Creato da lost4mostofitallyeah il 04/03/2009
CON QUEL TRUCCO CHE MI SDOPPIA LA FOCE
 

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Messaggi di Novembre 2016

IX

Post n°288 pubblicato il 28 Novembre 2016 da lost4mostofitallyeah








L'Astice IX

Quando sentii la voce di Asia entrai ancora più in confusione. La ragazza inveiva contro la madre mentre Tiberio Holm rintronava i muri con la sua voce stentorea. Per la prima volta pensai che non era stata una buona idea quella di venire a Roma. Non avrei mai creduto che sopra il cadavere ancora caldo di Gianni potesse esplodere un simile pandemonio. Mi vestii velocemente e andai in bagno per rinfrescarmi nel mentre che attendevo il termine a quella scenata. Ma fu un affare complesso: dovetti aspettare seduto sul letto almeno una mezzora prima che le voci tornassero a un tono di normalità e di apparente, normale scambio. Stanco di ciondolare e voglioso di vivere la giornata mi decisi ad aprire la porta e a percorrere il corridoio che conduceva al salotto. Quando Tiberio mi vide restò con la sigaretta accesa a mezzaria mentre Asia non parve minimamente impressionata. "Toh" Fece il fratello di Gianni riprendendosi immediatamente "Il caro vecchio Joe! Nessuno c'ha detto niente...Ti abbiamo per caso svegliato? Scusaci, ma in questa casa di matti le cose funzionano così. Vieni, accomodati...Vuoi una sigaretta? O sicuramente avrai fame! Serviti pure, di là in cucina c'è tutto." "Come va dottor Holm? Forse un po' nervoso?" Tiberio si morse il labbro e lanciò un'occhiata assassina a Francesca per non averlo avvertito della mia presenza. Asia mi venne incontro e mi tese la mano, offrendomi due sonori baci sulle guance, poi disse di essere stanca e di non potersi fermare oltre ma di andare a coricarsi. Erano le otto del mattino. La guardai allontanarsi verso le stanze interne malcerta sulle gambe e visibilmente provata. Quando fu sparita Francesca mi sorrise compiaciuta. Indossava gli stessi abiti della sera precedente; era rimasta alzata tutta la notte. "è tornata tardi?" "Ah, verso le cinque, insieme a Tiberio." Lui abbozzò spegnendo la sigaretta nel posacenere: "L'ho trovata fuori dal Guest che tentava di entrare spacciandosi per diciottenne insieme alla sua amica." "Beh, sarebbe facile ingannarsi, è una ragazzina matura." "Quello che pensavo anch'Io quando l'ho vista. è alta. Molto disinvolta. E la sua amica è anche peggio." "La pianti?" si inserì Francesca. Holm mescé uno strano cocktail che gli stava davanti sul tavolino, succo di frutta e vodka, e ne ingollò una robusta sorsata, poi fece schioccare la lingua: "Perché te la prendi. Pensi che sia pedofilo? Pensi davvero che abbia delle mire su tua figlia?" "No. Ma il tuo discorso apparentemente astruso è diretto a ben altre orecchie." Io mi feci piccolo piccolo e intuii qualcosa dello stato dei rapporti tra Francesca e Tiberio. L'uomo non stava perdendo tempo e non riusciva a celare, sotto l'apparente gentilezza, l'odio nei miei confronti: "Resterai a Roma parecchio tempo?" "Perché? Ti brucia?" Interloquì ancora la donna "Sono stata Io a invitarlo. Per me può restare quanto vuole. Mi fa solo piacere." "è il tuo cane da guardia?" MI alzai come guidato da un filo invisibile, presi il cocktail dalla mano dell'ometto e glielo tirai sul volto. Francesca scoppiò a ridere e batté le mani dalla gioia. Io andai tranquillamente a sedermi sul canapè mentre Tiberio gocciolava dal volto sopra la camicia beige. Con quello che parve uno sforzo supremo si diede autocontrollo e biascicò: "Beh, me lo merito. A volte ho la lingua che scavalca persino il culo. Ma non devi prendertela, Joe. è una questione fra me e la signora." "Non quando vengo chiamato in causa così decisamente." Replicai, grattandomi una spalla. "Va bene, penso che sia ora di andare." Fece il fratello di Gianni "Vi auguro una piacevole giornata. Avete voglia di passare da Gigi stasera? Nottata a Trastevere, intendo." La vedova si stiracchiò e gli lanciò un cenno di saluto con la manina "Ci penseremo. La mattinata non è cominciata nel migliore dei modi, speriamo prosegua diversamente." "Te lo posso assicurare, Francesca." Rispose lui, umilmente. "Ciao, Joe. E grazie del cocktail."







