SOTTO FALCE E MARTELLO DI NUOVO UNITI

Post n°229 pubblicato il 01 Aprile 2009 da zmblog
 
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Cartello Elettorale o progetto concreto?

Oggi abbiamo presentato il simbolo (nella figura ndzM) e dato vita a una lista di sinistra, anticapitalista che unisce quattro forze politiche (Prc, Pdci, Socialismo 2000, Consumatori uniti) in una comune proposta politica per l’Europa.
Lo abbiamo fatto e continuereremo a farlo anche attraverso il contributo e le candidature di molti esponenti della sinistra, del mondo del lavoro e sindacale, del movimento femministra e ambientalista, del movimento lgbtq e pacifista. Questa lista, che lavora per un’uscita dalla crisi fondata sulla democrazia economia, sulla giustizia sociale e sulla solidarietà, rappresenterà un importante raggruppamento anticapitalista, comunista, socialista di sinistra, ambientalista in Italia e in Europa, e si ritrova intorno ai valori e ai simboli storici del movimento operaio italiano. Chi vota la nostra lista saprà da subito dove andranno a sedere i nostri eletti e rappresentanti: nel gruppo del Gue/Ngl e nella Sinistra Europea, e cioè all’opposizione delle politiche liberiste di Maastricht e di Lisbona che hanno prodotto l’attuale devastante crisi economica europea e mondiale, politiche che vengono da molti anni votate e sostenute da tutti gli altri gruppi politici eletti in Europa, dai popolari ai socialisti passando per i liberali. Una vera “grande coalizione” liberista e antipopolare che vede e vedrà unite tutte quelle forze politiche che oggi fanno finta di contrapporsi in Italia, dalla Pdl di Fini e Berlusconi al Pd di Franceschini, passando per Di Pietro e Casini.

Dichiarazione di Paolo Ferrero,segretario nazionale del Prc-Se

 

 
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Lettera di un operaio

Post n°228 pubblicato il 19 Marzo 2009 da zmblog
 

LETTERA DI UN OPERAIO 
Riflessione da Sinistra su lavori pubblici e imprese

In una situazione drammatica dove migliaia di lavoratrici e lavoratori stanno perdendo il posto di lavoro, voglio analizzare due tematiche che il governo Berlusconi rilancerà in senso negativo per noi lavoratori. La prima è quella dei lavori pubblici, l’altra quella dell’impresa. C’è in Italia una voglia di cementificazione e di degrado ambientale connessa a logiche perverse di rilancio di sviluppo che rende ormai il nostro territorio a rischio. Il sistema delle grandi opere pubbliche è attraversato strutturalmente dalle “ragioni” degli interessi di potere,di arricchimento privato, tanto da perdere di vista la finalità sociale,ribaltando sovente l’utilità in devastazione.
Credo quindi che dobbiamo rilanciare una strategia per i trasporti, facendo capire quello che necessita a questo paese (potenziare il trasporto ferroviario, marittimo e urbano ben diverso dall’alta velocità o dal ponte sullo stretto). Dobbiamo rilanciare sulle politiche energetiche, puntando su quelle alternative e formando comitati di lotta contro le centrali nucleari proposte da Berlusconi. Dobbiamo ragionare su “cantieri verdi”, per il riassetto idrogeologico, per il risanamento ambientale, cantieri che costano assai meno e danno più lavoro.In questo momento di crisi che è non solo economica ma anche di ristrutturazione della società, una riflessione di sinistra sul tema dell’impresa mi sembra particolare opportuna. Una prima definizione potrebbe essere la seguente: l’impresa è il luogo dove si organizza e si consuma lo sfruttamento capitalistico del lavoro umano e la fabbrica è il luogo fisico dove questo processo si attiva. Ma non è l’unica e non descri
ve tutta la realtà. Infatti l’impresa è il luogo di una grande mistificazione: essa fa passare per nuova ricchezza, anche ciò che tale non è, poiché omette di contabilizzare una parte non trascurabile del valore delle risorse che utilizza per produrre.
E’ ciò che avviene quando si appropria gratis di risorse naturali non rinnovabili depredando l’ambiente, o acquisisce a prezzo vile materia prime e prodotti agricoli depredando i paesi produttori.
Credo che su questi problemi da me esposti la sinistra comunista e anticapitalista debba aprire  una seria discussione.

Antonello Tiddia
RSU Carbosulcis
Rete 28 aprile CGIL

Grazie Antonello, non ti conosco, ma secondo me hai perfettamente ragione, se non si capisce che bisogna ricominciare a parlare di capitalismo, la crisi la pagheranno esclusivamente le classi subalterne, come è sempre stato.
Non dico esser contro, (magari) ognuno ha il proprio convincimento, ma almeno parlarne, dei problemi che crea, di come è applicato dei danni morali e materiali che ha fatto e sta facendo, ovunque si può, a cominciare dalla fabbriche per finire nelle scuole.

 

 
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QUELLO CHE I COMUNISTI DEVONO FARE

Post n°227 pubblicato il 24 Febbraio 2009 da zmblog
 

QUELLO CHE I COMUNISTI DEVONO FARE

Siamo di fronte ad un regime reazionario in costruzione e non tutti ne hanno percezione. Scriveva  Dino Greco il 10 febbraio, su Liberazione: Quello che Berlusconi sta provando a determinare è lo smottamento della democrazia costituzionale. Quali esempi possono essere evocati per cogliere il senso profondo di questa caduta verticale della democrazia? La vigilia del 1925 nell’Italia dell’incombente regime fascista?L’assolutismo regio riassunto dalla celebre frase di Luigi XV , l’ètat c’est moi?

Vi è il tentativo di portare la spallata finale: ulteriori colpi alla Costituzione, dentro il progetto più ampio di provocare una crisi istituzionale volta alla fuoriuscita dagli assetti  nati dalla Resistenza; attacco violento al contratto nazionale di lavoro;  chiusura di fatto del Parlamento, ridotto ad uno spazio “sordo” volto alla decretazione d’urgenza e  alla dittatura della maggioranza; leggi razziali; liceità istituzionale delle squadracce verdi – fasciste, con tanto di salario statale.

Tutto ciò dentro la crisi profonda della sinistra, delle forze comuniste, del movimento sindacale, una crisi che trova le sue basi anche nel fallimento del governo Prodi e nella subordinazione delle forze d’alternativa a quelle moderate e di centro. Un fallimento, quello dell’esperienza Prodi, che i vendoliani scissionisti rimuovono, riproponendo, come se il 13 e 14 aprile 2008 non ci fossero mai stati, sia il superamento del Partito Comunista che un nuovo centrosinistra con il PD  colonna portante.

E sopra tutto volteggia la cosiddetta “crisi del capitale” con nuova disoccupazione.

Una forza immane, di segno reazionario, incombe sul movimento operaio complessivo e sulla democrazia.

Il capitale ha in mano i partiti della maggioranza, giornali, televisioni, esercito, polizia, che da Genova in poi sono sempre più fuori dalle caserme e sempre più presenti nelle strade.

E siamo di fronte ad un senso comune di massa in buona parte inquietante e reazionario.

 

Di fronte a tutto ciò qual è la natura e la forza dell’opposizione?

Il PD, ormai collocato nell’area liberista ( pagandone il prezzo) ha problemi seri a schierarsi anche con la CGIL; Sinistra Democratica e i vendoliani usciti si illudono ancora di giungere a redistribuzioni del reddito da conquistare senza conflitto sociale e  con un compromesso buono coi padroni; la Cgil non sembra in grado di garantire quel ciclo di lotte necessario al cambiamento dei rapporti di forza sociali.

 

Siamo di fronte ad una titanica macchina da guerra padronale. Contro questa chi si batte? PRC e PdCI, le cui “basi” rappresentano, insieme, il nocciolo più duro e avanzato della resistenza sociale, contano comunque su circa 100 mila iscritti e dunque su circa 10/15 mila militanti, che dovrebbero sostenere la lotta sull’intero campo nazionale.

Oltre ciò, spezzoni: sindacalismo di base, associazioni, gruppi, movimenti, altre piccole formazioni anticapitaliste che insieme, tuttavia, non raggiungono ancora quella massa critica sufficiente ad organizzare una resistenza vera al potere del capitale.

 

Rispetto a tutto ciò vi è chi, contro il progetto dell’unità delle forze comuniste e anticapitaliste, pone ( nell’obiettivo non innocente di esasperare le differenze, piuttosto che cucire i punti di unità ) questioni di tipo ideologico, filosofico, politico; questioni in giuste, nel senso che rimandano ai problemi del processo unitario. Ma il punto è che di fronte al pericolo che viviamo chi si schiera contro questa unità  ricorda i teologici di Bisanzio che nei giorni dell’assedio discettavano sul sesso degli angeli.

 

Vi è invece un obiettivo da cogliere: dare speranza e  organizzare il  popolo comunista e anticapitalista disperso nella diaspora. Centinaia di migliaia sono le comuniste/i  che sono uscite/i – delusi - dai due partiti comunisti maggiori; altri sono micro organizzati in un pulviscolo rosso.  Di fronte a ciò, abbiamo un compito: ricostruire un intento unitario, una nuova passione che possa riaggregare la diaspora, conquistare le giovani generazioni e costruire un partito comunista all’altezza dei tempi, in grado di offrirsi come cardine dell’unità dell’intera sinistra d’alternativa.

 

Da questo punto di vista va salutata positivamente la scelta del PRC di una lista unitaria ( “comunista e anticapitalista”) per le elezioni europee.

Una lista che nasca non come l’Arcobaleno e cioè in un laboratorio politicista, lontano dalle masse, dai militanti e deprivata di simboli e politiche forti; ma nel conflitto sociale condiviso dalle forze comuniste e anticapitaliste che la compongono e attraverso una grande passione popolare che tutti siamo chiamati a costruire.

 

Per costruire l’unità occorre che nessun soggetto, nemmeno il PRC, si ponga in modo “padronale”.Ciò vale sia per la messa a fuoco della lista che per il simbolo. E vanno apprezzate due parole –chiave che segnano il documento della Direzione del PRC: si dice infatti che Rifondazione promuove la lista unitaria ( non che la costruisce da sé)  e che il simbolo (che dovrà essere quello della falce e il martello, senza il quale  l’Arcobaleno si era suicidato) sarà determinato a partire da quello del PRC; cosa che, inequivocabilmente, vuol dire che alla fine sarà un simbolo diverso da quello di Rifondazione, che potrà rappresentare tutti i soggetti della lista unitaria.

 

Da tempo poniamo il problema dell’unità dei comunisti. Sappiamo che tale unità non si costruisce in un passaggio elettorale, ma nel conflitto sociale condiviso e nella ricerca politica e teorica aperta, che parta da un’autocritica profonda dei due partiti comunisti maggiori – PRC e PdCI – e che punti a ricostruire un partito comunista all’altezza delle nuove – e spesso ancora sconosciute – contraddizioni capitalistiche. Tuttavia la lista unitaria, che deve unire le comuniste/i  già ora nel conflitto sociale, nella campagna elettorale e in un progetto anti Maastricht (dunque anticapitalista e antimperialista) ha le potenzialità per avviare un iniziale  percorso unitario dal carattere strategico.

Tratto da: Il Manifesto, martedi 24 febbraio
di Fosco Giannini - direttore de "l’ernesto"

 

 
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Colombia: paramilitari e Servizi ordivano l'assassinio di Hugo Chavez

Post n°226 pubblicato il 12 Febbraio 2009 da zmblog
 
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martedì 10 febbraio 2009  

 

Colombia: paramilitari e Servizi ordivano l'assassinio di Hugo Chavez

L'ex direttore informatico del DAS (i servizi segreti colombiani) Rafael García, racconta in una intervista (clicca qui) il suo passato al fianco dell'ex direttore di questo organismo Jorge Noguera (nella foto) e i loro vincoli con il paramilitarismo tanto caro ad Alvaro Uribe [Presidente della Colombia e grande amico della famiglia Bush. Per saperne di più clicca qui] Con molta dovizia di particolari, García rivela la complicità degli organismi dello Stato con le squadre della morte per imporre candidati politici uribisti, asserendo anche che il DAS, le AUC e alcuni rappresentanti governativi, ordivano trame per destabilizzare il Venezuela attraverso l'assassinio del presidente Hugo Chávez, del vice presidente José Vicente Rangel e di altre figure di primo piano del governo Bolivariano.

Noguera, considerato da Uribe come "un buen muchacho", era stato rimosso dalla direzione dell'organismo di intelligence e messo "al sicuro" nel consolato italiano di Milano. I governi di tutto il mondo dovrebbero cautelarsi e prendere le opportune contromisure verso questi criminali mafiosi; oramai anche la facciata democratica che tanto tentano di sbandierare mostra sempre più chiaramente il vero volto di questo governo illegittimo ed illegale.

Scritto da nuovacolombia.net   

 
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Reo De Janeiro

Post n°225 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da zmblog
 

 

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REO DE JANEIRO

Un articolo semplice che chiarisce la posizione del Brasile sulla vicenda Battisti dove magari si può intuire che il Ministro della Giustizia Brasiliano non si è fumato il cervello come i nostri cari rappresentanti vogliono farcui credere

La decisione di concedere asilo politico al cittadino italiano Cesare Battisti, ex militante del gruppo di estrema sinistra Proletari Armati per Il Comunismo, sta suscitando un grande dibattito in Italia, dibattito accompagnato da manifestazioni e proteste politiche ed ideologiche contro la decisione brasiliana, alcune delle quali connotate da toni fortemente passionali. Ma oltre alle manifestazioni folkloristiche, altre presentano fattezze politico-ideologiche sostanziali, ed esse accusano il Brasile di “rompere le norme vigenti nella relazione giuridica con il mondo civilizzato”. È il caso del Ministro degli Interni, Roberto Maroni, quando afferma che questa decisione compromette le relazioni giuridiche tra i due paesi, o del deputato Piero Fassino del PD – ex-PCI, ex-PDS, ex-DS, che definisce la decisione politica del governo brasiliano come un errore attribuibile alla mancanza di conoscenza della realtà italiana, in un crescendo di proteste e indignazione che è culminato con la chiamata dell’Ambasciatore italiano in Brasile, ed al ridicolo della proposta, lanciata dal sottosegretario Alfredo Mantica, e ripresa dal Ministro della Difesa La Russa e dal Ministro della Gioventù Giorgia Meloni, di cancellare l’amichevole di calcio tra i due paesi!

Ma al di là di tutto questo rumore, la decisione del governo brasiliano di non concedere l’estradizione a Battisti si basa essenzialmente su una questione molto chiara, e cioè il modo in cui, all’epoca dei fatti, furono condotte le inchieste. Battisti fu indiziato per omicidio a partire da accuse fatte da un ex-compagno dell’organizzazione, Pietro Mutti, che si valse della “delazione premiata”.

Battisti è accusato di aver commesso due crimini, in due città molto distanti una dall’altra, Milano e la provincia di Udine, lo stesso giorno e ad un intervallo di appena mezz’ora. Oltre a ciò, Battisti fu giudicato in absentia, fu falsificata la sua firma (falsificazione constatata più tardi da un esame grafologico) per nominare avvocati indicati dal governo che accettarono la difesa.

Non ci furono prove concrete e tutto il processo si basò sulla deposizione di Mutti.

Inoltre, nell’esito processuale che ha portato alla condanna di Battisti, esistono indizi sostanziali ancora non chiariti dovutamente, che queste “confessioni” fatte dai “pentiti” furono estorte con la tortura, come denunciò all’epoca la scrittrice Laura Grimaldi ad Amnesty International.

Occorre aggiungere che in quel periodo prevalevano le leggi d’emergenza e che fino ad oggi esse rendono difficile qualsiasi tentativo di riapertura dei processi che videro coinvolte le organizzazioni sovversive negli “anni di piombo”. Per capire adeguatamente le attuali “ragioni di tutta questa indignazione” da parte del governo italiano, del PD e di praticamente tutte le forze parlamentari, non si può eludere la questione, ancora oggi non superata e centrale in questo caso, della situazione politica e sociale italiana degli anni Settanta.

Negli “anni di piombo”, in Italia, tra il 1969 e la fine degli anni Settanta, vari gruppi dissidenti del PCI, criticandone le posizioni, diedero vita ad organizzazioni che proponevano la lotta diretta per il socialismo. Il PCI era impegnato, a partire dal 1973, nella costruzione del Compromesso Storico, in una chiara posizione di conciliazione di classe, inserita dentro una scelta politica istituzionalista che puntava al raggiungimento di una posizione di riformismo radicale, più tardi evidenziato e approfondito con la distruzione del PCI e con la formazione del PDS.

Molte tra queste organizzazioni, basate in visioni politiche scollate dalla realtà concreta italiana, optarono, sbagliando, per la lotta armata, che culminò con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, provocando una grande instabilità politica nel paese e soprattutto facendo retrocedere le conquiste della classe lavoratrice.

Il PCI, che si preparava ad entrare nel governo, nella logica del compromesso storico, finì, oggettivamente, per fare il coro con la destra, quando decise di appoggiare le misure di eccezione per combattere i gruppi dell’estrema sinistra, tutti considerati, da allora, come terroristi.

È in questo contesto che si scatena su questi gruppi una violenta repressione e questo è il contesto delle leggi d’emergenza che permisero non solo processi sommari, ma il crearsi di una situazione oggettiva che sospendeva, o limitava i diritti individuali e la democrazia in generale.

L’introduzione delle leggi speciali contro il terrorismo, in certa misura favorì la progressiva criminalizzazione della sinistra che si opponeva alla politica del vecchio e decadente PCI, che si disintegrerà nel 1991, e facilitò le posizioni dell’estrema destra, che in tempi più recenti, in particolare dopo le torri gemelle, coglierà l’occasione per imporre l’adozione del termine terrorismo indistintamente e con molta disinvoltura anche a coloro che resistono all’imperialismo.

Mutatis mutandis, questa situazione continua fino ad oggi. Tanto la destra come gli ex comunisti rappresentati dal PDS, successivamente DS, continueranno a sostenere le leggi di emergenza e a legittimare le sentenze politiche degli anni Settanta e Ottanta. La socialdemocrazia italiana non ha mai messo in discussione la legislazione di emergenza anti terrore e non ha mai messo in discussione la politica internazionale italiana di allineamento meccanico agli USA. La postura imperialista della socialdemocrazia italiana è stata anche una delle cause della rottura con i settori della sinistra antagonista che culminerà con la rottura del patto di desistenza del PRC, provocando la caduta del primo governo Prodi. Il PDS, poi DS, ha governato l’Italia attraverso alleanze cosiddette di centrosinistra, ma con il PRC all’opposizione.

