Creato da lemagichefiabe il 20/10/2010
 

Il Blog delle fiabe

Nel mondo incantato

 

 

Il braccialetto magico.

Post n°10 pubblicato il 22 Novembre 2010 da lemagichefiabe

Il braccialetto magico

Il braccialetto magico.

C'era una volta una ragazzina di nome Ania che viveva vicino al mare.
Ogni giorno si recava sulla spiaggia, si sedeva sulla riva e osservava il movimento delle onde.
Fin da piccola si era innamorata del profondo azzurro dell'acqua.
Quando fuori pioveva lei si affacciava alla finestra e guardava le onde spinte dal vento alzarsi, sbattere sulla riva con forza.
Le piaceva il mare d'inverno. Le era sempre piaciuto. Soprattutto quando c'era la tempesta.

Passava il tempo e la piccola Ania cresceva tra la scuola e l'amore per il mare.

Presto cominciò anche a fare immersioni e ad ogni immersione acquistava maggior sicurezza di sé stessa e miglior conoscenza del mare.
Passava interi pomeriggi a esplorare il mondo marino. I raggi del sole creavano fasce di luce nell'acqua che l’accompagnavano nelle sue esplorazioni.
Durante una delle sue esplorazioni Ania vide un luccicchio che attirò la sua attenzione. Arrivava dalla sabbia. Si avvicinò di più. Non sapeva cosa fare. Non riusciva a capire cosa fosse quell'oggetto.
Pian piano avvicinò la mano e cominciò a togliere la sabbia dall'oggetto.
Era un braccialetto!! Un braccialetto di perle, piccole pietre azzurre e animali marini.
La ragazza era felice ma allo stesso tempo indecisa.
Cosa doveva fare?? Poteva prenderlo con lei o doveva lasciarlo li, dove l'aveva trovato??
Tante domande le passarono per la testa. Infine decise: l'avrebbe portato con sé in superficie. Sarebbe stato un peccato lasciare lì un braccialetto così bello. Così lo strinse nella mano e pian piano cominciò a risalire.
Quando tornò a casa lo mise in un piccolo scrigno decorato con intagli di rose sul legno.

Un giorno nel suo paese scoppiò una guerra e Ania fu costretta ad andare via, sui monti, dove si rifugiò con tutta la sua famiglia.
Ogni giorno, sempre di più, sentiva la mancanza del rumore delle onde.
Di sera usciva dal rifugio e si sedeva su una pietra per osservare il tramonto. Guardava il sole mentre spariva tra le montagne, ed il desiderio di tornare al mare, dove sempre vi era stata casa sua,cresceva sempre più.
Un giorno, nel rifugio arrivò un ragazzo giovane. Alto, capelli castani e occhi color nocciola. Quando le passò accanto Ania rimane affascinata dal suo braccialetto. Era pieno di perle, pietre azzurre e piccoli animali marini.
"L'ho già visto.E' uguale a quello che ho trovato". Pensò Ania!
Allora corse subito dentro il rifugio e cercò con affanno lo scrigno. Lo trovò e dentro c'era ancora il braccialetto. Lo prese in mano. Lo strinse forte. Si tranqullizzò!
La sera come sempre Ania si sedette sulla pietra per ammirare il tramonto.
Mentre guardava il sole arancione nascondersi dietro le cime verdi, non si accorse nemmeno che qualcuno le si era avvicinato.
Quando si girò vide il giovane ragazzo.
- "Scusami, non volevo disturbarti." - le disse.
- "Non preoccuaparti" - rispose lei.
- "Bello il tramonto, non trovi??"
- "Si, ma al mare è sempre più bello."
- "Lo so ... " - e si tolse il braccialetto. Se lo mise sul palmo aperto e lo avvicinò alla ragazza - "Me l'ha regalato mia sorella. Proviene dal mare"
Allora Ania aprì i suoi pugni mostrando il suo braccialetto. Erano identici!
- "L'ho trovato nel mare. Quando facevo le immersioni."
- "Sai, sono speciali questi braccialetti."
-" Davvero?! "- chiese lei stupita.
- "Vedi, sono anni che giro per il mondo e molte volte ho desiderato essere vicino ai miei cari. Quando mia sorella me lo regalò mi disse che era magico. Basta stringerlo forte, chiudere gli occhi e pensare intensamente ad un posto che desideri vedere. Riuscirai così a vederlo proprio come se tu fossi li."
- "Non ci credo!!! "- disse Ania alzandosi di scatto credendo che quel ragazzo si stesse burlando di lei. - "E' solo una storia inventata! "
- "Non lo è, credimi. Prova e capirai." - disse lui sorridendole gentilmente.
Ma Ania se ne andò e tornò al suo rifugio. Si sdraiò nel suo letto.
Il giorno dopo quel ragazzo misterioso non c’era più. Ma Ania Continuò a pensare alle sue parole: "Prova e capirai."
Allora si nascose dietro al rifugio e chiuse gli occhi. Strinse forte il braccialetto e cominciò a pensare alle onde del mare ed al canto dei gabbiani. E come per magia, si ritrovò lì …
si ritrovò, nella sua amata spiaggia, seduta, mentre contemplava il movimento dell'acqua e mentre nel suo adorato mare, lentamente, ritrovava il sorriso.

Quel ragazzo aveva ragione: quel braccialetto era magico e da allora lei lo conservò sempre con molta cura e gelosia.
Non dimenticò mai più il volto di quel ragazzo misterioso ed in cuor suo continuò a sperare di poterlo incontrare nuovamente, un giorno, per potergli così porgere le sue scuse per non aver creduto alle sue parole


Rea70

 
 
 

Aldimir, l'elfo verde.

Post n°9 pubblicato il 17 Novembre 2010 da lemagichefiabe
 

folletto verde

 

