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Post n°749 pubblicato il 10 Dicembre 2018 da Signorina_Golightly

A Poggiomarino il Wi-Fi prende poco, e a casa di mia nonna (che triste non dire più 'dei nonni'...) in particolare, per nulla. Così mi appunto queste righe sulle note del telefono per pubblicarle poi.
Sono stati giorni di squilibrio, di nervi labili, pensieri ossessivi e di prevedibile gastrite. Ma, come speravo, questo viaggio programmato da tempo per cui non mi sentivo più in vena mi sta aiutando. Mi obbliga a uscire di casa, evitandomi di girare per casa come un'anima in pena, di lasciar perdere carte e inutili vaticini vari (non perché non funzionino ma perché non possono che raccontare la fosca e sgradita realtà, infrangendo all'infinito le mie speranze (e mi gira per la testa quel benedetto consiglio: prima cosa, abbandonare la speranza!)...
Ieri in viaggio pativo ancora gli ultimi accadimenti, mentre attraversavo in treno un'Italia ovunque uggiosa e cupa come i miei pensieri resi più neri dal dolore allo stomaco. Ma già scesa dal treno mi sono scoperta più positiva del previsto decidendo che mi sarei regalata le crocché dell'ambulante che staziona poco prima della casa di nonna.
E mi sono stupita che tra un morso alle crocché, che intanto avevo portato in casa, e le prime chiacchiere con la zia e la nonna mi scordavo delle mie pene per lui, salvo ricordarmelo all'improvviso ma per poi tornare a non pensarci, e così via...
Poi, al di là delle conseguenze, ho pensato che si conferma il fatto che le situazioni si sbloccano mentre siamo distratti a fare altro, e non a pensarci ossessivamente.
E un sole splendente, di quelli rari in questo luogo umido, ha salutato il mio risveglio oggi. Sole che ho onorato con un giro insieme alla signora R. alla vecchia e diroccata masseria, quella in cui sono state girate molte scene della prossima serie di Gomorra. Si stava allestendo il presepe vivente in questo pezzo di mondo antico dimenticato da tutti in cui vivono ancora alcuni coltivatori e allevatori che sembrano usciti da un romanzo dell'Ottocento.
Un pezzo di terra con il Vesuvio a fargli da quinta  e la ferrovia ad un binario, e senza passaggio a livello!, da trasgressivo ingresso. E poche decine di metri dalla casa della nonna che ho sempre vissuto senza che nessuno dei miei familiari mi parlasse mai di quel posto. 
Ma R. mi ha raccontato una di quelle cose tristi, che mi ricorda il rimprovero che F. mi mosse anni fa per la mia visione superficialmente cittadina del mondo contadino che è invece come scrisse Tenco "Guardare ogni giorno se piove o c'è il sole 
Per saper se domani  si vive o si muore". 
Perché alla masseria ci lavorano e vivono gli ultimi, i lasciati indietro del sud e gli immigrati, e le storie di vittime e carnefici si intrecciano, tra braccianti che vengono pagati una miseria e che vedono nell'immigrato il disgraziato che gli porta via il lavoro accettando quella miseria. E la storia finisce con un giovane, che potrebbe essere pakistano, che dopo aver lavorato nei campi a raccogliere fiori molto più di otto ore al giorno, non verrà pagato neanche quella miseria: perché il proprietario del terreno lo sa che lui non può certo andare alla polizia a denunciare. 
E penso che mica l'ho capito se c'è un modo per starci bene su questa terra. 

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Commenti al Post:
jigendaisuke
jigendaisuke il 10/12/18 alle 16:54 via WEB
È meglio se vengo a commentare dopo, dal pc a casa.
 
several1
several1 il 10/12/18 alle 19:15 via WEB
... accorgersi degli ultimi, è una bella storia ...
 
 
Signorina_Golightly
Signorina_Golightly il 11/12/18 alle 13:09 via WEB
E tu sei terapeutica :)
 
   
several1
several1 il 11/12/18 alle 16:13 via WEB
:-) ---> adesso però spiegatemi un po' cosa sono le crocché, sono le crocchette di patate? di riso? di carne? di formaggio? di che???
 
     
Signorina_Golightly
Signorina_Golightly il 11/12/18 alle 21:14 via WEB
Ahahaha! Allora, questo bene dell'umanità è la famosa crocchetta (ma non è piccola!) di patate. Nei ristoranti sopraffini la trovi con prezzemolo, pepe e mozzarella (alcuni ci mettono la provola, ma a mio giudizio tradendola), ed è buona, eppure il vero sfizio è mangiarla dagli ambulanti che la fanno più povera, senza mozzarella e prezzemolo, ma che dà un'immensa soddisfazione. A Milano è possibile trovarle nei ristoranti, pagandole tantissimo, mentre dagli ambulanti di Napoli torni a casa con una sacchetto pieno pagando pochissimo e beandoti della loro maestria nel farle.
 
     
several1
several1 il 12/12/18 alle 16:08 via WEB
deve essere una di quelle cose semplici che metti in bocca e senti un sapore di "casa" che non sai spiegare ... se un giorno andrò a Napoli mi metterò a cercarle
 
jigendaisuke
jigendaisuke il 10/12/18 alle 19:27 via WEB
Molta carne al fuoco in questo post. Hai fatto bene a staccare un po' e allontanarti dalla fonte dei problemi. A me è rimasta la casa dei nonni materni, in Puglia, purtroppo loro non ce li ho più. Quelle strofe di "ciao amore, ciao" descrivono benissimo la fatica e i problemi del piccolo agricoltore, ne so qualcosa visto che i miei nonni materni erano contadini. E poi la questione dei bracciantischiavi che ho trattato più volte nel mio blog, degli italiani che li sfruttano ma che votano Salvini. E il trenino della Circumvesuviana, e la ricerca della serenità. Ma mi hai fatto venire voglia di crocchè! Ciao
 
 
Signorina_Golightly
Signorina_Golightly il 11/12/18 alle 13:11 via WEB
Ahahaa, onorata che tu abbia voluto tornarci dal pc :) A fare ancora più male è la guerra tra poveri...Quanto alle crocchè dovrebbero essere patrimonio dell'umanità: ne mangi una e sparisce almeno per un po' ogni tristezza.
 
   
jigendaisuke
jigendaisuke il 14/12/18 alle 15:22 via WEB
Ecco, a proposito di guerra fra poveri, o a certi poveri: https://www.radiobullets.com/rubriche/fuori-tutto/ Mi hai fatto venire voglia di crocchè... e si che devo ancora digerire riso e zucca!! Peccato che se fa sparire un po' di tristezza, fa comparire i chiletti!
 
surfinia60
surfinia60 il 13/12/18 alle 19:31 via WEB
Diciamo che è sempre più difficile starci bene su questo pianeta, e che si potrebbe morire tentando, nel frattempo. Possiamo solo distrarci per rendere sopportabili certi pensieri, certe consapevolezze. Salvo, finita la distrazione, rimetterci in testa quel cappello scomodo, fino alla prossima distrazione.
 
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