Quando l’ex comunista Massimo D’Alema, oggi faro degli scissionisti della Rifondazione per la Sinistra, presiede il governo, l’Italia partecipa attivamente ai bombardamenti contro l’ex Iugoslavia, dove le truppe e le bombe della NATO uccidono migliaia di civili. Qualsiasi tentativo di condanna dell’azione del governo italiano per l’appoggio all’invasione e alla distruzione dell’ex Iugoslavia è prontamente bollato come terrorismo o come appoggio al “genocidio” commesso dai serbi (come se solo i serbi attaccassero le popolazioni civili e come se la guerra non fosse il risultato di anni di attuazione disintegratrice da parte delle forze neoliberali statunitensi ed europee), anche se questo implica, da parte delle forze NATO, l’appoggio a gruppi politici risaputamente vincolati al narcotraffico e al banditismo, come l’UCK.

Questo è l’obiettivo per il quale “democratici” ed estrema destra fanno del caso Battisti una questione d’onore, il rifiuto, cioè, ad abbandonare la politica d’emergenza per giudicare movimenti sociali e posizioni politiche che si confrontano in modo antagonista con la pretesa democrazia di una certa sinistra – trasformatasi in portatrice di interessi statunitensi in Europa – e con la truculenza grossolana dell’attuale governo italiano.

I “democratici” e l’estrema destra si rifiutano di ridiscutere e chiudere la pagina degli anni di piombo con le ingiustizie e le sommarietà che le leggi d’eccezione innestarono. La ferocia degli attacchi al popolo e allo Stato brasiliani, da parte del governo italiano, con la connivenza dei “democratici”, dimostra la giustezza del governo brasiliano nel concedere asilo politico a Battisti.

Soprattutto, la destra, che grida contro la “mancanza di rispetto” brasiliana verso le leggi italiane – ma niente dice sulla negazione dell’estradizione da parte delle autorità italiane del banchiere italo brasiliano Salvatore Cacciola, ladro contumace dei soldi del popolo brasiliano, condannato per peculato nel nostro paese, che non si pronuncia sui terroristi italiani dell’estrema destra che vivono in Brasile – questa stessa destra fa orecchie da mercante per la (giusta) concessione dell’asilo politico e umanitario concesso dal governo francese a Marina Petrella, ex-militante delle BR, nel 2008, non solo perché Sarkozy è sempre un possibile alleato della destra italiana nel contesto della UE, ma anche perché, nella sua furia razzista la destra italiana considera Sarkozy (ironicamente un figlio dell’immigrazione!) “meno offensivo” nei confronti dell’Italia perché presiede un grande paese europeo.

Come italo brasiliano, nipote di nonni napoletani e ciociari, figlio di genitori che sin da piccolo mi hanno insegnato ad amare l’Italia, non posso che condannare veementemente la posizione del governo italiano. Condanno e provo vergogna per la persecuzione ai migranti, ai non occidentali, agli zingari, ai mussulmani, che nella grande maggioranza arrivano in Italia per lavorare, migliorare la loro situazione e vivere in pace, così come fecero gli italiani, quando furono “espulsi” dalla loro terra dalla miseria e dagli oppressori, ed in Brasile costruirono il loro futuro.

Anche loro furono stigmatizzati come ladri, malfattori, portatori di disordine ed ignoranti da parte dell’elite e dei settori più reazionari della società brasiliana. Molti leader operai furono deportati dal Brasile come elementi “anti-sociali”, ed alcuni come “terroristi”, perché lottavano contro lo sfruttamento, lo stesso sfruttamento che li obbligò ad emigrare. Non è mai troppo ricordare che l’attuale Ministro degli Esteri, Franco Frattini, è stato censurato dal Parlamento Europeo nel novembre del 2007 per aver dichiarato la legittimità della deportazione sommaria dai paesi della UE di stranieri disoccupati o irregolari, scagliandosi con particolare veemenza contro la popolazione ROM. Non è mai troppo ricordare che il fatto di chiamare coloro che non appartengono alla Comunità Europea “extra-comunitari”, presuppone implicitamente un tipo nuovo, più ristretto e più nocivo di eurocentrismo, cioè quello che considera l’altro come “extra-umano”, come se gli esseri umani non appartenessero alla stessa comunità.

Ripudio l’ostilità contro il popolo brasiliano, che non esitò ad inviare in Italia 25.000 soldati a combattere contro il nazifascismo, che con onore caddero a Montecastello, Fornovo e Montese, morti per la dignità umana, come è scritto nel monumento in loro omaggio che si trova nel cimitero monumentale di Pistoia che li ospita.

Quel che il caso Battisti insegna è che l’Italia deve riconciliarsi con sé stessa e con la sua storia, cercando la verità dei fatti occorsi negli ancora bui “anni di piombo”. La ferita aperta,e ancora infetta, deve cicatrizzarsi. Questo è il compito di chi sinceramente lotta per la giustizia sociale e per la democrazia. In Italia, in Brasile e nel mondo.

FONTE: Antonio Carlos Mazzeo: docente di Scienze Politiche all’Università di San Paolo del Brasile (UNESP) e membro del Comitato Centrale del PCB (Partito Comunista Brasiliano). 
  

 
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ARCHIVIO GENCHI

Post n°224 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da zmblog
 

Parla Gioacchino Genchi

"Non sono uno spione"

E’ l’uomo chiave del caso de Magistris. Lo accusano di avere intercettato 007 e politici, tra cui Mastella. E di avere un archivio illegale con 600 mila “voci”. Ma lui dice: «È un pretesto per nascondere i veri abusi»

Gioacchino Genchi, 48 anni, è l’uomo-chiave di Why Not?, l’inchiesta dell’ex pm Luigi De Magistris che ha causato in questi giorni sequestri e controsequestri degli incartamenti tra magistrati e il conseguente trasferimento di procuratori e pubblici ministeri. Mai successo prima. Salerno che accusa Catanzaro di aver orchestrato un complotto per togliere la madre di tutte le inchieste a De Magistris.

Catanzaro che risponde tuonando proprio contro il principale artefice di quell’inchiesta: Genchi. Perché possiederebbe un misterioso archivio informatico con 578.000 richieste anagrafiche, tra cui parlamentari, giudici e 007? Un archivio «illegale», scrivono i magistrati di Catanzaro, che «attenta al diritto alla privacy» e che conterrebbe pure «utenze coperte dal segreto di Stato».

Possibile che lo schivo superconsulente Genchi, massimo esperto nell’analisi dei tabulati telefonici, diventi una figura inquietante?

Genchi, lei è indagato?

«A oggi mi risulta di no. Peraltro nemmeno riesco a immaginare da chi e per quale reato.

Questi polveroni si alzano ogni volta che mi occupo di indagini che riguardano i politici.

Tutti i dati che raccolgo su incarico di pubblici ministeri o giudici fanno parte dei fascicoli processuali. E ne viene data copia integrale ai difensori. Di segreto, quindi, non c’è nulla.

Quanto ai numeri, sono state agitate cifre senza senso, con l’evidente scopo di denigrare me, il dottor De Magistris e in ultimo i magistrati di Salerno, che hanno riconosciuto come perfettamente regolare il mio operato.

Se poi contiamo i dati che posso trattare io in un anno, sono pari a circa l’uno per cento del più modesto degli studi legali.

E le utenze di servizi segreti e parlamentari? E i numeri coperti da segreto di Stato?

«Questa poi… Quando trovo un numero di telefono durante un’indagine, lo accerto. E se trovo un numero dei servizi, che posso farci? Non mi pare che siano al di sopra della legge.

E nella Why Not? sono state rilevate le utenze di autorevoli soggetti dei servizi e del Ros dei Carabinieri. La fandonia delle utenze “coperte da segreto di Stato” ancora non l’avevo sentita. E mi spiace che a parlarne siano stati dei magistrati. Come si può stabilire da un tabulato che un numero di telefono è “coperto da segreto di Stato”? Dove è scritto? Questo è ridicolo».

Ma lei ha trattato utenze di parlamentari, cosa proibita?

«Ogni volta che ho trovato utenze di parlamentari l’ho immediatamente segnalato al pubblico ministero.

Altra cosa accade però quando i parlamentari risultano in contatto con gli indagati di cui ho acquisito i tabulati. Ebbene questo sì. Di contatti telefonici cosiddetti indiretti ce ne sono tantissimi.

Inoltre, se un deputato usa un cellulare intestato ad altri, non c’è nessun modo per stabilire a priori che si tratti di lui.

Però c’è un aspetto più grave.

Alcuni parlamentari, ed è accaduto per uno in particolare, hanno attivato decine di schede e le hanno messe in mano anche a soggetti vicini a killer mafiosi: su quelle utenze non si è potuta compiere alcuna attività di controllo.

Nel caso specifico, fu accertato che mentre il parlamentare si trovava a Roma, gli altri suoi cellulari operavano in Calabria.

Possiamo pure gridare allo scandalo, ma a vergognarsi dovrebbe essere chi consente queste cose e non io, che ho interrotto ogni attività relativa a quell’indagine».

Non può rivelare un fatto tanto grave senza precisarlo: di che parlamentare si tratta?

«Se la Commissione Antimafia m’interrogasse in proposito, non avrei alcuna difficoltà a fornirne il nome».

Lei è stato estromesso dall’indagine Why Not? e il suo posto è stato preso dai carabinieri del Ros. Nella loro relazione si sostiene che lei abbia trattato l’utenza dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella (episodio che fu all’origine del braccio di ferro con De Magistris) senza la necessaria autorizzazione, visto che si trattava di una scheda intestata alla Camera dei Deputati.

«Quando trattai l’utenza poi risultata nella disponibilità di Mastella, il numero era già passato dalla Tim alla Wind e intestato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e da questo mai si sarebbe potuti risalire a Mastella.

Ma dico di più.

Quel numero, in sei anni di vita, mai era stato nemmeno intestato a qualcuno o qualcosa che fosse riconducibile alla sua persona, pur avendo cambiato tre schede e ben diciotto cellulari.

Chiunque, compreso il Ros, deve accertare bene gli intestatari di un’utenza o può incorrere in errori come quelli che in passato hanno portato a tragici eventi.

Il professor Marco Biagi è stato ammazzato proprio per un errore di questo tipo, poiché, a causa di una ricerca svolta male, non trovando le autorità traccia nei tabulati delle minacce telefoniche che lui subiva da tempo, non gli ridiedero la scorta. Facendolo quasi passare per un mitomane. Perciò si deve fare parecchia attenzione in queste indagini».

Tornando a Mastella, forse il ministro teneva alla privacy.

«Può darsi. Appena scoprii che quel numero lo usava lui, lo comunicai a De Magistris.

Ma le dirò ancora di più, a proposito di privacy.

Ho recentemente scoperto, analizzando le intercettazioni di Toghe Lucane [un’altra inchiesta scottante di De Magistris, ndr] che Mastella è stato anche intercettato mentre trattava faccende locali con alcuni esponenti di centrosinistra. In quel caso usava un altro telefono e ciò dimostra le difficoltà nel districarsi in questa materia, in cui il Ros non ha fatto certo una bella figura, determinando questo polverone.

E c’è ancora un fatto non proprio irrilevante: le indagini che ha svolto il Ros di Roma sul mio conto e sul dottor De Magistris sono abusive».

Abusive? In che senso?

«La Procura Generale di Catanzaro non poteva delegare al Ros di compiere indagini su un magistrato del proprio ufficio.

L’accertamento per de Magistris poteva farlo solo la Procura di Salerno.

E per me, ove fossero emersi elementi di reato, quella di Palermo, dove io lavoro e dove ho svolto tutte le mie attività.

Ciò non è avvenuto perché non c’era alcun reato.

E inoltre, se nessuna indagine poteva dunque essere delegata al Ros di Roma, ancora meno poteva essere delegata a quelle particolari persone del Ros.

Se i tabulati acquisiti avevano un senso, non si potevano affidare ai soggetti che emergevano proprio dagli stessi tabulati. Quindi…».

Quindi che cosa ne desume?

«La vicenda dell’“archivio Genchi” è stata solo la scusa tirata fuori dal cilindro per giustificare l’assurdità commessa. E ha trovato sponda in persone ben precise e molto interessate, che si sono premurate di attaccarmi anche in Parlamento. Sa come si dice, no? La gallina che canta per prima è quella che ha fatto l’uovo».

Un’ultima domanda. Il suo lavoro, in seguito a tutti questi attacchi istituzionali, è diminuito?

«No. Continuo anche a lavorare con diversi magistrati di Catanzaro, per cui ho svolto consulenze prima e dopo l’allontamento del dottor de Magistris ».

Com’è possibile, con quello che ha scritto di lei la Procura Generale di Catanzaro?

«La Procura della Repubblica di Catanzaro non è la Procura Generale di Catanzaro. Se la legge prevede che ci siano due uffici con distinte competenze non è un caso.

In questo tengo a ribadire che a Catanzaro ci sono tantissimi magistrati per bene, che lavorano in condizioni disumane, in una realtà criminale che è in assoluto la più difficile e complessa di tutta Italia.

Palermo, in confronto, sembra la Svizzera. E consideri con attenzione il paragone che ho fatto».

(Grazie a  Edoardo Montolli per quest'intervista del 16 dic. 2008)

 
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Piombo fuso e spalle coperte

Post n°223 pubblicato il 09 Gennaio 2009 da zmblog
 
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L’attuale massacro israeliano nella striscia di Gaza e il ruolo dell’UNIFIL in sud Libano
Gaza 28.06.06 Inizia l’ennesima operazione militare dell’esercito israeliano contro Gaza. Summer Rain, una “pioggia estiva” di bombe sulla popolazione. Il bilancio a fine luglio 2006 fu di 159 morti, di cui 31 bambini. Durante i raid aerei, simili seppur meno intensi di quelli d’oggi, la resistenza libanese attaccò alcune postazioni israeliane di confine, allo scopo di alleviare la pressione militare sulle popolazioni di Gaza. Sette soldati israeliani sono uccisi, due fatti prigionieri.
 
La reazione israeliana non si fece attendere. Distolta l’attenzione da Gaza, con l’operazione “giusta ricompensa” i vertici politico/militari sionisti portarono i loro militari nella trappola del Sud Libano, dove per la prima volta nella sua storia l’esercito israeliano subì una sonora sconfitta.
 
A soccorrere l’alleato strategico in Medio Oriente intervenne allora la diplomazia occidentale.
Gli accordi internazionali portarono alla costituzione di una forza di “interposizione” composta principalmente da soldati europei, tra i quali spiccavano (e spiccano) gli italiani.
Grande fu il contributo all'opera dell’allora Ministro degli esteri Massimo D’Alema, osannato da tutte le forze politiche che sostenevano l’allora governo Prodi. Le ripetute dichiarazioni rilasciate in quelle settimane da D’Alema a favore d’Israele, a chiarire ruolo e funzione di quella complessa operazione, non servirono a convincere neppure l’ex “sinistra radicale” sulla funzione dei 15.000 soldati ancora oggi acquartierati in Sud Libano.
 
Poche furono le voci che si levarono contro quella missione. Tra esse la nostra.
Le ragioni del NO erano (e sono) semplici ed evidenti: si occupa il solo territorio del paese aggredito senza toccare un metro quadrato di quello dell’aggressore, Israele. Non si mette mano ai problemi di fondo del conflitto nell’area: l’occupazione israeliana di porzioni di territorio libanese e siriano. Si tentò (invano) di imporre il disarmo e lo scioglimento della resistenza libanese.
 
Come leggere, alla luce del massacro di queste ore a Gaza, il ruolo della missione UNIFIL?
I “benpensanti”, coloro i quali difesero e continuano a difendere quella missione, probabilmente diranno che “almeno un fronte di guerra è stato spento”. Ma il buonsenso in guerra è pane per utili idioti o, peggio, per coloro i quali sono in mala fede.
 
Nei fatti oggi l’esercito israeliano agisce ancora più indisturbato contro i palestinesi, massacrandoli senza alcuna sostanziale reazione militare.
Domani, quando i rapporti di forza glielo permetteranno, Israele si sbarazzerà - con le buone o con le cattive - della forza d’interposizione in Sud Libano e attaccherà di nuovo in quella direzione. Nel lucido progetto sionista la “Grande Israele” non si è ancora realizzata. Non a caso Israele è l’unico Stato al mondo che non ha ancora dichiarato e depositato i propri confini nazionali.
 