Aldmir l’elfo verde


A Tuatha De Dannan regnava un Re, al quale piaceva tantissimo sentir raccontare storie e tale piacere si era esteso a tutti i componenti della sua corte: dame, damigelle, Principi e notabili.
Il Re aveva nominato un suddito “Narratore” e ogni sera, prima di coricarsi, pretendeva che questi gli raccontasse una storia e la storia doveva essere diversa ogni volta.
Il Re era molto ricco, amava andare a caccia, e costruiva recinti e castelli a non finire, facendo tagliare interi boschi per avere materiali e soprattutto lo spazio per costruire. Un giorno decise di costruire un altro castello, ma, per far questo, era necessario tagliare tutti gli alberi del bosco sulla collina degli elfi, dove , in mezzo ad un bellissimo bosco di querce, abitava il narratore con tutti i suoi animali.
Questa notizia preoccupò non poco il narratore: dove sarebbero andati a vivere tutti ? E che fine avrebbe fatto il suo bosco, con i suoi daini e i suoi uccellini?
Una mattina il narratore si alzò presto, si mise a passeggiare tra i suoi boschi .... doveva pensare ad una nuova storia da raccontare al Re per la notte ..... ma era troppo preoccupato e non riusciva a trovare qualcosa di nuovo ...nessuna nuova storia gli veniva in mente…
All’improvviso vide una piccolissima forma verde sgattaiolare tra i rami delle querce; sembrava volesse giocare a nascondino.
Voleva certamente farsi notare, e, una volta fattosi vedere, lanciava una risatina e correva a nascondersi altrove .....
-“chi sei tu ?” - chiese il narratore .....
- “Sto aspettando qualcuno che giochi con me!” - rispose da dietro un ramo l’essere misterioso ...
-“ Cosa sei cosa vuoi da me ?” - chiese a gran voce il narratore.
- “ Io sono la luna, che custodisce i tuoi sogni con cura, così come posso essere anche il sole, che ti riscalda. Quando sono felice, io sono la dolce brezza che fa muovere le cime di questi alberi , ma quando sono arrabbiato … fai attenzione perché io sono anche la tempesta. Sono così sempre e ovunque: dalla più dura roccia alla montagna più alta. Posso essere vivace come una piccola lepre che salta o come gli zampilli di una bella fontana; sono la pioggia che nutre i campi di fragole; d’inverno mi vesto di fiocchi di neve; dono vita ad ogni filo d’erba e seguo i percorsi di ogni nuovo fiore e albero. Questo mondo è la mia culla, trattalo con cura ed esso ti sosterrà in tutti i tuoi giorni e si occuperà di tutti i tuoi sogni , tra una dolce luna e luminosi raggi di sole” - rispose la piccola forma verde , che tutto ad un tratto cominciò ad assumere forme più definite .....
Era un piccolo ometto, con un cappello buffo, e due grandi occhi verdi .......
-“Cosa stai facendo?” – chiese poi al narratore. -“Ti va di giocare un po’ con me? Dai forza, fai un un sorriso … Sei riuscito a pensare a qualcosa da raccontare al tuo Re questa sera? ....
Il narratore restò stupefatto e gli chiese:
-“Sarebbe chiedere troppo sapere chi sei o da dove vieni, o perché ti preoccupi di ciò che mi affligge?”
-“Io sono lo spirito dei boschi”- rispose l’elfo - “ ... e mi chiamo Aldmir. Sono un elfo verde. Questo bosco mi appartiene. Prendi Narratore!”
L’elfo gli diede una bacchetta di agrifoglio verde..... -“Con questa riuscirai a risolvere ciò che ti affligge. Prendila e vai dal tuo Re”.

Il narratore la sera si presentò al Re senza esser riuscito a trovare una storia nuova e consegnandogli la bacchetta di agrifoglio, gli disse:
- “Maestà ho trovato per i boschi questa bacchetta e si dice sia magica, si possono fare tante cose con questa, vi mostrerò la più importante a patto, però, che salviate la mia collina degli elfi ed il suo bosco.”
-“Hai la mia parola d’onore!” - rispose il Re.
- “Mio Re” - disse ancora il narratore - “ sapete ci si può giocare, e mi è stata donata in verità dal re degli elfi ... e gli raccontò poi tutto ciò che gli era accaduto.
Il Re, ascoltato il racconto del narratore, si mise a ridere a crepapelle, coma mai gli era successo, e rise così tanto che quella sera non riuscì a prendere sonno: non poteva smettere di ridere.

Arrivò l’alba ..... e con essa la luna cedette il posto ai primi raggi di sole.
Il Re aveva finalmente smesso di ridere , anche se ogni tanto al sol pensiero ricominciava …
Lui solo era il Re e nessun altro ed era anche il padrone incontrastato di ogni bosco, collina e di ogni terra.
Poi il suo sguardo andò sulla bacchetta di agrifoglio verde e smise di colpo di ridere. Uno spettacolo strano dinanzi ai suoi occhi: la bacchetta di agrifoglio si trasformò in un piccolo elfo verde, con un cappello buffo e grandi occhi verdi ... e cominciò a parlargli:
- “vuoi giocare con me?”
Il Re trasalì e gli chiese: - “E tu chi sei ?”
-“ Io sono la luna, che custodisce i tuoi sogni con cura, così come posso essere anche il sole, che ti riscalda. Quando sono felice, io sono la dolce brezza che fa muovere le cime di questi alberi , ma quando sono arrabbiato, fai attenzione perché io sono anche la tempesta. Sono così sempre e ovunque: dalla più dura roccia alla montagna più alta. Posso essere vivace come una piccola lepre che salta o come gli zampilli di una bella fontana; sono la pioggia che nutre i campi di fragole; d’inverno mi vesto di fiocchi di neve; dono vita ad ogni filo d’erba e seguo i percorsi di ogni nuovo fiore e albero. Questo mondo è la mia culla, trattalo con cura ed esso ti sosterrà in tutti i tuoi giorni e si occuperà di tutti i tuoi sogni , tra una dolce luna e luminosi raggi di sole ...” e poi gli chiese:
- "cosa stai facendo ... ti va di giocare un pò con me ?”
Aldmir fece un sorrisetto , alzò il palmo di una mano e soffiò spargendo una polverina verde …..
Il Re meravigliato, fece sonori starnuti, osservò ad occhi sgranati lo strano essere e, spaventato, gli promise che non solo i suoi boschi non sarebbero nemmeno stati sfiorati, ma che avrebbe ripiantato e non più toccato tutti gli alberi che aveva abbattuto e, questo in sole 27 Lune .....

Aveva finalmente capito che il vero Re non era lui, ma Madre Natura, che Aldmir l'elfo verde era il suo messaggero e, infine, che tutti gli altri erano il suo popolo.

 

Druidum

 
 
 

La collana magica.

Post n°8 pubblicato il 14 Novembre 2010 da lemagichefiabe
 

La collana magica


La collana magica


C´era una volta una coppia di sposini che si amava molto.
Risiedevano in un piccolo e povero paesino in cui abitanti , umili contadini, vivevano del loro pesante lavoro.
Lorenzo e Stella, questi i loro nomi, unici abitanti che godevano di una piccola rendita, erano appassionati di archeologia ed un giorno decisero di finanziare una spedizione relativa alla ricerca di oggetti antichi.
Le ricerche cominciarono subito nel luogo da loro scelto, e cioè proprio il loro piccolo paesino. Chiesero l’aiuto a tutti i contadini lì residenti che parteciparono agli scavi con grande entusiasmo.

