#124Spider: provate voi… a scendere su un mito a pochi cm da terra e andare di traverso…

Provate voi a… ‘scendere’ su un mito a pochi cm da terra per guidare una ‘posteriore’ moderna: impagabile!

124 Spider va oltre le aspettative: richiama lo stile della Fiat 124 ma già la Lusso ‘stradale’ è puro divertimento

140 cv per 1000 kg e trazione dietro: provare per credere

Sembra di volare… Scherzi a parte, anche se con un paio di settimane di ritardo mi sono fatto un regalo di Natale. A dire il vero me l’ha fatto chi me ne ha dato l’opportunità. Un regalo che mi sento di trasmettere ai miei appassionati lettori. Ci sono sogni che covi da piccino. In un mondo nel quale tutto quello che oggi per noi è usuale, era ancora pura fantascienza. E magari derisa dai più. Leggere di nascosto a letto, illuminando con la pila sotto il lenzuolo fumetti veristi ma futuristi come i Classici dell’Audacia, per rimanere affascinati dall’inseguimento nella notte in un rally lungo le strade della Francia di un’auto misteriosa da parte del famoso pilota francese Michel Vaillant. E vivere la notte attraverso quel percorso immaginario. Andare in auto, prendere la patente. Fare qualche rally, cercando di trasformare una semplice 127 in un ‘posteriore’, ovviamente su sterrato o sulla neve, e magari riuscirci con efficacia di tempi e ovazioni del pubblico che allora non disponeva di Sky, nemmeno di Nuvolari e poco del Telegiornale che si occupava si è no della F1, era il passo successivo. Alimentato dall’esistenza di strade fantastiche, tutte non asfaltate, sulle colline e le montagne a pochi km da casa: sui colli e le Alpi orientali. Dove i rally internazionali richiamavano i bolidi di allora. Bolidi, per me rimasti nel mito. Perché anche allora, come oggi, per disporre di auto competitive occorreva investire parecchio, almeno agli inizi. E poi sperare di ottenere la guida di una vettura ufficiale. Ma occorreva saper guidare… E saper guidare una Fulvia Hf, una Fiat 124 Abarth, una Alpine A110, una Saab degli anni ’70 ben oltre i limiti delle leggi della fisica, significava avere acquisito una competenza alla guida che era di pochi.

La guida negli anni ’70 era una danza, un ritmo suggestivo e implacabile

Veder guidare allora queste auto, sullo sterrato, era come una scuola di vita. La plasticità, il rispetto delle traiettorie, del ritmo che era possibile mantenere soltanto senza mollare mai il piede dall’acceleratore, ma semplicemente mantenendo l’auto a pattinare in continuità. Alimentando una sorta di danza che unitamente al rumore dei motori suonava come una musica per gli appassionati. Una delle ‘ballerine’ più spettacolari, ed efficaci sulla terra di allora era la 124 Abarth. Maurizio Verini, Fulvio Bacchelli, Alcide Paganelli, davano spettacolo. Vincendo. Poi pian piano anche il mondo dei rally è cambiato. Così come era stato per la F1 per mantenere alto l’interesse degli appassionati e mantenere elevato il business miliardario di Bernie Ecclestone. E viva la F1. Passando, e parliamo ancora dei rally, per mezzi super potenti e supertecnologici, che hanno fatto vittime, per ritornare ad auto più umane, ma non per questo più facili da portare, al limite, o oltre il limite. Ricominciando da auto che derivano dalla serie. Superpotenziate e dotate di assetto, freni, motori adeguati, ma a misura d’uomo. Tutto questo ha generato le condizioni per far rinascere un mito. Per far ritornare alle corse un marchio e con esso un auto che ha segnato la storia dei rallies.

Tutta questa pappardella, perché? Vi chiederete. Per cercare di trasmettervi quello che 124 Spider rappresenta. E che sto provando in questi giorni.

E’ il primo passo per il ritorno ai rallies dell’Abarth. Che è avvenuto nei giorni scorsi all’85 Rally di Montecarlo.

Ritorniamo al presente: pensate di entrare in un grande complesso tutto dedicato alle auto: un Motorvillage. Superare il valico con il consenso della guardia. E veder sbucare tra tante auto parcheggiate, di colore scuro, il muso bianco, con una calandra nera, di un’auto grintosa e sportiva. Più bassa della vostra Alfa 159… E pochi minuti dopo scoprire che è destinata ai vostri test. Da lì a percorrere le strade del centro di Milano a passo d’uomo per prendere dimestichezza con quello che all’inizio sembra il posto di pilotaggio di un F16, tanto è vicino all’asfalto, e prima di capire come regolare i sedili, che poi non è così difficile da fare, e parcheggiare vicino alla piazza del Duomo vedendo sfilare a pochi centimetri e senza preavviso il tram, è stato un susseguirsi di emozioni e sensazioni. La prima, quella di avere fatto un salto indietro nel tempo di cinqaunt’anni. Lo stile degli interni e del volante è quello della Fiat 124. Ma impugnatura, seduta del conducente e del passeggero, accessori sono del terzo millennio. Le luci si accendono da sole. Come il tergicristallo, ma al momento non ce né motivo. Il cambio è maneggevole e pratico, anche per la guida cittadina. Il parcheggio facilitato dalla telecamera posteriore che trasmette l’immagine al touch screen collocato in mezzo alla plancia. Una giornata glaciale a Milano?

Ma guidereste una spider anni ’70 in pieno inverno? Oggi magari no ma le auto di oggi sono diverse

Non preoccupatevi. La spider non è quella di una volta: il tettuccio isola benissimo. Le bocchette del riscaldamento sono ben distribuite. I comandi precisi, selettivi, assicurano un piacevole tepore nell’abitacolo. Che essendo di dimensioni ridotte al minimo indispensabile, è proprio a misura di driver di media statura. E ancora, ma lo proveremo nella prossima puntata, potete azzardare la passerella cabrio nel centro della città. Primo, per scoprire che si voltano davvero tutti, e tutte. Come una volta. Come a veder passare una Ferrari, o forse di più. E non solo gli ultracinquantenni. Ma anche i ragazzi e le ragazzine. Secondo, per provare che i sedili riscaldati possono sopperire anche al ‘cielo aperto’. 124 Spider FCA è una due posti secchi. Non era così per la Fiat 124 Spider, e nemmeno per l’Abarth, anche se montava il rollbar. Ma le moderne norme di sicurezza non renderebbero possibile l’utilizzo di un eventuale seggiolino posteriore. Al posto del quale c’è un vano dove riporre giacconi, borse e quando non sta nell’abitacolo o ingombra. Ah, per risparmiare il peso, siamo sui 1000 kg grazie al telaio in acciaio e alluminio, il tetto è ad apertura meccanica. Come meccanica è la chiusura di sicurezza, dall’interno, delle due portiere. La chiave di avviamento, e di apertura, non ha la toppa: è sufficiente avvicinarla a bordo. Ma partiamo? Non ancora. Ora andiamo a vederci il Duomo di Milano, la Galleria, la Scala e i bei negozi del centro. Poi, magari, se non è tardi, un salto a trovare un collega alla Regione Lombardia. E di come si guida 124 Spider, parliamo tra un paio di giorno.      Charlieinauto

(1.segue)