(Continua)








 
 
 

VIII

Post n°287 pubblicato il 23 Novembre 2016 da lost4mostofitallyeah








L'Astice VIII

Con il procedere della sera verso la notte decisi di andare a coricarmi e abbandonai Francesca, la bottiglia di whisky e l'umore vagamente instabile. Mi portai nella stanza degli ospiti e mi infilai sotto le coperte con un piacevole intontimento e la stanchezza del viaggio che mi piombava improvvisamente addosso. In pochi minuti ero già nel mondo dei sogni e scivolavo incosciente nel primo mattino. Fui svegliato alle sette da un fitto conciliabolo di voci irate, toni sopra le righe che tendevano a sopraffarsi a vicenda. Cercai di riconoscere il timbro di ogni cadenza ma mi trovavo in difficoltà. Dovetti alzarmi e avvicinarmi alla porta per ricavarne qualcosa. Nel parapiglia riuscii vagamente a distinguere Tiberio Holm che sembrava rimproverare qualcosa a Francesca. Si trattava del fratello di Gianni, un ometto atticciato e sudaticcio che avevo conosciuto durante il mio primo viaggio nella capitale. All'epoca non m'aveva fatto una buona impressione. Eravamo in un bar ricercato nei pressi di via Veneto e lui era entrato in cardigan e mocassini e una coppola azzurra e bianca sopra la zazzera, bionda come quella del fratello. Ma le somiglianze si arrestavano lì. Tanto quanto Gianni era gradevole e comunicativo, così Tiberio sembrava rincagnato e nervoso; muoveva in maniera incontrollabile le dita delle mani e si asciugava continuamente il viso con un fazzoletto di cotone. S'era seduto in mezzo alla nostra compagnia e aveva subito fissato lo sguardo su Francesca. Io ero stato salutato distrattamente e subito snobbato mentre Gianni continuava il suo discorso con altri membri itineranti del gruppo eterogeneo che si era andato formando. Ricordo che all'epoca mi aveva subito colpito quel piccolo e rancoroso individuo, distaccato da tutti e con un evidente pensiero fisso dentro il cranio. Aveva scambiato qualche battuta con alcuni personaggi annoiati e, dopo avere bevuto un crodino, s'era alzato salutando tutti. Guardandolo uscire non potevo non stupirmi di quanto fosse diverso dal suo congiunto, così brillante e solare, e la cosa mi era stata confermata in seguito da Francesca: Tiberio Holm viveva praticamente dell'elemosina del fratello dopo che tutti i suoi tentativi di mettere su un'attività in proprio erano miseramente falliti. Aveva provato con un negozio di antiquariato, con un compra-oro, come mediatore nell'importazione di gas naturale dall'Ucraina, come amministratore condominiale e infine dirigente di una squadra regionale di calcio. All'epoca in cui lo avevo conosciuto era socio di un ambulante che vendeva tappeti e articoli per la casa da un camion itinerante. Insomma, paragonato a Gianni il disastro non poteva essere più completo. Ma aveva un progetto, installare un locale sexy in via Nomentana con tanto di lap-dance e spazio scambisti, poiché diceva che quello era il trend del futuro, ma Io non potevo fare a meno di pensare di quanto fosse, in realtà, lo spazio del passato. Ero convinto che andassimo verso un'epoca mistica e meditativa dove il sesso mercenario era fondamentalmente OUT. Terminata l'epopea dei posti trasgressivi e commerciali, conclusa l'antologia delle fiche depilate e delle tette al botox, ci si dirigeva, mesti, verso la riflessione interiore e l'arricchimento spirituale. Eravamo saturi di ginecologia spiccia e voyeurismo da quattro soldi, la masturbazione diventava noiosa e la mercificazione del rapporto di coppia finiva (non metaforicamente) a puttane. Stavo andando a fondo nei pensieri quando Improvvisamente mi riebbi e uscì dalla fissità che i ricordi mi avevano imposto; fuori le voci continuavano ad alzarsi sino a fare temere uno scontro fisico.