Gli scavi quel giorno erano proseguiti senza sosta; il sole implacabile non aveva dato tregua ai lavoratori. Ad un tratto si udì un urlo tremendo che impietrì tutti e tutti voltarono il loro sguardo verso un piccolo uomo che dall´euforia aveva acquistato ulteriori forze per eseguire incredibili salti di gioia. Quell’uomo aveva tra le mani una scatola di legno consunto dal tempo e quella confezione faceva supporre che si trattasse di qualcosa di grandissimo valore.
Calò un silenzio totale, anche le fastidiose mosche che per l’intera giornata avevano tormentato gli uomini al lavoro sembrarono fermarsi. Dall’interno della scatola comparve una COLLANA che fece salire al cielo un coro di stupore: era di una perfezione inimmaginabile e di una fattura stupenda!
Tutti si aspettavano che quel cofanetto contenesse una statuetta o un piccolo vaso antico o un oggetto del genere, ma una collana di quel tipo non era affatto prevedibile.
I vari colori delle pietre preziose che si stendevano lungo il collare, disegnavano una magnifica farfalla … sì, sì! Era proprio lei, la "Collana magica"!
Sino a quel giorno si era creduto fosse solo una favola: la leggenda narrava che questa collana aveva il potere magico di esaudire un unico desiderio alla persona che l´avesse indossata, ma questo desiderio sarebbe stato esaudito solo se la collana fosse tata indossata senza interruzione per il tempo di una vita di farfalla. L’animo di Lorenzo, finanziatore degli scavi, si spense dopo aver capito che quella collana poteva rappresentare un pericolo per lui e la moglie Stella: tutti avrebbero venduto l´anima al diavolo pur di avere quel potere e conservare quel magnifico oggetto in casa avrebbe potuto costituire un pericolo.
Doveva trovare un’idea e doveva trovarla immediatamente prima che la collana finisse in mani errate.
L´idea non tardò ad arrivare: decise allora di far confezionare, al più presto, una copia falsa della collana; questa copia fu posta in esposizione in una teca di vetro con tanto di allarme, anche se Lorenzo era conscio che prima o quel prezioso- falso oggetto sarebbe stato rubato.
Difatti, solo due giorni dopo, la collana sparì ed ad indossarla fu un delinquente senza anima .
Il suo desiderio espresso era quello di diventare padrone del mondo con potere decisionale su tutto e tutti, ma quando si accorse che la collana non aveva alcun potere magico, per lui fu troppo tardi e finì presto in una cella in prigione.
La collana vera nel frattempo era al collo di Stella che cosi ebbe il tempo di esprimere il suo desiderio più grande senza correre alcun pericolo.
Il suo desiderio fu: “Voglio che ogni abitante di questa terra incontri la sua anima gemella, perché solo dall´amore vero c´è salvezza per questo mondo".
E così fu!
Stella e Lorenzo si guardarono sorridendo mentre una farfalla stanca si posava sopra le loro mani u
nite.


Irisbianco85

 
 
 

La fiducia della piccola Gio.

Post n°7 pubblicato il 08 Novembre 2010 da lemagichefiabe
 

La fiducia della piccola Gio.

 

C’era una volta una piccola fatina di nome Gio.
Ella viveva nel bosco incantato, dietro il primo albero a sinistra, proprio davanti la cascata, dove l’acqua fuoriusciva da un’enorme bocca di drago. Ed è proprio per questo che quella cascata veniva chiamata: “la cascata del drago”.
La fatina Gio era sempre molto impegnata, e passava le sue giornate con gli animali della foresta e le sue amiche fatine.
Come tutte le fate della sua età il primo giorno d’estate avrebbe dovuto superare la prova, che l’avrebbe trasformata in una Fata adulta … E quel giorno in breve arrivò, con suo grande timore!
Voi non potete saperlo, ma ogni qualvolta c’era un temporale la cascata del drago si riempiva d’acqua scura e i lampi, assieme ai fulmini, spaventavano la piccola Gio ogni volta, anche perché la finestrella della sua piccola camera affacciava proprio davanti a quella bocca spaventosa.

Sfortuna volle che, mentre davanti al Gran Consiglio quella mattina tutte le fate e i fatini si riunivano, la prova consistesse proprio nell’attraversare in volo la cascata ed entrare nella bocca del drago di pietra, raggiungendo il profondo della caverna nella zona più buia, raggiunta la quale, bastava poi semplicemente tornare indietro.

Quando fu dato il via tutti i giovani fatini presero il volo, ma quando la piccola Gio raggiunse la bocca della caverna, ebbe così tanta paura che si fermò a mezz’aria. Tutti riuscirono ad entrare eccetto lei. Impaurita tornò sul punto di partenza, ed i suoi amici, vedendola piangere, la consolarono dicendole che avrebbe potuto riprovare l’anno seguente.

E così, con sua grande tristezza attese l’arrivo dell’anno successivo…
Ma, nel mezzo di quel’attesa, qualcosa cambiò!

Una mattina con le sue ampie al, arrivò nella foresta un grosso Drago verde. Non ci sarebbe stato nulla di male, in fondo la foresta era così grande che poteva ospitare chiunque, ma il Drago, che era enorme e possente, chiamando in raccolta tutti gli animali e gli esseri fatati che lì vivevano, disse: “Da adesso in poi la foresta è solo mia, andate via tutti, non voglio vedere nessuno, chi mi disubbidirà subirà la più grande delle sventure: lo mangerò in un sol boccone!"

Tutti si spaventarono e il più velocemente possibile iniziarono a scappare. Solo la piccola Gio rimase al suo posto e disse: “Ma io non voglio andarmene, l’anno prossimo ci sarà la prova, e se andiamo tutti via, come farò a diventare adulta?”.
Il potente Drago ruggì e sputò fiamme in alto verso il cielo.
- “Come osa una piccola Fatina discutere le mie decisioni? Una Fatina perdipiù non ancora adulta!?”.
La Piccola Gio fece di tutto per non farsi prendere dalla paura e riuscì a trattenere le lacrime che volevano uscirle dagli occhi. Fece un bel respiro, prese coraggio e rispose: “Anche un bambino sa capire quando qualcuno sbaglia … e voi Drago vi state comportando male!” .
Le amiche fate di Gio cercarono di portarla via, ma lei rimase in cima all’albero a guardare il Drago.
Il grande rettile disse allora: “Vuoi rimanere? Bene allora lascia che ti mangi, se lo farai lascerò che i tuoi amici e tutti gli animali rimangano qui nella foresta!” .
Tutti restarono in silenzio per un istante, poi la piccola folla di gnomi, elfi, fate, folletti e tutti gli animali gridarono a gran voce: “Vieni via Gio, scappa con noi! Vieni via!” .
Ma, con gran sorpresa, la piccola fatina prese il volo, sorrise ai suoi cari e veloce come il vento volò dentro la bocca spalancata del Drago.

Le fauci del mostro si chiusero con un possente colpo.

Tutti iniziarono a piangere, ma successe qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto immaginare: il Drago riaprì la sua bocca e dentro, posata dolcemente sulla sua lingua, c’era la piccola Gio.
Non appena la Fatina tornò sul suo albero il Drago esclamò: “ Ecco qualcuno del quale posso avere fiducia!” e continuò: “ Non per te, ma per gli altri hai affrontato una prova incredibile, purtroppo in molti cercano di farmi del male, soprattutto i Cavalieri in cerca di gloria, e nessuno vuol aiutare un Drago a nascondersi. Finalmente ho trovato qualcuno che, per quanto piccola, ha il coraggio di affrontare ogni avversità, anche quelle degli altri”.
Il Drago fece un inchino alla Fata. - “Piccola Fatina io sono Vermiglio Ottone, e sarei felice di diventare un tuo buon amico” .
E così fu: i due divennero grandi amici!

Si scoprì in seguito che il Drago era in pellegrinaggio in cerca di un luogo dove trovare buoni amici, e vivere in pace. E quel suo brusco comportamento era dovuto solo perché aveva bisogno di scoprire se ci fosse almeno qualcuno che davanti alle difficoltà, che sicuramente lo avrebbero inseguito, non lo avrebbe abbandonato, e quel qualcuno l’aveva trovato nella piccola Gio.
Il Gran consiglio si riunì e la Fatina Gio fu insignita del rango di Fata Adulta: “entrare in una cascata a forma di drago era una cosa, ma dentro la bocca di un vero Drago, insomma era una prova da Vera Fata!”
Così avevano detto tutti.