CHARLIEINAUTO : CITROEN CACTUS UN CROSSOVER CHE SI MUOVE AGILE E CON CONSUMI LIMITATI

CITROEN CACTUS RICALCA IL MITO DELLE AUTO FUORISTRADA FRANCESI DEGLI ANNI ’70 CON COMODITA’ E ACCORGIMENTI MODERNI

UN FINE SETTIMANA NELLE MARCHE PER APPREZZARE I PAESAGGI L’AMBIENTE E L’ENOGASTRONOMIA

Un mini SUV che maschera un fuoristrada. Di una casa automobilistica che è sempre stata all’avanguardia nel confort anche fuoristrada o ‘tout terrain’ su vetture normali e di lusso. La Citroen, stavolta l’ha studiata simpatica, realizzando Cactus. Abbiamo provato Just Black, la versione top, che al suo passaggio fa girare signore e signorine. L’obiettivo della casa francese è quello di puntare al segmento giovane, anche dei neopatentati, ma non solo. Perché l’auto, in questo caso nella versione nero lucido, con le ruote da 16 pollici, è molto facile da guidare e maneggevole. Sullo sterrato o fuoristrada non perde queste caratteristiche: maneggevolezza, stabilità, confort, anche sulle buche. Un fine settimana nelle Marche ci permette di testarne le prestazioni. Una buona accelerazione per essere un crossover, e in autostrada si lascia guidare. Procede senza incertezze o inciampamenti, anche nel caso si verifichino imprevisti. Facile da gestire, starne al volante ci fa sentire su un piccolo SUV, Sport Utility Veicle. E lo scopo per il quale è stata progettata è proprio questo. Un bel trasferimento in autostrada ci permette di prendere confidenza con la posizione di guida, che è confortevole e permette di controllare la strada con sicurezza, e di valutarne i consumi: viaggiando veloci, la media che verifichiamo è tra i 21 e i 22 km con un litro di gasolio.

LE CARATTERISTICHE

Milleseicento centimetri cubici, 100 cavalli, un buona curva di coppia, il rendimento del motore ai bassi regimi le consente di districarsi bene in tutte le situazioni. E di tenere bassa la curva dei consumi. La trazione è soltanto anteriore, com’è nella tradizione francese. Ma la distribuzione dei pesi, e la scelta dei rapporti per le cinque marce la rendono duttile e versatile con ogni fondo, stradale, e non. La linea, dicevamo all’inizio, è certo un po’ particolare. Ma è molto compatta e aggressiva. A noi ricorda un mito tra le auto francesi, e non solo, degli anni ’70: la vecchia R 4. Un profilo analogo, riproposto quarant’anni dopo, fa girare per strada a guardarla soprattutto le ragazze e le signore. La dotazione di questo modello bene si presta a concentrare tutta l’attenzione sulla guida. Per esempio, in salita si blocca automaticamente per evitare l’arretramento quando si riparte da una fermata improvvisa. Per contro, un’ottima telecamera e il grande display centrale ‘touch screen’ permettono di fruire di un sistema di assistenza al parcheggio che toglie molti pensieri. Lo schermo accoglie i comandi della ventilazione, il computer di consumi e rendimento, il navigatore. Parte di queste informazioni sono ripetute sul display elettronico più piccolo, rettangolare come nella tradizione degli orologi Citroen, centrale dietro al volante. Nel quale è indicata anche la marcia consigliata. Proviamo se ci ‘consiglia bene’ appena arriviamo nelle Marche.

A FANO PER GUSTARE LA CUCINA MARCHIGIANA

Facciamo una sosta a Fano, al ristorante La Lanterna dell’amico Flavio Cerioni. Per gustare piatti di pesce fresco dell’Adriatico. Un buon bicchiere di Trebbiano asseconda il pesce nobile. Un rosato Cerasuolo sostieneil brodetto di pesce. A Grottammare, ci fermiamo al Residence club hotel Le Terrazze. Sul lungomare. Dal terrazzo della camera ci godiamo il tramonto sull’Adriatico. L’indomani facciamo un giro per il borgo medioevale di Grottammare, arrampicandoci con la Cactus sulle ripide stradine che portano dall’abitato in riva al mare fin sui colli. Cactus è agile e scattante anche nei tratti più ripidi. Da quassù il panorama è fantastico. Lo sguardo si spinge fino a San Benedetto del Tronto, a Sud, e a Cupra marittima, a Nord. Sul litorale si staglia bene il lungo nastro della pista ciclabile che è stata realizzata tra la scogliera e la linea ferroviaria che corre lungo il mare. E collega diversi paesi rivieraschi. Stessa prova in discesa. La nostra Citroen è agile e ben piantata sull’asfalto, come sui tratti di terriccio o sul fondo stradale sporco. Una buona capacità di carico posteriore ci permette di sistemare a bordo un paio di biciclette smontandone le ruote anteriori. E ci infiliamo verso l’interno, verso Ripatransone. Le scarichiamo e affrontiamo un bel percorso tra le cime delle colline e le vallate con dolci saliscendi. Raggiungiamo l’enoteca regionale, a xxx, dove possiamo degustare alcuni dei vini del territorio: Passerina, bianco anche spumantizzato, Pecorino, dal sentore leggermente piccante per le bollicine naturali, Rosso Conero. Al ritorno, ci aspetta una bella cena di pesce con piatti tradizionali e tipici del posto. Quindi concludiamo la serata in uno dei tanti e caratteristici locali del lungomare. L’indomani imbocchiamo la strada del ritorno.

IL MONTE CONERO

Ma non possiamo trascurare una tappa al monte Conero. A Sirolo, sulla sua fantastica piazza con il profumato piazzale a terrazzo che si affaccia sul mare. Mare, che già a poche decine di metri dalla riva è già molto profondo. Ciò consente ai pescatori della zona di rifornire i ristoranti della zona con prodotti freschissimi e di pregio. Così scendiamo fino a Portonovo. E si rinnova il fascino della baia di Portonovo. Dov’è possibile pranzare sui tavoli posizionati sui sassi in riva al mare, a pochi metri dall’acqua. Ripartiamo, e verso Bologna incrociamo la perturbazione che era stata annunciata. Così, scopriamo che il tergicristallo è automatico, come lo sono i fari. Cactus dispone anche del faro di sterzata. Maneggevole nel traffico cittadino, docile in montagna, stabile in autostrada. C’è ancora luce, così propendiamo per fare una sosta a San Marino. Il tepore della giornata ci consentirà di fare una passeggiata tra le tre rocche del borgo antico e originario della piccola Repubblica. Il risultato è suggestivo: in pianura, verso Rimini, la nebbia ha ricoperto parte della pianura. Ma a noi è rimasto il chiarore della luna a illuminare le colline e gli abitati circostanti. Mentre lo sciroccale riscalda la cima delle rocche. Attorno alle quali è rimasta un po’ della neve caduta settimane prima: un mix che rende il panorama fantastico. E Citroen Cactus è la compagnìa e il mezzo adatti per raggiungere questi luoghi e godersi l’ambiente circostante. Per completare il rientro comodamente e con il giusto rapporto tra velocità e consumi.

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#TESTDRIVE: DAL MARE AI MONTI APRUTINI CON LA GOLF DI SETTIMA GENERAZIONE

IMG_6380 IMG_6378 IMG_6356 IMG_6340 IMG_6335 IMG_6165 IMG_6155 IMG_6135 IMG_6133 20160524_105756 ABRUZZO COLLINE IMG_5244 ABRUZZO  SFONDO GRAN SASSO GOLF LORETO APRUTINO IMG_5852 IMG_4741 IMG_4743 IMG_4750 IMG_4826 IMG_4828 IMG_4831 IMG_4838 IMG_6009AL SETTIMO RESTYLING GOLF ANCHE IN VERSIONE FAMILIARE E’ SEMPRE ATTUALE

SICURA E AFFIDABILE CON BASSI CONSUMI E BUONE PRESTAZIONI ANCHE A PIENO CARICO

Abbiamo ripreso questo test drive perché l’abbiamo vissuto in parte delle aree colpite dal terremoto del Centro Italia. Località splendide, animate dal calore della gente del posto che si tramanda nel Dna la cultura dell’accoglienza. Dalla Riviera adriatica abruzzese, ai colli dell’interno, al Gran Sasso che sembra a portata di mano: zone ricche di attrattive paesaggistiche e ambientali, nelle quali anche l’Abruzzo sta valorizzando le risorse che genera la terra, purché trattata e lavorata con amore e professionalità.