Nell’esprimere tutta la nostra solidarietà alle popolazioni palestinesi ed alla loro resistenza, sottoposte in queste ore ad un criminale assedio e bombardamento, reiteriamo la mia richiesta di
 
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE DAL SUD LIBANO ED IL LORO SPOSTAMENTO IN TERRITORIO ISRAELIANO A PROTEZIONE DEI POPOLI CIRCOSTANTI, IL DISARMO E LO SCIOGLIMENTO DI TSAHAL, L’ARRESTO DEI VERTICI POLITICI E MILITARI DELLO STATO DI ISRAELE E LA COSTITUZIONE DI UNO TRIBUNALE INTERNAZIONALE SPECIALE PER I CRIMINI DI GUERRA COMMESSI DAI GOVERNI SUCCEDUTISI IN ISRAELE DAL 1948 AD OGGI .

 da Rete nazionale Disarmiamoli! - www.disarmiamoli.org info@disarmiamoli.org

Come si costruiscono le leggende nere

Sfogliando su Internet le reazioni al mio ultimo libro (Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci 2008), accanto a commenti largamente positivi si notano altri contrassegnati da incredulità: è mai possibile che le infamie attribuite a Stalin e accreditate da un consenso generale siano per lo più il risultato di distorsioni e a volte di vere e proprie falsificazioni storiche?
A questi lettori in particolare voglio suggerire una riflessione a partire dalla cronaca di questi giorni. E’ sotto gli occhi di tutti la tragedia del popolo palestinese a Gaza, prima affamato dal blocco e ora invaso e massacrato dalla terribile macchina da guerra israeliana. Vediamo come reagiscono i grandi organi di «informazione». Sul «Corriere della Sera» del 29 dicembre l’editoriale di Piero Ostellino sentenzia: «L’articolo 7 della Carta di Hamas non propugna solo la distruzione di Israele, ma lo sterminio degli ebrei, così come sostiene il presidente iraniano Ahmadinejad». Vale la pena di notare che, pur facendo un’affermazione estremamente grave, il giornalista non riporta alcuna citazione testuale: esige di essere creduto sulla parola.
Qualche giorno dopo (3 gennaio) sullo stesso quotidiano incalza Ernesto Galli della Loggia. Per la verità, egli non parla più di Ahmadinejad. Forse si deve esser reso conto dell’infortunio del suo collega. Dopo Israele l’Iran è il paese in Medio Oriente che ospita il maggior numero di ebrei (20 mila), ed essi non sembrano subire persecuzioni. In ogni caso, i palestinesi dei territori occupati potrebbero solo invidiare la sorte degli ebrei che vivono in Iran, i quali ultimi non solo non sono stati sterminati ma non devono neppure fronteggiare la minaccia del «trasferimento», che i sionisti più radicali progettano per gli arabi israeliani.
Ovviamente, Galli della Loggia sorvola su tutto ciò. Si limita a tacere su Ahmadinejad. In compenso rincara la dose su un altro punto essenziale: Hamas non si limita a esigere «lo sterminio degli ebrei» israeliani, come sostiene Ostellino. Occorre non fermarsi a metà strada nella denuncia delle malefatte dei barbari: «Hamas auspica l’eliminazione di tutti gli ebrei dalla faccia della terra» («Corriere della Sera» del 3 gennaio). Anche in questo caso non viene apportato uno straccio di dimostrazione: il rigore scientifico è l’ultima delle preoccupazioni di Galli della Loggia, al quale però bisogna riconoscere il coraggio di sfidare il ridicolo: secondo la sua analisi, i «terroristi» palestinesi si propongono di liquidare la macchina bellica non solo di Israele ma anche degli Usa, in modo da portare a termine le infamie di cui l’editorialista del «Corriere della Sera» denuncia l’ampiezza planetaria. Peraltro, chi è in grado di infliggere una disfatta decisiva alla solitaria superpotenza mondiale, oltre che a Israele, può ben aspirare al dominio mondiale. Insomma: è come se Galli della Loggia avesse finalmente portato alla luce I protocolli dei Savi dell’Islam!
E come a suo tempo I protocolli dei Savi di Sion, anche I protocolli dei Savi dell’Islam valgono ormai come verità acquisita e non bisognosa di alcuna dimostrazione. Su «La Stampa» del 5 gennaio Enzo Bettiza chiarisce subito il reale significato dei bombardamenti massicci da Israele scatenati dal cielo, dal mare e dalla terra, col ricorso peraltro ad armi vietate dalle convenzioni internazionali, contro una popolazione sostanzialmente indifesa: «E’ una drastica e violentissima operazione di gendarmeria di un Paese minacciato di sterminio da una setta che ha giurato di estirparlo dalla faccia della terra».
Questa tesi, ossessivamente ripetuta, si colloca nell’ambito di una tradizione ben precisa. Tra Sette e Ottocento il mite abate Grégoire si batteva per l’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi: ecco che dai proprietari di schiavi è bollato quale leader dei «biancofagi», i neri barbari e smaniosi di pascersi della carne degli uomini bianchi. Qualche decennio più tardi qualcosa di simile avveniva negli Stati Uniti: gli abolizionisti, spesso di fede cristiana e di orientamento non-violento, esigevano «la completa distruzione dell’istituto della schiavitù»; essi erano prontamente accusati di voler sterminare la razza bianca. Ancora a metà del Novecento, in Sudafrica i campioni dell’apartheid negavano i diritti politici ai neri, con l’argomento che l’eventuale governo nero avrebbe significato lo sterminio sistematico dei coloni bianchi e dei bianchi nel loro complesso.
La leggenda nera in voga ai giorni nostri è particolarmente ridicola: più volte Hamas ha accennato alla possibilità di un compromesso, se Israele accettasse di ritornare ai confini del 1967. Come tutti sanno o dovrebbero sapere, a rendere sempre più problematica e forse ormai impossibile la soluzione dei due Stati è l’espansione ininterrotta delle colonie israeliane nei territori occupati. E comunque, la sostituzione dell’odierno Israele quale «Stato degli ebrei» con uno Stato binazionale, che abbracci al tempo stesso ebrei e palestinesi garantendo loro eguaglianza di diritti,  non comporterebbe in alcun modo lo sterminio degli ebrei, esattamente come la distruzione dello Stato razziale bianco prima nel sud degli Usa e poi in Sudafrica non ha certo significato l’annientamento dei bianchi. In realtà, coloro che idealmente agitano I protocolli dei savi dell’Islam mirano a trasformare le vittime in carnefici e i carnefici in vittime.
Non meno grottesche e non meno strumentali sono le mitologie oggi in voga in relazione a Stalin e al movimento comunista nel suo complesso. Si prenda la tesi dell’«olocausto della fame» ovvero della «carestia terroristica» che l’Unione sovietica avrebbe imposto al popolo ucraino negli anni ’30. A sostegno di questa tesi non c’è e non viene apportata alcuna prova. Ma non è neppure questo il punto essenziale. La leggenda nera diffusa in modo pianificato ai tempi di Reagan e nel momento culminante della guerra fredda serve a mettere in ombra il fatto che la «carestia terroristica» rimproverata a Stalin è da secoli messa in atto dall’Occidente liberale in particolare contro i popoli coloniali o che esso vorrebbe ridurre in condizioni coloniali o semicoloniali.
E’ quello che  ho cercato di dimostrare nel mio libro. Subito dopo la grande rivoluzione nera che alla fine del Settecento a Santo Domingo/Haiti spezzava al tempo stesso le catene del dominio coloniale e dell’istituto della schiavitù, gli Stati Uniti rispondevano per bocca di Thomas Jefferson, dichiarando di voler ridurre all’inedia (starvation) il paese che aveva avuto la sfrontatezza di abolire la schiavitù. Questa medesima vicenda si è riproposta nel Novecento. Già subito dopo l’ottobre 1917, Herbert Hoover, in quel momento alto esponente dell’amministrazione Wilson e più tardi presidente degli Usa, agitava in modo esplicito la minaccia della «fame assoluta» e della «morte per inedia» non solo contro la Russia sovietica ma contro tutti popoli inclini a lasciarsi contagiare dalla rivoluzione bolscevica. Agli inizi degli anni ’60 un collaboratore dell’amministrazione Kennedy, e cioè Walt W. Rostow, si vantava per il fatto che gli Stati Uniti erano rusciti a ritardare per «decine di anni» lo sviluppo economico della Repubblica Popolare Cinese!
E’ una politica che continua ancora oggi: è noto a tutti che l’imperalismo cerca di strangolare economicamente Cuba e possibilmente di ridurla alla condizione di Gaza, dove gli oppressori possono esercitare il loro potere di vita e di morte, prima ancora che coi bombardamenti terroristici, già col controllo delle risorse vitali. 
Siamo così ritornati alla Palestina. Prima di subire l’orrore che sta subendo in questi giorni, il popolo di Gaza era stato colpito da una prolungata  politica che cercava di affamarlo, assetarlo, privarlo della luce elettrica, delle medicine, di ridurlo ad una condizione di sfinimento e di disperazione. Tanto più che il governo di Tel Aviv si riservava il diritto di procedere come al solito, nonostante la «tregua», alle esecuzioni extragiudiziarie dei suoi nemici. E cioè, prima ancora di essere invasa da un esercito simile ad un gigantesco e sperimentato plotone di esecuzione, Gaza era già oggetto di una politica di aggressione e di guerra. Sennonché, una concentrata potenza di fuoco multimediale è scatenata soprattutto in Occidente per annientare ogni resistenza critica alla tesi falsa e bugiarda, secondo cui Israele sarebbe in questi giorni impegnata in un’operazione di autodifesa: che nessuno osi mettere in dubbio l’autenticità dei «Protocolli dei Savi dell’Islam»!
E’ così che si costruiscono le leggende nere, quella che oggi suggella la tragedia del popolo palestinese (il popolo-martire per eccellenza dei giorni nostri), così come quelle che, dipingendo Stalin comne un mostro e riducendo a storia criminale la vicenda iniziata con la rivoluzione d’Ottobre, intendono privare i popoli oppressi di ogni speranza o prospettiva di emancipazione.

Domenico Losurdo 6 gennaio 2009


 
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ONUSraele... ONU - USA  - ISRAELE, sinergie Geopolitiche

Post n°221 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da zmblog
 

palestinabandiera21

IL PRESIDENTE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU INVITA AL BOICOTTAGGIO DEL REGIME ISRAELIANO DELL’APARTHEID… MA IN ITALIA NON SI DEVE SAPERE.

L’Assemblea generale dell’ONU ha esaminato il 24 e 25 novembre 2008 il rapporto del Segretario generale sulla situazione in Palestina. 

 

Il Presidente dell’Assemblea, Miguel d’Escoto Brockmann (Nicaragua), ha fatto di questo dibattito una questione di principio. Aprendo la seduta, ha dichiarato: « Io invito la comunità internazionale ad alzare la sua voce contro la punizione collettiva della popolazione di Gaza, una politica che non possiamo tollerare. Noi esigiamo la fine delle violazioni di massa dei Diritti dell’uomo e facciamo appello ad Israele, la Potenza occupante, affinché lasci entrare immediatamente gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Questa mattina ho parlato dell’apartheid e di come il comportamento della polizia israeliana nei Territori palestinesi occupati sembri così simile a quello dell’apartheid, ad un’epoca passata, un continente più lontano. Io credo che sia importante che noi, all’ONU, impieghiamo questo termine. Non dobbiamo avere paura di chiamare le cose con il loro nome. Dopotutto, sono le Nazioni Unite che hanno elaborato la Convenzione internazionale contro il crimine dell’apartheid, esplicitando al mondo intero che tali pratiche di discriminazione istituzionale devono essere bandite ogni volta che siano praticate.

Abbiamo ascoltato oggi un rappresentante della società civile sudafricana. Sappiamo che in tutto il mondo organizzazioni della società civile lavorano per difendere i diritti dei Palestinesi e tentano di proteggere la popolazione palestinese che noi, Nazioni Unite, non siamo riusciti a proteggere. Più di 20 anni fa noi, le Nazioni Unite, abbiamo raccolto il testimone della società civile quando abbiamo convenuto che le sanzioni erano necessarie per esercitare una pressione non violenta sul Sud Africa. Oggi, forse, noi, le Nazioni Unite, dobbiamo considerare di seguire l’esempio di una nuova generazione della società civile chef a appello per una analoga campagna di boicottaggio, di disinvestimento e di sanzioni per fare pressione su Israele. Ho assistito a numerose riunioni sui Diritti del popolo palestinese.  Sono stupefatto che si continui ad insistere sulla pazienza mentre i nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi sono crocifissi. La pazienza è una virtù nella quale io credo. Ma non c’è alcuna virtù nell’essere pazienti con la sofferenza degli altri. Noi dobbiamo agire con tutto il nostro cuore per mettere fine alle sofferenze del popolo palestinese (…) Tengo ugualmente a ricordare ai miei fratelli e sorelle israeliani che, anche se hanno lo scudo protettore degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza, nessun atto di intimidazione cambierà la Risoluzione 181, adottata 61 anni fa, che invita alla creazione di due Stati. Vergognosamente, oggi non c’è uno Stato palestinese che noi possiamo celebrare e questa prospettiva appare più lontana che mai. Qualunque siano le spiegazioni, questo fatto centrale porta derisione all’ONU e nuoce gravemente alla sua immagine ed al suo prestigio. Come possiamo continuare così?». 

L’ambasciatore Miguel d’Escoto Brockmann è un sacerdote cattolico, teologo della liberazione e membro del Comitato politico del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN). Personalità morale riconosciuta, è stato eletto per acclamazione, il 4 giugno 2008, Presidente dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

L’Anti-Defamation League (ADL) è stata la prima organizzazione sionista a reagire, chiedendo al Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki Moon, di mettere fine a questo « circo » così come alla « cosiddetta giornata di solidarietà con il popolo palestinese ». Infine, ha denunciato il carattere a suo dire « antisemita » delle proposte del Presidente Miguel d’Escoto Brockmann che essa ritiene ispirate da un secolare antigiudaismo cattolico.

Fonte: http://tastorosso.wordpress.com 

 
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Nel silenzio generale, Berlusconi privatizza l'acqua

Post n°220 pubblicato il 27 Novembre 2008 da zmblog
 

Nel silenzio generale, Berlusconi privatizza l'acqua

“Ferma restando la proprietà pubblica delle reti (idriche ndr), la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”. È il 6 agosto 2008, il governo Berlusconi, approvando la legge di conversione n°133  “recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, sancisce di fatto la privatizzazione dell'acqua pubblica. O meglio ancora, introduce la possibilità per gli enti privati, che ne assumeranno l'incarico, di gestire e controllare beni primari di servizio pubblico. L'acqua su tutte.

Cambiano le parole, si nascondono i significati, ma la sostanza non cambia: l'acqua in Italia è stata privatizzata. Da diritto acquisito diventa merce, prodotto commerciale soggetto alle regole del mercato. Lo stesso sistema che solo nell'ultimo anno si è dimostrato pronto a implodere su sé stesso, con fallimenti a catena di banche e assicurazioni.
Il decreto legge n°133, voluto fortemente dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, parla chiaro: si interviene “al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni”.
Eppure, dopo un rapido sguardo alle esperienze cosiddette “pilota” della provincia di Latina, sorgono non pochi dubbi proprio sulle garanzie di accesso al servizio.
In città come Aprilia, comune che ha sposato il progetto di privatizzazione dell'acqua già da diversi anni, si è assistito a un processo rapido e febbrile di innalzamento vertiginoso dei costi delle tariffe (+ 300%).
E non solo.
Si è instaurata infatti una nuova procedura per tutti coloro che, per necessità o per scelta, non possono permettersi i costi aggiuntivi imposti da AcquaLatina, società ormai sotto il controllo della multinazionale Veolia, che ne possiede il 46,5% delle azioni. Esattamente come nel terzo mondo, vigilantes e forze dell'ordine sono assoldati per rimuovere contatori e bloccare rubinetti. Ma non basta. Nel territorio pontino, oltre agli aumenti sconsiderati delle bollette, si è registrato un drammatico scadimento della qualità dell'acqua: nel 2005, ad esempio, a Cisterna sono stati riscontrati tassi di arsenico pari a 200 microgrammi per litro, oltre il 70% del volume idrico disperso o non giunto a fatturazione.
Nella storia recente un caso limite sul fronte della privatizzazione dell'acqua è avvenuto in Bolivia nei primi anni del nuovo millennio. A seguito dei debiti contratti dai prestiti-killer della Banca Mondiale per lo Sviluppo, il governo boliviano fu costretto a svendere nelle mani di corporation americane le risorse petrolifere, la compagnia aerea di bandiera, le ferrovie e la gestione dell'energia elettrica. Le risorse idriche vennero date in concessione alla Bechtel Corporation di San Francisco. Il contratto prevedeva la proibizione di far propria l'acqua piovana, anch'essa per assurdo era divenuta proprietà e patrimonio della multinazionale californiana. Per i debitori era persino contemplata la confisca dell'abitazione. Nell'aprile del 2000 la popolazione locale sfiancata dall'impossibilità di sopportare le nuove tariffe imposte, si ribellò. Nonostante una repressione violentissima che costò la vita a sei persone, tra cui due bambini, e centinaia di feriti provocati dal governo schierato a difesa degli interessi della corporation, l'esercito e la polizia rientrarono nelle caserme e il popolo boliviano riuscì a riprendere il controllo dell'acqua.
In Italia è solo questione di tempo. Nei giorni scorsi, tra l'indifferenza generalizzata dei media italiani, un secondo forum dei movimenti dell'acqua è stato organizzato per ridare vigore alla battaglia di questo fondamentale bene comune.
Nel 2006 più di quattrocento mila firme furono raccolte a sostegno della legge d'iniziativa popolare che vede come primo punto il riconoscimento dell'acqua come “diritto inalienabile ed inviolabile della persona”. Ma la sensazione forte è che la straordinaria raccolta firme sia già stata oscurata. Con un semplice colpo di spugna. Seguendo il manuale del “buon governo” che approva leggi impopolari e antidemocratiche proprio quando imperversa l'afa estiva e l'attenzione della stampa è rivolta altrove.

Fonte : Alessio Marri - 26/11/08 - Megachip

 
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Crollano le Borse, evaporano i Fondi Pensione...

Post n°219 pubblicato il 12 Novembre 2008 da zmblog
 

TFR NETTO + 2,11% FONDI PENSIONE - 4,11 % (primi 6 mesi 2008)

Il recente fallimento della banca d’affari USA Lehman Brothers sta interessando anche i fondi pensione italiani. Il primo di cui si è avuta notizia è stato il Fondo Cometa, il più antico e grande fondo di previdenza complementare, al quale sono iscritti 500mila lavoratori metalmeccanici.
La Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha accertato che diversi fondi di categoria hanno titoli Lehman nel loro patrimonio:
- Cometa il fondo dei metalmeccanici tramite la società di gestione (Sgr) Pioneer ha bond Lehman per 3,7 milioni di euro, mentre tramite Axa ha 150mila euro;
- Fonchim, il fondo del settore chimico ha 3,15 milioni in bond Lehman tramite Duemme;
- Fondenergia (gruppo Eni) invece ha alcune decine di migliaia di euro in azioni della banca Usa, su oltre 600 milioni di patrimonio e analoghe proporzioni sono segnalate in altri fondi pensione dalle dimensioni inferiori al miliardo di patrimonio.

Secondo la Covip (Comitato di vigilanza fondi pensione) le adesioni ai Fondi Pensione crescono poco o addirittura calano.
Aderiscono poco i giovani. Non si è dovuto aspettare troppo perché si capisse che affidare il TFR ai fondi era peggio che giocare a bingo. La previdenza integrativa non è decollata e il progetto di smantellare la previdenza pubblica è sostanzialmente fallito. In un anno i maggiori fondi aziendali o di categoria hanno perso l’1,9%, con punte dell’8/10% per le linee azionarie mentre il TFR in azienda si è rivalutato del 3,6%. Tra mancato guadagno e perdite realizzate chi ha conferito ai fondi il TFR ha perso il 5,5% (questo il rendimento puro, ovviamente poi c’è da considerare il contributo che ci mette l’azienda, comunque modesto). E’ bastato un anno per far capire che c’è un forte rischio per il salario dei lavoratori e guadagnano, a prescindere dalla resa dell’investimento, solo i gestori, le banche e gli speculatori che hanno la possibilità di “giocare” con i soldi dei lavoratori. Alla fine di aprile 2008, sono circa 4,65 milioni gli aderenti alla previdenza complementare, 1/5 dei circa 22 milioni potenziali sottoscrittori. Tra i 12,2 milioni di dipendenti privati aderisce solo il 25%, circa 3 milioni di lavoratori. In fatto di adesioni nei primi 4 mesi del 2008, si registrano rallentamenti, e addirittura cali.