Passarono i giorni in allegria, e ogni qualvolta un Cavaliere veniva a cercare il Drago Vermiglio Ottone per sfidarlo in duello, tutti gli animali ed esseri fatati della foresta si prodigavano per nasconderlo e far desistere gli aggressori.
Gio fu nominata anche Fatina di Grande Coraggio, e tutti iniziarono a chiamarla così!

Ma … (e che questo rimanga tra noi), anche se coraggiosissima la piccola Gio rimaneva spaventata dai fulmini e dai tuoni nelle notti di tempesta, e, indovinate un po’ che faceva?
Semplicemente andava a rannicchiarsi al fianco del suo amico Drago.
In fondo, si sa, non esiste al mondo posto più sicuro della bocca ad un Drago!


Druss5

 
 
 

Il campanello di Tommy

Post n°6 pubblicato il 04 Novembre 2010 da lemagichefiabe
 

Il Campanello di Tommy


Tommy aveva nove anni e viveva in un piccolo paese situato in una verde vallata ai piedi di imponenti montagne. Abitava in una casetta non molto grande insieme alla mamma e al papà.

Ogni mattina Tommy si alzava presto e si preparava per andare a scuola. Scendeva di corsa le scale, faceva colazione, salutava con un bacio la mamma e usciva fischiettando. Era contento perché da quest’anno i suoi genitori gli avevano permesso di attraversare il paese da solo. Partiva sempre qualche minuto prima e non percorreva mai due volte la stessa via. Si divertiva a scoprire nuove strade e a salutare tutti i passanti.

Un giorno, mentre cammina, vede per terra una specie di ciondolo e lo raccoglie. È una piccola sfera di metallo con all’interno una pallina, agitandola si sente un tintinnio fastidioso. Tommy si guarda intorno per vedere se ci sia qualcuno che può aver perso quell’oggetto, ma si trova completamente solo lungo la via, così decide di tenerlo, con uno spago se lo lega al collo e si dirige a scuola. Da quel momento lo tiene sempre indosso e non lo toglie nemmeno per fare la doccia. Il campanello sembra bloccato, non suona mai, a meno che qualcuno non lo scrolli apposta.

Un pomeriggio di qualche settimana dopo però, mentre Tommy sta per attraversare la strada diretto a casa di un amico, un tintinnio si ode nel vento e lui si ferma stupito. Proprio in quel momento un’automobile sopraggiunge da dietro la curva e sfreccia a tutta velocità. Tommy si accorge che se non fosse stato per il suono del campanello sarebbe stato investito e decide in quel momento che quello sarà il suo portafortuna per tutta la vita.

È passato qualche mese ed è arrivata l’estate. Tommy con il suo compagno Luca gioca a rincorrersi nel bosco vicino al paese. Attraversano di corsa una pietraia, Tommy è più veloce e l’amico non può far altro che seguirlo. All’improvviso il campanello emette il suo suono e Tommy si blocca all’istante. Luca ne approfitta per sorpassarlo, ma dopo pochi passi una vipera spunta da dietro una roccia mordendolo alla gamba. Luca cade a terra ferito e spaventato, Tommy cerca di tranquillizzarlo e va subito in cerca di aiuto. Per la seconda volta il campanello gli ha annunciato un pericolo.

Il tempo passa, Tommy ha compiuto dieci anni e per il compleanno gli hanno regalato una bicicletta nuova fiammante. Suo padre ha deciso di accompagnarlo a fare un giro in paese per vedere come se la cava alla guida. Tommy all’inizio è un po’ impacciato, ma il padre lo rassicura e l’esperimento sembra funzionare. Fa caldo e un lieve venticello aiuta la pedalata, Tommy imbocca una via sterrata quando un tintinnio metallico lo mette in allerta. Tirando forte la leva del freno si ferma bruscamente mentre il padre lo evita all’ultimo momento guardandolo perplesso. Tommy alza lo sguardo e si trova proprio davanti agli occhi una ragnatela gigante con al centro un ragno nero grosso come la sua mano.

Tommy fa un profondo respiro ed indica l’enorme insetto al padre.
“Ma come hai fatto accorgertene?” domanda stupefatto dalla prontezza di riflessi del figlio.
“Io non l’avevo proprio visto!” aggiunge avvicinandosi.
“Nemmeno io, è il mio portafortuna che mi avvisa se c’è un pericolo” risponde Tommy sorridendo.
“Ma che dici? Un portafortuna?” borbotta il papà.
“Sì! Davvero! Suona solo quando c’è un pericolo”.
“Allora posso star tranquillo a lasciarti andare in giro da solo?!” commenta il padre con una risata.

Non appena entrati in casa Tommy racconta l’accaduto anche alla mamma, che lo abbraccia sorridendo e gli sussurra: “Non staccarti mai dal tuo campanello e ascoltalo sempre!”.
Infatti nei mesi successivi il campanello dà l’allarme in altre occasioni, evitandogli sempre spiacevoli disavventure.

Un giorno, quando Tommy ha dodici anni, la scuola organizza una gita in città e la sua classe decide di partecipare. La sera prima i suoi genitori gli fanno mille raccomandazioni, poi il papà gli mette in mano cinque monete e gli dice: “Domani, compra qualcosa che ti piace!”. La mattina dopo Tommy è entusiasta, si siede sul pullman e tiene ben stretto il suo campanellino nella mano. Il viaggio è breve, presto le porte si aprono e Tommy può scendere assieme ai suoi compagni. La piazza è molto affollata e piena di bancarelle che vendono giocattoli di ogni tipo. Tommy è molto incuriosito e a un certo punto esce dal gruppo senza che la maestra lo noti per vederli più da vicino.

Mentre sta lì ad osservare, un signore alto e ben vestito lo avvicina e gli domanda se vuole vedere il suo negozio di giocattoli magici. Tommy è un po’ dubbioso, ma non sentendo suonare il campanello risponde di sì con la testa e i due si allontanano insieme.
“Hai dei soldi con te?” chiede l’uomo. Poi aggiunge: “.. i miei giocattoli sono cari, ma a te farò un prezzo speciale”.
“Ho queste!” risponde Tommy mostrando le monete che il papà gli aveva dato.
“In cambio ti porterò il gioco più bello che ho! Dammele e aspetta un attimo qui” dice l’uomo fermandosi di colpo e tendendo la mano verso di lui.
Tommy gli consegna le monete e rimane fermo lì come gli era stato chiesto. Dopo dieci minuti però non vede arrivare nessuno e si preoccupa che a quell’uomo così buono possa esser successo qualcosa. Non si sente agitato perché il suo campanello è muto e quindi non corre alcun pericolo.