L’EPOPEA DELLA GOLF

Era la metà degli anni ’70. Da poco maggiorenne vedevo la Golf come un’auto giovane, ma elegante, veloce, ma comoda, specialmente per quell’epoca. Quando si andava a ‘morose’ con la Fiat 500 giardinetta o con la Renault 4. Poi è arrivata la passione per le corse. E come tanti ho fatto di necessità virtù: ho trasformato la Fiat 127 che mi avevano acquistato i miei per andare all’Università, in un mezzo adatto per sfidare la forza centripeta, l’aderenza al suolo, qualche volta anche la forza di gravità. Con ottimi risultati. Un amico si era però attrezzato meglio, anche per correre: con una Volkswagen Golf. Allora, però, si poteva sopperire alla disparità dei mezzi con l’abilità, l’agonismo, la strategia di gara, il ‘manico’. Pochi mesi dopo, è arrivata la GTI 1600. Divenendo subito un mito, veloce anche in salita. Quasi contemporaneamente, ne è uscito il modello diesel. Il marchio Volkswagen è nato durante la dittatura e significa ‘auto del popolo’. Ma l’incarico di progettare la prima auto popolare tedesca fu dato a Ferdinand Porsche. Poi, negli anni ’70 e ’80 il lancio sul mercato automobilistico fu motivato dallo stile italian: la Passat e la Scirocco e altri modelli furono disegnati dalla matita magica di Giorgetto Giugiaro. Mentre l’evoluzione della Golf rispetto ai cambiamenti della società e delle esigenze degli automobilisti furono fondati sullo sviluppo del modello di base, che venne replicato anche per auto più piccole, come la Polo, la city car Lupo. O più grandi, a tre volumi, come la Jetta, che per affrontare con maggior ‘tatto’ il mercato europeo dovette assumere i nomi più fortunati di Vento, dapprima, poi Bora.

SIAMO AL RESTYLING NUMERO SETTE

Fu tale il successo di questi modelli, che dopo milioni di vetture Golf è arrivata al restyling numero sette. E con esso l’implementazione di una tecnologia d’avanguardia, che la rende sempre gradevole, competitiva, funzionale, attuale. Attuali, e da auto tuning, sono le luci esterne agli specchi retrovisori esterni, che illuminano l’esterno delle portiere, e che si chiudono elettricamente. All’interno, le luci di lettura per i posti anteriori e per quelli posteriori. Altre luci illuminano il pavimento. Strisce luminose a led segnalano il bordo interno delle portiere. Mentre anche le maniglie interne sono efficacemente illuminate. Lo specchio retrovisore interno si regola automaticamente. Sono accorgimenti che, oggi, rendono la Golf appetibile ai giovani. Il volante, dall’ottima presa, è corredato da tutti i comandi che possono essere deviati a portata di mano. Oltre a quelli tradizionali, comoda e accessibile è la serie dei test sull’efficienza del motore, sui consumi, sulla fanaleria ecc. Pratico è anche il cruise control, azionabile agevolmente assieme al limitatore di velocità, ai comandi per la radio, il telefono ecc. Molto precisi sono pure i comandi luci e tergi. Nella plancia centrale il sistema di navigazione, touch screen, con radio, test e verifica dell’auto. Compresi i sensori dell’efficienza degli pneumatici. E il sistema di controllo per il parcheggio, l’avvicinamento a ostacoli, che è dettagliatamente esplicitato dal display centrale. Mentre un piccolo display tra i due orologi della strumentazione replica le indicazioni essenziali e quelle funzionali, dalla direzione da seguire secondo il navigatore, al punto cardinale verso il quale stiamo dirigendo, ai consumi, alle indicazioni utili da tenere sott’occhio. Insomma, un allestimento di interni che riflette la precisione e la determinazione tedesca.

LA GUIDA

Ora, però, proviamo a guidarla. E proviamo a salirci a bordo. Il modello è il più recente: Golf VAR TDI 16. La chiave apre a distanza le porte, sblocca il portellone posteriore, apre gli specchietti retrovisori, che da ripiegati a vettura parcheggiata riprendono la posizione di utilizzo. Spegnendo l’auto dall’esterno si accendono le luci di cortesia esterne e interne, e gli anabbaglianti. Che in marcia sono di buona potenza, con lampade Bi-Xenon. Ci sono le luci di svolta dinamiche.

ANDIAMO IN ABRUZZO

Dopo un trasferimento abbastanza lungo, di qualche centinaia di km in autostrada, arriviamo in Abruzzo, a Montesilvano, a cinque km da Pescara. Ricordiamo che qui, negli anni delle grandi corse su strada, venivano a cimentarsi Nuvolari, Varzi, Faggioli, Fangio. Una discesa in falsopiano che pare interminabile permetteva di misurare la velocità massima delle auto di allora. Tanto che ancor oggi un locale, sul punto cruciale di tale percorso rettilineo, lungo 5 km, si chiama ‘Km zero’. Questo spostamento ci dà modo di verificare che Golf, anche in questa versione SW, consuma poco a dispetto della compattezza e della ricchezza dell’allestimento, quindi del peso. Abbiamo tenuto la media vicina ai limiti consentiti, e la WV ha consumato circa 5 lt x 100 km. Non male visto che avevamo fretta. Arriviamo a Montesilvano Marina e all’Hotel Le Nazioni, che dispone di tre suite panoramiche. A poca distanza dall’attrezzato lungomare della cittadina. Il titolare, Bruno Bischi, ci accoglie assieme ad altri sportivi del pedale. La cittadina, oltre 50 mila abitanti, è a nord di Pescara. E ci consigliano di vedere il grande e moderno ponte pedonale e ciclabile, sul porto peschereccio della città. Dal quale, specialmente la sera, si domina la skyline dell’intera costa da Grottammare a sud di Pescara. L’indomani ci spostiamo all’interno, per seguire una gara ciclistica. Che ci permetterà di apprezzare la tenuta di strada, la stabilità, la velocità della Golf. Ci permette perfino di infilarci, senza alcuna difficoltà, tra i ciclisti impegnati in una veloce discesa. Il che non è usuale. Su indicazione di Capozucco, che è il responsabile della Uisp del pescarese e organizzava la gara, raggiungiamo Moscufo e quindi Loreto Aprutino, caratteristici borghi collocati sui rilievo dell’entroterra. Sul quale svetta, in direzione di Teramo, il Gran Sasso d’Italia. Che ci offre il suggestivo parco dei Monti Sibillini.

