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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 27/10/2015

IL VENTO DEGLI ANNI SESSANTA -2

Post n°2014 pubblicato il 27 Ottobre 2015 da anonimo.sabino
 

 

Partecipai al veglione di quel carnevale del ’66, più che altro perché invitato a dare una mano al chitarrista del complesso di ruspanti che lo organizzava. La trovai lì a ballare (non che fosse una libellula) e la seguii a lungo con lo sguardo come un sogno mattutino.

 

Mi guardava anche lei. Sapevo che avrei fatto scandalo e che avrei inferto a mia madre un colpo mortale; temetti ancora che infrangendo la convenzione che mi voleva con una mia “pari” avrei potuto commettere un errore nocivo anche a lei… No. Meglio sbagliare di testa mia, che per ossequio alle convenzioni.

 

Notai che le ronzava attorno Marsilio, sensale del paese e paraninfo: era ovvio che Antonietta interessasse a più di uno. Decisi su due piedi: non avrei consentito a nessuno di portarmela via. Smisi di suonare e la presi a ballare. E continuai a ballare con lei:

 

“Non mi vuoi proprio dire chi è lo spasimante che ha messo in movimento Marsilio?”

 

“Nessuno, che io sappia. Parola!”

 

“E nessuno ti sta facendo la corte?”

 

“Oh, questo sì”, rispose ridendo: “Tutti i ragazzi della sala mi stanno facendo la corte”.

 

“Anch’io. Te ne sei accorta?” Diventò molto seria:

 

“Stai ballando sempre con me! Eppure non sono una grande ballerina. Fai male a prenderti gioco di una compagna: so bene che non sono per te. Lascia perdere gli scherzi e restiamo amici e compagni”.

 

Le dissi che non scherzavo, che mi piaceva moltissimo e che la ritenevo la ragazza capace di farmi felice… Sapevo che lei non si sarebbe mai dichiarata esplicitamente.

 

“Se io non ti piaccio è un altro paio di maniche”, insinuai. “Ma perché dici che non sei per me?”

 

“Primo perché non ho la tua istruzione, secondo perché non posso offrirti in cambio una rendita, terzo perché non ti credo”.

 

Tra un ballo e l’altro di quell’indimenticabile carnevale il dialogo con Antonietta diventò una precisa dichiarazione.

 

“Pensi che non avendo un’istruzione o una rendita non saresti capace di amare uno come me?”

 

“Io sì, ma non credo che tu possa innamorarti di me”. Mi bastò quel timido sì, accompagnato dal cedimento (e poteva reggere ancora un poco!) ai miei tentatividi stringerla a me, per avere la conferma che c’ero entrato, nei suoi sogni.

 

“Cosa debbo fare perché tu ci creda?”

 

“Vieni a dirmelo a casa mia”.

 

 
 
 


 

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