Creato da bluaquilegia il 06/01/2014

la sete verde

"Avete 'n vo' li fior' e la verdura | e ciò che luce od è bello a vedere; | risplende più che sol vostra figura: | chi vo' non vede, ma' non po' valere." Guido Cavalcanti

 

 

« la mano sulla leva tarataampio sonno e solitudine... »

LA POESIA FA MALE MA PER NOSTRA FORTUNA NESSUNO CI VORRA' CREDERE MAI

Post n°361 pubblicato il 24 Settembre 2019 da bluaquilegia

NANNI BALESTRINI
PICCOLA LODE AL PUBBLICO DELLA POESIA

 

Eccoci qui ancora una volta
seduti di fronte al pubblico della poesia
che è seduto di fronte a noi minaccioso
ci guarda e aspetta la poesia


in verità il pubblico della poesia non è minaccioso
forse non è neanche tutto seduto
forse c'è anche qualcuno in piedi
perché sono venuti così entusiasti e numerosi


o forse ci sono un po' di sedie vuote
ma quelli che sono venuti sono i migliori
hanno fatto questo grande sforzo proprio per noi
perché poi mai dovrebbero minacciarci


il pubblico della poesia non minaccia proprio nessuno
è invece mite generoso attento
prudente interessato devoto
ingordo imaginifico un po' inibito


pieno di buone intenzioni di falsi problemi
di cattive abitudini di pessime frequentazioni
di mamme aggressive di desideri irrealizzabili
di dubbie letture e di slanci profondi


non è assolutamente cretino non
è sordo indifferente malvagio non è
insensibile prevenuto senza scrupoli non è vile
opportunista pronto a vendersi al primo venuto


non è un pubblico tranquillo benpensante credulone
senza troppe pretese
che se ne lava le mani
e giudica frettolosamente


è invece un pubblico che persegue degusta apprezza
lento da scaldare ma che poi rende
come direbbe Pimenta
e soprattutto è un pubblico che ama


il pubblico della poesia è infinito vario inafferrabile
come le onde dell'oceano profondo
il pubblico della poesia è bello aitante avido temerario
guarda davanti a se impavido e intransigente


mi vede qui che gli leggo questa roba
e la prende per poesia
perché questo è il nostro patto segreto
e la cosa ci sta bene a tutti e due


come sempre io non ho niente da dirgli
come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo
ma se lo dice tra sè e sè e non a alta voce
non solo perché è cortese volonteroso bendisposto


e in fondo anche cauto ottimista trattabile
ma soprattutto perché ama
ama di un amore profondo sincero irresistibile
di un amore tenace esclusivo lacerante


chi ama il pubblico della poesia
fingete di chiedere anche se lo sapete benissimo
ma state al gioco perché siete svegli e simpatici
il pubblico della poesia non ama mica me

questo lo sanno tutti lui ama qualcun altro
di cui io non sono che uno dei tanti valletti
diciamo messaggeri se proprio vogliamo farci belli
il pubblico della poesia ama lei

lei e
solo lei e
sempre lei
lei che è sempre così imprevedibile

lei che è sempre così impraticabile
lei che è sempre così imprendibile
lei che è sempre così implacabile

lei che attraversa sempre col rosso
lei che è contro l'ordine delle cose
lei che è sempre in ritardo
lei che non prende mai niente sul serio

lei che fa chiasso tutta la notte
lei che non rispetta mai niente
lei che litiga spesso e volentieri
lei che è sempre senza soldi

lei che parla quando bisogna tacere

e tace quando bisogna parlare
lei che fa tutto quello che non bisogna fare
e non fa tutto quello che bisogna fare

lei che si trova sempre così simpatica
lei che ama il casino per il casino
lei che si arrampica sugli specchi
lei che adora la fuga in avanti

lei che ha un nome finto
lei che è dolce come una ciambella
e feroce come un labirinto
lei che è la cosa più bella che ci sia

il pubblico della poesia ama lei
chi bravi lei la poesia
e come potrebbe il pubblico della poesia non amarla
perché ama la poesia vi chiederete

forse perché la poesia fa bene
cambia il mondo
diverte
salva l'anima

mette in forma
illumina rilassa
apre orizzonti
chissà ognuno di voi ha certamente i suoi buoni motivi

se no non sarebbe qua
ma meglio non essere troppo curiosi dei fatti degli altri
se si vuole evitare che gli altri ficchino il naso nei nostri
sia dunque lode al pubblico della poesia

lode al suo giusto nobile grande amore per la poesia
nel cui riflesso noi pallidi e umili messaggeri
viviamo grati e benedicenti
lui tace e si alza

un foglio cade giù dal tavolo
lui s'inchina agli applausi
lei raccoglie il foglio e lo legge
SEGRETISSIMO

DA NON RIVELARE
ASSOLUTAMENTE MAI
AL PUBBLICO DELLA POESIA
il pubblico della poesia ama la poesia

perché vuole essere amato vuole essere amato
perché si ama profondamente e vuole essere rassicurato
del suo profondo amore per se stesso
per sua fortuna il pubblico della poesia

crede solo di ascoltare la poesia
perché se la ascoltasse veramente capirebbe
la disperata impossibilità e inutilità del suo amore
e si prenderebbe a schiaffi dalla mattina alla sera

brucerebbe tutti i libri sulle piazze
si butterebbe in un canale
o finirebbe i suoi tristi giorni in un convento.

