Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi di Maggio 2015

IL CARDELLINO - 5

Post n°1912 pubblicato il 29 Maggio 2015 da anonimo.sabino
 

    Come nella vita s’incontrano facce da dimenticare, così esistono immagini che ti rimangono amiche. Tale quella del frascatano Padre Busco. Prete mite, magro e tutt’altro che forzuto, anche a causa della sua ulcera, era il maestro della schola cantorum, suonava le varie tastiere e aveva una discreta voce da basso; ma tra le voci bianche cantava di testa, per sostenere il coro.

     Il mio arrivo gli parve un dono del cielo. Gli tenevo con sicurezza la prima voce nei pezzi più impegnativi e aveva trovato l’assolo che cercava. Anch’io rispondevo entusiasta alla sua chiamata: il cantare diventò anche nella vita religiosa l’attività più piacevole, oltre che gratificante, per me. Messe di vari autori, oltre a quelle gregoriane, e mottetti polifonici ci rendevano richiestissimi da tutte le parrocchie della diocesi.       

     Mi sentivo rinascere quando uscivo col gruppo ristretto dei cantori, diretto più spesso alle vicine chiese di Santo Stefano o di San Francesco o alle pievi di Collecchio o del Monte; ma anche più lontano: a Uzzano, a Borgo a Buggiano, a Marlia, a Montecarlo, ad Altopascio. Spesso ci scappava la merendina col goccetto di vin santo o di sidro. E a volte ci portavano a pranzo, uno o due per famiglia. Ricordo quella di Montecarlo. Dappertutto contadini che parlavano come persone istruite; e da tutti le stesse parole:

    “O bimbo, mangia, suvvia… Ti fan mangiare i preti? Ve lo dan, da mangiare, ve lo danno o miha?” Era bellissimo, sentirsi per un’ora o due tra persone normali, senza una vocazione e senza l’obbligo di essere perfetti; e per di più nella terra disincantata del Giusti.

     Per la gente, per tutti, eravamo orfani. E qualcuno ci metteva in guardia da eventuali tentativi dei frati di “farci preti”.

     Erano i nostri religiosi a fregiare il probandato del generico titolo di Istituto Emiliani e a far credere che fosse un orfanotrofio. Intuibile il perché, in quello che più tardi avrei conosciuto come lo Stato assistenziale, occupato da un partito confessionale.

     “Naturalmente speriamo che in taluno di loro sopraggiunga la vocazione religiosa”, dicevano. Mentre ben altro tono tenevano con noi: lasciare era tradire; e tradire la vocazione significava la dannazione sicura. 

 
 
 

IL CARDELLINO - 4

Post n°1911 pubblicato il 28 Maggio 2015 da anonimo.sabino
 

     Nell’avventura americana perseverava Gino, senza rimpiangere l’acquisita posizione di direttore della Pasticceria Bernasconi, per acquistare l’istruzione che gli era stata negata in Italia.

     Era il cugino più anziano della tribù e sempre il primo ad attaccare discorso con chiunque. E fu il primo a ricercare il contatto epistolare con i cugini dispersi, inviandoci un dollaro, per consentirci di rispondere; né dissimulava nei miei confronti, lui che era stato l’ultimo a salutare mio padre, un tono più paterno che da cu-Gino, come lo interpellavo a mia volta.

     New Haven march 17 –1951. Carissimo Fabio… scrissi tempo fa una lettera anche a Guido e Romano nel Collegio dei Padri Teatini di Morlupo e in occasione della S. Pasqua voglio ricordarmi di te. Voglio innanzitutto augurarmi che tu stia bene, che ti piaccia il posto dove ti hanno trasferito, desiderando che mi spiegassi a tempo debito un po’ dettagliatamente la tua vita di collegio, i tuoi studi, le tue aspirazioni e il profitto che fino ad oggi hai tratto dalla scuola. Io ti dirò intanto che la base di ogni aspirazione consiste nell’essere tenaci, costanti e animati di buona volontà per la meta che si vuol raggiungere. Tu sei forse ancora troppo giovane per decidere del tuo futuro,comunque ti raccomando di essere sempre e ovunque subordinato verso i tuoi superiori, ascoltando e osservando scrupolosamente ogni loro consiglio e facendone nel contempo tesoro ed esperienza…

