Differenziate la Differenziata

E’ ufficiale. Il nostro illustrissimo Sindaco s’è bevuto una damigiana di Mastro Lindo Concentrato per poter partorire un’idea così brillante. Poichè il livello di raccolta differenziata nel nostro comune è solo del 79% dobbiamo triplicare gli sforzi per arrivare all’81 e vincere l’agognato premio: il cassonetto d’oro. Per fare ciò ha speso centinaia di euri pubblici per pubblicare un vademecum di regole astruse su come si faccia la raccolta differenziata. Sinceramente ho capito solo che il cartone delle pizze, se è sporco, si deve pulire, togliere la parte di unto e gettarlo tra il compost, mentre il resto va tra la carta e il cartone. Una faticaccia che ti fa passare la voglia di andare a comprare la pizza. Le buste con la finestrella invece vanno maledette. Si deve staccare la finestrella e buttarla nella plastica, il resto nella carta. Le bottiglie di plastica vanno schiacciate saltandoci sopra. Così come i fustini del Dash. Alla fine della fiera capirete che iscrivervi in palestra sarà solo tempo perso.
In un’ottica speciale di Spending Review i bidoni per la raccolta ce li siamo dovuti comprare. Ho scelto colori neutri tipo il grigio Beccamorto, il marroncino Cacca di bambino e il blu Tuta da meccanico (macchie di grasso comprese). Mia madre sostiene che fanno un figurone vicino al divano. Nel frattempo nel nostro paese si sono moltiplicate le campane per la raccolta del vetro. Nessuno ha detto al Sindaco che sono diventate i luoghi di ritrovo preferiti dai pusher. Sono invece spariti i bidoni gialli e i sacchi neri dopo che la comunità cinese e quella africana hanno minacciato una rivoluzione. E’ pure capitato che nel buio della notte un omino addetto alla raccolta della plastica abbia per sbaglio caricato sul camion il mio povero vicino senegalese Bingo Bongo. Finora ho letto solo le prime tre pagine del vademecum, quelle in cui si racconta l’infanzia del sindaco. Non ho ancora trovato il punto in cui si specifica se dopo averlo letto si possa usare come carta igienica. Ma ho trovato il punto in cui si consiglia di gettare i sacchetti del pane fresco tra la carta e il cartone: io invece, dopo aver fatto dei buchi per gli occhi, li metto in testa ai miei nipoti e li mando a spaventare la signora Carmela. Ha 103 anni e, se mai dovesse lasciarci le penne, occupare abusivamente la sua abitazione sarebbe il mio piano. Nel frattempo cerco di fare il mio dovere di bravo cittadino (oltre a mangiare, respirare e sporcare): ho gettato i Cd di Marco Carta tra la Carta e il cartone, quelli di Tiziano Ferro assieme al Vetro e quelli di Fabri fibra nel compost. Mentre quelli di Ligabue? Ah beh quelli non li ho comprati affatto….

Sarà come nel cielo d’estate
con le nubi a sventolare fazzoletti
salutandoci dall’alto scivolando veloci
o scure in volto fermarsi un attimo
a piangerci addosso le loro avverse fortune.
Ho ancora tutti i nostri sogni stesi,
fili d’erba a fior di labbra che come bimbi
proviamo a far risuonare: la nostra sinfonia.
Io e te siamo un ossimoro
senza alcun futuro fra le carte,
io che cammino nella parte del giorno
nella cui vene scorre il frastuono
tu che lambisci i fianchi della notte
che morde il pane della beata quiete,
non sai dove ti porto, quando ti porto con me
e se mi lasci, quando mi posi prima di dormire.
Sarà come il cielo d’estate
troppa luce o troppo buio su parole
che stanno morendo….

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“E mi circondo del dolore che spesso mi travolge, l’unico che ho imparato a conoscere”

