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a place called home

 

Messaggi di Novembre 2014

Cose da ricordare

Post n°341 pubblicato il 27 Novembre 2014 da lab79
 

Una digressione.

E' da un po' che non lo faccio, e credo sia un buon momento. Per cambiare registro, intendo. Perché io, sapete, non sono mica soltanto quello che leggete in questo blog. E mi piace, a volte, usare un registro un po' diverso quando scrivo, qualcosa che somigli di più al me di tutti i giorni. Quando sono sveglio, si intende. 

E avevo anche un sacco di idee su cosa scrivere, sapete. Proprio oggi che volevo parlare d'altro, con la voce e le parole di quell'altro, che poi sono sempre io, ma che vive dall'altra parte del giorno: quella con il sole. Sempre se non piove. Infatti oggi, che imprevisto, piove. Infatti oggi, che imprevisto, mi sono dimenticato di ogni singola idea che avevo messo da parte. Che vi devo dire: la mia memoria ha le tasche bucate.

Ecco perché questo post si chiama: "Cose da ricordare". 

Perché ci sono state un sacco di cose da ricordare, nella mia vita. Ma come molti di voi, tendo a dimenticarmene, e a fissare soltanto il sacco vuoto in cui le avevo riposte, e che anche questa volta mi ha tradito. Ohibò, ironia della sorte, mi torna in mente soltanto il ricordo di un sabato sera che non ricordo, di tanti anni fa. E no, non è un gioco di parole. Ecco i fatti.

Avrò avuto ventuno, ventidue anni. Avevo già un lavoro, per fortuna, e una macchina di seconda mano con cui macinavo qualche centinaio di chilometri ogni sabato sera, raccattando qualche amica per fare aperitivo, qualcun'altra per mangiare fuori, gli amici di sempre per arrivare in fondo alla notte, e le amiche di prima per ritornare a casa, quando era mattina. Una bella Lancia Y, blu scuro, cui ho voluto molto bene. Comoda da guidare, facile da parcheggiare, confortevole per dormire e...beh, insomma. Non vi sto a tediare con i particolari. Ero fidanzato? Non so, non ricordo. Oppure non mi era chiaro, succedeva spesso, allora, di non capirci molto. Perché eravamo fuggitivi, o perché le ragazze erano fugaci, e a volte facevamo appena a tempo a dar loro dei soprannomi, giusto per distinguerle l'una dall'altra. Le rubriche dei nostri cellulari pullulavano di nomi assurdi, che a un certo punto perdevano i connotati, costringendoci a riaggiornare la nostra memoria confrontando le tracce di ricordi che riuscivamo a mettere insieme fra tutti: Natica di Ferro, L'Amico Bauli, Emana Patate, Satana, I Cani Stracci, erano solo alcuni di quelli che regolarmente, andavano ri-identificati.

A volte passavano così, le serate. I bicchieri vuoti si impilavano da una parte, i pacchetti di sigarette che scivolano da un lato all'altro del tavolo, senza più un padrone. In mezzo, le nostre risate ubriache si perdevano nel fragore dei locali, mentre un gruppo più improbabile dell'altro si alternavano sul palco improvvisato in mezzo ai tavoli. E poi i chilometri percorsi di notte, con chissà quanto alcol in corpo. Se non ci siamo mai fatti seriamente del male, è perché i nostri mezzi non ci permettevano di andare abbastanza veloci da schiantarci decentemente, suppongo. Qualche scivolata nel fango, qualche cunetta a bordo strada, qualche paraurti sbucciato cercando di uscire da un parcheggio.

Di quella sera di cui vi parlo, ricordo alcune cose. Era estate, una bella serata limpida d'estate. Il cielo che imbruniva, io che guidavo dopo aver cenato a casa, lo stereo che pulsava "Dookie" dei Green Day, probabilmente. Ero allegro, leggero, ma sobrio. Dove andavo? Non lo so, non ricordo. Suppongo di aver avuto appuntamento con gli amici, di aver scelto con quale delle nostre macchine muoverci, di essere partiti, arrivati, divertiti, ubriacati, e poi tornati. Suppongo. Perché il ricordo successivo è quello di me stesso che guido sulla stessa strada ma in direzione contraria, il sole della domenica mattina che mi scalda la nuca, la stessa allegria, la stessa leggerezza. Ma sobrio. Un sacchetto di carta con delle brioche calde, seduto sul sedile del passeggero, forse persino la stessa musica nello stereo. E un ampio, limpido e inesplicabile vuoto nel cervello, al posto dei ricordi della sera appena trascorsa.

Sono passati una quindicina di anni, da allora. 

E nessuno mi ha mai saputo raccontare cosa abbiamo combinato quella sera.

Se c'è una cosa, della mia post-adolescenza, che mi piace ricordare, beh: E' proprio questa.

