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Il posto delle fragole di luglio: ricordi tra passato e presente.

Qualche giorno fa mi sono “imbarcato” per un viaggio che non rientrava nei miei programmi. In realtà non era nemmeno un viaggio, almeno da principio.
“Domani devo andare a fare un servizio, mi accompagni?”
“Sì va bene!” avevo risposto, nella maniera più normale o distratta in un certo senso, senza darci troppo peso insomma. Venne quel giorno, l’itinerario era breve in termini di chilometri, l’auto faceva rotta verso la zona marittima con i suoi porticcioli, il suo lungomare e le barche ormeggiate placide nella calura e nella calma di un pomeriggio di fine luglio. Quale occasione migliore per passare in quelle zone della città che uno in genere non frequenta mai, così lontane da quelle in cui si svolgono le nostre routine e nelle quali si consumano i nostri piccoli “drammi quotidiani”. Squarci e scorci di una città sconosciuta dove siamo più turisti che cittadini, ci guardiamo intorno curiosi cercando di recuperare nella memoria qualche brandello che ci ricolleghi a quella dimensione. Lì iniziò il vero viaggio. Nell’abitacolo arroventato, e complice una città intorpidita dal caldo e già abbandonata da alcune frotte di vacanzieri, la memoria si sovrappose come un velo candido ricoprendo quella distesa di asfalto a tratti malconcio e quei palazzi, ora grigi e datati, ora signorili e tirati a lustro. Le strade delle zone “bene” della città sfilavano davanti a noi e così gli svariati ricordi e racconti di epoche sconosciute e passate. Lì, in quel palazzone imponente che si staglia contro il blu delle profondità marine a ridosso del Golfo abitava un vecchio amico in un tempo in cui la città doveva essere così profondamente diversa, tanto da poter assaporare ancora nell’aria l’odore salmastro del mare che si mischiava a quello della gioventù spensierata d’altri tempi. Memorie mai vissute di ragazzi che scorrazzavano per la città e che si radunavano nelle piazze per combattere la noia delle quattro mura domestiche, che si avventuravano tra quelle vie per ingannare il tempo durante quelle lunghe giornate. Poi una serie di curve che costeggiano il paesaggio marino dall’alto e dietro di esse un altro ricordo che tende il suo agguato alla memoria. Ricordi di giovinezza, di passioni vissute con ardore, di sentimenti sbocciati che seminano effluvi dolci nell’aria. Proseguendo si giunge verso l’età adulta, il coronamento di un sogno, il sommo sacramento, il giuramento eterno che porta verso il cammino impervio disseminato di ostacoli, come una strada che comincia ad essere dissestata, piena di crepe fino a sparire in una nube polverosa che esclude ogni cosa alla vista. Persi!

Si ritorna al presente e alle villette di colore chiaro con i loro cancelli dalle punte aguzze che infilzano il manto azzurro del cielo senza una nuvola. Cambiano i volti delle persone a seconda dei quartieri, cambiano i vestiti, cambiano le persone stesse e le scenografie sullo sfondo delle quali recitano la propria esistenza. Ancora lo squarcio del mare che mescola i ricordi, i miei e i tuoi, passato remoto e passato prossimo confluiscono. Il mare scuro come pece delle prime sere insieme, sempre questo mare testimone di ogni storia presente, passata e forse futura, il dolce sapore delle prime scoperte, dei primi desideri, posso ben immaginare come doveva essere anche per te, magari è stato uguale come qualcosa senza tempo. Risalendo sempre più su e addentrandosi nel cuore della città il mare piano piano si allontana, si oscura coperto dai palazzi, dalle auto, dalla vita frenetica cittadina. L’auto si insinua in una giungla di palazzi e di cemento, balconi a ridosso di finestre, oppressione, luoghi che non conoscono calore e luce, se non quella artificiale delle insegne al neon. E’ tutta una massa informe di vita e scarichi di vetture nella quale si insinuano sporadici e lontani ricordi di fanciullezza sotto il tetto natìo che ora sembra un tetto straniero così lontano e perso nel tempo. I luoghi diventano via via più familiari e i ricordi si stratificano e si affollano; lì c’era quella trattoria con i tavoli apparecchiati alla buona, con le sue tovaglie  di carta a quadroni rossi e i bicchieri spaiati, dove potevi assaporare i piatti della cucina delle nonne, poco più avanti i teatri dove si svolgevano quegli incontri serali con gli amici. Verso il termine del “viaggio” il passato confluisce sempre più nel presente, come un fiume che si riversa nel mare mischiando le acque. Questi luoghi sono quelli del presente oltre che della memoria.
In una manciata di minuti il viaggio volge al termine; non abbiamo che attraversato qualche quartiere, percorso qualche chilometro, eppure sembra di aver viaggiato per una vita, forse è proprio così, abbiamo viaggiato per una vita.

Station

Pensieri…ESPRESSI: storie di treni e stazioni.

Vi siete mai trovati a passeggiare all’interno di una stazione ferroviaria e pensare che non vi è luogo più sentimentale e traboccante di umanità di quello? una specie di tempio spirituale laico dove si suggellano promesse e si confidano sentimenti a cuore aperto, un melting pot di energie e sensazioni che si fondono insieme e generano una atmosfera così densa che ti ci senti invischiato ad attraversarla.

Le stazioni ferroviarie sono un mondo a parte, microcosmi multietnici, nuclei brulicanti di vita con i loro riti e ritmi scanditi dagli orari luminosi sui tabelloni a led. Luogo in cui mille lingue si confondono tra loro in musiche dai molteplici accenti, i profumi locali si fondono con gli afrori etnici e le sfumature del colore della pelle abbracciano le più svariate tonalità dall’eburneo al bruno. Tutti sono impegnati e assorti nella loro febbrile attesa; c’è chi freme eccitato per il viaggio che sta per intraprendere e che lo porterà a scoprire posti nuovi, chi con soddisfazione e un pizzico di malinconia si appresta a ritornare al suo paese dopo aver fatto incetta di nuove esperienze in una terra prima sconosciuta, chi attende con impazienza di ricongiungersi ad un proprio caro o ad un amore che lo attende alla fine di quel lungo binario che separa i due cuori. Il tumulto degli animi che si agitano senza sosta tra un annuncio rimbombante e una scritta luminosa che balena veloce su uno schermo.

C’è chi siede a terra sfatto e circondato da bagagli come un naufrago, chi sonnecchia placidamente su uno zaino, chi approfitta dell’attesa per permettersi un fugace spuntino mentre prosegue il balletto dei led luminosi che alternano nomi di città, orari e numeri che si offrono come uno spettacolo pirotecnico agli occhi  contemplanti ed attenti degli astanti rivolti con il naso all’insù. Qualcuno si affretta a passo rapido con l’espressione smarrita, qualcun altro inganna il tempo procedendo lentamente e perdendosi in chiacchiere; dal bambino tenuto per mano, scosso e ridestato dal genitore che lo distoglie dai suoi stupori puerili, all’anziano che procede fiacco trascinando il peso dei suoi anni.

Passeggiare in stazione ed essere abbracciati da questo tumulto di energie è sempre una rinfrancante sensazione. Si rivivono le emozioni di vacanze trascorse, di viaggi intrapresi con entusiasmo di esperienze fatte e di zaini zeppi di ricordi. Per quei pochi minuti che consentono l’attraversamento della stazione fino all’uscita ti senti parte di un popolo senza patria, il popolo dei viaggiatori.