Erection Dai….

E Domani ci saranno le elezioni, sia chiaro, so che tutti state pensando si tratti di una sorta di rigonfiamento di massa dei genitali dei cinesi, dovuto a una dosa massiccia di viagra… E invece no. Nell’enciclopedia Treccani si legge che con il termine elezioni si intendono quei procedimenti decisionali democratici per cui un gruppo più o meno esteso di soggetti sceglie una o più persone per assolvere a un incarico o ricoprire un ruolo. Peccato che invece in Italia si intenda il più grande spettacolo di magia e cabarettismo circense noto nell’universo conosciuto. Esse si basano su un complesso sistema in cui gli elettori, qualora dovessero malauguratamente capire le regole di voto, possono tentare di esprimere la loro preferenza nei confronti di una o più persone con logiche di alternanza e cambiamento, affinché democraticamente tutti gli eleggibili possano dire di aver vinto e soprattutto, qualunque sia il risultato finale, tutto resti fondamentalmente invariato e nessuno ci capisca più un cazzo.
Il sistema di voto, noto più comunemente con legge elettorale, affonda le sue radici nel tempo, e bisogna risalire fino alle testimonianze del primo concorso di Miss Italia per capirne qualcosa. Dal vangelo secondo Merigliani si legge che la seconda classificata, una tale PierSilvia B., accettando di buon grado l’esito dell’elezione, secondo i crismi del fairplay e della sportività, abbia dichiarato “Cribbio non è possibile, i sondaggi mi davano in vantaggio, ricontiamo i voti!!!”.
Dal governo comunque giungono segnali incoraggianti, sembra che questa sia l’ultima votazione che si svolgerà con questo sistema (peccato! Si sa che le elezioni fanno girare l’economia e creano occupazione risolvendo il problema del precariato per ben 48 ore). Dall’anno prossimo si opterà per due sistemi:
1) Televoto: sistema elettorale che sancisce la volontà suprema e incontrovertibile di telecomandi e cellulari su questioni delicatissime tipo l’esclusione di personaggi dai reality shows.
2) Alzata di mano: Tecnica elettorale la cui funzione fondamentale è quella di svolgere una campagna preventiva volta a dissuadere le persone a perseverare incessantemente in attività che possono portare alla cecità.
Tuttavia c’è una sparuta minoranza di parlamentari che preferirebbero un’elezione tipo conclave. Per chi non lo sa il conclave è una procedura elettorale a porte chiuse, dove 120 pragmatici cardinali, travolti dallo sballo di messe, preghiere, sermoni e votazioni a ripetizione, optano per la soluzione del ballottaggio a due solo al 35° scrutinio, ovvero dopo che per 34 volte i 2/3 dell’assemblea non vota uniformemente e tenta di appiccare altrettanti incendi visibili all’esterno tramite fumate nere, garantendo così anche un corretto smaltimento dei rifiuti. Alla volta buona viene emessa una fumata bianca, ma è meglio non chiedersi cosa venga bruciato in quel caso (voci di corridoio dicono che venga arso vivo il papa precedente).
Ma non vi preoccupate, domani non viene eletto un Papa. Come lo so? C’era scritto sul bugiardino della confezione del Viagra….

Com’è che si annega spesso
negli attimi opachi, ma tinti di foglie?
Che la stagione ha preso il largo
ha stretto a sè il tempo migliore
lasciandomi solo le briciole immonde
di un vissuto mal vissuto…
Non ho mai spremuto gli anni
fino alle lacrime dei bei momenti
e ho gettato spesso alle spalle
le vecchie e crude scorze,
le inutili sinfonie e qualche castello
di carte scosso da un brivido di vento.
Se mi trascinerò oltre l’ombra
che placida vive al buio dei piedi
non reclamarmi oltre la sera
non sono mattino, non sono sogno,
ma semplice fiato che nulla scuote
e che talora si sente morire d’inverno.

woman-1150084_1280So di non piacere e di questo me ne scuso
(clicca qui)
o
(clicca qui)

Addio…..

