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Un nuovo prototipo di lavoratore di fabbrica

Post n°105 pubblicato il 21 Febbraio 2006 da Boycott
 

Riporto un estratto dal libro "No Logo" di Naomi Klein che è ormai diventato un emblema per la sinistra del mondo, ma che in realtà è una tesi di laurea della suddetta giornalista. Il brano che segue racconta le condizioni della donna-lavoratrice  nelle fabbriche del Sud che producono per il Nord.           

"Le lavoratrici giovani vengono preferite anche per altri motivi. Le donne vengono spesso licenziate nelle zone di esportazione quando hanno circa venticinque anni, perché i supervisori sostengono che sono “troppo vecchie” e che le loro dita non sono più sufficientemente agili. In realtà questa è una prassi estremamente efficace per ridurre al minimo il numero di madri iscritte nei libri paga della società […]

            Uno studio condotto da Human Rights Watch, che ha fornito le basi per una vertenza sindacale a fronte dell’accordo Nafta sul lavoro, ha riferito che le donne che chiedono di essere assunte nelle maquiladoras messicane devono sottoporsi di routine a test di gravidanza. Lo studio che coinvolge investitori delle zone franche quali Zenith, Panasonic, General Motors, General Electric e Fruit of the Loom, ha scoperto che “viene negata l’assunzione alle donne gravide”  […]

            In tutte le zone franche non mancano le segnalazioni di altri sistemi utilizzati per aggirare i costi e le responsabilità correlati all’utilizzo di lavoratrici gravide. In Honduras e a El Salvador, le discariche delle zone franche sono piene di scatole vuote di pillole contraccettive che si dice vengano distribuite negli stabilimenti. Nelle zone dell’Honduras si è saputo di casi in cui la Direzione ha costretto le lavoratrici ad abortire . In alcune maquiladoras messicane le donne devono dimostrare di avere il ciclo mestruale sottoponendosi a pratiche umilianti come il controllo mensile degli assorbenti. Le dipendenti hanno invece talvolta contratti di ventotto giorni, il periodo medio di un ciclo mestruale, in modo da poter esser licenziate non appena venga scoperta […]

            Il “nuovo affare” concluso con i lavoratori consiste in realtà nella totale mancanza di accordi: ex produttori, oggi esperti di marketing, sono così intensamente impegnati a sottrarsi a qualsiasi tipo di coinvolgimento, che stanno cercando di creare una forza lavoro di donne senza prole e un sistema nomadico di fabbriche che utilizzano lavoratori erranti".

 

Sono molto vicino alle condizioni delle donne della nostra epoca...per certi versi potrei essere definito "femminista", anche se non mi piacciono le etichette...prima di comprare beni prodotti con il lavoro di donne in queste condizioni, PENSIAMOCI.

Commenti al Post:
martimcfly
martimcfly il 21/02/06 alle 10:14 via WEB
Queste sono cose veramente vergognose che squalificano la dignità umana! Sarebbe bene fare anche per queste aziende una lista di marche da boicottare...
 
 
Boycott
Boycott il 21/02/06 alle 11:57 via WEB
Leggi No Logo oppure vai sui siti che parlano dell'altra faccia di certe multinazionali...lì trovi la lista che cerchi
 
sir_ovix
sir_ovix il 21/02/06 alle 13:46 via WEB
Egregio Boycott, l'Unione Europea mesi fa aveva commissionato un sondaggio per introdurre una legge che obblighi, a tutti i produttori di scrivere il paese e l'azienda d'origine di un determinato bene. Lo scopo e' quello di sensibilizzare appunto il compratore, cioe' il mercato, nelle proprie decisioni. Se leggo "made in England" o "made in Bangladesh", e' chiaro che la differenza sta tutta nel costo della manodopera. Da un lato si paga 10 euro nette l'ora il lavoratore, il quale gode di libera sanita', di un orario di lavoro negoziato dalle trade unions con il Governo e che otterra' poi una pensione. E il lavoratore del Bangladesh? E' un bambino o un adulto che ha lavorato su quel bene? Per quante ore ha lavorato? Qual e' la sua remunerazione giornaliera? Non so che fine abbia fatto tale proposta, visto che sovente su talune etichette non sempre e' segnalata l'azienda che effettivamente ha prodotto quel bene, ma solo "prodotto in Polonia per Lidl" ad esempio. Se qualcuno mi puo' dare maggiori informazioni su dove sia questa proposta di legge, mi faccia sapere. Saluti.
 
rigitans
rigitans il 21/02/06 alle 14:37 via WEB
non si chiama sfruttamento questo? e non è cercato dalle aziende? perchè cercano il profitto? il maggior profitto possibile...allora, chi inneggia ancora al capitalismo???
 
 
Boycott
Boycott il 21/02/06 alle 14:45 via WEB
Caro rigitans, tu spesso dai la colpa al capitalismo, ma non credo che questo che denunciamo noi sia capitalismo...penso che il capitalismo possa tener conto del rispetto e della dignità delle persone. Quello che denuncio sul mio blog è avidità, smania per il denaro, per il potere, per il lusso...non è capitalismo...credimi, l'ho studiato per anni il capitalismo e se si rispettano tutte le condizioni penso che sia una cosa buona...ma è quando non si rispettano che lo alterano che combina dei disastri...
 
   
rigitans
rigitans il 21/02/06 alle 22:39 via WEB
perfettamente d accordo con te: dico sempre che la prima fonte di problemi al mondo è la psiche umana, quando contorta e malata. siccome per molti mirare al capitalismo significa vocarsi alla pazzia, io dico che il capitalismo ora è un male. per come si è svolto. come la globalizzazione, no? doveva essere un principio positivo, invece è diventato una tragedia. a questo punto sono estremista con le mie affermazioni, perchè essere moderati non aiuta. credo che o si investe massicciamente in un programma di riabilitazione mentale, sedute psichiatriche e convegni e lezioni di rispetto degli altri, che si puo vivere tutti felici, o si prendono altre posizioni, tipo ridare allo stato il controllo delle cose, visto che la libertà di fare ha prodotto molti mostri.
 
coccinellayleon
coccinellayleon il 21/02/06 alle 14:50 via WEB
Mi rendo conto ke trovare imprese ke non sfruttano i lavoratori è veramente 1 ardua impresa (scusate il gioco di parole)...ma bisogna provarci! E allora avanti con il consumo responsabile!!
 
 
Boycott
Boycott il 21/02/06 alle 15:20 via WEB
Sono molte di più le imprese che non trattano male i propri dipendenti che quelle che li trattano da bestie... Cercherò di essere propositivo e di elencare imprese che si salvano. Anzi io ne dico una e vediamo chi ne trova altre: Rana (paste e sughi)
 
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Data di creazione: 14/11/2005
 

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