Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Giugno 2014

Turista

Post n°314 pubblicato il 22 Giugno 2014 da lab79
 

Mi concedo delle pause, a volte. Periodi più o meno lunghi in cui mi assento e mi esento dal pensare, ragionare, scrivere, sognare. Lavorare. 

Quello che seguirà, è un periodo di quelli. Da domani sarò qualche chilometro più in là, dove l'alba è leggermente diversa, i miei doveri saranno altri, i miei piaceri gli stessi, ma più lenti, e senza scadenze.

Per un paio di settimane sarò altrove. Se tutto andrà bene, tornerò cambiato. Reso diverso dalle strade percorse, dalle fatiche accumulate e poi smaltite, dalle sbornie che avrò preso, e dai sogni che avrò sognato, accaldato in un letto che non sarà il mio.

Per un paio di settimane, a meno di eccezioni, non sarò qui.

Spero di rivedervi ancora, perché non sai mai se una volta partito ritroverai la strada di casa. E spero tornerete ancora, perché nonostante non vi conosca, ai vostri avatar forse mi sono affezionato.

Quando tornerò, non sarò più io.

Sarò io, ma un pochino migliore. 

A presto.

The tourist - Radiohead (Ok computer, 1997)

 

 
 
 

Non ci lasceremo mai

Post n°313 pubblicato il 21 Giugno 2014 da lab79
 

- ...dunque non riesci a fare un salto...

- No, mi dispiace.

- Vabbeh, non importa. Non è che possiamo cambiare il meteo. Ci vedremo più tardi, quando torno a casa...

- Ti aspetterò con un caffé già pronto e fumante!

- Grazie! Ma mi sarebbe servito proprio ora...

- Mi dispiace.

- Anche a me. A più tardi.

E invece più tardi non sarà più la stessa cosa. Il mondo avrà fatto un quarto di giro su se stesso, tu sarai più stanca ed io mi prenderò cura di tutto il resto, almeno finché non ti sarai riposata un po'. Ma sarà troppo tardi lo stesso. Forse per oggi quel che avrò fatto sembrerà abbastanza. Forse domani ancora, forse no. Ma presto o tardi quel che è stato non sarà più, sarà un'altra cosa e chissà se sarà qualcosa che vorremo entrambi. Forse saremo felici, in un modo o nell'altro. Chissà se io in un modo, e tu in un altro. 

Non saranno i passaggi epocali delle nostre vite, a separarci.

Saranno forse solo le piccole cose, ad allontanarci.

Il tuo lato del letto un po' più lontano dal mio, i miei libri che si accumulano non letti sul mio comodino, e di cui a te non importa. Tu che avrai già fatto colazione quando io torno dal lavoro, alla fine delle mie notti, perché si è fatto tardi. Io che mi faccio fermare dalla pioggia, perchè tu hai la macchina ed io con la vespa non me la sento di guidare per le strade sdrucciolevoli, per venire a prendere un caffé insieme a te. 

Saranno i piatti diversi serviti a cena, perché a te non va di mangiare quello che abbiamo avanzato a pranzo, e a me va bene qualunque cosa. Saranno le nostre conversazioni interrotte, perché il bambino piange e chissà che ha combinato questa volta. Sarà quella volta in cui verserò il vino soltanto nel mio bicchiere. Sarà quando ti addormenterai stanca la sera presto, ed io non ti passerò a salutare: dormivi già, e non ti volevo disturbare.

Sarà quando avremo dimenticato di passeggiare tenendoci per mano.

Sarà quando non ci faremo più sorprese per il nostro compleanno.

E forse per allora saperci lontani farà meno male di quanto faccia ora. E sapremo augurarci ogni bene, senza che quel bene includa noi. 

E piano piano le ante dell'armadio si svuoteranno, come d'autunno le foglie anche le nostre foto si staccheranno dal muro, i nostri gioielli che sembravano preziosi finiranno avvolti in un fazzoletto, nascosti in un cassetto.

E di tutti i giorni vissuti insieme, non resterà che un ricordo, ricordato con tenerezza.

 

 

 

 

Canzone dell'amore perduto - Fabrizio De André

 

 
 
 

Vespa

Post n°312 pubblicato il 16 Giugno 2014 da lab79
 
Tag: estate, ozio

Un pensiero leggero, di quelli che appena li pensi li soffi via. Pensierini stupidi, che si fanno forse solo d'estate, come se fosse colpa del sole, e non del fatto che in certi momenti, questi sono i pensieri più profondi che mi riescono.

E' che per un momento mi è sembrato di capire come si sentono le ragazze, quando i caldi pomeriggi di giugno si sentono adocchiare da tutti i lati, per il solo fatto di avere le gambe nude che spuntano dalla minigonna. Non dico le belle donne, che si sa, noi uomini guardiamo con la malcelata malizia che ci è stata insegnata dai nostri padri. La stessa che dedichiamo alle Ferrari parcheggiate sul lungolago, alla Maserati che a malapena esce dal garage dell'hotel. Lo sguardo di chi vorrebbe, ma già sa che non potrà mai averla, quella Lamborghini rombante al semaforo.