     Anche Guido e Romano, due dei nove di zio Angelo, non avrebbero resistito più di qualche anno al regime similare dei Padri Teatini. Così il cugino maggiore, che era stato per un paio d’anni in probandato dai Frères e sapeva che la sua lettera sarebbe stata letta dai censori, ci premuniva, con delicatezza e diplomazia, dal prendere decisioni affrettate. E oltre al deferente saluto ai superiori e al dollaretto che prelevava per noi dal peculio settimanale dato a lui studente adulto da suo zio, aggiungeva il suggerimento di guardare, dal caos politico italiano di quegli anni, all’esperienza della democrazia americana… dove ricchi e poveri posseggono tutti e indistintamente grandi comodità che vanno dall’automobile al telefono, dal riscaldamento interno di ogni casa con acqua corrente calda e fredda alle modernissime stufe a gas o elettriche, dal frigidaire alla televisione… dove (vuoi vedere?) si poteva provare a recuperare un’istruzione senza essere costretti a farsi frati.

 
 
 

IL CARDELLINO - 3

Post n°1910 pubblicato il 27 Maggio 2015 da anonimo.sabino
 

     Nel rileggere adesso le mie lettere, conservate tutte gelosamente dalla mamma, le sento come dettate dai superiori, dei quali a volte passavo anche  raccomandazioni e richieste dandole per mie.

     14 Gennaio 1951. Dio sia benedetto. Cara mamma, ti scrivo queste poche righe per rassicurarti che il pacco l’ho ricevuto tutto bene. Le ciambellette erano meno spezzate dell’anno scorso. Ti ringrazio di avermelo fatto. Però un altro anno e a Pasqua, quando lo spedisci, da una parte mettici quanti chili pesa e lo scritto: “Frutta secca”…

    Ad majorem Dei gloriam, si sa.

    … Sappi che io sto bene e peso 43 Kg…

     43 chili a 13 anni… Ero fiero della mia robustezza. A Tata Giovanni avevo imparato che lo Spirito Santo nun abbotta; non capivo il senso riferito a Maria Vergine e non sapevo che semolino e castagnaccio non sono il cibo dei giganti: la mia crescita si stava arrestando; e dal gigante che fino all’adolescenza promettevo di diventare, mi sarei ritrovato, alla visita di leva, con un’altezza perfino inferiore alla media maschile della mia generazione.

     Ma nelle lettere ripetevo (troppo, perché fosse vero) “io sto bene”.

     Mi sentivo meglio ad ogni contatto con la vita dalla quale l’amore di Dio mi aveva divelto; sia che fossimo noi ad uscire dal sepolcro, sia che i soliti affezionati e benefattori salissero alle nostre messe o alle nostre recite; perfino nel vedere Italo, il falegname che ci regalava la segatura, aggirarsi tra la chiesa e il cortile col naso in aria, toccandolo continuamente come a sincerarsi che non volasse via; o l’abituale mendicante che ci ringraziava della minestra ricevuta concedendoci il suo comizio demenziale, sempre uguale, contro “i communista e la bomba tomica”. Allo stesso modo il vecchio Castello, che sovrastava come un naufrago il mare di nebbia ai suoi piedi, aspettava solitario che essa si levasse a coprirlo per qualche minuto e poi svanisse verso il cielo, restituendogli la vista amena e amica della Valdinievole.

    …Ho ricevuto le 150 lire per scrivere in America…

     In America era migrato, assai prima di Gino, il fratello di nonna Annarella, Giuseppe Savini, che vi aveva sposato una siciliana, zia Santa; e con la sua Santuzza aveva aperto a Boston una locanda. Lui era morto; e alle lettere rispondeva la minore dei quattro figli, che era rimasta nubile e aveva studiato. Con “la Maria americana”, oltre che con Gino, presi a intrattenere una regolare corrispondenza, per tenere aperta così un’altra piccola finestra sul mondo che andavo perdendo.

 
 
 

IL CARDELLINO - 2

Post n°1909 pubblicato il 26 Maggio 2015 da anonimo.sabino
 

     Iniziò il secondo anno di probandato. E poi il terzo. Tutti uguali. Isolato dal resto del mondo per anni. Senza leggere un giornale, benché arrivassero regolarmente ai Padri l’Osservatore Romano e La voce della Valdinievole. Mio sogno proibito una radio galena a cuffie che prima di addormentarmi mi ricollegasse per qualche minuto con gli altri esseri viventi.