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Grasso come un Botero

Mio nipote mi ha fatto un complimento. Non ne ricevo uno dal giorno in cui sono nato, giorno in cui mia madre disse: “che bel bambino paffuto….”. Mio padre intervenne e disse “è sicuramente paffuto”. Amore di genitore. Così come è amore di nipote nei confronti dello zio il suo paragonarmi a “uno che è uscito da un quadro di Botero, ma solo per strafogarsi di cioccolato”. La mia Spending Review culinaria non sta dando i suoi frutti… Cioè io se non mangio divento nervoso e quando sono nervoso mangio il doppio. Ieri ad esempio appoggiando solo l’alluce del piede destro sulla bilancia ho visto che lampeggiava a quota 78. Per la contentezza di esser fittiziamente dimagrito ho mangiato due panini con la nutella e tre fette di panettone (scaduto). Ha ragione mio nipote, non è verme solitario (se così fosse almeno dimagrirei un po’) è proprio la sindrome inversa di Botero. Botero è quel pittore strano che rappresenta solo e soltanto personaggi grassi. Tutti i suoi soggetti sono grassi: persone grasse, animali grassi, piante grasse, non “quelle” piante grasse! Anche il sedano. il fatto che sia nato in Colombia, nella nazione con l’incidenza di magri più alta al mondo fa capire che l’avere fame è una cosa normale. Ma il fatto che nel suo paese d’origine il pittore abbia avuto poca fortuna, lo si deve proprio al fatto che il pubblico chiedesse insistentemente all’autore. “Dove hai scovato tutti sti soggetti? perchè con due cipolle e qualche carota sarebbero proprio boni”. il fatto è che questa gente non riesce a guardare oltre l’apparenza, non come c’è riuscito il povero Botero che in tutti i suoi “Oliver Hardy” vedeva una sorta di introspettivi “Stan Laurel”. Colui che è grasso ha il magro in sè direbbe un noto filosofo, anche Aristotele direbbe che il grasso è un magro di fatto, mentre un magro è un potenziale grasso. Platone direbbe che il grasso è un riflesso distorto dell’idea iperuranica del magro, come quando da giovanotti compravamo gli occhiali a raggiX per vedere le donnine nude. In realtà spendevamo 11 mila lire per vedere solo le donne deformate. Così per dire che finchè non trovo qualcuno che scovi lo Stan Laurel sepolto nelle maniglie dell’amore, posso sempre continuare a mangiare nella speranza, o posso anche comprarmi un bello specchio deformante al contrario. Uno che mi faccia vedere più magro, così potrei continuare a mangiare in santa pace, sarei meno nervoso e forse mi costerebbe meno.

Ci sono contrazioni del cuore
che ci danno l’idea dell’esistere,
non quello emaciato dello stare,
nè quello supino del subire
come un inchino maldestro
al primo violento scroscio di pioggia.
Colleziono quei momenti
cullandoli con calde coperte,
una rarità pagata a caro prezzo
tra i saltimbanchi di certi sentimenti.
Ordire fitti intrecci d’istanti
è un continuo sudare sulle tele,
così come di troppe frasi masticate
si vive bene o si muore male.
il muto silenzio a volte s’inerpica
tra le intenzioni risicate di dubbi
e ci spalanca gli occhi alla luce,
quella bastarda e infame
che ci desta dall’essere esausti.
Ci sono contrazioni del cuore
che schiudono l’animo dal letargo.
Io riposo ormai da tempo immemore.

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“Solo chi ha idea di cosa cerca può trovare cose che non basterebbero a deluderlo”
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Ti lascio qualcosa… forse

E fu così che pure il Signor V. decise di passare a miglior vita. Alla veneranda età di 96 anni i parenti commossi fino alle lacrime hanno sospirato un “Era ora” di liberazione. Pure Tito Boeri ha deciso di dichiarare il lutto cittadino chiudendosi in casa e brindando con una cassa di Dom Perignon per aver risparmiato una pensione… anzi due, visto che il Signor V. era vedovo e quindi non gli sarà più elargita neppure quella di reversibilità. Qui in paese non si fa che parlare d’altro. A chi avrà lasciato l’ingente patrimonio il buon vegliardo? Il comitato delle pettegole di quartiere hanno sguinzagliato i migliori 007, ovvero i mariti pensionati, a reperire notizie scottanti tra un bicchiere di barbera e uno di prosecco nelle bettole del paese. Per qualche giorno sarà loro perdonato il rientro a casa ciucchi e con le scarpe degli altri ai piedi. Tra i parenti c’è già guerra di cifre per quanto riguarda i partecipanti alle esequie. 4 gatti secondo la questura, 200.000 secondo gli organizzatori, contando pure i nascituri delle donne incinte! Io avevo un bellissimo rapporto col Signor V. Cioè non ci siamo mai salutati, ma non ci siamo mai mandati neanche a Fanculo, ecco perchè spero che nel suo piccolo si sia ricordato di me e mi abbia lasciato qualche migliaio di euro, così per solidarietà. Un giorno mi ha confidato che avrebbe desiderato fare uno scherzo ai suoi eredi e che avrebbe voluto scrivere sul proprio testamento “Lascio ai miei prossimi congiunti e diretti discendenti dei miei lombi, 80 milioni di debiti…. caxxo son debiti, ma sono pur sempre 80 milioni!”. Certo la figlia Lutezia (per la cronaca una bellissima donna fatta e strafatta, ridotta come i ruderi dell’omonima città della Gallia Settentrionale) non l’avrebbe presa affatto bene. Il comitato restauratori della Biblioteca Marciana di Venezia avanza ancora un centinaio di migliaia di euro per averle sistemato la capigliatura… L’altra figlia Aurelia sembra indifferente, gira voce tra gli uomini che frequentano i peggiori circoli delle bocce della contrada, che si sia data alla prostituzione intelligente… D’altronde “cos vul pretendar” da una che si chiama come un’autostrada? Chi sembra pianger davvero la dipartita del signor V. è la badante estone ucraina serba albanese (ogni volta che chiedo di dove sia cambia nazionalità, così ne ho scritte due o tre a caso) disperata perchè nessuno le comprerà più i Marshmellow per accendere il fuoco. Chissà. Forse il povero Signor V. temeva che imitasse Muzio Scevola…. Magari le ha lasciato tutto… Certo che fremo dalla curiosità di vedere una signora leggiadra e asciutta come una giovenca di 10 quintali che guida una topolino in giro per strade larghe come le scatolette delle alici… Non aspetto altro… Nel frattempo vado a fare qualcosa di più costruttivo… Tipo giocare coi Lego..