AL VOLANTE IN MONTAGNA

Sulle strade di montagna abruzzesi ci sbizzarriamo nella guida sportiva. Per un attimo ci era venuta un’idea insana: il freno a mano è elettrico. Molto efficace. Scordatevi di dare il colpetto di leva di vecchio stampo per innescare la sbandata. La Golf frena con troppa decisione, e il freno a mano non è modulabile. Perché, ovviamente, serve ad altro. Cinque marce, il cambio molto docile e preciso. La leva all’altezza giusta. Ai semafori o in coda l’auto si spegne da sola, e si riaccende appena si preme il pedale della frizione. È dotata di un sistema per il recupero di energia che si attiva in tali condizioni. Un buon tiro ai bassi, questa SW è veloce. Precisa nella guida, come le sei generazioni di Golf precedenti. Piuttosto rigida, non risente dello sconnesso veloce nei viaggi a pieno carico. Nemmeno nei consumi: in autostrada, a pieno carico, ed è capiente, a 130 km/h corre via a poco più di 5 l di nafta ogni 100 km. Non ci siamo riusciti a soffermare sui comandi di assetto o trazione. Ma, forse a causa degli pneumatici, l’abbiamo trovata troppo sensibile alle buche e alle irregolarità del fondo stradale. Come se corressimo con una bicicletta da corsa sul pavé: vibrazioni e sobbalzi li proviamo tutti. Nella guida sportiva, nel misto all’uscita delle curve si siede un po’. Ma non è nata per questo. Anche perché i 100 kg di peso risparmiati rispetto alle versioni precedenti forse sono stati riacquistati per allungare l’auto e renderla ‘familiare’. O SW. In teoria, potrebbero risentirne i consumi, ma con l’auto da noi provata, i risultati ottenuti sono stati davvero soddisfacenti. Anche in caso di maltempo, la Golf conferma le sue doti di affidabilità e sicurezza. Ereditate dalla serie che ha previsto, tra le innovazioni, l’allungamento del passo della vettura. A tutto vantaggio della guida sicura e della tenuta di strada. Anche se a guidarla vi siano neopatentati o guidatori inesperti. Un sistema elettronico protegge auto e conducente dai problemi della guida in coda: rallenta automaticamente l’auto, la ferma, la fa ripartire. Segnala l’avvicinamento al ciglio della strada. È dunque, un’auto intelligente. Non da ultimo, la capacitò di carico è davvero notevole. Specie se si abbattono i sedili, anche separatamente. Ora, conclusa la prova, assaggiamo un po’ del territorio… Bruno e Capozucco ci consigliano di degustare il Montepulciano d’Abruzzo, un rosso profumato che in realtà avevamo assaggiato diversi anni fa, pensate un po’, al Righi, a San Marino. Tra i bianchi, il Trebbiano d’Abruzzo, la Passerina e il Pecorino, e il rosato Cerasuolo. Da abbinare con i maccheroni alla chitarra, il timballo di crippelle, la zuppa con i cardi dell’Aquila, la polenta abruzzese. Ma anche con la selvaggina, il cinghiale e la lepre, e il pesce adriatico. Diversi i ristorantini e le osterie ed enoteche anche nella zona collinare, oltre che lungo la costa. Poi, un bel riposo all’hotel, per recuperare le energie, un bagno nella spiaggia riservata, e possiamo riprendere il viaggio con la Golf Sportsvan. charlieinauto

#TESTDRIVE: #SUBARU FORESTER PREMIATA IN CANADA CON ‘TOP SAFETY PICKS PLUS 2015’ PER LA SICUREZZA

SubaruforesterBevazzana 6422 6415 6314 6305 6295 6215 SUB FORESTER IDA RID SUB FORESTER STRADA PORTA RID SUBARU FORESTER MANEGGIO RID SUB FORESTER CAMPAGNA RID SUB FORESTER BAGAGLIAIO RID EXPO OME VIMERCATI CARLO RID OME AL ROCOL BICI OME AL ROCOL CARNE ALLOLIO VIMERCATI CERBIATTO OME 20151019_105612 20151019_135250 IMG_4057 franciacorta AL ROCOL OME CASAUN VERO FUORISTRADA OTTIMAMENTE CAMUFFATO PER OFFRIRE PRESTAZIONI E CONFORT

EREDE DELLE PRIME 4X4 CHE GIA’ NEGLI ANNI 80 CONSENTIVANO DI CORRERE SULLE PISTE DA SCI

La prima volta che ho guidato una Subaru 4 WD è stato al Rally internazionale del Piancavallo, del quale sono stato addetto stampa per le prime dieci edizioni. Il ricordo di quell’esperienza mi ritrasmette l’emozione di allora. C’erano alcune Subaru a disposizione dello staff della gara nella montagna pordenonese e in Carnia. Che era guidato, tra gli altri, dall’indimenticabile Maurizio Perissinot. ‘Iccio’, così lo chiamavamo, era un copilota della Lancia Rally e del gruppo Fiat. Che a fine gara, dopo le premiazioni, era l’edizione 1983, mi disse: -“dai Carlo, andiamo a provarla”… Il percorso che ‘Iccio’ aveva scelto per me era una delle piste da sci della località turistica della montagna pordenonese. Fortunatamente, o forse no, non era innevata perché eravamo a settembre. Ricordo ancora che l’auto, che era a una delle prime uscite, era una SW. Il primo, o uno dei primi esempi di auto stradali a quattro ruote motrici. Così abbiamo provato questa ‘giardinetta’, che era una via di mezzo tra un’auto sportiva e una familiare, con un po’ di rincorsa in salita. E quando la situazione si stava facendo complicata, perché mi rendevo conto che eravamo saliti di qualche centinaio di metri, e che tra noi i la fine della pista c’era soltanto il declivio erboso, ‘Iccio’, senza neanche scomporsi, mi disse: -“Problemi Carlo? Sterza e scendiamo”. Onorato della fiducia del coequiper iridato, che mi aveva accompagnato in quella che sarebbe potuta diventare una insana avventura, per un giovane rallysta-giornalista come me, fidandomi a mia volta cecamente di lui, ho eseguito perfettamente la manovra. Imboccando la discesona della pista. D’altro canto, avevo capito che arrivati a quel punto, non avevo alternative.

LA PRIMA VOLTA …VERSO IL VUOTO

Ed è stato come la prima volta al ‘salto’ delle rive del torrente Cormor, alle porte di Udine: la palestra dei fuoristradisti, in moto, degli anni ‘60/’70, come me. Quando mi sono trovato per la prima volta in cima al ripidissimo discesone con la mia Beta 125 enduro, confesso che per un attimo avrei voluto ritornare sui miei passi, pardon, sui miei solchi. Ma poi, dopo quella prima volta, nulla mi avrebbe fermato. Così è stato con Subaru. Tanto che, dopo le prime decine di metri, la discesa era talmente ripida che ho avuto la tentazione di toccare i freni, ovviamente a disco ai quali non ero abituato. E l’auto cominciato a staccare il retrotreno da terra, per effetto della forza di gravità. In tutta serenità, ‘Iccio’ mi ha esortato:-“Beh, accelera no”. Così, forse, è cominciata la mia dimestichezza con le discese, sterrate, erbose, asfaltate… Perché da quel momento, tutto, al volante, mi sembrava più logico: avevo trovato l’auto che sfida, vincendo, le leggi della fisica. Da allora sono passati trent’anni. La casa delle Pleiadi, la costellazione celeste raffigurata nel marchio giapponese, da allora ha consolidato la sua supremazia nel fuoristrada sicuro, comodo, elegante. Ottimizzando in particolare l’allestimento interno. L’esperienza, il tempo, e miliardi di km percorsi dai propri clienti e dai suoi collaudatori, sono serviti per ottimizzare i prodotti della sua gamma di qualità. Forester, significa Suv che si arrampica quasi …sui muri, con un prezzo d’acquisto e di gestione ragionevoli.

UN POTENTE FUORISTRADA TRAVERSITO DA AUTO

Ma anche vettura potente, di classe superiore. Si può scegliere la versione più adatta alle proprie necessità, alle attese, e …alle disponibilità economiche. Infatti, tra la versione 2000 e quella 3500, da 148 a 170 cv di potenza, il prezzo di listino quasi raddoppia. Ma racchiude tutta una serie di migliorie, accorgimenti per ottimizzare il confort, arricchire l’allestimento, che ne fanno elevare ulteriormente la qualità. L’avete mai guidata? All’inizio avevamo un po’ di ritrosia: si tratta di un SUV, o di un vero fuoristrada? L’enigma si sarebbe dissolto dopo poche decine di km. La guida di Forester è docile: asseconda i comandi del guidatore. L’auto, si intrufola quasi come un’utilitaria tra le stradine strette. Ma se si schiaccia il pedale, il SUV sprigiona di colpo la potenza che, all’occorrenza, gli consente di superare pendenze da brivido. Tutto questo, nel massimo confort. Come se stessimo guidando un’auto berlina di dimensioni medio-grandi.

