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A Dio quel che di Dio
04 GIUGNO 2024
MARTEDÌ DELLA IX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Il Signore oggi ci insegna l’equilibrio delle cose: dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ma sopratutto ci insegna a non metterlo alla prova. Spesso, anche se ci nascondiamo, lo facciamo anche noi, lamentandoci che tanto Dio non ci ascolta, che è lontano dalle nostre miserie. A che serve andare da Lui se poi nella fatica non lo vediamo?
Questo è il più grande nostro errore, inserire il dubbio verso Dio e non dare spazio a ciò che Lui realmente è: pienezza infinita, presenza, Paternità. È il momento di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, credendo anzitutto che Lui c’è, che è accanto a noi giorno dopo giorno, nella sofferenza come nella gioia. Non è facile sentirlo accanto, è vero, perché tra noi è Dio inevitabilmente c’è una distanza, é quell’alterità che distingue le persone, ma che le mette in relazione, se si mette in gioco la libertà.
Egli liberamente sceglie di non essere più solo un Dio lontano, e manda ciò che ha di più bello: suo Figlio, così che guarendo, sanando, perdonando, ciascuno possa credere in Lui. Dio dona anche a noi la libertà di poter scegliere, di fidarsi, di aprire il nostro cuore a Colui che è alla porta del cuore e bussa. Non si impone, dispone, un Dio che ti desidera!
Contrariamente a quanti nella vita ci hanno deluso, Egli non si allontanerà mai, non solo c’è, ma resta nonostante tutto il tuo mondo ferito, calpestato o umiliato. Dio non è qui per assorbire delle colpe, per essere accusato, ma liberamente prende su di sé la tua colpa, così che tu sollevato possa incontrarlo.
Dare a Dio quel che è di Dio, è in ultima analisi accettare che il Suo amore è efficace e che nessuno potrà mai amarci in questo modo. Che ne dici ripartiamo? Lui è qui e ti tende la mano, così che quando camminerai sulla “corda” Egli ti sosterrà e non ci sarà più vuoto o paura, ma solo amore e bontà.
“Signore,
mi affido a Te,
a quel Tuo amore grande,
affinché il mio cuore torni a credere.
Stammi vicino,
possa sentire il Tuo respiro.
Dio dove sei?
Tienimi la mano,
fa che non cada,
e la Tua forza mi spinga
oltre quella ferita,
per sentire la Tua vicinanza
in ogni vuoto, in ogni fatica.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Il Padre vi ama
11 MAGGIO 2024
SABATO DELLA VI SETTIMANA DI PASQUA
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Quando abbiamo bisogno di qualcosa per la nostra vita, andiamo a chiederla da chi ci possiamo fidare; e chi meglio di Dio è più fedele verso di noi?
Gesù ci dice di chiedere nel suo nome, attraverso di Lui, il Figlio amato, che ci ha resi tutti figli di un unico Padre ed effonde in noi il suo Spirito. Pregare il Padre attraverso il Figlio è entrare in una relazione d’amore e di comunione dove lo Spirito donerà quella gioia piena promessa ai discepoli.
Pregare diventa il desiderio di “toccare” il cuore del Padre, perché crediamo nel suo sostegno, perché la preghiera rassicura il nostro cuore nelle vicende della vita, dove dobbiamo affrontare sofferenze, decisioni, fatiche, malattie.
Noi preghiamo per le necessità materiali, ma non dimentichiamo che lo Spirito prega in noi e ci unisce nell’amore, a quel mistero di salvezza che Dio ha pensato per tutta l’umanità.
Il nostro cammino di preghiera, ci conduca un giorno nella fiducia di essere talmente amati dal Padre, da non domandera più nulla, semplicemente perché l’amore sa di quali cose abbiamo bisogno e nella sua volontà troveremo la nostra gioia.
“Padre,
sono qui e ti chiedo:
amami, amami sempre.
Hai mandato tuo Figlio, Egli mi ha perdonato,
perdona tutte le volte in cui io non ti ho creduto.
Il mio cuore è come il pianto di un bambino nella notte
che geme e chiede:
Dio dove sei?