Longview - Green Day (Dookie, 1994)

 
 
 

Lamento

Post n°340 pubblicato il 21 Novembre 2014 da lab79
 

Il clangore dei miei pensieri ti tiene sveglia, e dall'altra parte dell'ampio deserto che è diventato il nostro letto, mi chiedi: "Cosa c'è?" Io non trovo parole con cui rispondere, sotto la luce rossa che si scorge dietro la testata del letto, come un tramonto nascosto dietro l'orizzonte lontano, che non finisce mai. Piego la testa di lato e accarezzo con lo sguardo la superficie liscia del volto di nostro figlio, che dorme. Un respiro e poi un'altro, e tra uno e l'altro mi allungo di un palmo, abbastanza per avvicinarmi a lui, e fargli una carezza. Ma non lo faccio. Nel suo mondo le notti sono oceani mansueti da attraversare, tanto che ogni tanto sorride, senza aprire gli occhi, ed io in quel mondo non ho il diritto di entrare. Come un cane mi accuccio sulla soglia, incapace di mendicare un lembo di coperta per tenere al caldo le mie pulci, e resto a guardia delle cose.

Fa tanto freddo.

Poi il sonno come una coperta ci avvolge tutti, e a modo suo ci tiene al caldo dall'inverno che inizia proprio ora, dopo tutta questa pioggia. Il lago si è ritirato dalle strade, laggiù in città, e ora dorme tranquillo ed innocente, mentre i prati quassù ghiacciano lentamente. Tu dormi, e anche lui, e per me è ora di sollevare le mie ossa in silenzio, e portarle fino a qui. Con le mani incerte riporto mio figlio nel suo letto, e lui a malapena si accomoda tra le mie braccia, intanto che cammino scalzo in direzione della sua cameretta.  Respira, respira e sogna, ti prego. Che io fra poco non sarò più qui, che devo vegliare sui sogni di altre persone, mentre i miei riposano nel cassetto, e quasi non fanno più rumore, da molto tempo.

Lament - Chet Baker

 
 
 

Destino

Post n°339 pubblicato il 17 Novembre 2014 da lab79

(Ho solo voglia di sognare un sogno in cui il tempo sia stato lasciato indietro, dove non possa più fare del male.)

 

Walt Disney's & Salvador Dali - Destino 2003

 
 
 

Errori

Post n°338 pubblicato il 10 Novembre 2014 da lab79
 

Chi dice di non avere rimpianti, è solo un bugiardo. E chi, scandagliato il fondo del proprio cuore, trova di non averne davvero alcuno, può dire sinceramente di non aver mai vissuto. Perché la vita è un susseguirsi di errori: le nostre pagine sono piene di strafalcioni, di cancellature frettolose e correzioni peggiori dell'errore cui cercano di porre rimedio. 

La vita è una bozza.

Una bozza che non si fa mai in tempo a correggere, ché la sindrome del bianconiglio ci rende le gambe corte e le ore brevi, e non c'è mai il tempo di tornare indietro. E se mai riusciremo a tornare indietro, sarà comunque già troppo tardi.

Così è la nostra vita, e così altrettanto quella degli altri.

Per questo è tanto difficile leggerli, per quanto vicini possiamo sentirli, per quante pagine del loro viaggio possiamo sbirciare. Per questo agli altri dobbiamo un po' di indulgenza, di empatia, se vogliamo. Anche se ben sappiamo che l'empatia si addice ai coglioni. Anche se ben sappiamo che non avremo niente in cambio.

Forse soltanto uno sguardo di comprensione (e quell'istante, se saremo fortunati, lo chiameremo amore), un momento solo in una vita e per quanto breve, quell'istante ci sarà caro per il resto della vita che ci resta. Sarà un'illusione, una di quelle che fanno male perché lo sappiamo che non è vera, che non lo è mai stata: ma è stata bella. E potrebbe anche bastare.

E allora potremo dire non solo di avere vissuto. Ma anche di non avere vissuto del tutto invano. 

Sayuri's Melody - Tenmon ("Oltre le nuvole, il luogo promesso" OST, 2004)

 
 
 

Esaurirsi

Post n°337 pubblicato il 09 Novembre 2014 da lab79

Forse non scrivo più perché anche questo rivolo di parole si esaurisce. Forse non parlo più perché anche questo filo di voce svanisce. Forse non guardo più tanto lontano, perché la vista si annebbia, e i confini dell'orizzonte si fanno meno netti.

Forse non penso più, perché non c'è più niente a cui pensare. Forse ho smesso di ricordare perché mi rende patetico, e ho smesso di sperare perché mi fa sentire stupido.

E allora che scivolino via le ore sotto questo cielo slavato dalla pioggia fredda, e che non portino sogni. 

Introduce - Tenmon (Voices of a distant star OST)

 
 
 

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