PROVIAMOLA!

Quando ci hanno affidato l’auto, non avevamo fatto troppe domande a chi ce l’ha consegnata. Se non quelle di base sulla regolazione del sedile di guida. Che è completamente automatizzata, e comandata da due regolatori per le tre funzioni. I sedili, all’occorrenza, sono riscaldabili. Abbiamo preso in mano la chiave? Che farne? Abbiamo realizzato che è sufficiente che essa si trovi nella vettura, per poter attivare il pulsante di accensione del motore, mentre si tiene premuto il pedale del freno. Questo, perché Forester ha il cambio automatico, o manuale/sequenziale, con i comandi al volante. Che ci permettono di utilizzare i rapporti più vantaggiosi nel fuoristrada. Usciamo dal parcheggio aiutati dalla telecamera posizionata in coda, E proviamo a divincolarci nel traffico extraurbano. Realizzata da maestri del 4×4, Forester è molto docile e scattante. Se poi nel misto-stretto vogliamo tenere giù il pedale, e abbiamo attivato il 4×4, il gioco è fatto: è perfettamente incollata alla strada. Ci parlano di un sistema frenante d’avanguardia che ne ha fatto l’auto dell’anno in Canada e in Russia. Per errore facciamo un piccolo esperimento: ci scappa di pigiare appena sul freno con il piede sinistro, quasi fosse la frizione. Meno male che eravamo saldamente trattenuti dalle cinture: l’auto si è fermata poco oltre il punto sul quale si trovava quando abbiamo toccato il pedale del freno. I consumi, basta non esagerare con l’acceleratore, sono nella norma. E il fuoristrada? Beh, non potevamo non tornare sul Piancavallo per imboccare una delle poche strade alpine concesse dai regolamenti ambientali. Sembrava che Forester fosse nata su quei percorsi.

DALLE DOLOMITI FRIULANE AI PERCORSI LAGUNARI E FLUVIALI

Da lì abbiamo provato a scendere lungo una delle prove speciali del Rally del Piancavallo, ora percorsa dalle auto del Piancavallo dedicato alle auto storiche. E la guida è stata davvero divertente. Con Forester che non faceva che eseguire i comandi, anche sull’alfalto, come ha fatto sullo sterrato, anche spinta al limite. Un trasferimento tra le strade statali e l’autostrada per verificare i consumi, che sono stati rassicuranti nonostante la massa e il peso rassicuranti della vettura. Ed ecco i begli sterrati veloci attorno agli argini della Laguna di Marano e del fiume Stella, tra Carlino, Palazzolo, Precenicco e Latisana, nella Riviera Friulana. scorrevoli, veloci. Sul misto Forester danza come un’auto ‘normale’, 4X4. Nelle curve più strette, è sufficiente dare fondo alla potenza. Che esprime al pieno delle potenzialità, in pochi istanti. Una garanzia di sicurezza in tutte le condizioni. Quindi? Un’auto versatile e completa, da utilizzare per lavoro, ma anche per portare a spasso la famiglia, per viaggiare. E, grazie ai consumi contenuti, da impiegare anche tutti i giorni. Anche se non si dispone di un budget importante per la sua gestione. Basta scegliere la versione più adatta alle proprie esigenze-possibilità.
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#TESTDRIVE IN LOMBARDIA: FRANCIACORTA E LAGO D’ISEO CON LA #SUBARU OUTBACK EYESIGHT

CHAELIEINAUTO SUBARU OUTBACK ARESE IMG_4639 CHARLIEINAUTO SUBARU OUTBACK BAGAGLIAIO IMG_4356 IMG_4754 CHARLIEINAUTO SUBARU OUTBACK ROSA CHARLIEINAUTO SUBARU SFONDO IMG_4785 OUTBACK CALCIO OUTBACK FIANCATAUN MODELLO RINNOVATO A VENT’ANNI DALLA PRIMA USCITA SEMPRE MODERNO SICURO VERSATILE E CONFORTEVOLE

L’AUTO CHE VA DA SOLA? C’E’ GIA’: IL DISPOSITIVO EYESIGHT PERMETTE DI GUIDARE SOLO CON IL VOLANTE DIMENTICANDO I PEDALI CON UN SISTEMA CHE EVITA GLI OSTACOLI E LE USCITE DI STRADA

Non c’è due senza tre. Il nostro feeling con Subaru era sbocciato nel 1988, sulle piste erbose da sci del Piancavallo, in occasione del rally omonimo, con la L-Serie 1 8 GL 4WD. Navigatore: Maurizio Perissinot. Già allora Subaru era un fuoristrada travestito da auto familiare. Bella non era, ma ne avremmo ben presto scoperto le doti d’avanguardia, grazie alla consulenza del navigatore della Squadra Lancia. Avremmo poi riallacciato l’amicizia con la casa delle Pleiadi con Forester, quasi vent’anni dopo. Testandola nel Friuli Venezia Giulia e nella Riviera friulana. Forester è un fuoristrada di carattere, con un design più schematico. Consono anche all’uso in attività specifiche, quali sono quelle delle Guardie forestali e delle forze dell’ordine o dei Vigili del fuoco. Capace di affascinare anche il pubblico femminile. Ora toccava a Outback, il SUV di gamma medio-alta della Subaru. Che racchiude in sé prestazioni, versatilità, potenza nel fuoristrada come sulle strade di ogni giorno, uno stile accattivante, confort, e una guida rilassante, ma all’occorrenza sportiva. Per averla a disposizione, abbiamo raggiunto Milano in occasione di #EXPO2015. Anche in questo caso, non avevamo avuto il tempo di sfogliare il libretto delle istruzioni. E così, dall’officina di servizio della Casa giapponese ai grandi parcheggi di Arese e Rho, ci siamo spostati lentamente, per poter prendere dimestichezza con il mezzo. Soprattutto per poter prendere confidenza con gli accorgimenti di sicurezza d’avanguardia dei quali è dotata. La prima cosa che c’ha colpito, erano infatti i due dispositivi piazzati ai lati dello specchietto retrovisore. In precedenza, li avevamo visti a bordo delle Subaru della Polizia Stradale, scambiandoli per apparati autovelox. Mentre si tratta degli occhi di Outback Eyesight.

 

SI CHIAMA SEMPRE OUTBACK MA DOPO VENT’ANNI E’ PARENTE ALLA LONTANA DELLA PRIMA SERIE

 

Outback, è un modello che si rinnova da vent’anni. Il primo, della serie Legacy, fu infatti presentato nel 1995. Circa 1500 kg di peso: leggera per la compattezza che la caratterizza e per la sua affidabilità. Il che, le permette di sfoderare la grinta, ma anche la duttilità necessarie a un vero fuoristrada.