(Continua)









 
 
 

VII

Post n°286 pubblicato il 18 Novembre 2016 da lost4mostofitallyeah








L'Astice VII

Cominciavo a ciondolare e gli occhi si chiudevano da soli. "Vai a letto, Joe. Io rimango un po' ancora qui ad aspettare mia figlia." "Ne vale la pena? Per farti dispetto tornerà nel cuore della notte. Ti sei mai chiesta quali compagnie frequenti?" "Lei sospirò: "Ne ho solo un vaghissimo sentore. Conosco le sue amiche più strette, ma sono come lei. E comunque se torna tardi questa volta la prendo a cinghiate, l'ammazzo di botte." "Poi ti arrestano." "Voglio sfidarli a farlo. Se si trovasse nella mia situazione qualsiasi giudice mi darebbe ragione." "Non è così, purtroppo. I vecchi riversano sui ragazzini i loro sensi di colpa e costruiscono un muro di cinta molto alto intorno ai loro presunti diritti, così si pacificano la coscienza e ignorano le loro stesse mancanze." Francesca fece una smorfia di disgusto: "Sono parole, solo parole." "Non sfiorarla nemmeno con un dito. è sulle tracce del padre e ti odia. Secondo lei sei tu la causa della sua morte e a lei manca papà, con la sua vita avventurosa, con gli eccessi e l'amore gettato insieme a un bacio distratto dal finestrino della macchina sportiva." "E cosa dovrei fare? Lasciarmi detestare? Lasciarla prendere in mano le redini della casa a tredici anni?" "Le passerà, e tu comunque non puoi fare nulla. Cosa sa di me? Cosa le hai detto?" Francesca si levò in piedi con il bicchiere vuoto e andò in cucina: "Che sei un mio vecchio amico, che ci siamo conosciuti in rete e comunque anche lei ti ha conosciuto quella volta." "Pensi che mi abbia in antipatia? Forse crede che abbiamo scopato." "Di sicuro. è in quella fase in cui si è gelosi di tutti. La presenza di un altro uomo non può che darle fastidio." "E tu mi hai invitato a Roma proprio per questo: per sfidarla." Si affacciò dalla cucina con un perfido sorriso: "Vedo che le cose le capisci al volo, Joe." "Vabbè. Adesso sono stanco. Torno nella mia stanza a buttarmi sul letto. Buona veglia e non bere troppo." "Finché la mia pazienza mi concederà credito. Poi comincerò sicuramente a sclerare." La salutai con un bacio sulla guancia e mi ritirai nella mia zona. Chiusi la porta e mi spogliai rapidamente per ficcarmi nel letto. Misi le mani a coppa dietro la testa e cominciai a pensare; Avevo conosciuto Gianni molto rapidamente, com'era nel suo stile. Un anno prima ero arrivato a Roma per incontrarmi con Francesca e lei mi aveva presentato suo marito poco prima che partisse per Bratislava. Si muoveva in base al suo lavoro d'import-export nell'automobile. Era un uomo notevole e bellissimo. Aveva 48 anni e la vita che gli bruciava letteralmente sui polpastrelli. Gli bastò un'occhiata per capire che non sarei stato un rivale e non avrei insidiato le virtù della compagna. Non perché mancassi di presenza o di fascino nel mio piccolo, semplicemente quell'individuo era troppo sicuro di sé e spaventosamente fiducioso in quelle che considerava doti di un carisma naturale. E non andava troppo lontano: biondo, con i capelli rasati corti sui lati e un ciuffo svolazzante ma non ridicolo, una barba curatissima della stessa tinta e occhi azzurri duri come l'acquamarina. Era muscoloso senza sembrare palestrato, non troppo alto ma ben rassodato, si muoveva a scatti rapidi e veloci e rispondeva alla rapidità della luce. Si mostrava subito interessato a tutta la tua vita e adorava sentirsi parlare. Di sé diceva pochissimo. Non posso negare che ne rimasi immediatamente conquistato e se pure avessi fatto dei pensieri maliziosi su sua moglie questi svanirono in un attimo. Tutto in lui trasmetteva entusiasmo ed era un vettore di energia elettrica. Quando incontrai sua figlia Asia, al contrario, il contatto fu miserabile: alta, scalcagnata e stracciona, bistrata di nero e con i lunghi capelli azzurri e viola. Portava scarpe con zeppe di 8 centimetri e sciarpe etniche a drappeggiarle il corpo smagrito e vagamente anoressico. Possedeva zigomi alti e una mascella debole, bocca minuscola con rossetto verde, ed era nella fase peggiore nella vita di una persona: quella che conduce all'adolescenza greve e vertiginosa, dove ogni eccesso sembra concesso ma si tramuta presto in una cambiale in bianco la cui cifra (altissima) viene vergata, in seguito, dalla vita stessa.