E mi scopro qui, tra le tue braccia
a cullare quella paura insensata,
perché Tu mi ami da sempre
e quando crescerò,
le tue braccia non cesseranno di sostenermi,
perché Tu mi ami e ti amo anch’io.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Vicinanza di Dio
13 MARZO 2024
MERCOLEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
Se dovessimo dire qual è la, differenza tra noi e Gesù, è proprio questa: la percezione di un’unità costante con il Padre.
Gesù afferma di agire come Padre, di perdonare come, Lui di amare come Lui: “quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo”. È un’unità tale, che se dovessimo raffigurarla con un’immagine, non sapremmo distinguere quando finisce il Padre e quando comincia il Figlio. Con ciò, cosa vuol dire a noi il Vangelo di oggi? Che il Padre ritenendoci figli, ha mandato suo Figlio, per guarirci da quella solitudine che a volte ci devasta, quando facciamo fatica, quando la sofferenza è al limite e urliamo persino contro di lui: dove sei?
Il Figlio è la risposta al nostro grido: sono qui accanto a te, proprio com’ è scritto nella prima lettura: “io non ti dimenticherò mai”. È come se Dio ci dicesse: ci sono, non ho mai smesso di amarti, soffro anch’io per il tuo dolore. Non c’è croce più grande che vedere il proprio figlio soffrire, ma ti conosco, tu non mi vedi, non mi senti, ti mando mio Figlio, affinché tu possa aprire il cuore e trovare speranza.
Eccoci, siamo tutti davanti a quel Padre che ha generato un Figlio, ora in questo tempo, con le braccia distese così che quando crollassero le nostre, la croce non ci cadesse addosso. Gesù, cireneo dei nostri giorni, ci aiuti a comprendere che è il Padre ora che agisce, per consolare e sostenere la nostra vita, per rassicurare il nostro cuore che mai si dimenticherà di noi. Ed ogni istante di croce o di luce, porta con sé la Sua presenza, la presenza di un amore che perdona, che ci protegge, che asciuga le nostre lacrime.
Il Padre agisce e agisco anch’io, sentiamoci dentro questa relazione del Padre e del Figlio, perché è proprio in essa che la nostra solitudine non c’è più.
“Signore, stammi vicino,
possa sentire l’amore del Tuo Figlio
venirmi incontro,
Tu che l’hai mandato anche per me,
ti prego, fa che non si scordi di me.
Siamo tanti, una folla intera
ed io cosa sono per te?
Tuo figlio!
Aiutami a sentire la forza di questa parola,
così che possa venirti incontro
ed aprire quella porta del mio cuore, chiusa da tempo per il dolore
e che ora so essere protetta da Te.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Amare
08 MARZO 2024
VENERDÌ DELLA III SETTIMANA DI QUARESIMA
Amare ed essere amati, è un desiderio fondamentale e primigenio dell’uomo, allora il comando di Dio non è più un comando, ma è un desiderio, quello di entrare in relazione con colui che
ci ama più di tutti, fino a darci la vita. Egli ci ha chiamati all’esistenza. Dio parla e noi abbiamo il compito di ascoltare la voce che ama la vita. Amare è instillare desiderio, amare è nostalgia di essere sempre riamati di nuovo.
Siamo polvere, e il Signore ha messo insieme questa fragilità, creandone un organismo stupendo; non siamo opera delle nostre mani, bensì della parola di Dio che ci ha chiamati alla vita e ora ci dice: Ascolta!
“Ascolta la tua anima, Io ti ho colmato di amore, non di filantropia, ho dato la mia vita per te, perché tu potessi esserne totalmente partecipe e vivere accanto a me.
Amami! Io che ti ho dato la vita, mi faccio ora mendicante di quell’amore che tu puoi darmi, ma dammelo tutto, non tenere niente per te, perché chi dona moltiplica.
Ascolta quanto amore ti ho dato e comunicalo, dillo a tutti”.