Anche gli amici di Gian. prima o poi si sposano (purtroppo per loro) così capita che anche F. abbia deciso di mettersi l’anello al dito. Come direbbe il nostro amico di lunga data J.R.R. Tolkien “Un anello per domarli; un anello per scovarli; un anello per ghermirli e nel buio incatenarli… Vi dichiaro marito e moglie.”. Ma oggi non voglio tediarvi con un sequela di improperi sul sacro vincolo del matrimonio, piuttosto vorrei disquisire beatamente di uno dei riti più celebrati al mondo e che precedono le nozze… Parlo dell’addio al Celibato. Quella che i comuni mortali chiamano la cerimonia funebre alla singletudine, al fidanzamento e probabilmente pure all’AMMORRE. Perchè per molti la festa dell’addio al celibato è una buona ragione (o forse l’unica buona ragione) per sposarsi! Nonostante il nubendo sia inizialmente titubante sull’evento e si difenda con frasi da enciclopedia dell’arte oratoria del tipo: “Ragazzi, ragazzi… perché organizzate queste cose? Io amo la mia ragazza!” alla fine si sa che la redenzione inversa è un passo fin troppo facile da compiere e che il suddetto essere in poche ore sarà uno che al ritmo di qualche assurda musica caraibica pregherà la stripper di turno di togliersi le mutande…. Ah beata ignoranza. Non chiedetemi perchè sia così difficile ammettere che il motivo principale per cui un essere vivente prossimo all’altare voglia fare l’addio al celibato è che: “Eh beh, è il mio ultimo giorno di libertà e me lo godo!” (risposta maschile) oppure: “Beh… così… sai… per provare…” (risposta femminile di un’iniziata all’addio al nubilato). Nell’ultima edizione del Megadizionario Zanichelli ed 2019 si legge che “L’addio al celibato è quel rito goliardico con cui una coppia si fa le corna ancor prima di essere sposata”… Traducendo dal dizianorese si scorge un vano tentativo di sottolineare il lato positivo di questa “cerimonia” la possibilità di mettere le mani nelle mutande di una donna che non sia la tua futura moglie senza finire dagli avvocati ancor prima che diventi la futura moglie.
Tralascio i dettagli della festa (nella quale per i maschietti ogni cosa dai dolciumi, alla torta, alla frutta ha un vago messaggio subliminale legato al sesso, mentre nell’addio al nubilato il povero maschione che deve spogliarsi di fronte a una bolgia di donzelle invasate da ormoni impazziti deve avere le sembianze del pompiere (22%), Il cow boy (13%), L’idraulico (11%), Il giardiniere figo (10%), l’operaio del cantiere (8%),  il medico (8%), Il becchino (6%), e Papa Ratzinger (il resto per cento) Percentuali ricavate dal Sole24Ore) e vi lascio con una massima di Crepet uno dei massimi (?) sociologhi del nostro tempo il quale intervistato in une delle tante feste d’addio al celibato da lui organizzate e vestito con un unico perizoma in testa a mo’ di cappello dichiarava “La conclusione evidente degli scienziati di tutto il mondo è che l’addio al celibato sta bene a tutti, è quello che c’è dopo che si vorrebbe evitare assolutamente”….

Come fa una rima strozzata
sembrarti una voce suadente,
come se le lettere appiccicate
facessero combutta per sedurti,
anche quando un significato violento
si nasconde tra le dubbie intenzioni.
Non ho mai fatto del mio vaniloquio
una preghiera, o una supplicata nenia,
ma tanti sghembi scoloriti ghirigori
ti hanno tratteggiato un’esistenza.
C’è voluta fin troppa inventiva per riempirmi,
per dare contenuto alla forma,
un viso al tono e un senso alla parola.
C’è voluto un attimo per svuotarmi
per infrangere un’immagine diluita,
una sillaba tronca quanto un singhiozzo.