(Continua)









 
 
 

VI

Post n°285 pubblicato il 09 Novembre 2016 da lost4mostofitallyeah






L'Astice VI

"Serviti pure." Fece lei allungando con due dita la bottiglia verso di me e accostandola a un bicchiere già pronto sul tavolo. Io afferrai la bottiglia di scotch e me ne versai una robusta porzione lasciandola rumoreggiare contro le pareti di vetro con malcelato gusto. Poi iniziai a sorseggiare mentre non staccavo lo sguardo da Francesca e dal suo viso segnato. Era indubbio che la tragedia l'avesse marcata: finito il tempo dello smalto appariscente, conclusa l'epoca dei parka multicolori, estinta la fase degli infradito a Fregene e tutto quanto gli potesse anche vagamente assomigliare. Una strana serietà aveva preso il loro posto e infieriva con grande potenza sul clima raccolto e vagamente meditativo di quel soggiorno dal nuovo e impeccabile design. Avevo prosciugato metà del mio bicchiere e una piacevole sensazione di calore si espandeva attraverso le vene fino alle periferie cerebrali. "Beh, Joe. Com'è andato il viaggio? Ti dovrai sentire stanco, e io che sto qui a offrirti whisky. Come padrona di casa dovrei vergognarmi." "Ma mi conosci bene." Sorrisi. Poi mi profusi nei dettagli dello spostamento da Trento alla città eterna mettendo l'accento sugli inconvenienti spiritosi. Ben pochi, per la verità. Ma più passava il tempo nel mio torrente di chiacchiere più mi accorgevo dell'assenza mentale di Francesca. Si sforzava di ascoltarmi ma il suo corpo era altrove insieme alla memoria. Tanto che a un certo punto fui costretto ad arrestarmi e a restare alcuni minuti a fissarla mentre sorbiva il suo liquore nell'assenza più totale di replica. "Beh?" Fece a un certo punto con gli occhi parzialmente coperti dalle palpebre. "Benzodiazepine?" Le domandai. "Diazepam. Il seguace più stretto del valium, sennò non riuscirei a dormire." E lo mesci tranquillamente con il whisky scozzese. "Se si tratta di qualche bicchierino..." Scrollai il capo. In tutta la mia vita mi ero mantenuto fedele all'alcol ben sapendo quanto fosse una trappola mortale. "Se continui su questa strada non ti farai più rispettare da Asia." Cercai di buttare lì per smuovere il suo istinto materno. "è una stronza. Ha tredici anni e mi risponde. Ha preso tutto dal padre, capoccione e puttanaggine compresi. è velenosa come un cobra e arrogante come una star di quel cazzo di Hollywood. Le hai mai viste le sue colleghe? Girano come tante provini per film hardcore, vogliono il cash, la mezzora di celebrità, la vanità più squallida, le compagnie più imbecilli, la bumba." "Cocaina?" Annuì. "E ci sono gli amici messicani a rifornirle. La strada è brutta e le compagnie anche peggio." "Suo padre aveva ascendente su di lei?" "Ambiguo. Da un lato Gianni veniva da una famiglia contadina, dall'altro non si tirava indietro se c'era una serata folle da pigiare sull'acceleratore. Era pieno di buona volontà con la figlia, a parole. Ma lei ha sempre fatto, comunque, quel cazzo che voleva." "è una generazione" Osservai buttando l'occhio a Roma di sera, dall'alto attraverso una enorme finestra. "Forse, Joe. Ma è una generazione che non mi piace: smartphone, selfie, grande fratello, vampiri, violenza e sesso ovunque, e soprattutto un gran narcisismo. Non potevo non approvare e svuotai quello che restava del whisky nel bicchiere. Poi pensai a Dio e se si fosse veramente incazzato con questo mondo di merda; per tutti sarebbero stati tempi duri.