L’amore è uno solo, ma a tutti possiamo dare qualcosa di noi, di originale, di nuovo, proprio in forza di quello che abbiamo ricevuto; possiamo essere segno e rivelazione del volto di Dio, al cuore di ogni fratello.
“Insegnami ad amare
anche quando sono stanco;
insegnami a mettere il cuore
e non solo la testa.
A tutti i poveri, ad ogni ricco,
dal primo all’ultimo uomo,
Tu doni una casa,
e la Tua casa è il Tuo cuore.
Aiutami a fare del Tuo amore,
la mia vita,
che ogni fibra del mio essere
ami come Te
e tutti sappiano riconoscere il Tuo amore
e benedirti per questo.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Come il bambino
21 FEBBRAIO 2023
MARTEDÌ DELLA VII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Sir 2,1-13
Salmo: Sal 36 (37)
Vangelo: Mc 9,30-37
Mentre i discepoli discutono su chi sia il più grande, Gesù si fa piccolo come un bambino. Nella vita c’è chi sale e vuole apparire e chi invece, vorrebbe solo contare qualcosa agli occhi di qualcuno.
Gesù è venuto per tutti, si pone in mezzo, affinché guardando a quel bambino non vedano solo un infante, ma un grande uomo, Dio, venuto a liberare il nostro cuore da tutto ciò che blocca la nostra relazione con Lui. Quel bambino è il nostro equilibrio: semplicità e fiducia, abbandono e amore sono le caratteristiche che si intrecciano, affinché possiamo incontrare il volto del Padre.
Siamo invitati ad accogliere Gesù nella nostra vita ed abbracciarlo, come Lui ha fatto con il bambino nel Vangelo, Non è solo una dimostrazione di affetto, ma è contenere in noi, tra di noi, tanto amore, così che penetri in quella profondità che ha bisogno di essere sanata, amata ed accolta.
Gesù ci è accanto, ci stringe a sé per dare soliievo al nostro cuore, per assicurarci che con Lui la sofferenza passerà presto, non sarà l’ultima parola. Allora affidiamoci a Lui, accogliendo lui, accoglieremo il padre e ci sentiremo finalmente parte di una famigia divina, in grado di sanare quella terrena e di portare luce lì dove c’è ancora oscurità.
“Gesù, aiutami ad accoglierti,
come Tu hai accolto me da sempre,
prima ancora che me ne rendessi conto.
Fai del mio cuore tua dimora,
capace di ritrovarti
quando il buio si fa più fitto,
così che la mia speranza abbia un volto a cui guardare: Tu.
Tu nel mezzo, fai di me stesso
il luogo dove ti possa abbracciare,
specialmente quando è dura confidare
e ritrovi in Te la mia forza.”
(Shekinaheart Eremo del cuore)
Solennità di tutti i santi
MARTEDÌ 01 NOVEMBRE 2022
TUTTI I SANTI – SOLENNITÀ
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Ap 7,2-4.9-14
Salmo: Sal 23 (24)
Seconda lettura: 1Gv 3,1-3
Vangelo: Mt 5,1-12a
Oggi è la solennità di tutti i santi, una solennità che riguarda tutti noi ed è il Vangelo stesso ad offrirci questa riflessione, leggiamo: beati quando siamo poveri in spirito, nel pianto, addirittura perseguitati, perché in quella condizione forse, possiamo fare un passo in più e scoprire la mano di Dio.
Gesù dice: “beati,” lo siamo, perché Dio non ci abbandona, beati per avere un Dio così.
Spesso si tende a pensare ai santi come a persone perfette, impeccabili, eppure ciascuno di loro, in vita ha avuto le sue fatiche e fragilità, però ha trovato il modo di riporle in Dio e farne oggetto di relazione e dialogo con Lui.
La solennità di oggi, ci fa pensare quanto il cielo sia immensamente grande, in grado di accogliere i più piccoli, i più fragili e farli sentire amati.
Il santo è colui che si è sentito amato, è colui che nel silenzio del cuore ha sentito ardere qualcosa di grande ed ha compreso, che Dio avrebbe fatto la differenza, sarebbe stato una risposta a tutto il suo vissuto.