Dico le ragazze, quelle adolescenti. Le ragazze belle per il solo fatto di essere ragazze, ancora incerte sui tacchi e sbarazzine nei loro vestiti leggeri, mentre camminano lungo i vicoli stretti della città. Le guardano i ragazzi senza riuscire a capire come afferrarle, inseguendole con finta indifferenza qualche passo più indietro. Le fissano i bambini, senza comprendere il motivo per cui delle bambine vadano in giro per il mondo fingendo d'essere donne. Le guardiamo noi, riconoscendo nelle loro movenze gli amori leggeri appena dimenticati, quelli che abbiamo avuto e che abbiamo sostituito con altri più solidi e certi, ora che siamo adulti. Le guardano gli uomini di mezz'età, con pensieri che intuisco e che ancora non condivido, troppo poca la vita che ho perso per strada per pensare di rimediare ai miei rimpianti con un capriccio ingiusto. Le fissano i vecchi, forse con qualcosa più dell'indignata acredine per i giovani d'oggi, e le loro abitudini.

Ma tutti a fissarle con un sorriso indulgente, dopotutto, e in bocca le parole: "E' proprio carina", a giustificare il loro sguardo. E loro a passaggio a farsi guardare, consapevoli eppure innocenti, perché di cosa pensa il mondo dei loro centimentri di pelle nuda, a loro non importa.

E pensare che ero semplicemente a passeggio sulla mia Vespa.

 

 

 
 
 

Innocenza

Post n°311 pubblicato il 14 Giugno 2014 da lab79
 
Tag: musica

Che ce ne facciamo dell'innocenza? Orpello con cui decorare il mondo cinico che abbiamo costruito, e in cui amiamo vivere, che ce ne facciamo di lei? La sfoggiamo come fenomeno da baraccone, "Guarda! Guarda quanto è bella! La vuoi? Quanto mi offri per averla?" , oppure deridiamo chi ne è infetto, colpevole di ingenuità.  Sorridiamo condiscendenti alla sua esibizione, non importa quanto sincera, non importa quanto unica. Convinti di saperla lunga, di aver vissuto il mondo abbastanza per sapere che non durerà.

Non ce ne facciamo niente dell'innocenza.

Non serve a svelare gli enigmi del mondo, non serve a spiegarli, non serve a venderli né a comprarli a prezzo migliore. 

Ed è troppo delicata, un lenzuolo bianco che presto verrà sporcato, e anche se lavato e asciugato al vento dell'estate non sarà mai più lo stesso. 

L'innocenza non durerà.

Ma all'innocenza non importa.

Se ne sta lì a cantare con voce di bambina della bellezza della tristezza del mondo, con la leggerezza di chi sa ogni cosa. Incapace di concepire le nostre esistenze mutilate, e immune alla necessità di spiegarsi il nostro cinismo.

 

 

 

 
 
 

Semplicemente (4)-fine-

Post n°310 pubblicato il 13 Giugno 2014 da lab79
 

Prima dell’alba si avviava verso casa, guidando con cautela per le strade luminose e vuote, in silenzio. Appena arrivata a casa, si svestiva nell’ingresso e completamente nuda entrava in bagno. Gettati i vestiti nella lavatrice, entrava nella doccia calda e con la fronte appoggiata al muro si masturbava, senza fretta e senza pensieri, finché il vapore non si condensava sulla superficie dello specchio. Usciva dalla doccia scalza, facendo attenzione a non scivolare, e si assopiva sul letto, avvolta nell’accappatoio. Un paio d’ore dopo faceva colazione nella piccola cucina, vestita di abiti semplici, prima di raggiungere l’ospedale in cui giaceva suo padre.

Non gli restavano che pochi giorni di vita, forse persino ore, ed era così ormai da anni. Consumava piano la carne che ancora rimaneva attaccata alle ossa, ostinatamente, e non finiva mai di respirare. Ad ogni respiro esalava un disgustoso miscuglio di odori, come di medicine, feci, e odio per il mondo che non lo aveva mai capito. Restava muto alle domande dei dottori, alle cure delle infermiere, agli strumenti che lo tenevano attaccato alla vita. Restava muto davanti a sua figlia, che non aveva mai voluto e che riconosceva come l’origine dei suoi rimpianti. Ma a lei non importava. Ogni domenica mattina comprava i giornali e seduta sulla sedia in fondo al letto, li leggeva a voce alta. Una voce morbida e decisa, che era un piacere ascoltarla. Lui la odiava. Da quando nascendo si era portata via l’unica persona in grado di capirlo, e di amarlo, lui la odiava. La odiava ogni mattina in cui si svegliava, e la sua voce di bambina lo tormentava di domande a cui non sapeva rispondere. La odiava ogni sera, quando rientrando dalla sua vita vera la ritrovava cresciuta e sempre più simile a sua madre. La odiava e non riusciva a farne a meno, perché cresceva felice nonostante il suo odio, al riparo dai suoi sentimenti di padre e di uomo. La odiava ora, che nell’ammirazione di chi passava per il corridoio leggeva ad alta voce con l’innocenza che da sempre l’aveva contraddistinta, e che da sempre le aveva detestato.

Ma quella mattina sarebbe stata diversa.

Quella mattina lei avrebbe chiuso il giornale senza preavviso, e lo avrebbe fissato negli occhi. Si sarebbe alzata dalla sedia e con la mano soffice avrebbe accarezzato la mano di suo padre. Con un movimento impercettibile della testa avrebbe fatto oscillare i morbidi capelli neri, con noncuranza ma senza fretta, e gli avrebbe sorriso. Si sarebbe piegata verso di lui, come per darli un bacio, e con un soffio di voce gli avrebbe sussurrato all’orecchio:

-  Io ti ho sempre voluto bene.

E come un alito di vento, avrebbe spento l’amara candela della vita di un uomo che aveva sempre e soltanto voluto sentirsi amato, senza dare niente in cambio.

Lei sarebbe uscita dalla stanza senza più voltarsi indietro. Un passo dopo l’altro, semplicemente.

 

-fine-

 
 
 

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