Altrove

10.19

Da tempo, e nell'ultimo mese in particolare, guardo al cellulare con speranza e angoscia, come se da quest'oggetto che fatico a non prendere in mano ogni secondo, potesse arrivarmi la salvezza.

Poco fa ho visto una notifica su whatsapp, ma sul volto mi è apparsa una smorfia di delusione apprendendo che si trattava della chat condominiale. E poi lui l'ho bloccato: mica avrei potuto trovare un suo messaggio.

Questo pensiero mi ha in realtà tirata su: evidentemente il mio inconscio sa che possono arrivarmi cose belle pure da altre persone.

Stamattina avrei voluto prendermi cura del mio corpo, ma anche in questo caso ho deciso di essere indulgente: tra sindrome premestruale forte e tristezza da 'no contact', posso pure accettare che il primo giorno non abbia le energie.

Perché dopo un mese che a quei due giorni felici ho aggiunto dosi massicce di sofferenza, aumentate molto dal fatto di aver tenuto un filo di comunicazione con lui, ieri sono esplosa.

Ogni giorno che trascorrevo in angosciante attesa di un suo raro e freddo messaggio, faceva male a me e al bel ricordo delle ore trascorse insieme. Lui dal giorno dopo ha deciso di essere un'altra persona con me: fredda e chiusa.

L'unico spiraglio di apertura che mi ha lasciato intravedere era un possibile futuro incontro.

Mi sono detta che con lui non avevo più nulla da perdere. Anche rivederlo sarebbe stato squallido, nulla a che vedere con la prima volta, senza neppure un prima fatto di attenzioni e voglia di sentirsi.

Così, all'ennesima mancanza di tatto e attenzione, gli ho dato una rispostaccia e bloccato. 

Solo pochi giorni fa mi chiedeva se volessi rivederlo, e io gli avevo risposto di sì. Lui non si era degnato né di leggere né di rispondere. 

E, dopo averlo bloccato,  per un attimo mi sono chiesta "chissà che mi avrebbe risposto? Chissà che messaggio avrei trovato domani?".

La risposta me la sono data io: non avrebbe potuto dirmi nulla che mi facesse sentire meglio; come non l'ha fatto da un mese a questa parte. Anzi: ogni sua comunicazione è stata fonte di dolore e frustrazione per me.

Ho sentito che la sola cosa importante era salvarmi, non pensare se lui ci sarebbe rimasto male. Ho sentito (pensarlo non basta) che dovevo occuparmi di me.

Lui in questo mese ha avuto una brutta influenza su di me, e la mia dipendenza continuava a farmi fare cose distruttive e pericolose, come incappare ancora nelle carte. È stato nel preciso momento in cui ho cercato ancora conforto in loro che ho capito che dovevo tagliare completamente. Non potevo attendere oltre. Non per avere in cambio la vaga speranza di rivederlo un giorno. Ché tanto quel giorno, pure fosse arrivato, non sarebbe stato come quello vissuto: avrebbe trovato me dipendente e provata dall'attesa, e lui indifferente, senza più curiosità e rispetto,  e consapevole di non aver più bisogno di corteggiarmi per arrivare al dunque.

Ieri sera ho provato prevalentemente un senso di liberazione. Ma so che oggi è diverso. Oggi è il primo giorno che faccio a meno di qualcosa che ho disperatamente cercato di trattenere per un mese a prezzo di una sofferenza indicibile.

Credo sia normale non avere energie. Confido in un futuro migliore.