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Non solo Mafia!!!

Post n°191 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da il.corsaro.nero
 


Quando parliamo della Sicilia immediatamente accomuniamo l’idea della Mafia a quella splendida regione italiana. Sta di fatto che il primo errore che facciamo è proprio chiamarla Mafia, termine letterario che non definisce quell’organizzazione denominata Cosa Nostra.

Essa, caratterizzata da una precisa filosofia di vita, singolare modo di vivere e di comportarsi e da peculiare aggregazione sociale, è strutturata come una piramide al cui vertice vi è la Cupola. Questa è presieduta da un capo mandamento (il capo dei capi)) che è primus inter pares tra tutti i capi mandamento, i quali sono i rappresentanti di due o tre famiglie contigue aventi le funzioni di seguire le famiglie - che al loro interno hanno il capo decina aiutato in genere, da un consigliere – e di supervisionare, per ultimi, i soldati ovvero gli uomini d’onore.

Tuttavia cosa Nostra ha anche un'altra faccia… quella pulita, essa è costituita, secondo un'efficace espressione di Salvatore Contorno, la "faccia pulita" della mafia cioè professionisti, pubblici amministratori, imprenditori che non vengono impiegati generalmente in azioni criminali ma prestano utilissima opera di fiancheggiamento e di copertura in attività apparentemente lecite.

Ci è dato di sapere, tramite il teorema Buscetta, che la cupola ha un raggio d’azione a livello provinciale e riunisce più famiglie della stessa zona, anche se, con l’arrivo dei Corleonesi è nata una struttura segretissima e molto importante, un organo superiore alla Cupola denominato Interprovinciale, che si prefiggeva il controllo su tutte le famiglie della regione sicula.

Requisiti fondamentali nell’arruolamento dei Soldati sono: coraggio e spietatezza, una situazione familiare trasparente e, soprattutto, assoluta mancanza di vincoli di parentela con "sbirri". Non è un caso, infatti, che proprio questo “sentimento” di eccessiva fiducia nelle personali capacità tipico di chi crede di poter agire indipendentemente dalla azione della legge e delle autorità si codifica in un codice di comportamento non scritto la cui adozione permette ad una organizzazione criminale, originatasi in tempi ormai lontani, di sopravvivere tutt’oggi nel costume di parte della popolazione meridionale (Mantovani, 1982).

Del resto, poi, questo tipo d’organizzazione nasce proprio con lo scopo primario di difendere i deboli contro le oppressioni dei forti ovvero le “soverchierie”, sta di fatto che per decenni l’uomo comune si è trovato tra uno Stato con una burocrazia e comunque un modus facendi lento e spesso inefficace mentre dall’altro lato la mamma che si rivolgeva al famoso Padrino per chiedere giustizia per la figlia sedotta e abbandonata, in pochissimo tempo ( spesso poche ore) si ritrovava la figlia sposata o il cadavere del reo nella pubblica piazza.

Un senso di sfiducia e di “disagio” che da sempre accompagna ed etichetta le forze dell’ordine, viste come mezzo di coercizione e mai come un organismo che trova il suo più alto senso nel proteggere e prevenire il crimine a favore dei cittadini. Fatto questo, che, a sua volta, può essere ricondotto alla più generale questione dell’obbiedienza all’autorità. E’, infatti, noto che è il sistema di convinzioni dell’individuo, così come viene appreso attraverso la cultura, che determina a chi viene obbedito e di solito vi sono anche ragioni storiche per le quali una o più figure ottengono obbedienza in alcune culture ma non in altre (Moghaddam, 2002). Si capisce quindi che se viene tramandata un’idea delle forze dell’ordine come repressive e incapaci di proteggere o tutelare, certo questi, ufficilamente tutori della legge, non saranno presi come punto di riferimento quanto quel padrino o quell’uomo d’onore che, invece, è sempre stato, tradizionalmente designato quale autorevole e “capace”, il padrino!!

Per quanto concerne, invece, la struttura, Cosa Nostra è fondata sul principio dell’onore, le regole che la costituiscono hanno come principio fondamentale il dire sempre la verità tra uomini d’onore mentre parlano di affari comuni, regole non scritte ma tramandate oralmente da capo a capo da uomini d’onore a nuovi uomini d’onore.

In particolar modo Lo status di "uomo d'onore", una volta acquisito, cessa soltanto con la morte; il mafioso, quali che possano essere le vicende della sua vita, e dovunque risieda in Italia o all'estero, rimane sempre tale.