Inoltre, i fondi non convincono i giovani e i precari già sfruttati e mal retribuiti. Saggiamente la grande maggioranza dei lavoratori, come proposto dalla CUB, continua a tenere il TFR in azienda/INPS.

Il Rendimento del TFR è sicuro quello del Fondo Pensione non è prevedibile: Il TFR in azienda/INPS è rivalutato ogni anno nella misura fissa del 1,5% più lo 0,75% per ogni punto di aumento dei prezzi.

Esempio: a fronte di un aumento annuo del 2% dei prezzi viene rivalutato del 3%. Quindi il TFR fino ad una inflazione del 6% non solo garantisce la rivalutazione del capitale, ma permette un piccolo rendimento e soprattutto non potrà mai avere un andamento negativo.

In caso di fine contratto, licenziamento, dimissioni o pensionamento il lavoratore riceve subito tutto il TFR accantonato se lo mantiene in azienda/Inps, invece il TFR messo nel fondo pensione complementare non viene dato subito ma il lavoratore deve aspettare di stare disoccupato almeno 12 mesi per richiederne solo una parte (50%) e potrà essere riscosso interamente solo dopo 4 anni ininterrotti di disoccupazione. Inoltre, la maggior parte dei fondi di categoria (come Telemaco) non prevedono la reversibilità, ovvero, la possibilità in caso di morte di corrispondere la pensione al coniuge: se il pensionato muore tutti i soldi da lui versati resteranno nel fondo in barba a quanto ha pagato per anni !!!

Se a causa della disoccupazione, cassa integrazione/mobilità, o di un lavoro precario i versamenti del TFR al Fondo vengono interrotti o versati in modo discontinuo o ridotti come entità, l’assegno vitalizio mensile che verrà erogato al lavoratore quando maturerà i requisiti per andare in pensione, potrà subire una forte decurtazione a causa del minor capitale complessivo investito negli anni (esempio indicativo: lo 0,5% di riduzione del TFR versato ogni anno in 35 anni di lavoro, potrebbe portare ad una decurtazione del vitalizio mensile del 10%).
Il TFR lasciato in azienda/INPS non ha costi di gestione da pagare. Mentre per il Fondo pensione il lavoratore dovrà pagare le spese di adesione, le spese di gestione annuali, i gettoni degli amministratori del fondo (imprenditori e sindacalisti), le spese di accumulo e le spese di erogazione della rendita vitalizia al momento del pensionamento + le tasse.

I lavoratori nuovi assunti dal 1 gennaio 2007 ad ogni nuovo lavoro hanno 6 mesi di tempo per scegliere la destinazione del loro TFR futuro, se non scelgono entro 6 mesi automaticamente il TFR andrà nel fondo di previdenza complementare contrattuale (tipo Cometa, Telemaco, ecc.) o nel fondo di previdenza complementare residuale Fondinps.

Imprenditori, governi e Cgil-Cisl-Uil hanno reso volutamente difficoltoso e antieconomico uscire dai Fondi pensione, tuttavia per i lavoratori che da poco tempo hanno aderito ai Fondi può essere vantaggioso uscire rimettendoci pochi soldi rispetto a prospettive future assai più nere. Perciò invitiamo i lavoratori che vogliono uscire dai fondi o per altre informazioni a contattare la CUB.

Occorre rilanciare il dibattito e la lotta per il salario e le pensioni pubbliche attraverso:

1. Forti aumenti degli Stipendi e delle Pensioni di almeno 3.000 euro l’anno
2. Il mantenimento del TFR in azienda/INPS rivendicando, per i lavoratori iscritti ai Fondi, il diritto (oggi negato) al recesso e a richiedere ed ottenere quanto versato.
3. L’Informazione ai nuovi assunti sui rischi dello scippo del TFR a favore dei Fondi pensione e sul fatto che devono esprimere l’eventuale contrarietà entro 6 mesi dall’assunzione.
4. Il rilancio della previdenza pubblica, strumento unico, universale ed insostituibile per assicurare il mantenimento del reddito percepito prima del pensionamento, la separazione effettiva della previdenza dall’assistenza.

A sostegno di questa piattaforma e per sconfiggere le politiche economiche e sociali imposte dal liberismo e realizzate dai governi i sindacati di base hanno già effettuato uno Sciopero Generale Nazionale venerdì 17 ottobre, con alte adesioni e tantissimi lavoratori, studenti e pensionati che sono scesi in piazza. Altre iniziative sono in programma per le prossime settimane.

Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti - Confederazione Unitaria di Base (FLMU-CUB)

 
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ESERCITAZIONI MILITARI O ATTENTATI?

Post n°218 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da zmblog
 
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L'ELICOTTERO - L'HH-3F è un biturbina con capacità anfibie, dotato di moderni sistemi di navigazione e comunicazione, di verricello e di ampio vano di carico, provvisto di rampa caudale. È una macchina espressamente concepita per le operazioni S.A.R. (Search and Rescue). L'Aeronautica militare ha acquisito complessivamente 35 HH-3F, consegnati a partire dal 1977. Rispetto ai primi 20 elicotteri (standard «Alpha»), gli ultimi 15 (standard «Bravo») dispongono di equipaggiamenti Combat SAR (avionica migliorata, sistemi di autoprotezione e per la visione notturna, blindatura dell'abitacolo e mitragliatrici leggere Minimi). Di recente sono stati acquisiti ulteriori equipaggiamenti per il ruolo Smi (Slow Mover Interceptor). L'equipaggio è composto da due piloti, due specialisti polivalenti e un aerosoccorritore.

Alcuni giorni fa un HH-3F italiano è precipitato in Francia durante una esercitazione congiunta della NATO…. Le cause del disastro nel quale sono morti 8 militari italiani sono sconosciute, con esclusione di collisione sappiamo solo che la visibilità e le condizioni meteo erano ottime. 

Si da il caso che tutti gli incidenti e gli attentati più incredibili si sono verificati durante esercitazioni: 


      L’attentato alle metropolitana di Londra si verificò durante una esercitazione congiunta del servizio segreto Inglese e della NATO;

      L’attentato ai treni di Madrid accadde durante una esercitazione congiunta di vari servizi segreti europei, del servizio segreto Spagnolo, della Nato, ecc…;

      L’11 settembre le torri gemelle a NY crollarono durante la più grande esercitazione congiunta a livello planetario della storia, in cui furono coinvolte contemporaneamente, nella stessa giornata, tutte le agenzie d’intelligence (FBI, CIA) oltre che la marina, l’esercito e l’aviazione degli Stati Uniti.

Mi è sorto un piccolo dubbio, ma per il movente come a solito bisognerebbe fantasticare, anche se a pensare male (per esempio la sperimentazione di una nuova arma contro un elicottero super blindato…!) spesso ci si azzecca.

Sono sicuro che qualcuno rispetto a questa drammatica vicenda ha la coscienza pulita, solo perchè non l’ha mai usata.

______ E' di oggi 12 novembre la notizia che sembrerebbe una rottura della pala del rotore principale la causa del disastro. Un inconveniente SENZA PRECEDENTI, mai successo con questi materiali che erano regolarmente manutenuti dall'areonautica.

L'esperto: "Per un problema del genere non c'è nulla da fare"

Speriamo almeno che questa notizia sia vera....

 
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COME LA CIA HA PIAZZATO UNO DEI SUOI AGENTI

Post n°217 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da zmblog
 
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Nicolas Sarkozy deve essere giudicato sulla base delle sue azioni e non della sua personalità. Ma quando le sue azioni sorprendono i suoi stessi elettori, è legittimo guardare in dettaglio la sua biografia e interrogarsi sulle alleanze che lo hanno condotto al potere. Thierry Meyssan ha deciso di scrivere la verità sulle origini del presidente della Repubblica francese. Tutte le informazioni contenute nel presente articolo sono verificabili, con l’eccezione di due accuse, segnalate dall’autore che se ne assume interamente la responsabilità.

I Francesi, stufi delle troppo lunghe presidenze di François Mitterand e di Jacques Chirac, hanno eletto Nicolas Sarkozy contando sulla sua energia per rivitalizzare il paese.

Per capire come un uomo che oggi tutti sono d’accordo nel considerare l’agente degli Stati Uniti e d’Israele abbia potuto diventare il capo del partito gollista, poi il presidente della Repubblica francese, bisogna tornare indietro. Molto indietro. Bisogna imboccare una lunga digressione nel corso della quale presenteremo i protagonisti che trovano adesso la loro rivincita.

Segreti di famiglia

Nel 1958, gli Stati Uniti, preoccupati per una possibile vittoria del Fronte di Liberazione Nazionale in Algeria che aprirebbe l’Africa del Nord all’influenza sovietica, decidono di provocare un colpo di stato militare in Francia. L’operazione è organizzata congiuntamente dalla Direzione per la pianificazione della CIA – teoricamente diretta da Frank Wisner Sr. – e dalla NATO. Ma Wisner è già sprofondato nella demenza di modo che è il suo successore, Allan Dulles, che coordina il colpo. Dopo Algeri, alcuni generali francesi creano un Comitato di salute pubblica che esercita una pressione sul potere civile di Parigi e lo costringe a votare i pieni poteri al generale De Gaulle senza aver bisogno di ricorrere alla forza [1].

Ora, Charles De Gaulle non è la pedina che gli Anglosassoni credono di poter manipolare. In un primo tempo, tenta di uscire dalla contraddizione coloniale accordando un’ampia autonomia ai territori d’oltremare in seno ad un’Unione francese. Ma è ormai troppo tardi per salvare l’Impero francese perché i popoli colonizzati non credono più alle promesse della capitale ed esigono l’indipendenza. Dopo aver condotto vittoriosamente delle feroci campagne di repressione contro gli indipendentisti, De Gaulle si arrende all’evidenza. Dando prova di una rara saggezza politica, decide di accordare ad ogni colonia la sua indipendenza.

Questo voltafaccia è vissuto come un tradimento dalla maggior parte di coloro che lo hanno portato al potere. La CIA e la NATO sostengono quindi ogni tipo di complotto che possa eliminarlo tra cui un putsch mancato e una quarantina di tentativi di assassinio [2]. Tuttavia, alcuni suoi sostenitori approvano la sua evoluzione politica. Essi creano attorno a Charles Pasqua il SAC, una milizia con lo scopo di proteggerlo.

Pasqua è nello stesso tempo un malavitoso corso e un ex partigiano. Ha sposato la figlia di un contrabbandiere di liquori canadese che ha fatto fortuna durante il proibizionismo. Dirige la società Ricard che, dopo aver commercializzato assenzio, un liquore proibito, diventa rispettabile vendendo anisette. Tuttavia, la società continua a servire da copertura per tutta una serie di traffici in relazione con la famiglia italo-newyorchese dei Genovese, quella di Lucky Luciano. Non sorprende, quindi, che Pasqua faccia appello a Etienne Léandri (l’”ambasciatore” di Luciano) per reclutare manovalanza e costituire la milizia gollista [3]. Un terzo uomo gioca un ruolo importante nella formazione del SAC, l’ex guardia del corpo di De Gaulle, Achille Peretti, anch’egli corso.

Così difeso, De Gaulle disegna con bravura una politica nazionale indipendentista. Pur affermando la sua appartenenza al campo atlantico, rimette in discussione la leadership anglosassone. Si oppone all’entrata del Regno Unito nel Mercato comune europeo (1961 e 1967); rifiuta lo spiegamento dei caschi dell’ONU in Congo (1961); incoraggia gli Stati latinoamericani ad affrancarsi dall’imperialismo USA (discorso in Messico , 1964); espelle la NATO dalla Francia e si ritira dal Comando integrato dell’Alleanza atlantica (1966); denuncia la guerra del Vietnam (discorso di Phnon Penh, 1966); condanna l’espansionismo israeliano all’epoca della Guerra dei Sei giorni (1967); sostiene l’indipendenza del Québec (discorso di Montréal, 1967); ecc.

Contemporaneamente, De Gaulle consolida la potenza dela Francia dotandola di un complesso militar-industriale che comprende la forza di dissuasione nucleare e garantendo il suo approvvigionamento energetico. Allontana utilmente gli ingombranti Corsi dal suo entourage affidando loro missioni all’estero. Così Etienne Léandri diventa il trader del gruppo Elf (oggi Total) [4], mentre Charles Pasqua diviene l’uomo di fiducia dei capi di Stato dell’Africa francofona.

Consapevole di non poter sfidare gli Anglosassoni su troppi terreni alla volta, De Gaulle si allea con la famiglia Rothschild. Sceglie come Primo ministro il rappresentante della Banca, Georges Pompidou. I due formano un tandem efficace. L’audacia politica del primo non perde mai di vista il realismo economico del secondo.

Quando De Gaulle si dimette, nel 1969, Georges Pompidou gli succede brevemente alla presidenza prima di essere portato via da un cancro. I gollisti storici non riconoscono la sua leadership e si preoccupano per le sua tendenze anglofile. Gridano al tradimento quando Pompidou, assecondato dal segretario generale dell’Eliseo, Edouard Balladur, fa entrare “la perfida Albione” nel Mercato comune europeo.

La fabbricazione di Nicolas Sarkozy

Una volta premessa questa cornice, torniamo al nostro personaggio principale. Nicolas Sarkozy. Nato nel 1955, è figlio di un nobile cattolico ungherese, Pal Sarkösy de Nagy-Bocsa, rifugiatosi in Francia dopo essere fuggito dall’Armata rossa, e di Andrée Mallah, una plebea ebrea originaria di Tessalonica. Dopo aver avuto tre figli (Guillaume, Nicolas e François), la coppia divorzia. Pal Sarkösy de Nagy-Bocsa si risposa con una aristocratica, Christine de Ganay, da cui avrà due figli (Pierre-Olivier e Caroline). Nicolas non sarà allevato unicamente dai genitori ma sarà sballottato in questa famiglia ricomposta.

Sua madre è diventata la segretaria di Achille Peretti. Dopo aver co-fondato il SAC, la guardia del corpo di De Gaulle aveva proseguito una brillante carriera politica. Era stato eletto deputato e sindaco di Neuilly-sur-Seine, la più ricca periferia residenziale della capitale, poi presidente dell’Assemblea nazionale.

Sfortunatamente, nel 1972, Achille Peretti è pesantemente portato alla ribalta. Negli Stati Uniti, la rivista Time rivela l’esistenza di un’organizzazione criminale segreta “l’Unione corsa” che controllerebbe gran parte del traffico di stupefacenti tra l’Europa e l’America, la famosa “French connection” che Holliwood porterà sugli schermi. Appoggiandosi su audizioni parlamentari e su proprie investigazioni, Time cita il nome di un capo mafioso, Jean Venturi, arrestato qualche anno dopo in Canada, che altri non è che il delegato commerciale di Charles Pasqua per la società di liquori Ricard. Vengono fatti i nomi di diverse famiglie che dirigerebbero l’Unione corsa, tra cui Peretti. Achille nega, ma deve rinunciare alla presidenza dell’Assemblea nazionale e sfugge anche ad un “suicidio”.

Nel 1977, Pal Sarkozy si separa anche dalla seconda moglie, Christine de Ganay, che si lega allora al n. 2 dell’amministrazione centrale del dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Si sposa e va a vivere con lui in America. Come si sa il mondo è piccolo e suo marito non è altri che Frank Wisner Jr, figlio del precedente. Le funzioni di Junior alla CIA non sono note, ma è chiaro che ha un ruolo importante. Nicolas, che rimane presso la matrigna, il fratellastro e la sorellastra, comincia a rivolgersi verso gli Stati Uniti dove “beneficia” dei programmi di formazione del dipartimento di Stato.

Nello stesso periodo, Nicolas Sarkozy aderisce al partito gollista. Qui presto inizia a frequentare Charles Pasqua, che non è solamente un leader nazionale ma anche il responsabile del dipartimento Hauts-de-Seine. Nel 1982, Nicolas Sarkozy, terminati gli studi in giurisprudenza e frequentando il praticantato per divenire avvocato, sposa la nipote di Achille Peretti. Suo testimone di nozze è Charles Pasqua. Divenuto avvocato, il signor Sarkozy difende gli interessi degli amici corsi dei suoi mentori. Acquista una proprietà sull’isola, a Vico, e immagina di “corsicizzare” il suo nome sostituendo la “y” con una “i”: Sarkozi.

L’anno successivo è eletto sindaco di Neuilly-sur-Seine in sostituzione dello zio acquisito, Achille Peretti, stroncato da una crisi cardiaca.

Tuttavia, Nicolas non tarda a tradire la moglie e, dal 1984, inizia una relazione con Cécilia, moglie del più celebre presentatore televisivo dell’epoca, Jacques Martin, di cui fa conoscenza celebrando il loro matrimonio in qualità di sindaco di Neuilly. Questa doppia vita dura cinque anni prima che gli amanti non lascino i rispettivi coniugi per costruire una loro famiglia. Nicolas è il testimone di nozze, nel 1992, della figlia di Jacques Chirac, Claude, con un editorialista de Le Figaro. Non può impedirsi di sedurre Claude e di condurre una breve relazione con lei, mentre vive ufficialmente con Cécilia. Il marito tradito si suicida assumendo dei farmaci. La rottura tra gli Chirac e Nicolas Sarkozy è brutale e senza ritorno.

Nel 1993, la sinistra perde le elezioni legislative. Il presidente François Mitterand rifiuta di dimettersi e entra in coabitazione con un Primo ministro di destra. Jacques Chirac, che ambisce alla presidenza e pensa di formare con Edouard Balladur un tandem come quello di De Gaulle e Pompidou, rifiuta di essere nuovamente Primo ministro e lascia il posto al suo “amico da trent’anni”, Edouard Balladur. Malgrado il suo passato sulfureo, Charles Pasqua diviene ministro dell’Interno. Pur mantenendo il controllo della marijuana marocchina, approfitta della situazione per legalizzare le altre sue attività e prende il controllo dei casinò, dei giochi e delle corse nell’Africa francofona. Tesse anche legami in Arabia saudita e in Israele e diventa ufficiale d’onore del Mossad. Nicolas Sarkozy, dal canto suo, è ministro del Tesoro e portavoce del governo.