Black and white portrait of white woman

“Mi basta aprire un carillon per sentirmi bambino e guardarmi allo specchio per ridiventare vecchio”
(Clicca Qui)
o
(Clicca Qui)

 

Pioggia color Ruggine

Mi sono svegliato e piove, strano! Ora che hanno aperto le gabbie, ora che ci hanno detto che possiamo fare qualche passo fuori per vedere se nel frattempo il mondo è imploso su sè stesso, piove. Chi l’avrebbe detto? due mesi di quarantena, ovvero una sesantena di sole ed ora che esci il tempo è bello come un’emorroide. In questi frangenti mi ricordo quello che diceva il mio babbo: “La pioggia è una delle poche certezze della vita insieme alla morte, alle tasse e al bambino della Bauli che sotto Natale ti sfonda le palle cantando «È Natale e a Natale si può fare di più!». Sulla mia macchina ferma da mesi c’era la classica scritta “tieni duro che piove”, peccato sia piovuta sabbia mista a guano delle rane e ora il mio catorcio sia anche più lurido di prima. “Mi spiace, non ci aspettavamo proprio che sarebbe piovuto” si è sentito dire dalla Protezione civile mentre il Seveso esondava. A me piace la pioggia anche se è la principale causa di morte dei pupazzi di neve. E oltre a piovere acqua, dalla mia bocca piovono smadonnamenti. Ovviamente ho lasciato l’ombrello in ufficio e non c’è manco un omino buffo in giro che col brutto tempo ti vende un ombrello ad un  prezzo modico pari al debito pubblico di uno stato mediamente industrializzato. Speriamo che nessuno si sia permesso di rubare il mio bellissimo ombrello di Hello Kitty. L’ho pagato una fortuna ed è il mio tessssssoro. Che poi la pioggia è raccontata  e cantata in molte opere, odi e canzoni, sempre in termini molto positivi come ad esempio nel detto “piove, governo ladro”, o come quando Leopardi diceva a Silvia: “Piove, Silvia, senti come piove, senti come viene giù” tentando invano di farsela dare. O nella canzone dell’Eterno (e basta) Morandi che ci ricorda che “scende la pioggia ma che fa?”. Dopo avere sentito questa canzone mi ricordo di aver voluto scrivere al Gianni Nazionale per proporgli un corso intensivo di chimica, fisica e meteorologia con colonnello Baracca.
Solo che mo devo uscire, ed il cielo continua ad essere plumbeo, e cade un misto tra la pioggia stronza (quella che cade quando non ce n’è bisogno) e quella burlona (che fa a nascondino con il sole). Non ho molte alternative se non rubare l’ombrello del vicino, solo che per chiamarlo ombrello ci vuole tanto troppo coraggio, diciamo che trattasi di brandelli di tessuto pseudo idrorepellente (nel senso che è talmente lurido che anche la pioggia si schifa di bagnarlo) tenuti assieme per qualche strana legge della chimica. Oppure aspettare che passi Mary Poppyns in volo, abbatterla con la carabina (alla faccia della mia indole antivenatoria) e rubarle, la mascherina, l’ombrello e la magica borsa. Sono solo sogni. Non ho voglia di uscire, voglio altri mesi di quarantena, anzi visto che da poco un meteorite ci ha sfiorato mo lo chiamo al cellulare e provo a chiedergli di ripassare.

