi per le pene inflitte e che nel suo caso portava il nome di Lea. Un turbinio di emozioni sconosciute che caratterizzeranno la sua esistenza tanto a portarlo proprio a quel momento dove tutto cambiò.
E allora si capisce che la memoria va coltivata come fosse un raro fiore dai petali preziosi perché indietro non si può tornare che con essa.

E’ un romanzo pieno di emozioni, che pulsa di ricordi che, come cartoline, ci rammentano l’adolescenza spensierata di chi sa di avere tutta la vita davanti. La voce di Fabio ha il potere di dipingere il passato dolce e melanconico, perché purtroppo nulla dura per sempre e l’uomo non può dirigere i propri passi verso una sorte diversa. Lo sa bene il protagonista quando dice: “Ah, se solo esistesse il modo per far tornare indietro le lancette del tempo!”
Noi non abbiamo questo potere, ma Eugenio Nascimbeni, con la sua scrittura fluida di chi ha fatto incetta di ricordi, sì e ci ha regalato questo romanzo dal sapore dolce-amaro delle cose belle e perdute.

“Un giorno perfetto” di Melania G. Mazzucco

Un giorno, ventiquattro ore, tante storie che racchiudono vite fragili.

 9788806233587_0_221_0_75Aris, detto Zero, vuole sovvertire una società che non apprezza.
Maja vorrebbe capire dove ha sbagliato nella sua vita nonostante sembra non mancarle nulla.
Poi c’è Emma, alle prese con un matrimonio fallito che sembra portare Valentina, la sua primogenita, a odiarla.
Saha, invece, vorrebbe solo non sentirsi fuori posto e capire se sta perdendo tempo con il suo amante. Infine, Antonio, che vorrebbe indietro Emma e il possesso che esercitava su di lei.

Questo romanzo non racconta solo una storia, ma tante. I personaggi della Mazzucco vivono una giornata “perfetta” solo nel titolo molto evocativo. Le loro, in realtà, sono esistenze difficili dove spesso le apparenze dettano la vera essenza dei sentimenti.

“Un giorno perfetto” di Melania G. Mazzucco racconta la vita di alcuni personaggi che vivono a Roma. Una città grandiosa anche nella quotidianità delle vite descritte, nelle piccole feste, nelle piccole paure di persone con delle vite normali. Esiste anche il film del 2008 perdownload (2) la regia di Ferzan Özpetek.

L’autrice (che io conoscevo e ho molto apprezzato per il libro “La lunga attesa dell’angelo, dove racconta la vita del pittore Tintoretto) download (1)qui si destreggia con personaggi che si muovo all’interno delle ventiquattro ore di un giorno qualunque a Roma.
Ogni capitolo permette al lettore di sbirciare persone con esistenze solo apparentemente distaccate, ma che in realtà sembrano unite dal filo rosso di una città che assiste in silenzio alle loro pene e alle loro palpitazioni.

La Mazzucco snocciola ricordi, speranze e presente con molta attenzione per i particolari, facendo passare il tempo, inchiodandolo ad azioni e gesti di ogni vita qui racchiusa. Una giornata che appare interminabile o quasi magica a seconda che si stia parlando del problematico agente di polizia Antonio o del piccolo e insicuro Kevin.
Si mettono a nudo le debolezze che ogni personaggio cerca di celare per poter andare avanti, una vana speranza che tutti nutrono per sopravvivere in un mondo dove le convenzioni hanno più importanza dei sentimenti.

La perfezione del titolo sembra quasi una burla che ci mette davanti la vita spiccia di tutti i giorni. Un romanzo che parla di gente semplice, che potremmo essere noi; racconta di sogni e speranze che tutti coltivano e spesso devono mettere da parte.
Uno spaccato di vita vera, cruda a tratti, ma sempre molto intensa. Che mette tutto in discussione perché nulla è eterno. Nemmeno l’amore.