"Avete 'n vo' li fior' e la verdura | e ciò che luce od è bello a vedere; | risplende più che sol vostra figura: | chi vo' non vede, ma' non po' valere." Guido Cavalcanti
LA POESIA FA MALE MA PER NOSTRA FORTUNA NESSUNO CI VORRA' CREDERE MAI
Post n°361 pubblicato il 24 Settembre 2019 da bluaquilegia
NANNI BALESTRINI PICCOLA LODE AL PUBBLICO DELLA POESIA
Eccoci qui ancora una volta seduti di fronte al pubblico della poesia che è seduto di fronte a noi minaccioso ci guarda e aspetta la poesia
in verità il pubblico della poesia non è minaccioso forse non è neanche tutto seduto forse c'è anche qualcuno in piedi perché sono venuti così entusiasti e numerosi
o forse ci sono un po' di sedie vuote ma quelli che sono venuti sono i migliori hanno fatto questo grande sforzo proprio per noi perché poi mai dovrebbero minacciarci
il pubblico della poesia non minaccia proprio nessuno è invece mite generoso attento prudente interessato devoto ingordo imaginifico un po' inibito
pieno di buone intenzioni di falsi problemi di cattive abitudini di pessime frequentazioni di mamme aggressive di desideri irrealizzabili di dubbie letture e di slanci profondi
non è assolutamente cretino non è sordo indifferente malvagio non è insensibile prevenuto senza scrupoli non è vile opportunista pronto a vendersi al primo venuto
non è un pubblico tranquillo benpensante credulone senza troppe pretese che se ne lava le mani e giudica frettolosamente
è invece un pubblico che persegue degusta apprezza lento da scaldare ma che poi rende come direbbe Pimenta e soprattutto è un pubblico che ama
il pubblico della poesia è infinito vario inafferrabile come le onde dell'oceano profondo il pubblico della poesia è bello aitante avido temerario guarda davanti a se impavido e intransigente
mi vede qui che gli leggo questa roba e la prende per poesia perché questo è il nostro patto segreto e la cosa ci sta bene a tutti e due
come sempre io non ho niente da dirgli come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo ma se lo dice tra sè e sè e non a alta voce non solo perché è cortese volonteroso bendisposto
e in fondo anche cauto ottimista trattabile ma soprattutto perché ama ama di un amore profondo sincero irresistibile di un amore tenace esclusivo lacerante
chi ama il pubblico della poesia fingete di chiedere anche se lo sapete benissimo ma state al gioco perché siete svegli e simpatici il pubblico della poesia non ama mica me
questo lo sanno tutti lui ama qualcun altro di cui io non sono che uno dei tanti valletti diciamo messaggeri se proprio vogliamo farci belli il pubblico della poesia ama lei
lei che parla quando bisogna tacere e tace quando bisogna parlare lei che fa tutto quello che non bisogna fare e non fa tutto quello che bisogna fare
lei che si trova sempre così simpatica lei che ama il casino per il casino lei che si arrampica sugli specchi lei che adora la fuga in avanti
lei che ha un nome finto lei che è dolce come una ciambella e feroce come un labirinto lei che è la cosa più bella che ci sia
il pubblico della poesia ama lei chi bravi lei la poesia e come potrebbe il pubblico della poesia non amarla perché ama la poesia vi chiederete
forse perché la poesia fa bene cambia il mondo diverte salva l'anima
mette in forma illumina rilassa apre orizzonti chissà ognuno di voi ha certamente i suoi buoni motivi
se no non sarebbe qua ma meglio non essere troppo curiosi dei fatti degli altri se si vuole evitare che gli altri ficchino il naso nei nostri sia dunque lode al pubblico della poesia
lode al suo giusto nobile grande amore per la poesia nel cui riflesso noi pallidi e umili messaggeri viviamo grati e benedicenti lui tace e si alza
un foglio cade giù dal tavolo lui s'inchina agli applausi lei raccoglie il foglio e lo legge SEGRETISSIMO
DA NON RIVELARE ASSOLUTAMENTE MAI AL PUBBLICO DELLA POESIA il pubblico della poesia ama la poesia
perché vuole essere amato vuole essere amato perché si ama profondamente e vuole essere rassicurato del suo profondo amore per se stesso per sua fortuna il pubblico della poesia
crede solo di ascoltare la poesia perché se la ascoltasse veramente capirebbe la disperata impossibilità e inutilità del suo amore e si prenderebbe a schiaffi dalla mattina alla sera
brucerebbe tutti i libri sulle piazze si butterebbe in un canale o finirebbe i suoi tristi giorni in un convento.