Comincia a far caldo, il sole è alto e tra i palazzi c’è la solita afa soffocante. Tommy inizia a sudare e si toglie la felpa, si trova lì ormai da mezz’ora quando sente una voce.
“Aspetti qualcuno?” Un ragazzino poco più grande di lui sta in piedi lì davanti e lo fissa.
“Il signore dei giochi magici” risponde Tommy.
“Io so dov’è il suo negozio” rivela il ragazzo.
“E dove?” chiede Tommy incuriosito.
“Hai delle monete?”.
“Le ho date tutte a lui” risponde Tommy toccandosi le tasche.
“Cosa c’è nel tuo zaino?”.
“Il mio pranzo, perché?”
“Sai… quel signore non vuole che si entri nel suo negozio con lo zaino perché ha paura che rubi qualcosa ... Il negozio è proprio in fondo alla via, appena svoltato l’angolo. Lascia qui lo zaino, lo tengo io fino al tuo ritorno mentre tu vai a prendere il tuo gioco”.
Nessun tintinnio nell’aria, così Tommy si sfila lo zaino dalle spalle, ringrazia il suo nuovo amico e cammina fino in fondo al viale.

Una volta girato l’angolo però non vede nessun negozio, ci sono solamente alti palazzi grigi e macchine che corrono veloci. Decide quindi di tornare indietro, ma arrivato al punto di partenza si accorge che quel ragazzo così gentile è sparito, portando via con se anche il suo zaino. Si avvicina l’ora di pranzo, il caldo è torrido e non c’è un filo d’aria, il campanello non suona, ma Tommy inizia a capire di esser stato derubato. Si trova da solo in mezzo a una città che non conosce, senza un soldo, senza cibo e abbandonato persino dal suo portafortuna.

Solo allora si ricorda delle parole della maestra, che sul pullman aveva raccomandato a chiunque si fosse perso di tornare in piazza Balle, da dove alle quattro sarebbero partiti verso casa. Cerca di ricordare la strada che stamattina lo ha portato fin lì, ma a un certo punto non è più sicuro che sia quella giusta. Passa davanti a un gruppo di ragazzi e domanda: “Scusate, piazza Balle è da questa parte?”.
“No, devi seguire questa via e al terzo semaforo svoltare a destra” risponde con decisione uno di loro.
Tommy va nella direzione che gli è stata consigliata, ma dopo aver girato a destra si trova in una piazza che non è quella che cercava.

Stanco e sconsolato si ferma a chiedere di nuovo indicazioni. Un anziano signore con una folta chioma bianca gli indica a via, ma proprio mentre sta parlando il campanello ha un sussulto e Tommy si distrae immediatamente. Il vecchio vede negli occhi del fanciullo il suo disappunto e sorride.
“Perché sta ridendo?” domanda Tommy irritato.
L’uomo non risponde, con un rapido movimento abbassa il collo della sua maglietta e mostra a Tommy un campanellino uguale al suo.
“È uguale al mio!” esclama incredulo.
“Ma perché ha suonato proprio adesso?!”.
“Tu vieni dalle montagne, vero?”lo interroga il vecchio.
“Sì, come lo sai?”.
“Lo so perché anche io vivevo lassù tanto tempo fa… questo portafortuna ce l’ho da quando ero più piccolo di te”.
“Ma il mio si è rotto!” esclama Tommy con tono triste.
“No! Non si è rotto… un portafortuna non può rompersi! Il problema è che qui funziona tutto alla rovescia. Il campanello non ti annuncia i pericoli, suona invece se incontri una persona buona, che porta una ventata fresca in mezzo a questa calura. Altrimenti i campanelli non possono suonare… qui non c’è vento!”.
“Già… non c’è vento e mi manca l’aria” riflette Tommy.
“… e ora vieni… ti accompagno a casa” dice il vecchio appoggiando una mano sulla spalla del bambino.


Ste20092009

 
 
 

Il valore dell'onestà.

Post n°5 pubblicato il 02 Novembre 2010 da lemagichefiabe
 
Tag: Fiabe, g1b9

Il valore dell'onestà!

 

Una volta i regni erano tutti lontani, quasi che il mondo fosse relegato già allora in un libro di favole, tutti ai confini dell’immaginazione, tutti abitati da umani che probabilmente si sono estinti, perché erano spesso persone semplici con qualche eccezione, tanto per confermare la regola.
C’era sempre un castello con re, regina e principe ereditario ed un mondo di esseri animati che lavoravano per questi sovrani, né buoni, né cattivi, spesso annoiati che guardavano il loro regno dall’alto delle torri merlate.
Campagne verdi, fiumi e torrenti di un azzurro incredibile, boschi cupi, dove quasi nessuno osava avventurarsi, se non il giovane principe che doveva dimostrare il suo coraggio, oppure qualche fanciulla che smarriva il cammino mentre era alla ricerca di qualcosa che lei pensava potesse esserci di diverso, che avesse il potere di cambiare la sua vita, perché anche allora le fanciulle sognavano.
Atina sognava mentre correva tra la biancheria stesa su cordicelle appese ai rami degli alberi e si immaginava una damina di corte al ballo, sognava di incontrare un principe biondo, vestito di raso che cadesse svenuto di fronte alla sua beltà , o almeno quella che lei pensava di possedere, quando, lavando i panni, l’acqua del ruscello le rimandava la sua immagine.
Sua madre era la lavandaia del re e lei la aiutava ogni giorno con grande piacere, perché in cuor suo amava il giovane principe che guardava di nascosto ogni volta che si recava al castello. Quando non lavava amava curare i fiori e tra la gente del paese era considerata una vera maga del giardinaggio, tanto che la sua casa era meta di visite da parte delle donne del paese che non riuscivano a far crescere nemmeno le erbacce. I fiori più belli servivano per abbellire la reggia e lei si rallegrava che qualcosa di suo potesse stare tanto vicino a quel bel principe che quasi non si accorgeva di lei.
Un giorno qualunque di un anno qualunque il re di quel regno decise che era ora che il figlio prendesse moglie e perché trovasse la miglior fanciulla possibile, decise di aprire il castello a tutte le fanciulle del regno che avrebbero dovuto sfidarsi in una gara qualunque che fosse venuta in mente al bel principe .
Araldi vennero mandati per leggere il bando ed ogni famiglia che avesse una figlia in età da marito incominciò a sognare.
Atina, come tutte le ragazze, voleva presentarsi a palazzo mentre la madre la scoraggiava perché non avevano denaro e senza questo non si poteva comprare un abito ed un regalo per il principe. Ma Atina raccolse i fiori più belli del suo giardino e con quelli si adornò così bene da sembrare una visione.
Venne il giorno della festa e ci fu un grande andirivieni di fanciulle che si recavano a fare la loro presentazione. Il bel principe con aria un tantino annoiata, tipica di chi fa qualcosa che non è nei suoi progetti , ma deve seguire le regole, riceveva le fanciulle, una ad una, ritirava il dono, faceva un ballo e le congedava dopo aver affidato loro un pugnetto di semi, pregandole di seminarli.
Il fiore più bello avrebbe designato la futura principessa.
Atina salì al castello quando ormai calava la sera, sperava che nella penombra il principe non avrebbe notato il suo abito improvvisato. Entrò nella sala, spandendo nell’aria un profumo di primaverile semplicità, che inebriò il principe, che si precipitò ad accoglierla per lanciarsi con lei in un ballo lunghissimo, mentre la ringraziava per avergli fatto dono di una simile fragranza. Poi diede anche a lei i semi e con un grande inchino la congedò, augurandole buona fortuna.
Atina tornò a casa col cuore che batteva più forte dei rintocchi dell’orologio del campanile. L’emozione era grande perché grande era la gioia di dover fare una cosa, per lei, tanto semplice.
Passò la notte a decorare, come mai aveva fatto, il vaso destinato a realizzare i suoi sogni, poi mise con cura i semi e da quel momento non smise di dedicare le sue più attente cure a quel vaso.
Passavano i giorni, passavano i mesi, ma quel vaso non produceva nemmeno un filo di erba nonostante Atina lo curasse come un figlio ed il suo giardino continuasse ad essere una meraviglia, anche se lei aveva smesso di curarlo. Il suo tempo era tutto dedicato ad alchimie per far germogliare quei semi.
Passava il tempo e lei perdeva ormai ogni speranza, inoltre stava per scadere il tempo della gara. Il primo giorno di primavera squillarono le trombe, si aprirono le porte del castello e cominciò la sfilata delle ragazze che arrivavano a palazzo portando vasi ricolmi di meravigliosi fiori che riempivano l’aria di deliziose fragranze.
Atina, sull’uscio di casa, guardava con gli occhi pieni di lacrime questo spettacolo e non riusciva a spiegarsi questa grande sfortuna che si era accanita contro di lei. Quando arrivò il principe per esprimere il suo giudizio si guardò intorno e si accorse che mancava la fanciulla che lo aveva incantato con il suo profumo.
Mandò i suoi servi a cercarla e lei si presentò con i suoi semplici abiti di lavandaia portando quel vaso vuoto tra lo scherno delle altre pretendenti.
"Mio signore, posso offrirvi solo questo vaso vuoto. Ho fatto quanto di meglio potevo, giorno e notte per mesi, ma inutilmente... "
Mentre Atina chiudeva gli occhi, aspettando severi rimproveri , tra l’ilarità dei presenti , il principe si alzò , la prese per mano e la proclamò vincitrice della gara. Proteste si levavano da ogni parte,ma il principe prese la parola .
"I semi che vi diedi erano sterili, per cui mai avrebbero potuto germogliare e produrre gli splendidi fiori che voi avete portato. Tutte quante mi avete ingannato per ottenere la mia mano, solo questa ragazza ha lavorato con onestà e non ha avuto paura a dirmi la verità. Per questo sarà lei mia moglie e vostra principessa, perché non posso permettere che i mei sudditi abbiano governanti infidi. Chi guarda a noi deve trarre buoni esempi e buoni insegnamenti, devo usare il potere che Dio ha voluto darmi, onorando l’onestà, la lealtà e la giustizia".
Si celebrò il matrimonio con grandi festeggiamenti, Atina fece di quel regno il posto migliore dove vivere e vi giungevano da ogni parte per apprendere quei semplici segreti di benessere.
Ma un giorno qualunque, qualcuno inavvertitamente chiuse quel libro e quel regno qualunque rimase dimenticato in una pagina qualunque di quel vecchio testo che nessuno ha mai più sfogliato.

