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Post n°66 pubblicato il 17 Maggio 2016 da lubopo
Sono trascorsi più di due anni dalla destrutturazione del Diritto del Lavoro italiano (conseguenza del Jobs Act). Il Governo ha elargito alle imprese incentivi a pioggia per la decontribuzione affermando che ciò avrebbe prodotto un significativo aumento dei posti di lavoro. I dati statistici sull’occupazione sono risultati positivi fino al 31 dicembre 2015 ma finita la pacchia degli incentivi, già da qualche mese si registra un effetto boomerang previsto da molti addetti ai lavori. Così come avevano previsto il boom dei voucher, i buoni per il lavoro accessorio che valgono 10 euro nominali e rappresentano la cartina tornasole del precariato e del sommerso. Nel primo trimestre 2016 ne sono stati venduti 31,5 milioni con un boom del 45,6% rispetto al 2015. La precarietà è tornata a farla da padrona e siccome il lavoro è il fondamento costituzionale su cui si regge il nostro paese, calpestare la dignità dei lavoratori equivale a calpestare la Democrazia. Il contratto a tutele crescenti non è altro che un contratto stabile e precario al stesso tempo. Insomma, un vero e proprio ossimoro negoziale dal quale i lavoratori devono difendersi per difendere la democrazia tout court. Il Jobs Act ha abolito l’art. 18 per tutti coloro che sono stati assunti con contratto a tutele crescenti e che quindi non potranno mai più essere reintegrati nel loro posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Quella che vi propongo oggi è una documentazione che ho realizzato lo scorso 2 maggio, il lunedì successivo alla Festa dei Lavoratori. Mi reco in ufficio e trovo alcune decine di persone che manifestano davanti alla sede dell'Agenzia delle Entrate. Poche ore prima otto lavoratori della ditta di pulizie avevano ricevuto la lettera di licenziamento. Agli altri, una ventina, era stato comunicato che avrebbero subito una riduzione dell'orario di lavoro da tre ore e mezza a due ore giornaliere. Grazie Renzi, anche da parte loro.
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