Siamo arrivati alla quinta generazione dell’ Outback. Oggi, l’auto è infatti addolcita nelle forme, è ricca di dotazioni di serie, e come altre vetture della gamma Subaru si distingue per un ottimo rapporto qualità-prezzo. Gli spazi interni, ampi e confortevoli, permettono anche ai nostri trasportati, pure un bimbo, di sentirsi perfettamente a loro agio. Di godersi il paesaggio circostante e la skyline del capoluogo lombardo, di Milano2, fino al quartiere dell’EXPO2015. Nel traffico, la guida di Outback è scorrevole, sicura. Precisa, e rassicurata dalla posizione di guida da SUV. ”Occhio”: Davanti a noi frenano improvvisamente. In un attimo decidiamo di schiacciare il pedale freno: troppo tardi! Outback ha già frenato da sola. Infatti, è dotata di un dispositivo radar che calcola la distanza tra le auto e i mezzi che la precedono. Se tale distanza si accorcia bruscamente, Eyesight decide di aiutarci a frenare. E se è il caso, frena autonomamente con decisione. Anche in parcheggio, l’auto è docile e maneggevole. Ci aiutano le telecamere e lo schermo touch screen sul cruscotto. In serata, dopo avere potuto visitare diversi padiglioni di @EXPO2015 per compiere un mini giro del mondo a piedi, riprendiamo l’auto che avevamo lasciato nel parcheggio di Arese, vicino all’Alfa, non senza la curiosità e il desiderio di sperimentare ancora le dotazioni di Outback. E così ci inseriamo nel flusso del traffico dell’A4. Provati dall’intensa giornata estiva all’EXPO, ci facciamo aiutare dal cruise control, che accelera e decelera per noi. Ora sì che testiamo davvero Eyesight! Dalla corsia di sorpasso rientriamo in quella di scorrimento, senza rallentare: a questo ci pensa la Subaru, senza chiedercene il consenso. Infatti, se desiderate godervi una guida sicura, anche se per la mente vi frullano pensieri o grattacapi, o anche cose e situazioni piacevoli, vi potete affidare agli automatismi di Outback. Senza esagerare però. E consapevoli del fatto che, comunque, essi si possono anche escludere.

UN SUV CHE SI ADEGUA ALLE CONDIZIONI DEL TRAFFICO

Per guidare in sicurezza questa Subaru, una volta programmato il particolare sistema di cruise control, basta infatti togliere il piede dal pedale dell’acceleratore (ce ne sono solo due perché il cambio è automatico e non c’è la frizione), e Outback adegua la nostra velocità a quella di chi ci precede. Per esempio, proviamo a ritornare in sorpasso senza toccare nient’altro che il volante: ci affacciamo alla corsia accanto alla nostra, e quando ci inseriamo nella nuova carreggiata l’auto riaccelera da sola. E si riposiziona alla velocità che noi avevamo impostato in precedenza. Riproviamo il giochino più e più volte, per verificare che si replichi con la stessa efficacia: corsia di marcia, corsia di sorpasso, ecc… Fa tutto lei. Ora, pensiamo di fare una sosta al grill per un caffè. Ma becchiamo una coda: sono le 1:30! E ci aspetta ancora un po’ di strada prima di raggiungere un bel letto e poter riposare. Riusciamo a raggiungere l’uscita per il grill. E dopo pochi minuti di relax usciamo dal bar dell’area di servizio corroborati da uno schiumoso espresso, e ci appoggiamo alla portiera della nostra auto: ‘clock’! E’ vero. Dimenticavo di raccontarvelo: come in tante auto di categoria medio alta, anche Outback non ha la toppa della chiave per l’accensione; manca anche nelle portiere. È infatti sufficiente avvicinare la chiave alla port,a sia dal lato di guida che da quello del passeggero, perché si sblocchi la sicura e si possano aprire le portiere. Anche tenendo la chiave in tasca, o nella borsetta. Così come basta appoggiarla all’interno della vettura perché, premendo il pulsante dell’accensione e contemporaneamente il pedale del freno, il motore si metta in moto. Dunque, saliamo a bordo rassicurati da questa ulteriore e pratica automazione, per ritrovare un sedile che è confortevole anche per i lunghi viaggi. I due grandi orologi che sintetizzano gli strumenti sul cruscotto, simili a due grandi occhi, ci fanno concentrare sulla strada. La cornice dei due strumenti cambia di colore a seconda se si utilizzi il cambio nella funzione manuale o quella automatica. Partiamo da fermi, e decidiamo di provare l’accelerazione: Outback, per la forte ripresa ci schiaccia sullo schienale, come se fossimo a bordo di una vettura sportiva. I 150 Cv di cui dispone vengono infatti erogati immediatamente. Magari poi, continuando a premere sull’acceleratore, quest’azione repentina non produce l’ulteriore seguito sperato. Però, ci ricordiamo che si tratta di un fuoristrada, e che i rapporti del cambio sono commisurati agli obiettivi che Subaru ha previsto per Outback. D’altro canto, Subaru vanta una lunga tradizione rallistica, e nelle 4 WD.

 

TAPPA IN FRANCIACORTA A DUE PASSI DAL LAGO D’ISEO

 

Il viaggio che avevamo intrapreso a inizio nottata è meno lungo del previsto. Perché decidiamo di pernottare nel bresciano. Ci fermiamo a Ome, nella Franciacorta. Infatti, per poter assaggiare un profumato Franciacorta, lo spumante ideato una ventina d’anni fa, si realizza con uve di Chardonnay, ed è divenuto in breve tempo uno dei must della viticoltura mondiale, sarà prudente pernottare nelle vicinanze. Una collega e amica di lunga data, originaria della zona, ci aveva suggerito l’agriturismo Al Rocol, di Gianluigi Vimercati Castellini. Che è uno dei responsabili nazionali di Agritourism. Gianluigi, guida un’azienda che si sviluppa su una collina, affacciata sulla strada principale che dal casello autostradale di Ome, poco dopo Brescia, porta al lago d’Iseo. L’accoglienza all’interno dell’azienda è consona alla qualità dell’ambiente locale: conigli addomesticati e animali da cortile razzolano negli spazi erbosi attorno ai fabbricati rurali, trasformati in un moderno ‘resort’. Ci consegnano le chiavi dell’appartamento, mentre dalle finestre del nostro alloggio scopriamo che a pochi metri di distanza, sulle pendici della collina, alcuni caprioli stanno brucando l’erba. Ma tutto questo ce lo gusteremo meglio l’indomani, con la luce del giorno. Assieme alla cucina casalinga, tipica del bresciano: dalla carne in umido, ai bolliti, alla pasta fatta in casa, al vino, in diverse versioni: dal Rosato al Satin. Pensate: la produzione aziendale, alcune decine di migliaia di bottiglie, viene venduta esclusivamente in cantina. Dalla quale esce soltanto a bordo delle auto o dei pullman dei clienti. O nella pancia dei tanti cicloturisti che fanno tappa Al Rocol. Già al mattino del giorno successivo la temperatura è calda. E così, prima di fare un giro con Outback sul lago d’Iseo, che dista poco più di dieci km, facciamo un tuffo nella piscina dell’agriturismo. Le strade verso il lago ci consentono di apprezzare la guida, confortevole, all’occorrenza sportiva della Subaru. Imbocchiamo una ripida salita sterrata per apprezzare meglio e dall’alto il panorama del lago: l’auto sale con la stessa naturalezza con la quale la sera prima i caprioli si muovevano sulle balze della collina.

 

TENACE E SICURA ANCHE SUL FANGO PIU’ VISCIDO

 

Scendiamo verso le rive del lago, e imbocchiamo una strada fangosa che non ha ancora scaricato la pioggia caduta nei giorni precedenti. Qui, il fondo è davvero viscido. Come quello che vedevamo già negli anni ’70, ritratto nelle foto e nei video del RAC, il mitico Rally d’Inghilterra che si corre sul pantano dei grandi parchi d’Inghilterra. Qui, accanto a noi c’è il fiume Oglio. Facciamo un test di aderenza a velocità ridotta. Poi, riproviamo, pigiando con decisione sull’acceleratore. La tenuta è quella di un fuoristrada, anche se le gomme che la nostra Outback monta al momento, non sono da cross, ma semplicemente stradali. Semplicemente sfruttando le quattro ruote motrici, la macchina mantiene la rotta che le imponiamo, senza alcuna ‘ribellione’, o distrazione. Anche la trazione è buona. Se vogliamo di più da lei, possiamo intervenire …di persona. È infatti possibile scalare le marce anche in corsa. Ciò ci permette di riacquistare aderenza quando essa viene meno. E di non rallentare. Al rientro sulle strade asfaltate, diamo un’occhiata alla macchina dall’esterno: non dimostra di avere attraversato percorsi immersi nel fango. Segno che anche gli accorgimenti nella progettazione della scocca e della carrozzeria, per un SUV che è anche Crossover, sono stati azzeccati. Andiamo verso il fiume. Gli argini sono l’ideale per provare un fuoristrada. E nonostante le scorribande da una rampa all’altra, non ci sentiamo minimamente fuoristradisti. Ovvero: ci sembra di non avere mai abbandonato la nostra auto stradale, né i percorsi di ogni giorno. Outback è comoda anche nella guida crossover.