CONCLUSIONE
LA POESIA FA MALE
MA PER NOSTRA FORTUNA
NESSUNO CI VORRA' CREDERE MAI



versi da PUBBLICO DEL LABIRINTO - Quarto Libro (1985-1989)


























giorgio, sulle affinità:

Alva Noto Ryuichi Sakamoto Live in 2012






daniela, sulle affinità:

"ci sono momenti che interiormente durano quasi una eternità".


gian, sulle affinità:

"Post epimetea
Apparizione in un teatro stabile senza bisogno di recitare ma di vivere per vivere insieme a chi in questa vita è comprimario.
In questo imbuto necessario il sommo Regista nel dolore tuo si esplicita."


























 

epimetea

lunedì 23 settembre 2019 e pioviggina.
sala d'attesa di un cup qualunque.
nell'orario più sbagliato possibile,
ammesso che esista un orario giusto.
raggiunta l'enorme sala d'attesa,
brulicante, composta la richiesta
sul grande schermo touch, una
fessura sputa il tocchetto di carta chimica
che numera ed incolonna.
cerco da sedere. tra qualche minuto m'innamoro,
ma ancora non lo so.
trovo una seduta libera, in una intera fila libera,
totalmente defilata, certamente perché non
consente alcuna visuale al monitor
che indica la progressione degli accessi alle prenotazioni.
mi siedo. aggiungo per completezza che, tanto per
cambiare, indosso un paio di jeans, una maglietta blu,
converse bianche, zaino di cuoio.
per sopportare l'ora che ipotizzo dovrò trascorrere
in questo posto, ho passato sulle tempie e sui palmi
delle mani due gocce di olio essenziale di laurus nobilis
mescolate  all'olio di mandorla. questa ritualità mi
evita l'emicrania, altrimenti certa,
kajal agli occhi, messo secondo le
fondamentali indicazioni datemi dalla mia cara amica
kautar; sono pronta alla resistenza e
quella descritta è la mia armatura.
estratti dalla borsa, libro e cellulare, provo ad estraniarmi.
i minuti trascorrono in quella maniera lenta che mi conferma
l'esistenza di tempi alternativi.
mi allungo sulla seduta scomoda senza trovare tregua alla noia.
e mentre mi passo entrambe le mani prima sul volto, inalando
l'odore del lauro, e poi tra i capelli, percepisco una folata di profumo
d'aria pulita e fredda: qualcuno si è seduto al mio fianco
mentre ero intenta a contorcermi e dimenarmi sul seggiolino.
l'educazione mi obbliga a ricompormi, la stessa educazione che
mi fa piegare il capo in vago cenno di saluto verso l'estraneo che
ha occupato lo spazio al mio fianco.
questi increspa la bocca in un accenno di sorriso.
prendo il libro che giace chiuso, poggiato sulle gambe,
lo apro e leggo distrattamente.
il mio vicino compie all'incirca le mie stesse azioni,
per finire con un libro tra le mani e una buona dose di noia,
dal momento che, come me cerca, invano, una posizione comoda.
"c'è ancora speranza?", mi chiede improvvisamente.
mi giro del tutto verso di lui, per vederne il volto, e la stessa cosa
fa lui, dirigendo su di me tutta l'attenzione.
una domanda del genere, detta così d'improvviso,
potrebbe essere solo uno spunto per parlare del tempo,
della lunga coda appena appena intaccata dallo scorrere
dei numeri, eppure, guardando gli occhi di quest' uomo
non pare sia questa l'intenzione. rispondo solamente
"sì", poiché è ciò che intimamente credo.
da quel momento in avanti, per la successiva ora di attesa,
quelle porte sempre serrate dell'io si schiudono,
come accade in particolarissimi
momenti, lasciando andare il flusso interiore in uno scambio
per me straordinario.
finiamo col passare due ore e mezza sulle sedute scomode per la
coda e la rumorosa caffetteria, dentro
questo enorme ospedale.
ci lasciamo con uno degli arrivederci più commoventi:
mentre gli porgo la mano, lui l'accoglie ma
non la stringe, la prende tra le proprie,
la gira verso l'alto e ne bacia il centro del palmo,
poi, di nuovo la gira e ne sfiora appena il dorso con le labbra.
a mia volta mi chino verso di lui, ancora seduto, e gli dico piano
all'orecchio di aver cura,  "ossequi" mi risponde.
non ci vedremo di nuovo in questo tempo e spazio,
questo essere umano porta con sé una sentenza non alienabile.
come tutti, ma con maggiore certezza.
le affinità ci fanno riconoscere, non importa per quanto tempo
in quale modo, per che strano accidente: ieri ho incontrato un affine.
ho amato lui ed ogni momento.
ed ora che ne scrivo lascio che la commozione esca da me e si confonda
nella vastità delle cose dell'esistenza.

 

 
 
 
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