Chiara Mancuso, classe 1989, ha un passato importante da calciatrice in Serie B e C. A causa dei suoi infortuni, si avvicina al mondo della fisioterapia. Consegue la laurea nel 2012 e, oggi, è iscritta al primo anno di osteopatia. Scopriamo insieme a Chiara, quali sono le difficoltà motorie per un atleta amatoriale e professionista che riprenderà l’attività dopo questo periodo di stop forzato.
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Chiara,raccontaci la tua storia per farti conoscere al nostro pubblico: come nasce la tua passione per il calcio? In quali squadre hai giocato?
“La mia passione per il calcio è nata da quando avevo 12/13 anni. Ho sempre seguito il calcio grazie a mio nonno e mio fratello, grandi genoani. Ho sempre avuto una grande curiosità per gli sport in generale, ma nessuno come il calcio. Feci un provino per il Genoa calcio femminile a 13 anni. Grazie a Luca de Guglielmi e Luca Luxoro andai a giocare nella loro Under 16 e da lì iniziai la mia carriera calcistica. Ho giocato nel Genoa, nella Culmv Polis, Bogliasco Pieve con cui abbiamo ottenuto una storica promozione in Serie A2, Valpolcevera Serra Riccò con cui vincemmo il campionato che ci permise di andare in Serie B. Poi ho smesso con il calcio a 11 a causa di brutti infortuni. Ho giocato nel Campomorone nel campionato UISP a 7 per alcuni anni, ma dopo l’ennesimo incidente ho deciso di appendere le scarpette al chiodo.”
Quanto hanno influito i tuoi infortuni nella scelta di intraprendere un percorso di fisioterapia?
“In 15 anni di calcio, ho subito innumerevoli infortuni, dovuto anche al fatto di giocare a calcio in modo irruento. I più gravi sono stati la rottura del legamento crociato anteriore destro, sinistro e la frattura scomposta del perone. Durante gli allenamenti, nonostante fossi piccola, mi capitava spesso di “distruggermi” qualcosa, da lì mi è nata la curiosità di curarmi da sola e cercare rimedi per tornare a giocare. La scintilla di voler fare la fisioterapista mi è nata da lì.”
In che anno ti sei laureata?
“Nel 2012, adesso ho intrapreso una nuova carriera da studente, mi sono iscritta alla scuola osteopatica di Madrid, sono al primo anno.”
Tutte le attività sportive si sono dovute fermare a causa di questa pandemia, in questa fase 2 si è tornati a fare sport, quali sono i consigli che daresti per riprendere l’attività sportiva, sia a livello amatoriale che professionista?
“Faccio una premessa: sono uscite delle linee guida governative riguardo al rientro degli allenamenti. Si chiama “Lo sport riparte in sicurezza”. La priorità è quella di evitare assembramenti e qualsiasi situazione che possa favorire il contagio del coronavirus. Il rientro ad un’attività sportiva sarà resa possibile al 100% grazie al lavoro d’equipe tra medici, fisioterapisti, preparatori atletici, osteopati e allenatori.”
Quanto è importante affidarsi a professionisti del settore?
“Credo che questo aspetto sia fondamentale, ognuno ha le proprie competenze e il proprio percorso di studi ed è giusto che ci si aiuti a vicenda. Molti argomenti, come la riatletizzazione di uno sportivo è un campo border line che riguarda più figure, per questo sono convinta che sia importante un lavoro di squadra. Affidarsi a professionisti del settore è fondamentale per la propria salute e per la prevenzione di problemi futuri.”
Da professionista, quali sono stati i maggiori infortuni post quarantena?