Quando ti viene da piangere, sei deluso o hai paura, confida in Dio, non temere, perché tanti prima di noi, hanno trovato in Lui un luogo di rifugio. Non è facile sentirsi dei beati o pensare ad un cammino di santità proprio nel momento della sofferenza, eppure c’è una cosa che fa la differenza nel Vangelo di oggi: Gesù parla di beatitudine, perché la vede contemporaneamente già in noi, quella fatica che stai vivendo non sarà per sempre ed è abbracciata dall’amore di Dio.
Dio non ti ha lasciato solo e non lo farà mai e allora rallegrarsi non è solo sorridere, ma è ritrovare la pace, un respiro di sollievo nel cielo, è l’arcobaleno dopo la tempesta.
“Signore,
sono beato perché ho Te come Dio,
perché al dolore e alla fatica hai dato una risposta: il Tuo amore.
Aiuta tutti coloro che ancora sono lontani,
fa che sentano la Tua forza
e scoprano in Te un luogo di rifugio.
Solleva il nostro cuore dalla confusione e dal timore,
dall’incertezza e dall’indifferenza,
aiutaci a essere davvero operatori di pace, assetati di bene
e capaci di rispondere con i colori del cielo
al tanto buio che a volte ci opprime.
Ed il Tuo regno non sia solo un pensiero, ma una ragione di vita
da cercare e diffondere in molti cuori, già qui su questa terra”.
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
Il regno di Dio
25 OTTOBRE 2022
MARTEDÌ DELLA XXX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Ef 5,21-33
Salmo: Sal 127 (128)
Vangelo: Lc 13,18-21
Il Signore usa due parabole per indicarci cos’è il regno di Dio.
Esse partono dalla piccolezza: un granello, un poco di lievito per divenire qualcosa di grande. È una relazione che ha il compito di essere coltivata per crescere. Il Signore dona il Suo regno, ci dona se stesso, la Sua relazione, ma per esserne parte dobbiamo prendercene cura.
Solo nella cura ci scopriremo dei curati. Il regno di Dio è concretezza non sono solo parole, perché nel concreto Egli si è fatto carne e viene ad abitare in mezzo a noi.
Dov’è questo regno di Dio? Nel nostro cuore, il luogo dove ha scelto di stare per amarci. Quando ci sentiamo fragili, spezzati, impauriti dai venti delle difficoltà, ricordiamoci che il regno di Dio era sí una granello, ma è diventato un grande albero in cui rifugiarsi, dove poter fare un nido e non perdersi.
Il Regno di Dio è il nostro punto di partenza: come gli uccelli del cielo partono da quel nido e poi vi ritornano, così sia anche il nostro quotidiano, vissuto a partire dalla consapevolezza della relazione con Lui e nella certezza che Egli è il luogo del nostro rifugio. Siano questi segni del regno di Dio, a regolare le nostre giornate e non il resto, perché così anche le difficoltà avranno un luogo per affrontarle, la vita una sede dove crescere, e il nostro cuore un rifugio dove essere amati per amare.
“Signore,
insegnami a partire dalla forza del tuo amore
per affrontare le mie giornate con vigore.
Quando sono debole sostienimi,
nelle mancanze perdonami,
nella paura confortami.
Un regno mi hai donato,
nel mio cuore l’hai seminato
così che al riparo dell’albero,
un tempo piccolo seme,
io possa rivedere la mia storia con te e non temere.”
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
La fede è pregare senza stancarsi
DOMENICA 16 OTTOBRE 2022
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Es 17,8-13
Salmo: Sal 120 (121)
Seconda lettura: 2Tm 3,14-4,2
Vangelo: Lc 18,1-8
La parabola sulla necessità di pregare, si conclude con una domanda: “il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.
La fede è pregare senza stancarsi, anche quando tutto è difficile e ci sembra di non farcela, in ogni caso la relazione con Dio, il Suo amore non finirà mai.
A volte può capitare di essere stanchi, stufi e mettersi a pregare può risultare difficile, è proprio in quell’occasione che dobbiamo ricordarci quanto la preghiera sia entrare in una relazione personale con Dio.