     Pescia 1-10-1950. Cara mamma… non avendo nulla da fare, leggo qualche libro. L’altro ieri abbiamo vendemmiato e ci è mancato poco, perché facessi una indigestione di uva. Il 27 si è festeggiata la Madonna degli Orfani ed io ho pregato per te. Domani è la festa degli Angeli Custodi ed io raddoppierò le mie preghiere. L’altro ieri sera, mentre giocavamo, ci è piovuta addosso, dalla finestra, una pioggia di caramelle; forse a te non importa niente, ma a me, che ne ho raccolte 17, importa molto. Io sto benissimo e così pure spero di voi. Non ho altro da dirti, perché ormai ho chiacchierato troppo. Tanti saluti a Franco e ai nonni, ai parenti e al vicinato. Ossequi al parroco e saluti alle suore. Un caro abbraccio a te. Tuo Fabio. P.S. Cara Vanda, siccome non ti ho nominato nella lettera, tu crederai che io ti abbia dimenticata. Ma non è così. Ricordo benissimo i pugni che ti davo e i graffi che ricevevo. Un bacio. Fabio.

     Spiritosaggine claustrale, mendace. L’uva potevamo solo pizzicarla di nascosto e quella “pioggia di caramelle” (generalmente erano una decina in tutto) era una sadica usanza dei nostri superiori, che ci umiliava annientando il nostro orgoglio. Ai cani, al paese, si gettavano i tozzi di pane così, per vederli azzuffarsi.

     E si fece chiamare Anno Santo… All’inizio dell’autunno, prima di andarsene, quell’anno maledetto si portò via nonno Angelo. Non vedendolo tornare, la sera, andarono tutti a cercarlo per il colle di Respalupo, dove il gregge stava in quei giorni all’addiaccio. Fu Vanda a trovarlo nel Piano di Petricca, addormentato tra le sue pecore.

     Per non turbarmi nell’impegno di studio,la mamma mi tacque la notizia fino all’estate successiva, quando, tornando in visita, non l’avrei ritrovato.

     Ignaro di quel lutto, io avevo doverosamente segnalato ai familiari, alla fine dello stesso ottobre, che il giorno di Tutti i Santi il papa avrebbe proclamato il dogma della Madonna Assunta; e per Natale scrivevo una piccola predica, che dovette piacere molto al censore. 

 
 
 

IL CARDELLINO- 1

Post n°1908 pubblicato il 25 Maggio 2015 da anonimo.sabino
 

5. IL CARDELLINO DEL CASTELLO DI PESCIA

      Dopo la mia partenza per il probandato anche Vanda era stata presa in collegio a Roma, mentre Franco occupava il mio posto a Tata Giovanni. Per questo, forse, la mamma , rimasta quell’anno da sola, oltre al pacco di viveri che mi ero portato appresso insieme con la valigia da Monteflavio, me ne aveva potuto spedire uno a Natale e un terzo a Pasqua, intuendone il mio bisogno. I superiori, a Pescia, me lo lasciavano per intero.Trattandosi di dolci asciutti, che si mantenevano a lungo, me li razionavo per settimane, come  preziosa risorsa, tenendoli sotto il letto (“…Non ci stanno l’ova sode”, scriveva lei, “perché le galline non fetano”).

     Ma dopo il primo anno Vanda aveva già concluso la sua esperienza convittuale. Le era toccato il Convitto Rinascita, tra i comunisti; per un solo anno, prima che il convitto fosse trasferito al Nord. Lei me li descrisse come i combattenti che avevano liberato l’Italia dal fascismo; e m’insegnò i canti partigiani. Ma nell’ambiente religioso, nei collegi e fuori, i comunisti erano i nemici di Dio: l’aveva stabilito il papa, d’accordo con l’America.

     Non per questo Vanda aveva rinunciato all’internamento, ma per paura della lontananza eccessiva da casa.

     “Tanto”, diceva, “io sono una donna”.

     “Ma che significa?”

     “Che troverò una sistemazione, come tutte le donne”.

     Franco, da parte sua, frignava che non voleva tornarci, in collegio, ora che non c’era più Vanda a Roma, che l’andasse ancora a prelevare e farlo uscire tutte le domeniche; e mi accusava, non a torto , di non avere denunciato le condizioni di vita del nostro piccolo lager.

     “Almeno non devi fare come me le visite facoltative in chiesa per non insospettire i superiori”, mi sfogai. “Io sto peggio di te, senza ritorni a casa, senza visitatori e sempre spiato. A che servono i lamenti?”

     Avevo incontrato anche Elena, che stava a Monteflavio in villeggiatura con i suoi. Non sembrava più una bambina.

     “Allora ti fai prete?” Che cosa rispondere?

     “Sì… Può darsi…” Lei aveva abbassato la testa ed era scappata via.

 
 
 


 

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