CONCLUSIONE LA POESIA FA MALE MA PER NOSTRA FORTUNA NESSUNO CI VORRA' CREDERE MAI
versi da PUBBLICO DEL LABIRINTO - Quarto Libro (1985-1989)
giorgio, sulle affinità:
Alva Noto Ryuichi Sakamoto Live in 2012
daniela, sulle affinità:
"ci sono momenti che interiormente durano quasi una eternità".
gian, sulle affinità:
"Post epimetea Apparizione in un teatro stabile senza bisogno di recitare ma di vivere per vivere insieme a chi in questa vita è comprimario. In questo imbuto necessario il sommo Regista nel dolore tuo si esplicita."
epimetea
lunedì 23 settembre 2019 e pioviggina. sala d'attesa di un cup qualunque. nell'orario più sbagliato possibile, ammesso che esista un orario giusto. raggiunta l'enorme sala d'attesa, brulicante, composta la richiesta sul grande schermo touch, una fessura sputa il tocchetto di carta chimica che numera ed incolonna. cerco da sedere. tra qualche minuto m'innamoro, ma ancora non lo so. trovo una seduta libera, in una intera fila libera, totalmente defilata, certamente perché non consente alcuna visuale al monitor che indica la progressione degli accessi alle prenotazioni. mi siedo. aggiungo per completezza che, tanto per cambiare, indosso un paio di jeans, una maglietta blu, converse bianche, zaino di cuoio. per sopportare l'ora che ipotizzo dovrò trascorrere in questo posto, ho passato sulle tempie e sui palmi delle mani due gocce di olio essenziale di laurus nobilis mescolate all'olio di mandorla. questa ritualità mi evita l'emicrania, altrimenti certa, kajal agli occhi, messo secondo le fondamentali indicazioni datemi dalla mia cara amica kautar; sono pronta alla resistenza e quella descritta è la mia armatura. estratti dalla borsa, libro e cellulare, provo ad estraniarmi. i minuti trascorrono in quella maniera lenta che mi conferma l'esistenza di tempi alternativi. mi allungo sulla seduta scomoda senza trovare tregua alla noia. e mentre mi passo entrambe le mani prima sul volto, inalando l'odore del lauro, e poi tra i capelli, percepisco una folata di profumo d'aria pulita e fredda: qualcuno si è seduto al mio fianco mentre ero intenta a contorcermi e dimenarmi sul seggiolino. l'educazione mi obbliga a ricompormi, la stessa educazione che mi fa piegare il capo in vago cenno di saluto verso l'estraneo che ha occupato lo spazio al mio fianco. questi increspa la bocca in un accenno di sorriso. prendo il libro che giace chiuso, poggiato sulle gambe, lo apro e leggo distrattamente. il mio vicino compie all'incirca le mie stesse azioni, per finire con un libro tra le mani e una buona dose di noia, dal momento che, come me cerca, invano, una posizione comoda. "c'è ancora speranza?", mi chiede improvvisamente. mi giro del tutto verso di lui, per vederne il volto, e la stessa cosa fa lui, dirigendo su di me tutta l'attenzione. una domanda del genere, detta così d'improvviso, potrebbe essere solo uno spunto per parlare del tempo, della lunga coda appena appena intaccata dallo scorrere dei numeri, eppure, guardando gli occhi di quest' uomo non pare sia questa l'intenzione. rispondo solamente "sì", poiché è ciò che intimamente credo. da quel momento in avanti, per la successiva ora di attesa, quelle porte sempre serrate dell'io si schiudono, come accade in particolarissimi momenti, lasciando andare il flusso interiore in uno scambio per me straordinario. finiamo col passare due ore e mezza sulle sedute scomode per la coda e la rumorosa caffetteria, dentro questo enorme ospedale. ci lasciamo con uno degli arrivederci più commoventi: mentre gli porgo la mano, lui l'accoglie ma non la stringe, la prende tra le proprie, la gira verso l'alto e ne bacia il centro del palmo, poi, di nuovo la gira e ne sfiora appena il dorso con le labbra. a mia volta mi chino verso di lui, ancora seduto, e gli dico piano all'orecchio di aver cura, "ossequi" mi risponde. non ci vedremo di nuovo in questo tempo e spazio, questo essere umano porta con sé una sentenza non alienabile. come tutti, ma con maggiore certezza. le affinità ci fanno riconoscere, non importa per quanto tempo in quale modo, per che strano accidente: ieri ho incontrato un affine. ho amato lui ed ogni momento. ed ora che ne scrivo lascio che la commozione esca da me e si confonda nella vastità delle cose dell'esistenza.
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