Il mattino è lucente
della nuova linfa del sole
che sventola al vento
bianchi fazzoletti di nubi.
Ronza tra i rami protesi
una strana primavera,
fatta di guerre e canti,
di abbracci e qualche bacio.
Non sono più il disperato
con la parola in bocca,
morta e senza eco,
con uno scricchiolante
silenzio in braccio
a mo di presente.
il tempo consuma i passi,
le rocce e un mare schiumoso,
come ingrigisce la pianura
di fronte a tanta bellezza,
così si spegne la collera
tra i tiepidi guanciali
di un letto abitato.

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“e il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare  l’alba dentro l’imbrunire” (Cit. Battiato – Prospettiva Nevski)

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Buon Anno Nuovo… Forse…***

*** scritto il 30 Dicembre

Tra un po’ (domani) sarà l’ultimo giorno dell’anno. Giorno di bagordi continui e continuati da almeno 20 giorni. Sì lo so è il periodo preferito dai dietologi che tra qualche giorno cominceranno ad arricchirsi a spese degli ingordi che non sono riusciti a resistere alla tentazione di provare ad assaggiare il famoso cotechino con la nutella. Una gioia per il palato, una pugnalata per le arterie. Che sia giunto il periodo festaiolo in cui ci si strafoga di schifezze è sintetizzato dal motto di mia povera nonna la quale diceva: “Ho l’abete e il polistirolo alto, che me consiglia dottore?”; che sia giunto l’ultimo giorno dell’anno è sintetizzato con estrema finezza e galanteria anche dal mio vicino, che per un giorno s’è improvvisato operatore ecologico: “Chi scopa a capodanno, scopa tutto l’anno.”
Comunque sia, tra poche ore sarà San Silvestro. Sarà un caso che si festeggi il giorno di un santo che ha il nome di un Gatto Sfigato? Che poi che monotonia festeggiare il 31 Dicembre. In Iran, per esempio, l’anno comincia il 21 marzo. I birmani e i thailandesi, invece, sono tuttora indecisi se festeggiare il 13, il 14 o il 15 aprile. In Kamachatkthcha sono un passo avanti. L’ultimo dell’anno viene festeggiato mediante estrazione. Come la tombola. Poi però fanno come noi, più o meno. Si radunano davanti alla Tv ad ascoltare in mondovisione il discorso del PDR Mattarella Secondo, mangiano e bevono in modo esagerato e immotivato e poi quando scocca la mezzanotte trovano opportuno far esplodere ordigni bellici capaci di affondare una portaerei, oppure lanciare bombe a mano sui balconi dei propri vicini per regolare antichi conti lasciati in sospeso. Secondo l’Istat le strade e le piazze italiane, nell’esatto momento in cui scocca la mezzanotte del 31 Dicembre, sono sicure come un quartiere malfamato di Bagdad. I festeggiamenti durano circa un’ora, dopodiché, affacciandosi da una finestra, è possibile ammirare nel proprio quartiere un tipico scenario post-nucleare: strade in fiamme, automobili rovesciate, palazzi che non esistono più, e qualche arto mutilato da qualche Raudo. E ora scusate devo andarmi a preparare, io e l’Amico_D ci apprestiamo a saggiare le tecniche da noi ideate per imbucarsi ad una festa di capodanno, prima però un panino con nutella e porchetta. Tanto tra tre giorni comincio la dieta. Ma poi penso, non potevamo fare come i Maya che festeggiavano l’anno nuovo ogni 72 mila anni?

 

Ci persuade d’esser miti
anche se il gelo raccoglie
a stento gli ultimi pianti,
o la rabbia furente mugghia
roventi improperi al cielo.
Siam giunti a contarci le parole,
a misurarci a spanne le distanze,
quei solchi tracciati dal silenzio
incomprensibile e incompreso
che ricama una balorda malconcia
malinconia, che contagia ogni ben vissuta idea.
Abbiamo raschiato con le unghie
le ultime speranze di vita comune,
ma ci persuade d’esser miti
anche con l’aceto infetto in bocca
e qualche chiodo tra le carni.
Miti e non morti,
perchè solo chi non vive
accetta d’esser un avanzo
di un pasto sputato da altri.

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“Quanti batticuori scompigliati dovrà sostenere la mia anima senza ribellarsi?”
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