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« Messaggio #169Lo "strumento amore" »

Mobbing: la guerra invisibile

Post n°170 pubblicato il 17 Agosto 2008 da frapeace
 

      Come si fa ad aggredirsi fra nemici in un contesto sociale in cui è proibito andare in giro con le armi? Leggi severe, controlli sempre più serrati, grazie alla nascita di tecnologie che lo permettono, rende la violenza fisica sempre meno “a portata di mano”. Tutti oggi dovremmo sentirci più tranquilli… ma purtroppo non è così. L’inventiva dell’uomo è in grado di sorprendere sempre, sia nel bene sia nel male
 Le scoperte della psicologia, la ricerca nel suo ambito d’interesse, non hanno solo avuto il merito di trovare rimedi atti a recuperare traumi e malattie ma anche quello di mettere a punto metodi per procurarne di terribili. Chi sa come curare malattie, sa anche come potrebbe causarne. Un metodo molto efficace per questo scopo è il mobbing.
 
Cito di seguito la definizione tratta da wikipedia di questa sofisticata quanto crudele forma di violenza:
      “Il mobbing è, nell'accezione più comune in Italia, un insieme di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, demansionamento, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, etc.) perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso; può essere tradotta con espressioni già citate come vessazioni o angherie, o persecuzione (sul posto di lavoro), o anche ostracizzazione. I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi) non raggiungono necessariamente la soglia del reato né debbono essere di per sé illegittimi, ma nell'insieme producono danneggiamenti plurioffensivi anche gravi con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute, la sua esistenza”.
     Questa definizione si riferisce agli ambienti di lavoro ma le statistiche ci rivelano che tali forme di violenza sono molto più diffuse negli ambienti familiari, anche se in questo caso non assumano la sistematicità che s’incontra negli ambienti di lavoro, dove questo tipo di mobbing è arricchito dell’aggettivo “strategico”.
Bisogna dire che tali atteggiamenti violenti non sono esclusiva di chi “ha il coltello dalla parte del manico”, con il termine “bossing” si intende infatti l’atteggiamento inverso, quello dei subalterni nei confronti dei superiori, possibilità che la statistica ci assicura essere più rara. La possibilità di fare mobbing equivale all’avere una pistola, chi la possiede ha la facoltà di decidere la distruzione dell’altrui vita.
Il mobbing è l’arma con cui oggi si combattono innumerevoli guerre invisibili, a tutti i livelli sociali e in tutti gli ambienti. Chi sta in alto contro chi sta in basso o viceversa, il marito contro la moglie o il contrario, il figli contro i genitori, ecc.
      Le vittime che sono state sottoposte a questo tipo di violenza per periodi superiori ai sei mesi riportano spesso danni terribili nel loro equilibrio emotivo e psicologico: insonnia, dermatite, gastrite, isolamento, depressione, tremiti alle mani, crisi di panico, ansia… e così via fino ad arrivare, anche troppo spesso, al suicidio (una ricerca statistica in Svezia ha fatto rivelare che il 10-20% dei suicidi sia dovuto al solo mobbing in ambito lavorativo, senza dunque includere quello familiare).
Intervento semi scherzoso: se per caso quest’ articolo vi suggerisse una possibile soluzione per allontanare da voi qualche collega, amico o familiare sgradito sappiate che il mobbing è punibile legalmente, le ricerche di Leyman, il padre della ricerca sul mobbing, hanno reso possibile l’individuazione delle vittime di questo tipo di violenza. In Italia esistono già molte sentenze che hanno reso giustizia hai malcapitati bersagli dei mobber.
     Questa, come tutte le altre guerre, ha in se il seme di ogni abominio, in quanto presuppone, in chi la intraprende, la relatività del valore delle vite che compromette. Quando questo succede ogni crimine è possibile.



Umberto Panipucci.
 

 
 
 
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