Come una luce che cade,
parole che squassano dentro
sono venti che ti spettinino,
o incubi che ti tormentano
nei quali sei solo e in catene,
mentre ti sanguinano gli occhi e le caviglie.
Filamenti sfilacciati di un’esistenza,
troppo liquida come ad affogarti,
si annodano stretti tra collo e spalle,
Stringono! Sono rovi irti di spine
e barcollo su un filo troppo sottile
senza essere né equilibrista né altro circense
se non un giullare: e abbraccio a me
un refolo che volteggia su se stesso:
un balocco di fredda inutilità.

il

“mi asciugo le lacrime nel giorno in cui voglio fuggire”

(Clicca Qui)
e
(Clicca Qui)

Inflazionata Inflazione

Mentre ero dall’Amico_D, che gentilmente (e invano aggiungo io) tentava di aggiustare il mio tostapane di Hello Kitty vinto con i punti della benzina (così ci facciamo bannare per pubblicità occulta), ho ricevuto una notizia ferale. Cioè non è stata una notizia, ma proprio una pugnalata al cuore, una sassata in faccia, un calcio sugli stinchi. Per farla breve, tutto è cominciato con una delle solite domande che ci poniamo tutti quando usciamo di casa. Cioè non proprio tutti, diciamo la maggior parte. Perchè in tempo di crisi, chi più, chi meno, sta un po’ più attento ai prezzi e se vedi che un chilo di marroni costa 9,50 euro magari ti dirigi verso la nutella e te ne compri un barattolo da sette etti pagandolo meno della metà! Ma non volevo parlare della nutella bensì del prezzo del Topolino. Mi riferisco la fumetto! In tema di inflazione inflazionata è stato l’Amico_D a incastrarmi rivolgendomi una domanda alla quale non ho saputo rispondere: “Quanto costerà il Topolino secondo te?”. Io ero rimasto al numero 2000 che costava circa 3000 lire (circa 1,56 euri) ma sono passati più di quattro lustri e con l’aumento dell’IVA, del costo della carta, dei colori, della pubblicità (perchè alla fine paghiamo pure quella) un cavolo di fumetto di un centinaio scarso di pagine di storielle e due centinaia scarse di inutilità commerciali mi verrebbe a costare soltanto 2,70 euri. Più o meno 10,80 euri al mese! Di questo passo nel 2025 il prezzo di Topolino sarà pari a quello di un Windows 10. Certo che messa così Branduardi avrebbe cantato “Alla fiera dell’est, per due euro e quaranta centesimi, un Topolino mio padre comprò.” E mentre giocando a Risiko invado l’America settentrionale garantendo così l’entrata al Disney World gratis per tutti i bambini del mondo, non posso fare in modo di non ricordare la mia amica di penna americana delle medie. Una certa Ashley Ann Graham, una delle mie tante fiamme, in realtà si tratta del mio primo due di picche internazionale. Le avevo chiesto di sposarmi, ma visto il mio inglese scadente non mi stupisco se in realtà le chiesi di prostituirsi! Così mentre scende una lacrima sul mio viso in ricordo dei vecchi tempi, non posso non rispondere all’ultima domanda prima di congedarmi dall’Amico_D: “Ma secondo te funziona l’amore a distanza?”.  Sinceramente, per esperienza personale, l’amore a distanza l’ho trovata un qualcosa di traumatico, come usare il minipimer per radersi i peli del naso!
Ovunque tu sia, ascolta aspro un respiro
oltre il tempo di tutti i momenti,
come quando in fondo agli occhi
spunta la luna rovescia oltre il sorriso.
Una manciata di sillabe monche,
gettate nel mucchio senza pretese,
quelle intenzioni di tutti i giorni,
nell’incanto di un pianto di pioggia,
scivola senza fiato il ricordo opaco
come fosse un riflusso di cuore,
un’ondata acre di un rischio delicato.
L’arte vigliacca di rinnegare il passato,
non mi ha mai sedotto dalla gogna,
un abnorme male venduto e sfigurato,
come un avviso sbiadito affisso sulla porta
“l’indolenza dimora ancora da queste parti”

black and white silhouette of a kissing couple


“Lo spirito si addensa in poco spazio, qui risiedo io e tutte
le mie giornate”
(Clicca Qui)
o
(Clicca Qui)

 