(Continua)








 

 
 
 

V

Post n°284 pubblicato il 02 Novembre 2016 da lost4mostofitallyeah







L'Astice V

Mi asciugai e aprii il trolley cominciando a mettere ordine. Ma, tanto quanto Gianni e Francesca erano stati ordinati, così io ero approssimativo e indolente. La doccia mi aveva rinfrancato ma non al punto di essere reattivo e brillante; buttai le mie cose sul letto e indossai un paio di jeans con una maglietta bianca, poi calzai delle comode ciabatte. Mi fissai allo specchio e mi trovai appannato ma gradevole: la testa perfettamente rasata, gli occhi nocciola, la bocca carnosa senza essere volgare, le orecchie simmetriche, la corta barba curata. Insomma mi sentivo piacente, ma per quale ragione? Non intendevo, ovviamente, sedurre Francesca, né ero arrivato a Roma per girare i locali e trovarmi una provvisoria compagna d'avventura. MI sedetti sul bordo del letto e riflettei: ero a un punto di svolta - non più giovane ma nemmeno maturo, carico di energie ma con una strana accidia alla bocca dello stomaco -  ero alla ricerca di sensazioni e della vita degli altri perché la curiosità per la mia la stavo esaurendo. Sulla carta non mi mancava nulla, un bel lavoro in mezzo alla storia e alle documentazioni ancora scritte su pagina, una salute ragionevolmente stabile, una casa gradevole, un'automobile, un fratello e dei genitori ancora vivi, una relazione conclusa di fresco ma senza rimpianti o grosse recriminazioni. Insomma, si poteva affermare che il mio unico problema era la noia, e quando avevo saputo della morte di Gianni una potente scarica elettrica aveva attraversato il mio cervello. La Morte: l'unica situazione che potesse ancora scuotermi. Il pensiero dell'uomo che con la sua piccola SMART fortwo cabrio andava a schiantarsi contro il guard-rail sull'Aurelia mi bruciava sulla pelle e mi faceva provare persino un po' di invidia. Stracarico di rabbia e violenza repressa Gianni Costantini non aveva alzato il piede dall'acceleratore ed era finito direttamente tra le braccia degli angeli. si era eternato, mentre noi, miserabili mortali, continuavamo a lottare tra bolli e riscossioni, incombenze e rarissime gioie. Un piccolo tassello della ragione per cui ero venuto a Roma si faceva più chiaro; cercavo il segreto di quella volontà che aveva spinto l'uomo a non alzare il piede dall'acceleratore, ad andare a 180 all'ora incontro a quello che gli sprovveduti chiamano il proprio destino e che invece si chiama atto di supremazia. L'unico che ci sia concesso in vita. Rimasi incerto e stranito mentre prestavo orecchio a quello che succedeva nel salotto principale: Asia doveva essere uscita dalla sua stanza insieme a Petra e stava discutendo con la madre ad alta voce. Intuii che voleva uscire e Francesca era contraria ma che ben presto avrebbe ceduto. Infatti fu questione di qualche minuto che la porta principale sbatté con violenza e in tutto l'appartamento si fece un silenzio di tomba. Decisi che non potevo starmene rinchiuso nella stanza a tempo indeterminato e accostai la porta per sgattaiolarne fuori. Nel soggiorno la mia amica stava stravaccata sul divano con i piedi appoggiati a una sedia e una bottiglia di whisky aperta sul tavolino, provvista, a fianco, di due bicchieri. Immaginai che sarebbe stata una lunga notte e mi accostai ciabattando piano. Per cortesia mi tenni lontano dalla bottiglia e mi sedetti il più discosto possibile anche se il liquore scozzese esercitava il suo fascino ipnotico in pieno dispiegamento. 







(Continua)








 
 
 
 
 

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