A Washington, Frank Wisner Jr. è succeduto a Paul Wolfowitz come responsabile della pianificazione politica al dipartimento della Difesa. Nessuno fa notare i legami che lo uniscono al portavoce del governo francese.

E’ in quel periodo che, come trent’anni prima, in seno al partito gollista riesplode la tensione tra i gollisti storici e la destra finanziaria, incarnata da Balladur. La novità è che Charles Pasqua e con lui il giovane Nicolas Sarkozy tradiscono Jacques Chirac per avvicinarsi alla corrente Rothschild. Tutto frana. Il conflitto raggiungerà l’apice nel 1995 quando Edouard Balladur si presenterà contro il suo ex-amico Jacques Chirac alle elezioni presidenziali e verrà sconfitto. Soprattutto, seguendo le istruzioni di Londra e di Washington, il governo Balladur apre ai negoziati per l’adesione all’Unione europea e alla NATO degli Stati dell’Europa centrale e orientale, affrancatisi dalla tutela sovietica. Nulla funziona più nel partito gollista dove gli amici di ieri sono vicini a scannarsi tra loro. Per finanziare la sua campagna elettorale, Edouard Balladur tenta di fare man bassa dei fondi neri del partito gollista, nascosti nella doppia contabilità dell’impresa petrolifera Elf. Appena morto il vecchio Etienne Léandri i giudici perquisiscono la società e i suoi dirigente vengono arrestati. Ma Balladur, Pasqua e Sarkozy non arriveranno mai a recuperare il gruzzolo.

La traversata del deserto

Nel corso del suo primo mandato, Jacques Chirac tiene Nicolas Sarkozy a distanza. L’uomo rimane discreto durante questa lunga traversata del deserto. Discretamente, continua ad annodare relazioni nei circoli dell’alta finanza. Nel 1996, Nicolas Sarkozy, riuscito finalmente a concludere le procedure per un divorzio che non riusciva a concludersi, si sposa con Cécilia. Per testimoni hanno i due miliardari Martin Bouygues e Bernard Arnaud (l’uomo più ricco del paese).

Ultimo atto

Molto prima della crisi irachena, Frank Wisner Jr. e i suoi colleghi della CIA pianificano la distruzione della corrente gollista e l’ascesa di Nicolas Sarkozy. Agiscono in tre tappe: prima l’eliminazione della dirigenza del partito gollista e il controllo di questo apparato, poi l’eliminazione del principale rivale di destra e l’investitura del partito gollista all’elezioni presidenziali, infine l’eliminazione di ogni serio sfidante a sinistra in modo da essere certi di vincere le elezioni.

Per anni, i media sono tenuti con il fiato sospeso dalle rivelazioni postume di un immobiliarista. Prima di morire per una grave malattia, costui ha registrato, per motivi mai chiariti, una confessione video. Per una ragione ancora più oscura, la “cassetta” finisce nelle mani di un notabile del Partito socialista, Dominique Strauss-Kahn, che indirettamente la fa pervenire alla stampa.

Se le confessioni del costruttore non sfociano in alcuna sanzione giudiziaria, si apre però un vaso di Pandora. La principale vittima di ciò che segue sarà il Primo ministro Alain Juppé. Per proteggere Chirac, egli prende su di sé tutte le responsabilità penali. L’uscita di scena di Juppé lascia via libera a Nicolas Sarkozy per prendere la direzione del partito gollista.

Sarkozy sfrutta la sua posizione per obbligare Jacques Chirac a riprenderlo al governo malgrado il loro odio reciproco. Alla fine, sarà ministro dell’Interno. Errore! Da questa posizione controlla i prefetti e il servizio informativo interno che utilizza per infiltrare le grandi amministrazioni.

Si occupa anche degli affari corsi. Il prefetto Claude Erignac è stato assassinato. Anche se non è stato rivendicato, l’omicidio viene immediatamente interpretato come una sfida lanciata dagli indipendentisti alla Repubblica. Dopo una lunga caccia, la polizia arriva ad arrestare un sospetto in fuga, Yvan Colonna, figlio di un deputato socialista. In spregio alla presunzione d’innocenza, Nicolas Sarkozy annuncia la notizia e accusa il sospetto di essere l’assassino. Il fatto è che la notizia è troppo bella a due giorni dal referendum che il ministro dell’Interno organizza in Corsica per modificare lo statuto dell’isola. Comunque sia, gli elettori respingono il progetto di Sarkozy che, secondo alcuni, favorisce gli interessi mafiosi.
Anche se Yvan Colonna è stato successivamente riconosciuto colpevole, ha sempre protestato la sua innocenza e non è stata trovata alcuna prova materiale contro di lui. Stranamente, l’uomo si è chiuso in silenzio preferendo essere condannato piuttosto che rivelare quello che sa.
Riveliamo qui che il prefetto Erignac non è stato ucciso dai nazionalisti, ma da un sicario immediatamente espatriato in Angola dove è stato assunto nel servizio di sicurezza del gruppo Elf. Il movente del crimine era proprio legato alle funzioni precedenti di Erignac, responsabile della rete africana di Charles Pasqua al ministero della Cooperazione. Quanto a Yvan Colonna, è un amico personale di Nicolas Sarkozy da decenni e i loro figli si sono frequentati.

Scoppia un nuovo caso: circolano falsi elenchi che accusano mendacemente diverse personalità di nascondere conti bancari in Lussemburgo, presso Clearstream. Tra le personalità diffamate: Nicolas Sarkozy. Si lamenta e lascia intendere che il suo rivale di destra alle elezioni presidenziali, il Primo ministro Dominique de Villepin, ha organizzato la macchinazione. Non nasconde la sua intenzione di trascinarlo in galera.
In realtà, i falsi elenchi sono stati messi in circolazione dalla Fondazione franco-americana [5] di cui è presidente John Negroponte e di cui Frank Wisner Jr. è amministratore. Quello che i giudici ignorano e che noi riveliamo qui, è che le liste sono state fabbricate a Londra da un laboratorio comune della CIA e del MI6, Hakluyt & Co, di cui ugualmente è amministratore Frank Wisner Jr. Villepin si difende da ciò di cui l’accusano, ma è messo sotto inchiesta, confinato a casa e, di fatto, allontanato dalla vita politica. La via è libera a destra per Nicolas Sarkozy.

Rimangono da neutralizzare i candidati dell’opposizione. Le quote di adesione al partito socialista sono ridotte a livello simbolico per attirare nuovi militanti. Immediatamente migliaia di giovani prendono la tessera. Tra essi, almeno diecimila nuovi aderenti sono in realtà militanti del Partito trotskista “lambertista” (dal nome del suo fondatore Pierre Lambert). Questa piccola formazione di estrema sinistra è stata storicamente al servizio della CIA contro i comunisti stalinisti durante la Guerra fredda (è l’equivalente del SD/USA di Max Shatchman, che ha formato i neoconservatori negli Stati Uniti [6]). Non è la prima volta che i “lambertisti” infiltrano il Partito socialista. Vi hanno notoriamente piazzato due celebri agenti della CIA: Lionel Jospin (che è diventato Primo ministro) e Jean-Christophe Cambadélis, il principale consigliere di Dominique Strauss-Kahn [7].

All’interno del Partito socialista vengono organizzate le primarie per designare il candidato alle elezioni presidenziali. Sono in competizione due personalità: Laurent Fabius e Ségolène Royal. Solo il primo rappresenta un pericolo per Nicolas Sarkozy. Dominique Strauss-Kahn entra nella corsa con la missione di eliminare Fabius all’ultimo momento. Il che sarà in grado di fare grazie ai voti dei militanti “lambertisti” infiltrati, che portano il loro voto non sul suo nome ma su quello della Royal.
L’operazione è possibile perché Strauss-Kahn è da molto tempo sul libro paga degli Stati Uniti. I Francesi ignorano che tiene lezioni a Stanford dove è stato assunto dal rettore dell’università, Condoleeza Rice [8].
Una volta entrato in carica, Nicolas Sarkozy e Condoleeza Rice ringrazieranno Strauss-Kahn facendolo eleggere alla direzione del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Primi giorni all’Eliseo

La sera del secondo turno dell’elezione presidenziale, quando gli istituti di sondaggio annunciano la sua probabile vittoria, Nicolas Sarkozy pronuncia un breve discorso alla nazione dal suo quartier generale della campagna. Poi, contrariamente alle abitudini, non va a festeggiare con i militanti del suo partito, ma si reca al Fouquet’s. Il celebre locale dei Champs-Elisées, che era un tempo il luogo di appuntamento dell’”Unione Corsa”, è oggi di proprietà del patron di hotel e casinò Dominique Desseigne. E’ stato messo a disposizione del presidente eletto per ricevervi i suoi amici e i principali donatori della campagna. Ci si mescolano un centinaio di invitati, gli uomini più ricchi di Francia accanto a proprietari di casinò.

Poi il presidente eletto si concede qualche giorno di meritato riposo. Portato a bordo di un Falcon-900 privato a Malta, si riposa sul Palma, lo yacht di 65 metri del suo amico Vincent Bolloré, un miliardario formatosi alla Banca Rothschild.

Alla fine, Nicolas Sarkozy assume la carica di presidente della Repubblica francese. Il primo decreto che firma non è per proclamare un’amnistia ma per autorizzare i casinò dei suoi amici Desseigne e Partouche a moltiplicare le slot-machines. Forma la sua squadra di lavoro e il suo governo. Senza sorprese, ci si ritrova un bel losco proprietario di casinò (il ministro della Gioventù e dello Sport) e il lobbysta dei casinò dell’amico Desseigne (che diventa il portavoce del partito “gollista”).

Nicolas Sarkozy si appoggia soprattutto a quattro uomini:

- Claude Guéant, segretario generale dell’Eliseo. E’ l’antico braccio destro di Charles Pasqua.

- François Pérol, segretario generale aggiunto dell’Eliseo. Un associato della Banca Rothschild.

- Jean-David Lévitte, consigliere diplomatico. Figlio dell’ex direttore dell’Agenzia ebraica. Ambasciatore di Francia all’ONU, fu sollevato dalle sue funzioni da Jacques Chirac che lo riteneva troppo vicino a George Bush.

- Alain Bauer, l’uomo dell’ombra. Il suo nome non compare negli annuari. E’ incaricato dei servizi informativi. Già Gran Maestro del Grande Oriente di Francia (la principale obbedienza massonica francese) e già n. 2 della National Security Agency statunitense in Europa [9].


Frank Wisner Jr., che è stato nel frattempo nominato inviato speciale del presidente Bush per l’indipendenza del Kossovo, insiste perché Bernard Kouchner sia nominato ministro degli Esteri con una doppia missione prioritaria: l’indipendenza del Kossovo e la liquidazione della politica araba della Francia.

Kouchner ha iniziato la sua carriera con la creazione di una ONG umanitaria. Grazie ai finanziamenti del National Endownement for Democracy, ha partecipato alle operazioni di Zbigniew Brzezinski in Afghanistan, accanto ad Osama Bin Laden e ai fratelli Karzaï contro i sovietici. Lo si ritrova negli anni 90 presso Alija Izetbegovich in Bosnia Erzegovina. Dal 1999 al 2001, è stato Alto rappresentante dell’ONU in Kossovo.

Sotto il controllo del fratello minore di Hamid Karzaï, l’Afghanistan è diventato il primo produttore mondiale di papavero. Il succo viene trasformato sul posto in eroina e trasportato dall’US Air Force a Camp Bondsteed (Kossovo). Là la droga è presa in carico dagli uomini di Haçim Thaçi che la smerciano principalmente in Europa e secondariamente negli Stati Uniti [10]. I ricavi sono utilizzati per finanziare le operazioni illegali della CIA.
Karzaï e Thaçi sono amici personali da lunga data di Bernard Kouchner che certamente ignora le loro attività criminali malgrado i rapporti internazionali che sono stati dedicati a questo tema.

Per completare il suo governo, Nicolas Sarkozy nomina Christine Lagarde ministro dell’Economia e delle Finanze. Essa ha fatto tutta la sua carriera negli Stati Uniti dove ha diretto il prestigioso studio di giuristi Baker & McKenzie. In seno al Center for International & Strategic Studies di Dick Cheney, è stata co-presidente insieme a Zbigniew Brzezinski di un gruppo di lavoro che ha supervisionato le privatizzazioni in Polonia. Ha organizzato un’intensa attività di lobbyng per conto della Lockeed Martin contro l’impresa aeronautica francese Dassault [11].

Nuova scappatella durante l’estate. Nicolas, Cécilia, la loro amante comune e i loro figli si fanno offrire delle vacanze negli Stati Uniti a Wolfenboroo, non lontano dalla proprietà del presidente Bush. Il conto questa volta è pagato da Robert F. Agostinelli, un banchiere d’affari italo-newyorchese, sionista e neoconservatore purissimo che si esprime su Commentary, la rivista dell’American Jewish Committee.

La riuscita di Nicolas si riflette sul fratellastro Pierre-Olivier. Sotto il nome americanizzato di “Oliver”, viene nominato da Frank Carlucci (che è stato il n. 2 della CIA dopo essere stato reclutato da Frank Wisner Sr.) [12] direttore di un nuovo fondo d’investimento del gruppo Carlyle ( la società di gestione finanziaria comune ai Bush e ai Bin Laden) [13]. Privo di particolari qualità personali, è divenuto il quinto negoziatore di affari nel mondo e gestisce le principali ricchezze dei fondi sovrani del Kuwait e di Singapore.

La popolarità del presidente è in caduta libera nei sondaggi. Uno dei suoi consiglieri per la comunicazione, Jacques Séguéla, raccomanda di distogliere l’attenzione del pubblico con nuove “people stories”. L’annuncio del divorzio da Cécilia è pubblicato da Libération, il giornale del suo amico Edouard de Rothschild, per coprire gli slogans dei manifestanti un giorno di sciopero generale. Ancora più forte, il comunicatore organizza un incontro con l’artista ed ex indossatrice Carla Bruni. Qualche giorno dopo, la sua relazione con il presidente viene ufficializzata e il martellamento mediatico copre di nuovo le critiche politiche. Ancora qualche settimana e arriva il terzo matrimonio di Nicolas. Questa volta, sceglie come testimone Mathilde Agostinelli (la moglie di Robert) e Nicolas Bazire, già direttore del gabinetto di Edouard Balladur diventato associato dei Rothschild.

Quand’è che i Francesi avranno occhi per vedere con chi hanno a che fare?


Le informazioni contenute nel presente articolo sono state presentate da Thierry Meyssan in occasione della tavola rotonda di chiusura dell’ Eurasian Media Forum (Kazakistan, 25 aprile 2008) dedicato alla popolarizzazione e al “glamour” in politica.

L’interesse suscitato da queste informazioni ha portato l’autore a redigere il presente articolo che è stato pubblicato da
Profile attualmente la principale rivista giornalistica russa.

Molte versioni e traduzioni non autorizzate di questo articolo sono state diffuse nel periodo in cui il sito del Réseau Voltaire era fuori servizio. Vi preghiamo di considerare il presente articolo come il solo valido.



NOTE

[1] « Quand le stay-behind portait De Gaulle au pouvoir », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 27 agosto 2001

[2] «Quand le stay-behind voulait remplacer De Gaulle », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 10 settembre 2001

[3] L’Énigme Pasqua, di Thierry Meyssan, Golias ed. 2000.

[4] Les requins. Un réseau au cœur des affaires, di Julien Caumer, Flammarion, 1999.

[5] « Un relais des États-Unis en France : la French American Foundation », di Pierre Hillard, Réseau Voltaire, 19 aprile 2007.

[6] « Les New York Intellectuals et l’invention du néo-conservatisme », di Denis Boneau, Réseau Voltaire, 26 novembre 2004.

[7] Il responsabile USA dei servizi informativi, Irving Brown in persona, ha rivendicato di avere lui stesso reclutato e formato i signori Jospin e Cambadélis per lottare contro gli stalinisti all’epoca in cui militavano tra i lambertisti. Cfr. Eminences grises, Roger Faligot e Rémi Kauffer, Fayard, 1992; “The Origin of CIA Financing of AFL Programs » in Covert Action Quaterly, n° 76, 1999. E’ importante evitare un’interpretazione anacronistica: il loro coinvolgimento al servizio degli USA è quello di atlantisti durante la Guerra fredda. Più in là, questo li condurrà, ad esempio, nel 1999, a svolgere un ruolo centrale nell’impegno di Parigi in seno alla NATO per bombardare Belgrado, peraltro tradizionale alleato della Francia. Ugualmente, è importante evitare false equivalenze: la collaborazione di Nicolas Sarkozy con gli USA non si è sviluppata su una base ideologica, ma relazionale e carrierista (nota modificata il 27 luglio 2008 in risposta ai lettori).

[8] « Dominique Strauss-Kahn, l’homme de « Condi » au FMI », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 5 ottobre 2007.

[9] « Alain Bauer, de la SAIC au GOdF », Note d’information du Réseau Voltaire, 1 ottobre 2000.

[10] « Le gouvernement kosovar et le crime organisé », di Jürgen Roth, Horizons et débats, 8 aprile 2008.

[11] « Avec Christine Lagarde, l’industrie US entre au gouvernement français », Réseau Voltaire, 22 giugno 2005.

[12] « L’honorable Frank Carlucci », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 11 febbraio 2004.

[13] « Les liens financiers occultes des Bush et des Ben Laden » e « Le Carlyle Group, une affaire d’initiés », Réseau Voltaire, 16 ottobre 2001 e 9 febbraio 2004.

Titolo originale; Opération Sarkozy : comment la CIA a placé un de ses agents à la présidence de la République française
Fonte: Voltairenet.org
Link: http://www.voltairenet.org/article157210.html

Tradotto da Matteo Bovis

 
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E' FINITA LA SCUOLA (pubblica)

Post n°216 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da zmblog
 

Circa due anni fa Norberto Bottani, illustre esperto di problemi scolastici, si guadagnò l’attenzione fugace dei giornali con una dichiarazione ad effetto nella quale si annunciava che tra 50 anni la figura dell’insegnante come la conosciamo oggi non sarebbe più esistita nella scuola europea, sostituita da qualcosa di simile a un assistente sociale. Questa dichiarazione era fatta secondo la consueta tecnica della previsione che si autoavvera o, se si preferisce, del presentare un obiettivo di alcune politiche come una tendenza naturale. Tale uscita in sé non sarebbe significativa se non fosse possibile rintracciare nelle politiche scolastiche di vari paesi europei elementi che confermano tale ipotesi: un esempio per tutti la ventilata proposta in Germania di abolire le bocciature o quanto meno di limitarle non è frutto di un’improvvisa irruzione dello spirito del maggio parigino in qualche serio ministro del governo federale, ma la risposta alla continua pressione dell’OCSE (l’organizzazione che ha come scopo quello di indirizzare le politiche dei paesi più ricchi verso un maggiore sviluppo economico) a limitare i costi della scuola.