Ogni Uomo d’Onore, in merito al suo grado d’importanza, è messo a conoscenza dei segreti dell’organizzazione è tenuto a rispettare la "consegna del silenzio": non può svelare ad estranei la sua appartenenza alla mafia, né, tanto meno, i segreti di Cosa Nostra; è, forse, questa la regola più ferrea di Cosa Nostra, quella che ha permesso all'organizzazione di restare impermeabile alle indagini giudiziarie e la cui violazione è punita quasi sempre con la morte, infatti va considerato che il troppo “chiedere” induce l’interlocutore al sospetto e di conseguenza mette in una visione “particolare” il “curioso”, la loquacità non è mai gradita nell’ambito dell’organizzazione.

Chi non dice la verità viene chiamato "tragediaturi" e subisce severe sanzioni che vanno dalla espulsione (in tal caso si dice che “l'uomo d'onore è posato") alla morte.

La presentazione di un nuovo Uomo d’Onore ad un altro più anziano è preceduta dalla frase “Chistu è a stissa cosa”, ovvero “ questo è la stessa cosa” , tale prefisso indica all’anziano che il “nuovo” appartiene alla stessa organizzazione.

Il divieto al parlare, a tradire la moglie, sono accompagnati dall’obbligo ad esser molto religiosi, a dire sempre la verità quando si parla di cose di Cosa Nostra, al rispetto e al divieto assoluto di cambiare famiglia. Una famiglia sicuramente patriarcale ma i cui membri sono uniti non tanto da vincoli di parentela (come in ogni altro tipo di famiglia patriarcale o meno) quanto piuttosto dal rispetto delle gerarchie e di quel codice non scritto che trova nell’omertà, la segretezza, la vendetta e l’obbedienza le basi costituenti di un qualcosa che sembra pure più vincolante e aggregante della parentela stessa.

Una ulteriore regola fondamentale di Cosa Nostra è l'assoluto divieto per "l’uomo d'onore" di fare ricorso alla giustizia dello Stato. Unica eccezione, secondo il Buscetta, riguarda i furti di veicoli, che possono essere denunziati alla polizia giudiziaria per evitare che l'uomo d'onore, titolare del veicolo rubato, possa venire coinvolto in eventuali fatti illeciti commessi con l'uso dello stesso; naturalmente, può essere denunciato soltanto il fatto obiettivo del furto, ma non l'autore.

Esempi della ferocia di Cosa Nostra ultima generazione è Riina a cui vanno addebitate le stragi più feroci e ad alto livello, mentre di Provenzano si ricorderanno i famosi “ pizzini”, unico mezzo di comunicazione e il fatto che di lui si sia saputo, per 40 anni, solo che era nato e null’altro.

Altre organizzazioni similari ma di certo non superiori a Cosa Nostra in altre regioni sono: in Puglia la Sacra Corona Unita; in Campania la Camorra; in Calabria la Ndrangheta, mentre nel nord Italia stanno prendendo piede altri tipi di organizzazioni criminali di stampo mafioso di provenienza estera, vedi quella Albanese.

In definitiva quindi il perché un organizzazione simile abbia da tanto tempo radici  cosi capillari nel tessuto sociale della Sicilia non è imputabile solo alla violenza usata come mezzo di convincimento e coercizione, ma trova riscontro in una mentalità particolarmente attaccata a quel senso di protezione che vede Cosa Nostra quale unico scudo contro il latifondismo e lo stesso brigantaggio alla Giuliano, ha una struttura simile al pater familiae patriarcale unico capo della famiglia seguito dai figli maschi suoi vice e per ultime le figlie femmine, utili per matrimoni meglio considerati come nuove alleanze di sangue, e in ultimo dalle mogli.

Volendo essere ancora più precisi…… Tra i paesi di montagna, nella povertà più piena, tra mentalità chiuse e omertose, ove lo Stato era poco e male rappresentato, contro lo strapotere nobiliare e le “soverchierie” unico baluardo di una giustizia tra ignoranti e poveri era ed è ancora, in particolari parti della Sicilia, l’unico baluardo a difesa dei propri diritti che se pur messi sotto il giogo della Mafia ritrovano in essa un atto di rivendicazione.

Scritto da zizzola1 & il.corsaro.nero

 
 
 
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