My Sister VS Virginia Woolf

Ieri sera, mentre mi facevo possedere intensamente e amabilmente dal divano e guardicchiavo la TV con l’occhio semibradipico consono all’orario notturno (tipo le 20:59), mi sono ricordato di quando mia sorella ha ammesso che per anni ha creduto erroneamente che Virginia Woolf fosse la nuova cantante dei Matia Bazar. Ah beata gioventù, ho sospirato tra me e me: non fosse che mia sorella è ben più vecchia del sottoscritto. Magari anche la povera scrittrice londinese tra un romanzo e l’altro, mentre faceva un bagno, avrà cantato qualche canzone di SanRemo che andava molto in voga tra la fine dell’1800 e gli inizi del 1900. Magari avrà anche stretto la mano a Pippo Baudo, ma che sia mai stata la Front-Woman dei Matia Bazar questo lo escludo. Forse perchè condivideva con la sua amica Jane Austen (morta però qualcosa come 70 anni prima) la passione per la scrittura. Ma almeno la povera Virginia, a dispetto del nome, ebbe una vita sessualmente attiva (anche se abbastanza confusa: basta leggere l’Orlando per convincersene (ancora devo capire se sto protagonista fosse un uomo che voleva esser donna o viceversa)) e riuscì a sposare un noto romanziere – scrittore di nome Leonard, talmente noto e di successo che non lo conoscono manco in Inghilterra; al contrario la povera Jane divenne la mascotte del movimento femminista delle zitellone acide che sognano storie d’amore torbide come in “Ragione e Sentimento”, dove il bel riccastro di turno arriva a cavallo del suo destriero bianco e rapisce la protagonista che se ne innamora subito (del cavallo e non del riccastro eh?). Comunque Virginia dedicò molti giorni della sua vita alla meditazione FenShui e, dopo esser impazzita, si lasciò possedere dalla grafomania scrivendo di getto romanzi della lunghezza di una Bibbia (solo che quest’ultima è molto più avvincente, tra massacri, pestilenze morti e resurrezioni). Ad un lettore distratto queste novels sembrano assomigliare molto alle vicende quotidiane di Beautiful.  Ed infatti è così: si può tranquillamente saltare un centinaio di pagine di “Gita al faro” per poi scoprire che in quelle 100 pagine non è successo assolutamente nulla! Gli studiosi di fisica geomagnetica, che si sono interessati al caso, volevano attribuire almeno il Nobel per la fisica alla bella Virginia per il merito di aver scoperto il “vuoto quantomeccanico” e averlo descritto prima di loro. A chi non ha mai letto “Gita al Faro” (che vi consiglio se avete sadiche intenzioni di suicidio) rovinerò la trama dicendovi che è uno di quei bei romanzi in cui si tratta di qualcosa o qualcuno che parla di qualcosa a qualcuno e pensa a qualcos’altro. Insomma una specie di Harmony. Ma, mentre sposto le mie attenzioni dal divano al letto, penso ai Matia Bazar che avranno fatto anche delle belle “vacanze romane”, magari in sella ad un bel “cavallo bianco”, ma sono sicuro non hanno mai visto un “faro” nemmeno in cartolina!

 

Tutta una vita spesa
per una promessa fatta all’alba!
Come è dolce sapere che esisti
foglia,
tra le braccia della brezza
che non promette il cielo
nè un bacio color smeraldo.
Sai come è un solstizio d’inverno,
un ritorno faticoso a casa ,
raccattando conchiglie rotte,
con il sale in bocca
e le lacrime riposte nella borsa.
Ci sono cattive compagnie,
che spesso sanno spegnere la luna,
e sulle orme di un’ombra
si scorge spesso chi mente e chi muore.
Non posso più addormentarmi
giocando con un fuoco di paglia
ci sono storie di non ritorno
che non ammettono la resurrezione
di una foglia morta.
images marco
“Scendono le labbra, il bacio è un’occasione di un altro momento”
(Clicca Qui)
o
(Clicca Qui)