L’OCSE ha individuato da molti anni nella scuola uno dei principali settori in cui tagliare la spesa pubblica, sulla base di un ragionamento molto semplice: i sistemi scolastici attuali producono troppe persone qualificate rispetto a quelle che sono le esigenze delle moderne società di mercato. Siccome nella concezione della società di questa organizzazione lo studio e la formazione non hanno alcuna valenza di crescita personale e civile ma soltanto di utilità economica, è ovvio che le spese scolastiche siano considerate superflue. Infatti a cominciare dagli anni settanta, dopo due decenni di crescita, la percentuale di lavori qualificati si è stabilizzata, mentre la scolarità superiore continuava a espandersi.

Naturalmente la soluzione più ovvia sarebbe quella di un ritorno all’antico con un sistema chiuso di studi superiori (o di scuole private d’élite in cui si viene ammessi per censo), ma in Europa in questa forma diretta sarebbe troppo impopolare per qualsiasi governo. Allora viene suggerita una politica che apparentemente affermi una volontà di riforma della scuola, ma che nella sostanza tagli i fondi e lentamente dequalifichi la didattica e trasformi la maggioranza delle scuole in immensi oratori mal gestiti. Prova ne sia che ogni riforma proposta o realizzata comporta sempre una riduzione della spesa Le politiche dell’istruzione in Italia degli ultimi quindici anni (con l’unica parziale eccezione di Fioroni) da Berlinguer alla Gelmini hanno seguito questo tipo di obbiettivo e di strategia sia pure con modi, linguaggi e tempi diversi.

L’OCSE è anche l’organizzazione che promuove le cosiddette prove PISA per la valutazione dell’efficienza dei sistemi scolastici, sui criteri delle quali ci sarebbe molto da obiettare, ma non essendoci qui lo spazio, prendiamole pure per buone. Gli attuali tagli alla spesa scolastica in Italia, e non solo, sono spesso giustificati con i pessimi risultati ottenuti dalla scuola italiana in queste prove (non a caso la ragioneria di stato è stata la prima a interpretare questi risultati come la prova di uno spreco e quindi semplicemente della necessità di tagliare i costi). Ma se si analizzano con attenzione questi esiti, vediamo che la scuola superiore italiana nella sua media è insufficiente, ma la scuola del centro-nord è generalmente nella media internazionale e i licei vanno meglio degli istituti professionali e tecnici (tutte cose che si sapevano, credo).

Dal che si potrebbe dedurre che c’è un problema non di scuola in quanto tale, ma di un paese a due velocità e di un tipo di scuola tecnica pensata per una produzione industriale pesante e fordista che non esiste più e si trasforma lentamente in un deposito di studenti difficili. E invece no, per la maggioranza dei commentatori, delle istituzioni economiche e della classe politica l’unica conseguenza è che la scuola fa schifo, quindi è uno spreco e quindi vanno tagliate le spese. Insomma un bel paralogismo che trova un adeguato sbocco nelle misure attuali che colpiscono principalmente la scuola elementare (ma naturalmente ci sarà un secondo tempo per le superiori), che non era coinvolta nelle prove PISA.

Come dicevo sopra, politiche del genere possono essere rintracciate in ogni paese europeo. E questo la dice molto sulla lungimiranza delle èlites occidentali: l’efficienza di un sistema scolastico anche sul piano utilitaristico non può essere valutata solo dalle immediate ricadute sul mondo del lavoro, perché un fattore di ricchezza e sviluppo anche economici è quell’intelletto generale, cioè quella sfera della società nella quale nascono bisogni e soluzioni nuove, che può essere alimentato solo da un livello culturale generale elevato. Ma da un’epoca e da un sistema che hanno ritenuto la loro più alta realizzazione il giocare al casinò delle borse i risparmi e i soldi delle pensioni di gente inerme e inconsapevole non era forse lecito attendersi altro.

Giorgio Mascitelli
Fonte: www.nazioneindiana.com

Personalmente aggiungerei che la ENTEROGELMINI (che distrugge la flora studentesca) elimina qualsiasi collaborazione scuola-famiglia... Taglia i fondi alla scuola pubblica a favore di qualla privata finanziata da me (sic!) e dalle fondazioni (organi di parito, confindustria, ecc... ) che la plasmeranno ad uso e consumo dell'èlite dominante.

Si studierà al massimo fino alla fine dell'Impero Romano (forse!)

A cosa servono tutti questi ragazzi che pensano?

Tanto c'è la televisione... Voi vivete e consumate al resto ci pensiamo noi!!!

 
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La "MONNEZZA" di zu'Silvu

Post n°215 pubblicato il 29 Settembre 2008 da zmblog

I verbali di Gaetano Vassallo: "Così ho avvelenato Napoli" - Le confessioni del boss che per 20 anni ha nascosto rifiuti tossici in Campania pagando politici e funzionari
(di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)Espresso_2

...da ieri, per il Cavaliere dire che "ha risolto i problemi della monnezza a Napoli" sarà più complicato...

"Temo per la mia vita e per questo ho deciso di collaborare con la giustizia e dire tutto quello che mi riguarda, anche reati da me commessi. In particolare, intendo riferire sullo smaltimento illegale dei rifiuti speciali, tossici e nocivi, a partire dal 1987-88 fino all'anno 2005. Smaltimenti realizzati in cave, in terreni vergini, in discariche non autorizzate e in siti che posso materialmente indicare, avendo anche io contribuito"...

Comincia così il più sconvolgente racconto della devastazione di una regione: venti anni di veleni nascosti ovunque, che hanno contaminato il suolo, l'acqua e l'aria della Campania. Venti anni di denaro facile che hanno consolidato il potere dei casalesi, diventati praticamente i monopolisti di questo business sporco e redditizio. La testimonianza choc di una follia collettiva, che dalla fine degli anni Ottanta ha spinto sindaci, boss e contadini a seminare scorie tossiche nelle campagne tra Napoli e Caserta. Con il Commissariato di governo che in nome dell'emergenza ha poi legalizzato questo inferno.

Giugliano Gaetano Vassallo è stato l'inventore del traffico: l'imprenditore che ha aperto la rotta dei rifiuti tossici alle aziende del Nord. E ha amministrato il grande affare per conto della famiglia Bidognetti, seguendone ascesa e declino nell'impero di Gomorra. I primi clienti li ha raccolti in Toscana, in quelle aziende fiorentine dove la massoneria di Licio Gelli continua ad avere un peso. I controlli non sono mai stati un problema: dichiara di avere avuto a libro paga i responsabili. Anche con la politica ha curato rapporti e investimenti, prendendo la tessera di Forza Italia e puntando sul partito di Berlusconi.

La rete di protezione Quando Vassallo si presenta ai magistrati dell'Antimafia di Napoli è il primo aprile. Mancano due settimane alle elezioni, tante cose dovevano ancora accadere. Due mesi esatti dopo, Michele Orsi, uno dei protagonisti delle sue rivelazioni è stato assassinato da un commando di killer casalesi. E 42 giorni dopo Nicola Cosentino, il più importante parlamentare da lui chiamato in causa, è diventato sottosegretario del governo Berlusconi. Vassallo non si è preoccupato. Ha continuato a riempire decine di verbali di accuse, che vengono vagliati da un pool di pm della direzione distrettuale antimafia napoletana e da squadre specializzate delle forze dell'ordine: poliziotti, finanzieri, carabinieri e Dia. Finora i riscontri alle sue testimonianze sono stati numerosi: per gli inquirenti è altamente attendibile. Anche perché ha conservato pacchi di documenti per dare forza alle sue parole. Che aprono un abisso sulla devastazione dei suoli campani e poi, attraverso i roghi e la commercializzazione dei prodotti agro-alimentari, sulla minaccia alla salute di tutti i cittadini.

Come è stato possibile? "Nel corso degli anni, quanto meno fino al 2002, ho proseguito nella sfruttamento della ex discarica di Giugliano, insieme ai miei fratelli, corrompendo l'architetto Bovier del Commissariato di governo e l'ingegner Avallone dell'Arpac (l'agenzia regionale dell'ambiente). Il primo è stato remunerato continuativamente perché consentiva, falsificando i certificati o i verbali di accertamento, di far apparire conforme al materiale di bonifica i rifiuti che venivano smaltiti illecitamente. Ha ricevuto in tutto somme prossime ai 70 milioni di lire. Bertolaso 

L'ingegner Avallone era praticamente 'stipendiato' con tre milioni di lire al mese, essendo lo stesso incaricato anche di predisporre il progetto di bonifica della nostra discarica, progetto che ci consentiva la copertura formale per poter smaltire illecitamente i rifiuti". Il gran pentito dei veleni parla anche di uomini delle forze dell'ordine 'a disposizione' e di decine di sindaci prezzolati. Ci sono persino funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dai loro territori. Una lista sterminata di tangenti, versate attraverso i canali più diversi: si parte dalle fidejussioni affidate negli anni Ottanta alla moglie di Rosario Gava, fratello del patriarca dc, fino alla partecipazione occulta dell'ultima leva politica alle società dell'immondizia.

L'età dell'oro Vassallo sa tutto. Perché per venti anni è stato il ministro dei rifiuti di Francesco Bidognetti, l'uomo che assieme a Francesco 'Sandokan' Schiavone domina il clan dei casalesi. All'inizio i veleni finivano in una discarica autorizzata, quella di Giugliano, legalmente gestita. Le scorie arrivavano soprattutto dalle concerie della Toscana, sui camion della ditta di Elio e Generoso Roma. C'era poi un giro campano con tutti i rifiuti speciali provenienti dalla rottamazione di veicoli: fiumi di olii nocivi. I protagonisti sono colletti bianchi, che fanno da prestanome per i padrini latitanti, li nascondono nelle loro ville e trasmettono gli ordini dal carcere dei boss detenuti. In pratica, accusa tutte le aziende campane che hanno operato nel settore, citando minuziosamente coperture e referenti.

Mario_landolfi C'è l'avvocato Cipriano Chianese. C'è Gaetano Cerci "che peraltro è in contatto con Licio Gelli e con il suo vice così come mi ha riferito dieci giorni fa". Il racconto è agghiacciante. Sembra che la zona tra Napoli e Caserta venga colpita dalla nuova febbre dell'oro. Tutti corrono a sversare liquidi tossici, improvvisandosi riciclatori. "Verso la fine degli Ottanta ogni clan si era organizzato autonomamente per interrare i carichi in discariche abusive. Finora è stato scoperto solo uno dei gruppi, ma vi erano sistemi paralleli gestiti anche da altre famiglie". Ci sono trafficanti fai-dai-te che buttano liquidi fetidi nei campi coltivati in pieno giorno. Contadini che offrono i loro frutteti alle autobotti della morte. E se qualcuno protesta, intervengono i camorristi con la mitraglietta in pugno.

La banalità del male Chi, come Vassallo, possiede una discarica lecita, la sfrutta all'infinito. Il sistema è terribilmente banale: nei permessi non viene indicata l'esatta posizione dell'invaso, né il suo perimetro. Così le voragini vengono triplicate. "Tutte le discariche campane con tale espediente hanno continuato a smaltire in modo abusivo, sfruttando autorizzazioni meramente cartolari. Ovviamente, nel creare nuovi invasi mi sono disinteressato di attrezzare quegli spazi in modo da impermeabilizzare i terreni; non fu realizzato nessun sistema di controllo del percolato e nessuna vasca di raccolta, sicché mai si è provveduto a controllare quella discarica ed a sanarla". In uno di questi 'buchi' semilegali Vassallo fa seppellire un milione di metri cubi di detriti pericolosi. L'aspetto più assurdo è che durante le emergenze che si sono accavallate, tutte queste discariche - quelle lecite e i satelliti abusivi - vengono espropriate dal Commissariato di governo per fare spazio all'immondizia di Napoli città. All'imprenditore della camorra Vassallo, pluri-inquisito, lo Stato concede ricchi risarcimenti: quasi due milioni e mezzo di euro. E altra monnezza seppellisce così il sarcofago dei veleni, creando un danno ancora più grave. "I rifiuti del Commissariato furono collocati in sopra-elevazione; la zone è stata poi 'sistemata', anche se sono rimasti sotterrati rifiuti speciali (includendo anche i tossici), senza che fosse stata realizzata alcuna impermeabilizzazione. Non è mai stato fatto uno studio serio in ordine alla qualità dell'acqua della falda. E quella zona è ad alta vocazione agricola".Landolfi_casal_di_principe 

L'import di scorie pericolose fruttava al clan 10 lire al chilo. "In quel periodo solo da me guadagnarono due miliardi". Il calcolo è semplice: furono nascoste 200 mila tonnellate di sostanze tossiche. Questo soltanto per l'asse Vassallo-casalesi, senza contare gli altri i boss napoletani che si erano lanciati nell'affare, a partire dai Mallardo. "Una volta colmate le discariche, i rifiuti venivano interrati ovunque. In questi casi gli imprenditori venivano sostanzialmente by-passati, ma talora ci veniva richiesto di concedere l'uso dei nostri timbri, in modo da 'coprire' e giustificare lo smaltimento dei produttori di rifiuti, del Nord Italia... Ricordo i rifiuti dell'Acna di Cengio, che furono smaltiti nella mia discarica per 6.000 quintali. Ma carichi ben superiori dall'Acna furono gestiti dall'avvocato Chianese: trattava 70 o 80 autotreni al giorno. La fila di autotreni era tale che formava una fila di circa un chilometro e mezzo". Un'altra misteriosa ondata di piena arriva tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002: "Si trattava di un composto umido derivante dalla lavorazione dei rifiuti solidi urbani triturati, contenente molta plastica e vetro". Decine di camion provenienti da un impianto pubblico: a Vassallo dicono che partono da Milano e vanno fatti scomparire in fretta.

Il patto con la politica Uno dei capitoli più importanti riguarda la società mista che curava la nettezza urbana a Mondragone e in altri centri del casertano. È lì che parla dei fratelli Michele e Sergio Orsi, imprenditori con forti agganci nei palazzi del potere: il primo è stato ammazzato a giugno. I due, arrestati nel 2006, si erano difesi descrivendo le pressioni di boss e di politici. Ma Vassallo va molto oltre: "Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro... Posso dire che la società Eco4 era controllata dall'onorevole Nicola Cosentino (Forza Italia) e anche l'onorevole Mario Landoldi (An) vi aveva svariati interessi. Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio mi informò del suo contenuto".

Rapporti antichi, quelli con il politico che la scorsa settimana ha accompagnato Berlusconi nell'ultimo bagno di folla napoletano. "La mia conoscenza con Cosentino risale agli anni '80, quando lo stesso era appena uscito dal Psdi e si era candidato alla provincia. Ricordo che in quella occasione fui contattato da Bernardo Cirillo, il quale mi disse che dovevamo organizzare un incontro elettorale per il Cosentino che era uno dei 'nostri' candidati ossia un candidato del clan Bidognetti. In particolare il Cirillo specificò che era stato proprio 'lo zio' a far arrivare questo messaggio". Lo 'zio', spiega, è Francesco Bidognetti: condannato all'ergastolo in appello nel processo Spartacus e, su ordine del ministro Alfano, sottoposto allo stesso regime carcerario di Totò Riina e Bernardo Provenzano. L'elezione alla provincia di Caserta è stata invece il secondo gradino della carriera di Cosentino, l'avvocato di Casal di Principe oggi leader campano della Pdl e sottosegretario all'Economia. Liciogelli

"Faccio presente che sono tesserato 'Forza Italia' e grazie a me sono state tesserate numerose persone presso la sezione di Cesa. Mi è capitato in due occasioni di sponsorizzare la campagna elettorale di Cosentino offrendogli cene presso il ristorante di mio fratello, cene costose con centinaia di invitati. L'ho sostenuto nel 2001 e incontrato spesso dopo l'elezione in Parlamento". Ma quando si presenta a chiedere un intervento per rientrare nel gioco grande della spazzatura, gli assetti criminali sono cambiati. Il progetto più importante è stato spostato nel territorio di 'Sandokan' Schiavone. Il parlamentare lo riceve a casa e può offrirgli solo una soluzione di ripiego: "Cosentino mi disse che si era adeguato alle scelte fatte 'a monte' dai casalesi che avevano deciso di realizzare il termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa. Egli, pertanto, aveva dovuto seguire tale linea ed avvantaggiare solo il gruppo Schiavone nella gestione dell'affare e, di conseguenza, tenere fuori il gruppo Bidognetti e quindi anche me".

Vassallo non se la prende. È abituato a cadere e rialzarsi. Negli ultimi venti anni è stato arrestato tre volte. Dal 1993 in poi, ad ogni retata seguiva un periodo di stallo. Poi nel giro di due anni un'emergenza che gli riapriva le porte delle discariche. "Fui condannato in primo grado e prosciolto in appello. Ma io ero colpevole". Una situazione paradossale: anche mentre sta confessando reati odiosi, ottiene dallo Stato un indennizzo di un milione 200 mila euro. E avverte: "Conviene che li blocchiate prima che i miei fratelli li facciano sparire..."

 
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Dopo il lodo Alfano arriva il lodo Consolo

Post n°214 pubblicato il 25 Settembre 2008 da zmblog
 

Salvi i ministri, per primo Matteoli sotto processo a Livorno

Il governo continua a sfornare leggi ad personam e dopo aver messo al sicuro il premier Silvio Berlusconi con il lodo Alfano, che di fatto blocca i processi a suo carico ora pensa anche ai ministri.
E così arriva un disegno di legge scritto dal deputato di An Giuseppe Consolo che, in barba alle regole costituzionali per i reati ministeriali, garantisce l'immunità ai ministri e, si legge nel testo «si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge». Con il lodo Consolo, inoltre, la tutela è allargata e garantita non solo a chi da mimistro ha commesso un reato, ma anche a chi lo ha commesso da normale cittadino e poi è diventato ministro.