Si tratta di aprire il nostro cuore a un Qualcuno in grado di colmarlo, capace di comprendere le nostre sofferenze, e se non sappiamo cosa dire, semplicemente stiamo dinanzi a Lui, offriamogli la nostra fatica, le paure e ascoltiamo.
La voce di Dio si ascolta nel silenzio e si percepisce come una brezza leggera che non si impone, semplicemente ristora e conforta. La preghiera non si ferma lì, a quel momento, ma continua nel tempo, ci inabita e attraverso una parola, un gesto inaspettato, il quotidiano stesso diventa il luogo dove poter vivere alla presenza di Dio.
Questo è vivere di fede, in quella consapevolezza che Dio è sempre accanto e ha preso dimora nel tabernacolo del nostro cuore, ora lasciamogli la luce accesa, non stanchiamoci di pregare, perché Dio ci ama e non si stancherà mai di aspettarci per dare forza, amore, rifugio e conforto ad ogni nostro incontro.
“Signore,
Ti prego, prega con me.
Parliamo e taciamo,
ascoltiamo in silenzio il tempo scorrere,
mentre sto qui a cercare rifugio in Te .
Sono stanco, si, ma non di Te,
della sofferenza e Tu lo sai, perché soffri con me.
Pregare è stare,
io e Te,
quando non so cosa dire, mi sento compreso
e quando ho paura, sei Tu il mio soccorso,
come una luce sempre accesa nel buio della notte,
per illuminare il mio cuore,
per non soffrire più”.
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
La grandezza di un piccolissimo seme
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: 2Sam 11,1-4a.5-10a.13-17
Salmo: Sal 50 (51)
Vangelo: Mc 4,26-34
Oggi il Signore vuole spiegarci che cos’è il regno di Dio e lo fa usando la metafora del granello di senape. Egli desidera anzitutto che sia comprensibile per noi e che sia concreto; non è qualcosa di lontano, impossibile da arrivare, anzi il Signore vuole dirci che il regno di Dio è proprio su questa terra.
Quando nasciamo nel nostro cuore viene messo un seme, sembra invisibile ma è inarrestabile e per quanto possiamo non accorgercene, egli cresce con noi fino a sbocciare nella sua grandezza. Il regno di Dio è la nostra relazione con Lui, essa è dentro di noi dal momento del concepimento, fa parte di noi ed è meravigliosamente incontrollabile, appartiene a quei doni che il Signore ci ha fatto, dei quali da soli non avremmo saputo farci.
Il regno di Dio è la Sua volontà di mettersi in relazione con noi, com’ è possibile questo? La risposta è dentro di noi! Tale regno dall’inizio della vita cresce come un seme, la cui particolarità è che non c’è bisogno di curarla è Dio che se ne prende cura.
I tuoi errori, i tuoi peccati non potranno mai far morire quel seme, perché Colui che l’ha creato, l’ha reso più forte di ogni cosa, poiché è fatto dell’amore di Dio. Questo può farti stupore, può sembrarti addirittura impossibile, eppure Dio l’ha pensato per te, non perché tu non faccia più nulla, ma semplicemente affinché tu scopra in te una forza che è la Sua stessa relazione a darti.
Guardare la nostra storia partendo da quel seme, non ci esula dalle responsabilità, ma ci permette di vivere le nostre azioni proprio a partire da quel seme, e di scoprire che esso sta crescendo in noi, tanto da diventare riparo dove è possibile trovare rifugio.
Tutto quello che cerchi fuori, l’occasione che stai aspettando per poterti avvicinare a Dio, oggi Lui ti sta dicendo che è già dentro di te. Non temere ma semplicemente ascolta il tuo cuore, senti quanto è forte il Suo amore per te.
A qualsiasi punto tu sia della vita e tu abbia un seme o un albero non importa, ciò che conta è la Sua venuta per te, adesso è il momento di vivere il regno di Dio sulla terra, nel tuo quotidiano, tra le persone che incontri.
È venuto per te il momento, in cui questo seme sbocci nella sua grandezza.