 

CON SUBARU OUTBACK IL GIRO DEL LAGO D’ISEO CON ALCUNE DIGRESSIONI PER GODERSI IL TERRITORIO

 

Nel pomeriggio decidiamo di fare un giro in bicicletta lungo le rive del lago, da Sarnico a Marone, dalla provincia di Bergamo a quella di Brescia. Quindi, apriamo il baule, aiutati dal motorino elettroidraulico che lo solleva automaticamente, semplicemente premendo un bottone. Poi, abbattiamo i due sedili posteriori, e creiamo lo spazio sufficiente per caricare a bordo la nostra due ruote a pedali. Dopo pochi km ci infiliamo verso i percorsi ciclabili del lago. Quindi, scarichiamo la bicicletta e via, a pedalare. Nel frattempo, la moglie se n’è andata con Outback  a Iseo per fare la spesa. Le sue impressioni alla guida della Subaru? Docile come una utilitaria; volante leggero ma sicuro; facile da parcheggiare; comoda per caricare tutto quello che serve; rilassante per la guida nel traffico; sicura anche nella nebbia. Infatti, oltre a potenti fari a led, con i dispositivi Eyesight, Outback ci segnala con avvisatore acustico e ottico (si mettono a lampeggiare le corone degli strumenti principali e l’avvisatore dei piccolo display tra i due orologi centrali) se ci stiamo avvicinando troppo alle linee tratteggiate o continue di mezzeria, o a quelle del limite destro o sinistro della carreggiata. Una bella comodità, non vi pare? Bene! Ritorniamo all’auto. E cominciamo il giro del lago Sebino, che è il nome antico del lago d’Iseo. Per fermarci a Sulzano. E prendere la motonave per la breve traversata verso l’isola maggiore del lago. Dove in auto possono girare soltanto il medico e il parroco. Qui, ci possiamo godere il panorama dal monte Isola. Ritorniamo sulla ‘terra ferma’ per ripartire. Ma poi fermarci di nuovo sulla riva settentrionale, dopo pochi km, a Costa Volpino, sede di uno storico motoclub, per una gustosa merenda con prodotti locali. Più tardi faremo un’altra tappa a Castro. E la sera rientreremo a Ome: Gianluigi ci aveva promesso la carne all’olio. Un gustoso piatto locale che, francamente, sposato con uno dei Franciacorta della casa è davvero una ghiottoneria. Concluso il test drive, che nel contempo ci ha permesso di scoprire un territorio nuovo, ringraziando Subaru Italia sinceramente ci dispiace di dover già restituire quest’auto. Ci aveva abituato davvero a un grande confort, anche grazie ai suoi accorgimenti innovativi. E ci sentivamo davvero coccolati da un’auto che non ha bisogno di tante accortezze per dare il meglio di sè.

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PROVA: FCA 500 UN RITORNO AL PASSATO REGALA VERSATILITA’

#TESTDRIVE: IL RITORNO DI UN MITO – DALLA 500 ALLA #CINQUECENTO VIAGGIARE COMODI E SICURI

BASSI CONSUMI BUONE PRESTAZIONI CONFORT ADEGUATO E UN LOOK MODERNO ANTIAGE

PER LA CINQUECENTO L NUMEROSI GLI ELEMENTI DI PREGIO E UNA GUIDA MODERNA E RASSICURANTE

È da un po’ che è presente sulle strade, ma il fascino che ha saputo trasmettere fin dal suo esordio, poi amplificato dalla versione L, esaltato da una campagna di lancio importante, che p ripresa in questi giorni, non ci può esimere dal provarla per voi, che non avete ancora avuto la fortuna di salire a bordo della utilitaria, poi divenuta anche grande, della Casa nazionale. Dalla sua comparsa sulle strade italiane, la Fiat Cinquecento ha suscitato subito curiosità, aspettativa, ammirazione, affetto da parte di quanti avevano vissuto l’era della Fiat 500, negli anni ’60. Ma anche simpatia da parte dei più giovani, e in particolare dei più piccini. Il muso simpatico, che ricorda i fumetti di Topolino, e le dimensioni contenute l’avevano da subito resa simpatica ai bimbi. In realtà, la replica, in grande, della Fiat 500, cinquant’anni dopo, svela una linea elegante e grintosa. In sintonia con le caratteristiche della vettura, anche oggi di dimensioni compatte, duttile in città, ma adatta anche ai lunghi percorsi. La prima volta che ci siamo saliti a bordo è stato il caso… in un kart dromo della Riviera Friulana volevamo incontrare un vecchio amico tuttora presente nei rally: “Rudy”, al secolo Roberto Dal Pozzo, già navigatore di Bray, Lucky, Toni Fassina e di altri piloti degli anni ’70, ’80, ’90. L’occasione? Eccellente: un contest per scegliere un equipaggio destinato a correre in Costa Smeralda in una gara internazionale. La sfida, degli aspiranti piloti e copiloti, si giocava proprio sulle Fiat Cinquecento. Reincontrate alcune altre vecchie conoscenze del rallismo italiano, ‘Rudy’ ci ha detto: -“Facciamo un giro in pista”. Così abbiamo provato l’emozione di correre su un percorso nuovo, guidati dalle ‘note’ di un’icona del mondo dei motori. Il ‘maestro’ dei copiloti: ‘Rudy’. La macchina, docile e maneggevole, risponde agilmente alle sollecitazioni nelle staccate, supera come da copione le chicane. Certo, il modello che avevamo per mano avrebbe avuto bisogno di un po’ di cavalli in più per farci sentire con ancor maggiore realismo nei panni del pilota. Ma anche così, con l’auto di serie, è stato possibile apprezzare la buona posizione di guida, adatta anche per l’uso sportivo. Una buona frenata, anche se, per non sfigurare con uno dei nostri ‘miti’ del passato e di oggi, ‘Rudy’, è una delle funzioni della Cinquecento che abbiamo testato di meno. L’aspetto della Cinquecento è davvero simpatico. Perché ricalca con classe e stile moderno le forme della mitica Fiat 500. La si riconosce subito, anche da lontano, nello specchietto retrovisore, dai fanali: imitano perfettamente quelli della 500 degli anni ’60. Certo, con altre lampade e un’efficacia diversa.

Poi, sul nostro cammino, è arrivata la CINQUECENTO L.