Tutti questi cavilli, queste sfumature, non sono affatto casuali né di poca importanza. Sembra infatti una strana coincidenza che il ministro Altero Matteoli, anch'esso di An e, udite udite, assistito legalmente proprio dallo stesso Consolo, sia in questo momento sotto processo a Livorno per favoreggiamento. Nel 2005 Matteoli è stato messo sotto inchiesta dalla procura per aver informato l'allora prefetto della città, Vincenzo Gallitto, che c'erano delle indagini sul suo conto per l'inchiesta sul "mostro di Procchio", un complesso edilizio in costruzione sull'isola d'Elba. Allora il tribunale dei ministri sancì che il reato di cui Matteoli era accusato non aveva niente a che fare con la funzione di ministro da lui ricoperta e quindi l'esponente di An doveva essere processato come un normale cittadino. Matteoli non si arrese e riuscì a far congelare il processo con una serie di giochi di prestigio giuridici, ma ora riappare l'urgenza di una soluzione definitiva, che liberi e tranquillizzi il ministro, ed ecco spuntare dal cilindro il lodo Consolo.

Fonte www.larinascita.org (25.9.08)

 
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A casa BASTARDO!

Post n°213 pubblicato il 09 Settembre 2008 da zmblog
 

A grande richiesta pubblico l'appello di alcuni compagni... Volantino apparso alla manifestazione contro il bastardo a Roma...

CHENEY tornatene a casa!
Fuori dall'Italia il sanguinario (vice)Presidente Usa!


Lunedìi, 8 Settembre, il vicepresidente USA Dick Cheney è stato a Roma.

Guerrafondaio per formazione e professione, con il tempo è diventato un vero e proprio criminale di guerra, alla pari di Kissinger, Kennedy, Reagan, del bombarolo umanitario Clinton e dei tanti prestanome repubblicani e democratici (ultimi della covata: Obama e McCain) dell’Imperialismo a stelle e strisce. Cresciuto con il mito della guerra in Vietnam, di cui è stato fanatico sostenitore, dopo la pantomima dell’11 Settembre ha architettato in prima persona l’invasione dell’Afghanistan, con il pretesto di dover dare la caccia a quei Taliban che gli stessi USA prima hanno addestrato in Pakistan e poi hanno messo al potere in funzione antisovietica.

Da Segretario alla difesa di George Bush padre e da vice di George W. Bush figlio, Mister Cheney è stato tra quelli che maggiormente ha voluto le due guerre imperialiste all’Iraq per accaparrarsi il petrolio (giustificando la seconda con la necessità di “scovare armi di distruzione di massa” che nessuno ha mai trovato) e l’embargo economico, provocando la morte di milioni di civili irakeni inermi ed innocenti.

Presidente della Halliburton, la più importante ed influente delle multinazionali USA nel settore energetico e dell’edilizia, prima ha fatto radere al suolo l’Iraq e poi si è premiato da solo affidando alla sua azienda la ricostruzione del paese. Bel colpo, Mister Cheney!

Ultima perla di disumanità in ordine di tempo, Mister Cheney ha esercitato una pressione spaventosa sul pupazzo georgiano Shakasvili affinchè si realizzasse l’aggressione all’Ossezia (come poi è realmente stato), le cui conseguenze in termini politici e bellici sono imprevedibili.

Le responsabilità criminali di Mister Cheney sono talmente schiaccianti che la cortina di fumo mediatico, alzata da gran parte dei media per coprire questi oltraggi vergognosi, comincia a diradarsi, tanto che perfino uno dei massimi mentori del conservatorismo italiano, l’ex diplomatico (ora editorialista del “Corriere della Sera”) Sergio Romano, ha recentemente dichiarato che ''se davvero la guerra all'Iraq fosse stata contro il terrorismo, Saddam Hussein sarebbe dovuto essere un alleato degli Usa, non un nemico''.

Come Comunisti Uniti
Deploriamo il comportamento dei partiti politici italiani di centrodestra e di centrosinistra che, asserviti agli interessi di ogni imperialismo, hanno accettato di buon grado la presenza di questo agente del capitale legato al dollaro, assassino recidivo. Ci mobilitiamo affinchè questo aguzzino venga immediatamente espulso dal nostro paese.

Comunisti Uniti – Lazio
Per info e contatti:
comunisti-uniti-lazio@googlegroups.com Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Vai al Gruppo Comunisti Uniti Lazio

 
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Post N° 212

Post n°212 pubblicato il 03 Settembre 2008 da zmblog
 
Foto di zmblog

NOTIZIE DALL'OLTRETOMBA SINISTRO

Posto parte significativa di questo lungo e d eccellente lavoro di Fulvio Grimaldi (nella foto), ripreso da molti blog, che da uno speccato realissimo ed inquietante della situazione geopolitica internazionale e di come i media (la stampa quasi tutta, figuriamoci le TV) creino dei luoghi comuni indissolubili, incentrati sui servilismi di molti signori all'imperialismo globale dominante.

Mentre aumenta il fetore della carogna mediatica in decomposizione

La fetida carogna
L’apocalisse mediatica non ha risparmiato nessuno, dal Mar Nero fino al tramonto estremo. Hanno tuffato la guerra del Caucaso nell’inchiostro che l’abominio occidentale secerne come un pus che tutto contamina, e ne hanno tratto un mostriciattolo deforme, capovolgimento e parodia della realtà. Si sono tutti, da “Libero” a “Liberazione”, fatti trombettieri davanti e valletti dietro il rullo compressore della cosiddetta “comunità internazionale”. Hanno raccattato le deiezioni della propaganda e l’hanno sparata contro gli indifesi cervelli del mondo, realizzando una lobotomizzazione generale.
Compatto, il sistema mediatico della “comunità internazionale”, cioè della criminalità politico-economica organizzata, ha presentato il conflitto tra Georgia, Ossezia del Sud e Russia come rovesciato allo specchio. Un farabutto, golpista grazie alla solita “rivoluzione colorata”, Saakashvili, della serie di delinquenti messi dall’imperialismo a capo delle nuove colonie per destatalizzarle e mafizzarle, scatena un’armata di sgherri armati e addestrati da USraele (non c’è regime fascista o fascistoide al mondo che non goda dell’assistenza dei nazisionisti) contro un paese, un popolo, un’etnia che non hanno voluto farsi imporre la secessione golpista dalla Russia dei primi anni ’90. Nel giro di 24 ore compie una strage spaventosa, rade al suolo la capitale e costringe alla fuga 30mila ossetini (cui non verrà mai dedicata una parola o una pagnotta della solidarietà internazionale). La Russia reagisce in difesa di cittadini della sua nazionalità e, come tutte le mosse di Putin da quando ha rimesso in piedi lo Stato e la società russa dopo lo sfacelo Eltsiniano, si attiene rigorosamente al diritto internazionale, rispetta la popolazione civile nelle terre georgiane dove ha ricacciato in quattro e quattrotto l’armata Brancaleone che, al pari di quella che due anni fa invase il Libano, era messa su e guidata dagli israeliani e, al pari di quella, vide castigata la sua protervia con beneficio della pace. Stop, almeno momentaneo, al cannibalismo territoriale e alle pulizie etniche dell’imperialismo occidentale, con giusta soddisfazione dello schieramento antimperialista, con indiscutibile consenso a Putin-Medveded, mercatisti quanto vuoi, diffamati universalmente al di là di ogni realtà, ma barriera salvifica contro il Gozilla euro-israelo-statunitense. Primo, lungamente atteso altolà, dopo lo tsunami genocida su Iraq, Somalia, Balcani, Afghanistan, Granada, Panama, Nicaragua, Libano, Indonesia, Indocina, ecc..

Ossezia del Sud come Kosovo?
Manco per niente, caro TDF. Meni il can per l’aia e lo mandi diritto sul gancio dell’accalappiacani. Il Kosovo era parte storica della Serbia, il suo luogo di nascita. Ne fu espulsa metà della popolazione non allineata con i trafficanti di droga ed esseri umani investiti dall’Albright del dominio sui traffici sporchi (ma redditizi per le banche Usa) tra Oriente e Europa e dell’ospitalità alla più grande base d’aggressione statunitense d’Europa. I due popoli del Caucaso, invece, li devi paragonare alla Krajina, o all’enclave di Mitrovica, o, perché no, al Sud Tirolo, mai stato Italia, ma strappato al mondo germanico con una criminale guerra imperialista del tutto innecessaria (Vienna ci aveva offerto Trento e Trieste se non fossimo entrati in guerra). Popolazioni che colpi di mano illegali e complotti imperialistici, hanno voluto strappare al loro contesto, sminuzzare, inserire in contesti statali non solo estranei, ma ostili e razzisti. Lo squartamento della Jugoslavia e poi della Serbia era un crimine contro l’umanità e contro il Diritto Internazionale. La liberazione di Ossezia del Sud, in cui nel referendum del 2006 il 99% della popolazione aveva votato per il distacco dalla Georgia, e Abkhazia di quella e di questo è la difesa.

La manovalanza di Giuliana Sgrena
Ma della tecnica di costruire falsità sulle falsità, fino alle vertiginose altezze delle Torri Gemelle, “il manifesto” e il fratello scemo “Liberazione” sono architetti provetti. A gettare malta nelle crepe che la realtà apre nell’alzheimer mediaticamente indotto nella gente ci pensa anche Giuliana Sgrena, il santino del “manifesto” che aspettò due anni e le rivelazione del bravissimi Sigfrido Ranucci (RaiNews24) prima di raccontarci cosa le avevano detto le donne di Falluja fosforizzata. E dalla quale ancora ci attendiamo che ci riveli chi fosse quel quarto uomo, nella vettura con Calipari, di cui si affermò ufficialmente la presenza per tre giorni e che poi svaporò nel nulla per sempre. Forse il capo sequestratore sottratto a forza di milioni al controllo dei mandanti Usa?  Scheletri nell’armadio? Non ce lo dirà mai. Invece, cosa ci dice la teodem del “manifesto” in preda a estasi antislamica peggio diella vivandiera dell’UCK, Santa Teresa? Imperversano guerre e macelli, scoppiano bombe e attentati dalle Filippine all’Algeria, passando per Pakistan, Turchia, Iraq, Russia. Il segno chiarissimo è di occultare ogni barlume di orrore davanti agli oceani di sangue di guerra sotto la bandiera della “lotta al terrorismo” innescata l’11 settembre e vivificata dalla terroristizzazione di chiunque esca da questo seminato geneticamente modificato, barboni compresi. Anzi, poveri scontenti dell’intero mondo compresi. In tutta questo ambaradan apocalittico, la celebrata inviata di guerra ci distrae inveendo contro gli islamici e i veli con cui imprigionano le donne, tanto da mandare ai giochi olimpici povere atlete avvolte nei burka, o quasi. Noi, per la verità, avevamo visto atlete musulmane, maghrebine e altre, con nientemeno che calzoncini alla coscia. Certo, per la teodem dai bollori antislamici sono molto più emancipate e dignitose le velociste, saltatrici, mezzofondiste bianche e cristiane con slippini e perizoma. Chi non ne converrebbe? Sempre nel contesto delle deflagrazioni a 360 gradi, che s’inventa Sgrena? Una specie di riflusso da sue passate libagioni: una gragnuola di invettive contro l’Algeria araba alle cui nefandezze avrebbero risposto gli attentati “naturalmente di Al Qaida”, contro lo Stato. Attentati tutti compiuti in Cabilia, la terra dei berberi tanto cari a Sgrena quanto all’Eliseo e agli Usa, da tempo quinta colonna secessionista e filo-francese. Il presidente algerino Bouteflika era appena tornato da una visita a Tehran! Intrattiene anche buoni rapporti con Hugo Chavez. Non svende alle petrolifere tutte le riserve, fornisce tanto gas a un’Europa che, tra Algeri e Mosca, rischia la tentazione di rendersi energeticamente indipendente da USA – GB. Naturalmente Al Qaida s’incazza. Mica la Cia, o il Mossad, sia mai. Ecco un altro tocco di malta sgreniana a sostegno dell’edificio della “guerra infinita al terrorismo”. Del resto, è una litania, in quel giornale, la ripetizione, da parte proprio di tutti, delle guerra al terrorismo come “vendetta”, “reazione”, “risposta” degli Usa agli attentati di Al Qaida. Attentati di Al Qaida, alla faccia di tutte le contestazioni documentate della grottesca versione ufficiale sull’11/9 da parte un’armata internazionale di esperti, studiosi, tecnici, testimoni, pentiti. E una “reazione”, “risposta”, “vendetta” a tanta nefandezza islamica sarà magari eccessiva, ma dai, ci può pure stare.

Al Qaida come l’araba fenice (che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa)
Tanta malta Giuliana Sgrena la butta nei baratri che continuano ad aprirsi nella megagalattica frode con cui si manda avanti la “guerra al terrorismo”. Gli occupanti e i loro schiavetti a mezzo servizio con l’Iran di punto in bianco, alla fine del 2006, smettono di parlare di “insorti”, “saddamisti”, “resistenza”, “rivoltosi”, “ribelli”. Li chiamano tutti “Al Qaida”. Al Qaida non c’è mai stata in Iraq. Quando qualche nugolo di infiltrati e scemotti, sollecitati dall’occupante, presero a firmare comunicati con “Al Qaida”, o “Emirato islamico dell’Iraq”, hai voglia a far circolare comunicati della già conclamata Resistenza, in tutte le sue articolazioni, dell’autorevolissimo Consiglio degli Ulema, degli stessi capitribù e capicomunità, che Al Qaida è roba da provetta Usa-Sion e che, ove spuntasse, verrebbe presa a fucilate. Ma tant’è. La sempre più evidente e irriducibile lotta di liberazione di un popolo poteva suscitare perplessità, se non simpatie, se non solidarietà, se non effetto contagio. Meglio vestirla dei panni lordi di sangue di coloro cui si attribuiscono le carneficine in giro per il mondo, dalle Torri a Madrid, da Londra a ovunque. Siti “islamici” della Cia ce n’è a strafottere per spararci in testa comunicati e rivendicazioni. Sono anche stati scoperti, ma che fa. Basta non dirlo. Prendendo spunto dall’immagine di una ragazzina di 13 anni, in condizione di semincoscienza, scoperta con una cintura esplosiva, ecco che la crociata teodem inalbera la picca e va a fondo. Chi gliel’ha messa la cintura? Forse gente del tipo di quei militari israeliani che presero un adolescente disabile mentale, gli misero il giubbetto delle bombe, lo trascinarono davanti ai fotografi? E qui è tutto un seguito di fonti e conferme autorevoli: “Si dice che la famiglia sostenesse Al Qaida… si dice che l’abbiano reclutata parenti… Si ritiene che a organizzare l’attacco sia stato Al Qaida…”. Poi la mitica inviata di guerra si avventura in un’analisi del confronto sul terreno che è pari pari un briefing del comandante in capo Petraeus.

La stampella Sgrena al raggiro terrorista
parlerò in altra occasione dei Consigli del Risveglio sunniti, strutture inventate dagli Usa per usarle contro la Resistenza a forza di 300 dollari al mese a combattente, e per contenere l’invasività degli sciti, apostoli e quinta colonna dell’Iran khomeinista. Aderirono disperati con famiglia, parte di quel 50% di iracheni che non ha lavoro ed è alla fame; boss locali ansiosi avidi di essere corrotti, ma anche molti militanti della liberazione che, dalla strage di Samarra in poi (2004), avevano dovuto subire un vero e proprio genocidio da parte degli sciti: sui cento ammazzati al giorno, sempre dopo tortura, quasi sempre con gli occhi e i genitali trapanati. Il nemico immediato, il più robusto grazie alla sponsorizzazione iraniana erano i briganti sciti di Moqtada, di Dawa, dello SCIRI, e la stessa marmaglia inquadrata in polizia ed esercito. In effetti l’idea funzionò, nel senso che pose un freno all’eccidio dei sunniti e riequilibrò un po’ a favore dell’occupante il rapporto di forze con il socio-rivale persiano. Cosa a quest’ultimo non gradita, per cui tornò a riattivare i propri viceconsoli a Baghdad. Iniziò il ripulisti dei Consigli del Risveglio da parte dell’esercito del premier Al Maliki, rimozioni, arresti, eliminazioni (che si accompagnavano a quelle con cui la Resistenza vera colpiva rinnegati e collaborazionisti). Gli Usa a guardare imbambolati, come un pugile suonato. E’ persiana la mano che tiene il coltello per il manico in Iraq. E “l’antiamericanismo” di Moqtada serve a confondere le acque e catturare il consenso di un popolo che mille volte preferirebbe gli Usa in quel cappio che Moqtada strinse al collo di Saddam.
Ebbene di questo, che pure appare nelle analisi dei migliori e più documentati commentatori in rete, in Sgrena non c’è traccia. Ci sono i kamikaze di Al Qaida, le bombe di Al Qaida, i Consigli del Risveglio contro Al Qaida. Non conta che le stragi tra civili non sono mai stati, mai avrebbero potuto essere, di una Resistenza che senza l’approvazione delle masse non è. Non conta che le vere azioni di resistenza oggi, con gli statunitensi asserragliati nei loro presidi, fanno strame di poliziotti e militari delle forze fantoccio, man  mano che ci provano a sostituirsi alla presenza dell’occupante. Non conta soprattutto, che decine di testimoni, riportati in centinaia di cronache, hanno illustrato la tecnica della macchina sequestrata a un cittadino qualunque e portata a un posto di controllo, dell’autista che deve venirla a prendere domani, che quando la ricupera gli si ordina di portare un messaggio in un certo punto, meglio dove c’è tanta folla, e da lì telefonare. Al chè scoppia tutto. E quei due soldati inglesi travestiti da arabi, scoperti a Basra con una vettura zeppa di esplosivo pronto all’innesco, mentre stavano dirigendosi verso la moschea? E quei numerosi conducenti che la loro macchina, riavuta dagli occupanti, l’hanno esaminata e trovata foderata di tritolo che la telefonata avrebbe fatto saltare? Niente, per Sgrena non c’è niente. C’è solo, sette volte nel pezzetto, Al Qaida (anzi Al Qaeda, lo scrive all’inglese). Gli inventori di Al Qaida e autori del terrorismo imperialista, dall’11/9 in poi, ringraziano commossi.