 

g1b9

 
 
 

Il Sogno

Post n°4 pubblicato il 27 Ottobre 2010 da lemagichefiabe
 

Il Sogno

Una mattina Pisolo si svegliò con una strana sensazione nel cuore.
Quella notte aveva fatto un sogno strano, che non capiva.
C'erano matrigne cattive, specchi parlanti, mele avvelenate, foreste stregate.
Ma non era stato un vero e proprio incubo, perché in tutto quel turbine oscuro c'era anche una fanciulla dolce, delicata, dal sorriso incantevole.
Sceso in cucina per fare colazione, Pisolo raccontò il sogno ai suoi fratelli Gongolo ed Eolo.
Gongolo, fra un biscotto e l'altro, gli disse:
- Gnam gnam... Secondo me, Pisolo... gnam... tu mangi poco e dormi troppo! Se facessi il contrario... gnam... stai sicuro che dormiresti solo sonni tranquilli. Gnam... gnam...
- Uhm, forse hai ragione. E tu Eolo che ne dici?
- E... e... etcciùùùù! Io dico che... e... e... etcciùùùù! Che forse non stai tanto bene, attento a non prenderti anche tu il raffreddore! Etcciùùùù!
Pisolo non era troppo convinto, così finì in fretta la colazione e andò a cercare Dotto e Brontolo.
"Forse" - pensò - "almeno loro due mi sapranno spiegare il sogno".
E infatti il saggio Dotto iniziò a spiegargli il perché e il percome dei sogni, del sonno, del riposo, dell'importanza di avere un cuscino morbido e confortevole eccetera eccetera...
Dopo due minuti il cervello del povero Pisolo fumava.
“Certe volte Dotto è proprio incomprensibile!” disse fra sé.
Neanche Brontolo gli fu di grande aiuto. Figuriamoci... era sempre così arrabbiato che nemmeno lo sentì.
“Non mi resta che provare con Mammolo, ma devo sbrigarmi, fra un po’ dobbiamo andare a lavorare”.
Mammolo stava innaffiando le sue margherite. Dopo avergli raccontato il sogno, Pisolo gli domandò:
- Secondo te, perché ho ancora questa strana sensazione nel cuore?
Mammolo pensò a lungo prima di rispondere, poi fece un gran sospiro e disse:
- Credo che il cuore sia lo scrigno del Mondo misterioso e se batte così forte c'è sicuramente un bel motivo. Non bisogna agitarsi troppo, ma si deve dargli ascolto. Ecco io credo che si debba... aspettare e fare attenzione.
Pisolo lo ascoltava incantato, ma in quel momento arrivò di corsa Cucciolo per chiamarli: era tardi, dovevano andare.
Così Pisolo e i suoi fratelli, come ogni giorno, uscirono di casa diretti alla miniera di pietre preziose. Senza sapere che quella sera, al loro rientro, avrebbero incontrato una fanciulla dolce, delicata, dal sorriso incantevole: Biancaneve!


RobdeiFollettiilRe

 
 
 

La brutta (bella) addormenta sul tronco - Vers.3

Post n°3 pubblicato il 25 Ottobre 2010 da lemagichefiabe
 

La brutta (bella) addormentata sul tronco.

(versione di Liomax1, secondo classificato nella sfida in questo post )

 

 

         C’era una volta una giovane pastorella che portava le sue 10 pecore a brucare in un prato adiacente ad un lugubre castello. Era rimasta orfana da piccola e non aveva nessuno. Possedeva una misera capanna e quelle 10 pecorelle ereditate dai suoi poverissimi genitori morti uccisi dalla caduta di un albero, mentre portavano al pascolo il loro piccolo gregge.

          La sua bellezza non era soffocata dallo sporco che copriva il suo visino, anzi esplodeva ogni volta che accennava un sorriso nel parlare alle sue pecorelle; aveva inoltre una figura deliziosa, mal ricoperta dai miseri cenci che portava indosso.

          Il proprietario del maniero era un malvagio, dedito alla magia. Un giorno, affacciandosi dal balcone principale, scorse la figura snella della pastorella: essa ballava e cantava; la sua voce riempiva la valle di note sublimi, la sua danza le permetteva di accarezzare le margherite del prato con i suoi “dolci” piedini!

