Ovunque sarai, col tempo sarò

Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori, (cit.)

I Secondi son giunti a tormentarmi le notti, le poche ore di sonno si son fatte incubi, le poche ore di luce si son fatte lacrime. Nè sembra che alcuna “droga” possa lenire questo mio dolore, possa anche artificialmente colmare questo abisso.
Il modo in cui te ne sei andata non riesco a descrivere, il silenzio e poi il fragore, ho sentito scricchiolare tutto dentro di me, il prodromo di un crollo. Si è avvicendato il torpore di una illusoria serenità con un’inquietante forma di angosciante disperazione.
Te ne sei dovuta andare definitivamente per farmi capire che l’assenza che dipingevo in lontananza stava ancora lì, ferma, quieta e latente. Ma ora che non riesco più a cercarti nè a trovarti in qualsivoglia forma, ora che qualsiasi speranza anche di un tuo solo sospiro si è spenta, mi dispero nel non sapere dove tu sia, o cosa tu sia, se qualcosa ancora sei.
Ci legava l’amore e l’aver condiviso la medesima “malattia”, che fu come una guerra infame. Ha fagocitato le sue vittime, i suoi morti e i suoi feriti. Ha scelto te nel primo gruppo, ha lasciato me nel secondo, anche se spesso avrei voluto fosse l’opposto.
Ho pregato credimi che ti risparmiasse, che lasciasse fosse l’inceder del tempo a portarti via nella giusta ora.

“Non andartene docile in quella buona notte” (cit.)

Ora è una frase che grava sulle mie ossa, non me ne andrò docile, me ne andrò furioso, me ne andrò inquieto come lo fui e lo sarò prima e dopo di te. Non ci saranno altre albe tra noi, parole mozzicate dal sonno e dalla nuova aurora. Se sono sempre i migliori che se ne vanno, non mi stupisco che io sia ancora qui a vergognarmi della mia inspiegabile esistenza. Forse un giorno, spero presto, ti raggiungerò, che sia il tempo, la malattia o io stesso a volerlo, ma non me ne andrò docile.

“E io credo che un giorno verrà per restare abbracciati e (ri)parlare di noi” (cit.)

Venne la morte e ti bussò nel cuore
senza esser invitata senza esser voluta
entrò ignorando la brocca d’acqua e le medicine,
Trovò fiori, giovinezza e un bel sorriso
forse un po’ opaco, o forse solo timido
come il sole che non vuol bucare le nubi.
Ella Ti strinse a sè come una sua bimba
impaurita e non ancora pronta all’abbraccio
che non sa di miele, che non profuma di rose,
così tue fragili ossa non hanno retto
così come il tuo esser te che non resse
nè il mio peso, nè quello dei tuoi affanni.
E ora che ti sei abbandonata ad essa
i miei anni a venire sembrano fiato sprecato
i miei pensieri un insulto ai sogni altrui
Nè ti voglio immaginare esistere in altre forme
diverse da quella che tu ti sei disegnata
e che io ho incredibilmente e malamente amato.
Venne la morte e ti bussò nel cuore
si prese i fiori, la giovinezza e un bel sorriso
E come un incendio alimentato dal vento
nella malignità della cruda sera
lasciò a me lacrime e un pugno di cenere.

012448.Arrivederci_thumb

“Ci siamo appartenuti come solo noi sppiamo, ci siamo accomiatati come solo il tempo sa”
(Clicca Qui)

“E ora conosco il sapore della rabbia e del dolore mischiati assieme”

Ovunque sarai, col tempo saròultima modifica: 2017-07-21T03:36:23+02:00da Gian.Pisolo

5 pensieri riguardo “Ovunque sarai, col tempo sarò”

I commenti sono chiusi