Caucaso: un megapacco mediatico
Ma vediamo cosa è davvero successo nel Caucaso e cosa ne viene alla geopolitica mondiale. La vulgata dei gazzettieri, mercenari e falsari per interesse o vocazione, che si è abbattuta compatta come la colata di fango di Sarno sull’opinione pubblica, ci ha dipinto questo quadretto: L’uomo più o meno d’onore Saakashvili, con un colpo di testa che  doveva forzare la mano agli “alleati” occidentali, ha voluto riprendersi la provincia riottosa del Sud Ossezia, contando sull’immediato soccorso militare e politico dei suddetti. I mille militari Usa che dalle sue parti avevano appena concluso esercitazioni che adombravano proprio una simile operazione, il concorso annoso di armi, istruttori e intelligence  statunitensi e israeliani, lo avrebbero illuso, poveretto, sull’arrivo dei rinforzi USraeliani ai quei quattro briganti di strada che, mutuati dal modello del terrorismo ceceno, aveva spedito a radere al suolo Tskhinvali, la capitaletta osseta, e sterminare il maggior numero possibile di vite della maggioranza russofona di quel paese. Una pulizia etnica all’UCK in Kosovo, alla kurda a Kirkuk, all’israeliana in Palestina. Le “democrazie occidentali”, però, prese in contropiede dall’avventatezza del “rivoluzionario delle rose”, avevano esitato, tergiversato, temuto, animati da spirito di pace e dialogo, Israele aveva occultato, se non rallentato, il proprio contributo al revanchismo georgiano, paurosa di ritorsioni russe in Iran e Siria, gli Usa erano paralizzati dal trambusto elettorale e dal timore della banda Bush di concludere l’amministrazione in una nuova palude tipo Iraq e Afghanistan  e gli europei se ne restavano rintanati, sbigottiti dal rischio alla sicurezza dei rifornimenti energetici russi che sarebbe stato determinato da un loro intervento a fianco dello sconsiderato georgiano.
Di questo impasse avrebbe dunque approfittato il “neoimperialista” Putin, non solo per riprendere il controllo su Ossezia e Abkhazia, promuovendone l’indipendenza, ma per calcare con i suoi stivali fette del territorio georgiano e uccidere così quella “giovane democrazia”, minacciando al tempo stesso tutto ciò che in direzione Nato si agitava alle sue frontiere occidentali. Si era così potuto salutare, con soddisfazione, il ritorno a quella contrapposizione, un tempo anche ideologica, oggi geostrategica, tra Occidente democratico e i nuovi “zar totalitari ed espansionisti”. Quella guerra fredda, in prospettiva calda, per cui l’industria militare, l’apparato economico e l’intera struttura propagandistica della cristianità bianca aveva tanta nostalgia e che pro tempore aveva sostituito con il “terrorismo” (comunque ancora buono per le strategie colonialiste verso il Sud del mondo e per la marcia verso i propri stati di polizia).

Cosa c’è dietro e cosa viene dopo ll conflitto in Caucaso
Cosa ha prodotto nell’immediato la provocazione georgiana, al di là dell’attesa riemersione di un valido antagonista e freno alle tirannie guerrafondaie occidentali, al di là anche della deviazione dell’attenzione mondiale dall’abbagliante mattinata olimpica cinese alla notte del ritorno dei morti viventi asiatici in Tibet e in Georgia. Dello tsunami di un’informazione senza più remore nella propria identificazione con la cupola mafiosa mondiale s’è detto. Polonia e Usa hanno utilizzato l’occasione per sancire l’arrivo dello scudo missilistico d’attacco, insieme a un flusso poderoso di armamenti, contro l’opposizione del ben 70% dei polacchi. L’Ucraina non ha perso l’attimo e si è dichiarata disposta a ospitare anche lei qualche bella batteria di missili nucleari antirussi: non potrebbe essere minacciata da Tehran anche lei? Cechia, Ungheria, l’Italia che ha contrabbandato con Prodi lo scudo d’attacco di nascosto anche dal parlamento, non sono più soli. L’accerchiamento Usa della Russia e dell’avamposto antimperialista Bielorussia e l’avanzata verso la Cina si rafforzano. D’un tratto dal Baltico al Mar Nero non c’è stato Stato o pseudostato che non strepiti per l’immediato ingresso nella Nato e, quindi, ovviamente in un’ Unione Europea sempre più alla mercé di infiltrati Usa, degli Al Maliki e Karzai polacchi, lettoni, ucraini, georgiani, bulgari, ungheresi, cechi e tutti gli altri? La maggioranza dei 27 ! Altro che ruolo autonomo dell’Europa, specie se, con il concorso di tutta questa bella gente e l’apporto decisivo del Pentagono, gli Usa riusciranno a mettere le mani anche sui rubinetti energetici dell’Asia, dopo quelli mesopotamici (e domani sudanesi e africani). E sul mandato Usa a Saakashvili di assalire l’Ossezia del Sud non dice nulla un dato dirimente come quello che non ha visto, al momento della deflagrazione, aumentare il prezzo del greggio di neanche un centesimo, anzi continuare la discesa, quando prima bastavano una sparata di Ahmadi Nejad, uno starnuto di Olmert, un voto per Chavez a farlo schizzare in alto? I petrolieri Usa, vampiri della speculazione, sapevano bene cosa era in gioco.

Imprescindibile: fuori la Nato dall’Italia, fuori l’Italia dalla Nato
L’assalto e le carneficine del corrotto autocrate-fantoccio Saakashvili, brutale, gratuito, indiscriminato, criminale, con 2000 uccisi e 34.000 su 73mila abitanti cacciati di casa, con il plauso mediatico mondiale e la contemporanea satanizzazione della Russia di Putin, ci danno ancora una volta la misura dell’alleanza in cui governanti felloni, svendendo la sovranità conquistata dalla Resistenza, ci hanno rinserrato dal 1945 e di cui Massimo D’Alema, copia fallimentare di Andreotti, nel 1999 ha firmato con entusiasmo la trasformazione in mattatoio universale, in contemporanea con i suoi allegri bombardamenti sui civili serbi. Questa ininterrotta e sempre più feroce proiezione di potere, di distruzione, di pulizie etniche e genocidi non può non preludere all’ olocausto nucleare globale, accidentale, o, come hanno programmato i più autorevoli boss dell’establishment Usa, volontario. Sempre che, prima, le devastazioni che il capitalismo di pace e di guerra va infliggendo al pianeta non rendano superfluo il fungo. E’ bastato molto meno, nel 1914 a Sarajevo, per far iniziare ai necrocrati occidentali il ciclo delle guerre capitaliste mondiali. La migliore rappresentazione filmica dell’ horror Nato è un banda di zombie che gira il pianeta con in una mano una tanica di benzina e nell’altra una scatola di fiammiferi, pretendendo di vendere assicurazioni antincendi. Meglio la Nato, per gli incendiari USraeliani e i loro arlecchini europei, che l’ONU: è il surrogato ideale, controllabile, compatto, per fornire una cornice legale ai crimini di guerra e sostituire un’organizzazione dove ogni volta tocca subire paralizzanti compromessi a causa di uno qualsiasi dei cinque veti nel Consiglio di Sicurezza.
Forse il collante di una sinistra  atterrata, ma che ancora non ha subito l’ultimo knock out, dovrebbe essere uno slogan antico, messo in soffitta e coperto di polvere, con particolare zelo dai “nonviolenti”. Mai c’è stata un’emergenza libertà, povertà, sovranità, pace più acuta di oggi per riunirsi tutti sotto il vessillo “fuori la Nato dall’Italia, fuori l’Italia dalla Nato”, che comporta fuori Berlusconi, fuori Veltroni, fuori Bertinotti, fuori il privatizzatore dell’ acqua, vindice di brogli accertati e quaquaraquà del papa, Vendola, fuori la mafia ufficiale e ufficiosa. Fuori tutti i complici governisti, disposti a stare in una classe dirigente che si identifica e si fa proteggere da questi serial killer di massa.  Di tutte le emergenze, nell’attualità, Vicenza è il punto cardinale. Combattere quella battaglia, vincerla, significa incidere un bubbone emblematico del vaiolo imperialista. Due anni fa Vladimir Putin (che pure non è un Santo) pronunciò un discorso a Monaco che, per gli Usa, lo pose in fila con Cstro, Chavez, Morales, Correa, Mugabe, Al Bashir e al quale si può far risalire la decisione Usa di dare il via ai progetti elaborati da Brzezinski.
“Il mondo unipolare fa riferimento a un mondo in cui c’è un solo padrone, un solo sovrano…un solo centro di autorità, di forza, di decisione. Alla resa dei conti ciò è pernicioso non solo per tutti coloro all’interno del sistema, ma per lo stesso sovrano, perché distrugge il sistema dall’interno. Alla base di esso non ci possono i fondamenti di una moderna civiltà. Azioni unilaterali e illegittime non hanno mai risolto alcun problema. Anzi, hanno provocato nuove tragedie umane e creato nuovi centri di tensione. Guardate: le guerre e i conflitti locali e regionali non sono diminuiti. Si muore molto di più di prima. Molto, molto di più! Vediamo un crescente disprezzo per i principi di base del diritto internazionale…Uno Stato, ovviamente gli Stati Uniti, ha superato in ogni modo i propri confini nazionali, ha imposto le proprie direttive economiche, politiche, culturali ed educative ad altre nazioni. Chi ne può essere felice?... Sono convinto che abbiamo raggiunto il momento decisivo per pensare seriamente a una nuova architettura per la sicurezza globale".

Chi può dargli torto?

 Liberamente tratto da MONDOCANE FUORILINEA DEL 24/8/08 di  FULVIO GRIMALDI.

Testo integrale - http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4970&mode=&order=0&thold=0

 
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LIBERA EVASIONE

Post n°211 pubblicato il 20 Agosto 2008 da zmblog

Nuove norme, niente controlli: il governo favorisce l'evasione fiscale

In Italia l'evasione fiscale è diventata un non problema. Nonostante in campagna elettorale Silvio Berlusconi ne abbia fatto uno dei suoi punti programmatici, a pochi mesi dal suo insediamento il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha smantellato l'apparato costruito da Vincenzo Visco. E dire che in termini di gettito l'evasione fiscale rappresenta 7 punti percentuali di Pil. Cioè 100 miliardi di euro circa. Soldi che ogni anno lo Stato non incassa e che rappresentano il 15% delle entrate totali. Soldi che qualsiasi altro Stato reclamerebbe. Non il nostro. Che si è mosso, invece, in direzione opposta sotto la bandiera della semplificazione legislativa.

Spoil System Nel luglio scorso Giulio Tremonti ha decapitato l'Agenzia dell'Accertamento rimuovendo il suo direttore centrale Villelm Rossi spedito in Emilia Romagna ad occuparsi del Territorio. Una mansione del tutto estranea alla sua carriera professionale. La defenestrazione di Rossi segue quella del direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Massimo Romano avvenuta qualche settimana prima. Romano fu forzatamente indotto alle dimissione in seguito alla pubblicazione on-line delle dichiarazioni dei redditi e la conseguente denuncia all'autorità giudiziaria.

Tracciabilità Con un colpo di spugna il ministro Tremonti ha anche cancellato la tracciabilità degli assegni in chiave antiriciclaggio. Con il precedente governo Prodi tutti i pagamenti verso i professionisti superiori a una certa entità (fissata prima a 1000 poi a 100 euro) dovevano essere fatti senza l'utilizzo dei contanti. Oggi quell'obbligo è stato elevato. Oltre a riaprire la strada all'evasione fiscale, l'innalzamento del limite per uso del contante da 5mila a 12.500 euro è diventato un oggettivo aiuto alle criminose attività di riciclaggio.

Elenco clienti-fornitori
Una delle poche strade, se non l'unica, per verificare il reddito delle piccole e medie imprese. Le quali, in base ai dati ufficiali del governo Prodi, occultano al Fisco quasi il 55% in più della base imponibile di quanto facciano le grandi aziende (che pure in termini assoluti a causa delle loro dimensioni sono difficilmente raggiungibili).

Plusvalenze
Nell'articolo 3 della manovra estiva vengono esentate da tassazione le plusvalenze delle persone fisiche derivanti dalla cessione di partecipazioni azionarie, se vengono reinvestite nello stesso settore entro due anni. La norma determina un indebito e rilevante arricchimento di soggetti che hanno svolto attività non di rado speculative. È facilmente eludibile, impossibile da controllare, e determina una distorsione rispetto all'imposta sul reddito, e alla stessa tassazione dei redditi da capitale.

Condono individuale La norma riguarda gli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza. Si dà al contribuente, in sostanza, la possibilità di chiudere un verbale di accertamento redatto dalle Fiamme Gialle molto più velocemente e con una drastica riduzione della sanzione complessiva. Anche in questo caso si è parlato di semplificazione ma in realtà si può parlare di un condono individuale permanente.
Roberto Rossi da L'Unità

 
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PIOMBO e ORO

Post n°210 pubblicato il 12 Agosto 2008 da zmblog
 
Foto di zmblog

Cerchiamo di mettere un po' d'ordine tra le bufale mediatiche pertinenti il conflitto caucasico, pubblicate e sentite in questi giorni di "distrazione olimpica di massa".
Premetto che: verso la fine del 1992, l’OSCE inviò una missione in Georgia per monitorare le operazioni di peacekeeping dopo la fine dell'URSS ed un contingente di soldati Russi (peace-keepers), Sud-Ossetini e Georgiani ha controllato una parte di quei territori (L'Ossezia del Sud e l'Abkhazia) in maniera pacifica per diversi anni. Nel 2003  ci fu la famosa “Rivoluzione delle Rose”, che portò al potere (in Georgia, non in Ossezia del sud) l'attuale presidente Mikhail Saakashvili, filoamericano e formato ad Harvard, che fu interamente sostenuta ed organizzata dalla Central Intelligence Agency (CIA). Quindi dal 1992 fino al 2004 l’Ossezia rimase sostanzialmente un repubblica autoproclamata, ma pacifica. Nel giugno 2004 iniziò a crescere la tensione, allorché le autorità georgiane incrementarono gli sforzi contro il contrabbando nella regione. Rapimenti, sparatorie e bombardamenti occasionali fecero dozzine di morti e feriti. Il 13 agosto venne raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, che fu però ripetutamente violato.
Le tensioni crebbero nel 2008 e le esplosioni di violenza divennero sempre più frequenti nelle zone di confine. La Georgia affermò che si trattava di una questione interna, visto che la repubblica separatista non era mai stata riconosciuta a livello internazionale. Da parte georgiana si insistette ad affermare che il conflitto poteva essere risolto senza interferenze esterne. Tuttavia l’8 agosto la Georgia lanciò una massiccia offensiva militare per prendere il controllo della repubblica attaccando i peace-keepers russi, un contingente di 500 uomini che, affiancato a militari georgiani e sud-ossetini, aveva il compito di mantenere la pace nei luoghi del conflitto fino ad allora “congelato”....  E' necessario ricordare inoltre che
il famoso Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC - Mega Oleodotto Petrolifero) è stato fatto saltare in Turchia all'inizio della settimana e il suo gestore, (BP - Brithish Petroleum) lo ha chiuso per riparazioni e che anche Israele ha la necessità di difendere i propri interessi petroliferi nell'oleodotto Baku-Ceyhan, costruito in maniera da non passare in territorio russo, ergo la controffensiva di Putin potrebbe nuocere al futuro progetto comune di bypassare la Russia con gli oleodotti. ...
L'intervista di "Liberazione" a Giulietto Chiesa contornata da altri articoli allo stesso link in basso fornirà, a chi avrà la pazienza e la voglia di leggerla, ulteriiori delucidazioni e dettagli sulla situazione odierna nel Caucaso.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4911

 
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Meno male che c'è Amnesty...

Post n°209 pubblicato il 01 Agosto 2008 da zmblog
 

Il 23 giugno 2008, dopo aspre discussioni, l’Unione Europea ha deciso di eliminare definitivamente le sanzioni politiche e diplomatiche contro Cuba in vigore dal 2003 e sospese dal 2005.
Imposte a La Havana in seguito alle pressioni esercitate da Washington, tali sanzioni ufficialmente trovavano giustificazione a causa della “situazione dei diritti umani”. In realtà, l’Unione Europea (UE) era soprattutto preoccupata dal sistema politico, economico e sociale della nazione caraibica e si allineava docilmente sulla posizione d’ingerenza statunitense.
Le sanzioni del 2003, che obbligavano le nazioni europee a limitare le visite governative bilaterali, a ridurre la partecipazione degli Stati europei a manifestazioni culturali cubane e ad invitare i dissidenti alle celebrazioni di feste nazionali nelle ambasciate, si sono caratterizzate soprattutto per il loro carattere nel contempo illegittimo e controproducente.

In effetti, basta gettare uno sguardo al rapporto di Amnesty International del 2008 per rendersi conto che Cuba presenta una situazione dei diritti umani tra le meno gravi del continente americano, malgrado il fatto che l’organizzazione ne denunci alcune violazioni. Tuttavia, Cuba è il solo paese del continente americano ad essere stato vittima di tali sanzioni da parte di Bruxelles. Questa contraddizione conferma così il carattere arbitrario del trattamento riservato a La Havana [1].
D’altro canto le sanzioni si sono rivelate inutili perché Cuba non è sensibile al linguaggio della forza e delle minacce, come dimostra da mezzo secolo il rifiuto del governo cubano di piegarsi alle esigenze di Washington malgrado l’imposizione di sanzioni economiche inumane e obsolete. Cuba non piegherà la schiena davanti all’Europa.

Ma pensate alle violenze del G8 in Italia nel 2002, alle botte prese dai manifestanti a Brusselles solo pochi mesi fa e in mezzo le centinaia di  (extraordinary renditions) rapimenti illegali della CIA sul territorio europeo, poi c'è Guantanamo, ed il teatro Ceceno di Putin, i diritti costituzionali, la censura che l'occidente copre in maniera sopraffina, gli insabbiamenti delle inchieste che toccano determinati potere, le leggi sugli immigrati, i ROM, ecc... ecc... ecc... ecc.... ecc.... ecc...  Quante sanzioni dovrebbero essere ratificate ?

L'ipocrisia dell'oligarchia mondiale anticomunista targata neocom non ha confini terreni, speriamo ne abbia almeno di aria e di luce. Anche perchè l'Iran non è una nazione adimpronta diciamo socialista, anzi, quindi una stupidaggine per attaccarlo si deve trovare su altre sponde, diciamo quella nucleare.

Questi infami oligarchi giocano col mondo come giocassero a Risiko, quello che mi innervosisce di più è però la massa di schiavi che consapevolmente (per danaro), o incosapevolmente (per mancanza d'intelletto), gli corre dietro o li appoggia politicamente.

(zM)

[1] Amnesty International « Rapport 2008 »
L’edizione italiana può essere consultata all’indirizzo :
http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/105 

 
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