          Ohibò, disse tra sé il brutto e perfido castellano. Quella donzella deve essere MIA! Nessuno potrà impedirmelo! Con passo baldanzoso uscì dal suo castello, si avvicinò alla dolce pastorella e con voce che sembrava venire dalle più profonde tenebre urlò: “Domani tu mi sposerai!”. La deliziosa fanciulla lo guardò con aria interrogativa lo guardò e per nulla intimorita da tanta spavalderia e … bruttezza, rispose con un fermo , gentile e possente“Neanche in sogno!”.

          Questa risposta indispettì il mostro , eh sì, a guardarlo bene era proprio un mostro e immediatamente iniziò a invocare inferi, streghe, orchi, diavoli, compagni d’armi, colleghi ed altre cento categorie di individui più o meno terrestri (mentre la leggiadra donzellina guardava divertita) e lanciò il seguente anatema: “ Tu dolce fanciulla ora ti addormenterai e nell’addormentarti diverrai brutta, ma brutta da fare orrore soltanto a pensarti! Ti sveglierai e tornerai a riprendere le tue attuali sembianze soltanto quando un cavaliere nel guardarti urlerà QUANTO SEI BELLA! Ma sarai tanto brutta che nessuno oserà mai dire tanto!”

          Apparvero due grandi Belzebù che presero (uno per le braccia ed uno per le gambe) la fanciulla, mentre essa chiudeva gli occhi per entrare in un profondo sonno (mentre ciò avveniva diventava sempre più brutta e deforme) e la depositarono su un tronco che era nei paraggi. Le pecorelle seguirono i due diavoli e si accovacciarono intorno alla loro … orrenda padroncina ormai dormiente.

          Trascorsero tanti anni! I viandanti che si avvicinavano alla misera, perché richiamati dai belati delle pecorelle, non appena intravvedevano quel corpo, fuggivano a gambe levate gridando “ORRORE, ORRORE”.

          Ma un bel giorno … il principe azzurro del reame (a dire il vero poi tanto azzurro non era, perché era andato a pesca di anguille e per afferrarle si era rotolato nel fango: per la cronaca non riuscì a prenderne neanche una), passò di lì ed anche lui incuriosito dal belato delle pecorelle, si avvicinò alla “brutta addormentata” seguito dal suo paggio che più andava avanti più si sentiva disgustato dalla visione di un simile spettacolo. Si fermò dinanzi alla bella … scusate, alla brutta e la guardò con ammirazione; il suo paggio cercava in ogni modo di fermarlo, ma non riuscì a farlo!

          Il principe azzurro rimase impietrito e mentre il paggio cercava di fargli inforcare gli occhiali che erano stati a lui affidati per poter meglio rotolarsi nel fango, sgorgarono incontrollate dalla sua bocca le magiche parole: “QUANTO SEI BELLA!” La sorpresa del paggio fu incommensurabile: con gli occhiali del suo principe in mano vedeva la fanciulla, sì svegliarsi, ma diventare e superare in bellezza la dea Venere; fra sé e sé pensò che la sua vista gli stesse facendo un tremendo scherzo, tanto che inforcò gli occhiali del suo protetto, ma la vista meravigliosa non mutò, anzi la bellezza era ancora più accentuata.

          Il principe abbracciò la … “bella sveglia” e dichiarò il suo amore. Poiché, in fondo in fondo, il principe non era poi tanto brutto, la bella ricambiò l’abbraccio e, ... tra un bacio e l’altro (la bella non disdegnò affatto le dolci effusioni del principe) promise di sposarlo ed amarlo per tutta la vita.

          Il paggio corse alla reggia (sempre con gli occhiali del suo padrone in mano) per far accorrere sul luogo del “risveglio” il re e la regina, genitori del principe. Essi accompagnati dall’intera corte si recarono in tutta fretta a … controllare se la bellezza della Piccola fosse veramente all’altezza di quanto aveva riferito alle Altezze il paggio e constatarono di persona che la bellezza decantata era molto, ma di molto superiore a quella loro descritta.

          Il giorno successivo furono celebrate solenni nozze (le ancelle della ora principessa furono le 10 pecorelle) nel palazzo reale; la fama della stupenda principessa fece il giro del mondo e tutti vollero fare pellegrinaggio in quel reame per ammirare tanta grazia.

          Il Mostro, scornato dalla sua sconfitta, inventò una storia cattivissima che divulgò a sud, a est, a nord e a ovest, ma nessuno, neanche i due Belzebù trasportatori credettero a questa storia!

          Così termina la storia della “brutta addormentata” e posso garantire con tutta sicurezza che vissero felici e contenti per tutta la vita! … Ah, dimenticavo: la principessa, per non correre il rischio che il suo principe cadesse in un errore analogo a quello in cui era caduto quando lei era … brutta, convocò nel reame i più grandi ottici esistenti sulla terra affinché operassero il principe agli occhi in modo tale che non avesse più bisogno di occhiali per la vista.

          Ogni riferimento a fatti o persone … del passato è puramente casuale.



Liomax1

 
 
 

La brutta (bella) addormentata sul tronco - Vers. 2

Post n°2 pubblicato il 22 Ottobre 2010 da lemagichefiabe
 

La brutta (bella) addormentata sul tronco.

(versione di giostella2, ultima classificata nella sfida in questo post)

 

A corte c'era una fanciulla molto bella ma altrettanto viziata e dal carattere orrendo che il principe, proprio a causa di questo suo carattere, ignorava del tutto ... La fanciulla, risentita per questo non essere affatto considerata, si rivolse ad una strega che le diete la pozione magica da far bere al principe per far in modo che s’innamorasse perdutamente di lei.
Così la fanciulla, dopo aver studiato in ogni dettaglio, come far bere questa pozione, versò tutto il contenuto della boccetta nel bicchiere del principe durante uno di quei pranzi che si trovavano a fare insieme.
Il principe, noncurante del fatto, bevve tranquillamente il suo vino e continuò il suo pranzo nella più totale allegria, tipica dei palazzi reali.
Nel pomeriggio però sentendosi lo stomaco un po’ dolorante, decise di fare una passeggiata nel bosco ... Fu così che, camminando, si imbatté in quella donzella rannicchiata su quel tronco tagliato. Si voltò verso la sua guardia del corpo, stupefatto e indeciso sul da farsi ... Disse, rivolgendosi proprio alla guardia: "Dammi gli occhiali che voglio vedere meglio questa donna ..."
La guardia porse gli occhiali al principe e,nel frattempo che lui li indossava, la pozione iniziò a fare il suo effetto ...
E così che il principe vide la più bella fanciulla ... Una donna dalla bellezza mai vista prima e decise perciò di portarla nel castello insieme con lui ...
Non si chiese nulla sul perché quella fanciulla fosse lì rannicchiata, su di un tronco tagliato, e tutta sola. Decise che quella donna doveva essere sua moglie, lui ne era già perdutamente innamorato ....
Grandi feste a corte per quella fanciulla ...
Tutti si chiedevano come mai il principe desiderasse sposare una ragazza così comune e del perché ne esaltasse esageratamente la bellezza, poiché quella fanciulla bella non era affatto ... ma ogni desiderio del principe era un ordine e nessuno osava contraddirlo, anche se il suo animo era buono e non era di certo un tiranno.
Arrivò dunque il giorno delle nozze ...
La fanciulla ne era felice, lei non ricordava nulla del suo passato e credeva di far parte proprio di quel mondo ...
Principe e fanciulla coronarono dunque questo sogno d'amore e, per un bel po’ vissero felici e contenti ....
Il principe amava quella donna in ogni modo, non le faceva mai mancare nulla, la riempiva di ogni attenzione ...