Sicilia: aeroporto di Palermo. Un trasferimento di notte fino a Castelbuono, sulla montagna alle spalle del suggestivo borgo marinaro di Cefalù, ci permette di apprezzarne la grande capacità di carico. I generosi spazi interni. La comodità dei sedili. La qualità delle rifiniture. La simpatia del cruscotto e della strumentazione, con la radio-navigatore a display del tipo ‘touch screen’ centrale, che riprende le forme di quello della vecchia 500. Le ruote di dimensioni maggiorata rispetto alla versione base, quelle in lega, ci hanno consentito di prendere subito dimestichezza con la sua stabilità e la precisione di guida. Anche in un pur breve percorso di montagna. Il risveglio nell’accogliente agriturismo Bergi, fattoria didattica-biologica, e una colazione tutta naturale, ci hanno fatto aprire gli occhi sul paesaggio circostante: ci trovavamo proprio sotto le Madonie. Scendendo in strada, poche centinaia di metri più avanti abbiamo incontrato il cartello con scritto Targa Florio, e l’indicazione di un paio di tracciati da poter seguire, sulle strade già affrontate dai grandi campioni del volante. È lì che abbiamo provato la tenuta di strada, la maneggevolezza, la versatilità di un’auto di dimensioni, stavolta non da utilitaria, ma da piccolo SUV, che non si è lasciata intimidire dalla varietà delle strade, dalle rampe in salita, dalle discese guidate. Al rientro al nord abbiamo provato un’altra L, ma con le ruote più piccole. Questa volta con l’intenzione di fare attenzione a consumi, a un uso più familiare della Cinquecento. Confermate le ottime capacità di carico, ed è bene saperlo, esiste anche la versione Lounge, ancora più lunga e spaziosa, ci siamo trovati un po’ a disagio per i primi KM percorsi in autostrada. A causa delle ruote, forse sottodimensionate per questo modello, ma comunque di serie, l’auto ci ha trasmesso una sgradevole sensazione. Forse acuita dalla nostra consuetudine di guida con l’assetto ‘Alfistico’: tenendo la mano sinistra in alto sul volante, comportamento da non imitare nella guida di ogni giorno, per dedicare l’uso della mano destra alla leva del cambio, che è centrale e all’altezza giusta, la macchina tendeva a oscillare da un lato. Poi dall’altro. Come un pendolo. Un po’ come accade guidando per la prima volta un motoscafo dotato di una sola elica centrale. Riposizionando le mani nella classica posizione delle 4 – 10, abbiamo potuto apprezzare la sicurezza di guida della Cinquecento. La sorpresa più gradevole è arrivata dopo qualche giorno d’uso lungo le strade della Riviera Friulana: la lancetta del serbatoio stentava decisamente a scendere. E in effetti, il consumo medio dell’auto era ben superiore ai 20 KM/l. E al giorno d’oggi si tratta di un buon risultato. Anche per quanto riguarda la L, ci siamo affezionati alla sua linea, alla scelta concreta e azzeccata dai volumi e degli spazi. Alla simpatia della linea che ricalca, in maxi, quella della sorella più anziana, la 500 Familiare. Con la quale, da ragazzi, ci divertivamo a fare le gare di sbandata, che all’epoca, plagiati dal periodico Il Pilota e dalle gesta dei driver francesi come Androuet e Darniche, chiamavamo ’derapage’. Certo, perché la Fiat 500 era a trazione posteriore. Mentre la Fiat Cinquecento, anche la L, è come la gran parte delle auto moderne a trazione anteriore. E manifesta ampiamente tutte le caratteristiche positive che ne derivano. Anche sul bagnato è incollata all’asfalto. Non ha incertezze E sullo sterrato rivierasco, liscio e veloce, tra Carlino e Precenicco, non manifesta criticità: corre esattamente dove e come noi desideriamo, anche spingendo sull’acceleratore. La stessa sensazione rassicurante che si prova nel misto su asfalto, nella compagna del palazzolese. Anche esagerando nelle curve strette, Cinquecento non si scompone, grazie a un’adeguata distribuzione dei pesi. In conclusione, è un’auto consigliabile per le famiglie, ma anche per chi viaggia parecchio, e ha necessità di carico. Ma non vuole abbandonare il confort, né trascurare il proprio look. Diverse versioni di carrozzeria bicolore non fanno rimpiangere altri mini SUV in circolazione. E le conferiscono un tocco della classica eleganza Made in Italy. Che piace molto anche all’estero. Ciò consente di usarla in ogni occasione, da quelle di lavoro, a quelle familiari, alla sera, con gli amici. In ogni stagione. Ben accessoriata, forse, il prezzo d’acquisto può sembrare un po’ elevato, ma il confort, i bassi consumi e l’affidabilità e durata dei motori,  possono compensare, alla distanza, anche queste incertezze.

Carlo Morandini                                                      Listener

PERCHE’ APRIRE UN BLOG? PER CONIUGARE TEST DRIVE CON LA CONOSCENZA DEL TERRITORIO

Perché aprire un blog? Per poter scambiare con una platea in parte sconosciuta opinioni, pareri, esperienze. Acquisire conoscenza e cognizioni nuove. Su che cosa? Soprattutto su un argomento che mi appassiona da sempre. Da quando, bambino, mio padre mi permise di sedermi al volante della Fiat 750, non 600 badate bene perché aveva qualche cavallo in più di potenza. E mi fece stringere il volante. Poi, in una piazza della città arrivarono delle automobiline con motore a scoppio del Club di Topolino. E non riuscivo a staccarmene. Mentre gli zii emigrati in Francia al rientro per le vacanze estive mi portavano le riviste di auto e motociclismo in francese. Forse, dunque, la passione per i motori me l’hanno trasmessa loro. E si è rafforzata nel tempo. Sta nel DNA di chi è cresciuto in un’epoca nella quale la radio, i giornali quotidiani, le prime trasmissioni televisive, i primi rotocalchi trasmettevano l’alea di imprese epiche: i primi traguardi dell’uomo con i motori, su due o quattro ruote. Ingigantendone la portata, ma forse rendendone in modo realistico la reale dimensione. Perché charlieinauto? ‘Charlie’, ovviamente Carlo, era il soprannome con il quale le prime fan del Motoclub mi incitavano quando correvo nell’enduro. Prima nella regolarità moticiclistica. E sapete come si chiamava il club, con sede nel cuore della città? ‘El cai’, che i lingua friulana significa lumaca… Qualche coppa, poi il progresso che galoppava già più veloce di noi fece arrivare il grande rallysmo sulle strade delle montagne vicine, dove la sera andavo con gli amici ad allenarmi su percorsi interamente sterrati. E il buio della notte era squarciato dai bagliori dei Carello Sirio o Megalux. E il silenzio della montagna del rombo del quattro cilindri della 124 Abarth, del suono pieno e rassicurante dei sei cilindri Ferrari della Stratos, dalla pressione sibilante dell’Alfa GTV, dal ritmo metallico del motore raffreddato ad aria delle Porsche. E ogni passaggio dei campioni di allora era una lezione di stile di guida: Munari, Ballestrieri, Pregliasco, Verini, il povero Cambiaghi, Bacchelli, Bray, Pasutti, l’indiano Metha, Trombotto, Paganelli… Poi, l’arrivo delle prime radio ‘pirata’, perché ancor prive di permessi di radioemissione. Ed ecco le prime trasmissioni a tema: ‘Pole position’, ‘Canale 49 motori’… Poi Autosprint, Rombo. Ma dopo il terremoto che colpì il Friuli il lavoro si sarebbe sviluppato su altri versanti, istituzionali, e su argomenti meno ‘rombanti’. Ma la passione, quella vera, non si può estinguere. E pur avendo sempre continuato a coltivare il giornalismo motoristico, il volante, in mano, l’ho tenuto per viaggiare e girare per lavoro: credo per quasi 3 milioni di km calcolando le auto impiegate moltiplicate per il tempo trascorso dalla patente A, a sedici anni, la B a diciotto e qualche mese. Ed ecco, di recente, da alcune emittenti televisive del Nordest, l’invito per creare una trasmissione sulla cultura del territorio. E per percorrerlo, anche in auto. E inserirvi qualche test drive. Che proprio questo blog potrà contribuire a divulgare ulteriormente e a renderne partecipi altri appassionati. Charlieinauto