“Non si parla di veri e propri infortuni, ci sono problematiche che possono essere conseguenti ad una quarantena. L’assenza di movimento porta ad una perdita di tono muscolare, una minore efficienza cardiovascolare e una minore elasticità articolare. Questo, con una ripresa dell’attività, può portare ad infortuni muscolo scheletrici, ed è qui che entra in gioco la prevenzione. Un post quarantena può portare a problemi a disfunzioni di colonna: mal di schiena dovuto a posture sbagliate, sedentarietà ed un aumento di peso, da qui aggiungo che sia fondamentale prestare sempre attenzione all’alimentazione. E’ importante che in questo periodo vengano fatti allenamenti mirati ad esercizi di mobilità e un mantenimento dell’elasticità accompagnato ad uno streching dinamico, permette un rientro allo sport migliore rispetto a chi non ha fatto nulla.”
Sai come le società abbiano gestito questo lockdown?
“Ho contattato degli allenatori, mi hanno parlato di questo momento di difficoltà. C’è stata una gestione con programmi di allenamenti a casa, ogni preparatore ed allenatore ha deciso i carichi in base alla possibilità di ripresa dei campionati. Hanno gestito allenamenti submassimali, senza forzare eccessivamente, volti a mantenere uno stato di forma con esercizi a corpo libero, senza attrezzi, velocità, forza e resistenza. Erano sedute più brevi da 30/40 minuti. Il problema grosso era il rischio di incappare in infortuni per un’esecuzione scorretta dell’esercizio, il collegamento con gli allenatori è fondamentale per ogni atleta. Nel momento in cui un esercizio è eseguito in maniera scorretta, l’allenatore corregge il gesto. Un’altra cosa importantissima è la mancanza del gesto dello sport specifico, fondamentale nella prevenzione degli infortuni. E’ un aspetto neuro muscolare importantissimo. Ci sono delle tecniche di visualizzazione motoria, ma sono difficili da mettere in pratica in questa circostanza.”
Senza dimenticare l’aspetto psicologico delle atlete..
“Certo, molti allenatori mi hanno detto che, nonostante avessero la sicurezza di non ripartenza dei campionati, avevano la priorità di condividere con gli atleti di mantenere alta la motivazione, seppur difficile. Un atleta senza obiettivi fa molta più fatica.”
Al di la della quarantena, quanto è importante prevenire gli infortuni durante una preparazione atletica?
“Questo è un punto che sta prendendo più piede. Prima era un aspetto che veniva dimenticato, non c’erano nemmeno le competenze da parte degli allenatori. In tutte le discipline sportive ci sono stress a livello muscolare ed articolare che non vanno presi sotto gamba. Un post infortunio non risolto, può portare a delle recidive ed a infortuni ancora più disabilitanti.”
Come pensi che sia cambiato il calcio femminile negli ultimi anni?
“Dopo che ho smesso di giocare, mi sono staccata dall’ambiente per una mia reazione psicologica. Ho seguito, ovviamente, i Mondiali. Ho notato grosse differenze fisiche delle calciatrici. La grossa differenza è considerare la donna atleta diversa dall’uomo in termini di allenamento. La biomeccanica della corsa di una donna è diversa da quella di un uomo. Questo aspetto è molto più preso in considerazione. Non entro nel merito della cosa perchè spetta ai preparatori atletici, ma a livello di infortuni, questo tipo di allenamento differenziato è fondamentale.”
Qual è un infortunio frequente nel calcio femminile?
“Le distorsioni delle caviglie, sia traumatiche che accidentali. Poi la lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio.”
Cosa ne pensi di una possibile ripartenza dei campionati?
“Sinceramente, la vedo molto difficile da mettere in atto. Le linee guida di cui parlavo prima, vengono citati degli studi che per una ripresa degli allenamenti e degli eventi sportivi in generale sarà il corretto distanziamento degli atleti e da mettere in pratica non sarà semplice anche perchè il Coronavirus è molto contagioso. L’emissione delle goccioline di saliva durante lo sport fisico, il soggetto in scia di chi cammina a 4 km/h dovrebbe rimanere lontano 5 metri, a differenza del metro standard di chi è a riposo. ”
Denise Civitella
Ph Credit: Fazzari Ramella/ Facebook Chiara Mancuso