Ma, un giorno, il principe svegliandosi si prese un bello spavento ...
Nel letto accanto a lui, giaceva una donna mai vista prima, bruttina anche ed urlò per quello spavento ....
A quel grido tutti gi abitanti del castello si svegliarono e dopo aver capito da dove provenisse, si precipitarono nella stanza del principe. "Chi è questa donna che ha osato cacciare mia moglie e occuparne il suo posto?" Urlò furioso il Principe , ormai divenuto Re...
"Sire", rispose spaventato, uno dei suoi sudditi "è sua moglie, è la donna che ha trovato nel bosco e di cui si è perdutamente innamorato!" ....
Ed il Re: "Non è possibile, la donna che ho sposato è meravigliosa, è stupenda, è di una bellezza unica ... voi mi state ingannando! ...."
Vedendo che il re si stava arrabbiando tantissimo, lo stesso suddito lo interruppe e gli disse: "Sire, ricordate che la donna aveva una cicatrice particolare nella mano sinistra?"
"Certo che me lo ricordo, per chi mi hai preso, per un imbecille?"
"No, no Vostra Maestà, vi chiedo perdono, non era mia intenzione ... ma, controllate la mano sinistra della donna, così vi accorgerete che è proprio la donna che avete deciso di sposare ...."
Ed il Re, spazientito, prese la mano sinistra di quella donna e capì che quella era veramente la donna che aveva voluto sposare a tutti i costi ....
Ma ormai indietro non si poteva tornare ... Il Re non poteva dar scandalo con un divorzio e così fu costretto a tenere al suo fianco per sempre quella fanciulla che, proprio tanto brutta non era, ma di certo non era la donna dei suoi sogni ....
Però capì che quando era al suo fianco gli bastava togliere gli occhiali.
Infatti una volta tolti, la visuale era decisamente meglio .....

E vissero tutti quasi felici e contenti ...


La più contenta era la strega perché bugiarda com'era aveva mentito alla fanciulla a cui aveva dato la pozione dicendole che gli effetti di quella pozione erano eterni .... Ma così non fu e la strega, poiché odiava il principe e tutta la corte, portò finalmente a compimento la sua vendetta su tutti loro
....

 

Giostella2

 
 
 

La brutta (bella) addormentata sul tronco - vers.1

Post n°1 pubblicato il 21 Ottobre 2010 da lemagichefiabe
 
Tag: Fiabe, Rea70

La brutta (bella) addormentata sul tronco.

(versione di Rea70, vincitrice della sfida in questo post )

 

C'era una volta un piccola fanciulla che viveva nel bosco. Gli alberi erano la sua casa e i ruscelli d'acqua pura la dissetavano.
Un giorno una coppia la trovò e la condussero a casa loro.
Da allora lei divenne la loro figlia. La fecero crescere come tutte le ragazze del paesino ma lei era diversa. E mentre cresceva diventava sempre più intelligente e bella.
Le piaceva leggere. Le piacevano gli animali. Aveva tanti gattini a casa. Era amata da tanti e invidiata per la sua bellezza e intelligenza.
Un giorno la ragazza disse ai suoi ormai genitori, che voleva tornare al bosco.
Le mancava molto quel posto.
Allora i genitori conoscendo bene le qualità della ragazza le permisero di andare da sola. “Non le accadrà niente di brutto” pensavano. “E' molto intelligente e con un cuore puro. Ama la natura e perciò la natura stessa la proteggerà. Fin da piccola ha sempre avuto compassione per le persone più anziane e più deboli. E' la figlia e l'amica che tutti vorrebbero”.
E così la fanciulla si mise in viaggio. Una volta arrivata nel bosco girò per lungo e largo finché trovò l'albero. All'inizio pensava avesse sbagliato sentiero. E invece no: il suo albero era stato abbattuto. Era stato l'albero più grande del bosco, la sua casa. Allora, la fanciulla si sdraiò sul tronco per ricordare tutto il suo vissuto nel bosco.
All'improvviso una voce le disse: " Sei tornata bambina mia." E la fanciulla rispose senza aprire gli occhi: "Si, sono tornata." "Mi fa piacere piccola. Oggi i tuoi sogni si avvereranno" - disse l'albero.
Allora la fanciulla si alzò e ad un tratto cominciò a pensare. I suoi sogni! Chi aveva parlato?! Si era addormentata per caso??? No!! Quella voce lei la conosceva. L'aveva già sentita molte volte. Da qualche parte ma non ricordava.
In quel momento si sentirono passi di cavalli e voci di uomini. La fanciulla ebbe paura. “E se fossero dei banditi?????”

Scese un uomo dal cavallo. "Vi siete persa donzella??" "No!" -rispose la fanciulla e dietro le spalle di quel uomo vide un viso angelico. Un ragazzo alto, moro, con occhi castani lucidi. Lui la fissava con molto stupore e gioia. C'era qualcosa nel suo sguardo. Qualcosa che attirò l'attenzione della fanciulla. Lui.... quel ragazzo! Accidenti!! Che disastro che era. Si sentiva tutte le guance rosse e non aveva voce per rispondere alle domande che quell’uomo le stava facendo. "Com'è possibile??" - si chiese. " E' lui!!!" Allora si ricordò di tutti i sogni che aveva fatto mentre viveva nel bosco. Lui era il ragazzo che incontrava nei sogni. Era il suo principe!!
Allora la fanciulla si alzò e andò a stringerlo forte.
Tornarono insieme nel castello e fecero un matrimonio altro che da favola.
Certo la suocera (come tutte le suocere) all'inizio era diffidente ma non poteva rimanere che affascinata dalla dolcezza, dall' allegria che quella ragazza portava ovunque andasse. Dalla sincerità e brillantezza dei suo
i occhi. Dai suoi riccioli neri e la sua sensibilità. Dal suo carattere forte e testardo. E disse al figlio: "Hai scelto col cuore figlio mio. Hai scelto col cuore."

 

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Ora vieni con me
verso un mondo d'incanto...
principessa...è tanto
che il tuo cuore aspetta un si.
Quello che scoprirai
è davvero importante...
il tappeto volante
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Il mondo è tuo...
con quelle stelle puoi giocar...
nessuno ti dirà che non si fa...
è un mondo tuo per sempre.

Il mondo è mio...
è sorprendente accanto a te...
se salgo fin lassù
poi guardo in giù
che dolce sensazione nasce in me.

C'è una sensazione dolce in te.
Ogni cosa che ho...
anche quella più bella...
no, non vale la stella
che fra poco toccherò.
Il mondo è mio...

Apri gli occhi e vedrai...
fra mille diamanti volerò...
la tua notte più bella...
con un po' di follia
e di magia
fra stelle comete volerò...

Il mondo è tuo...
un corpo celeste sarò...
la nostra favola sarà ...
ma se questo è un bel sogno...
non tornerò mai più...
mai più laggiù...

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solo per noi...
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