Creato da Signorina_Golightly il 23/06/2014

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Messaggi di Gennaio 2022

Love Song

Post n°1334 pubblicato il 31 Gennaio 2022 da Signorina_Golightly
 

"Io allora vado. Ciao casetta, mi sento insicura a viaggiare per lavoro dopo anni che lavoro da casa. Gatto, vieni con me in macchina, per favore, così non avrò paura".

Poi è andato tutto bene: ho fatto i miei 300 km in macchina senza uccidermi, ho incontrato i clienti, sono rientrata nell'ufficio in cui manco da mesi dove ho lasciato la macchina aziendale. Prima di tornare a casa ho preso in mano in cellulare: ben incastrato nella custodia è comparso un suo pelo bianco (è ancora qui :)). C'è venuto davvero in macchina con me.

 
 
 

9,48

Post n°1333 pubblicato il 24 Gennaio 2022 da Signorina_Golightly

Appena trovo le energie per mettere insieme qualche frase di senso compiuto, lo farò.

Sono esplosa, portavo e porto ancora addosso troppa sofferenza di questi due anni strani. E ora non ho dubbi: sono certa di soffrire di disturbo borderline della personalità. L'ultima crisi è stata così lampante e da manuale che è impossibile non capirlo.
Che casino. Ma come tutto, ogni cosa della mia vita, adesso trova una spiegazione.

 
 
 

11,12

Post n°1332 pubblicato il 19 Gennaio 2022 da Signorina_Golightly
 

Pare che il miglior modo per fare progressi con la scrittura sia darsi ai racconti.

Probabile, ma io penso che il modo ancora migliore sia non perdere tempo, e io ne perdo a iosa. Perditrice di tempo doc. 

Dove eravamo rimasti? Al nulla, perché è quello in cui sguazzo da un bel po'. Però domenica scorsa è venuto a trovarmi un tipo di Bolzano con cui ci stavamo sentendo come i ragazzini. E pensavo "madò, ancora ste cose faccio? Poi non mi devo lamentare che non costruisco mai niente e mi ritroverò sola e vecchia, mentre ora sono sola e quasi vecchia". E mi ha detto bene che non era il mio tipo fisicamente, così non è stato difficile tenere le cose su un piano amichevole. Però mi si è aperto un dilemma: le avventure erotiche? No, perché io qui vivo come se fossi in un cartone animato, e si sa che pure in Georgie la scena di lei a letto con Arthur è stata censurata. E pure io mi censuro. Mi dico "ma se mi lascio andare ad un'avventura senza certezze, senza ieri nè domani, avanzo verso i miei obiettivi o finisco ancora più indietro?". Non lo so. Il fatto è che per i miei gusti di uomini ne ho già avuti troppi; capirete, con le storie che naufragavano in tempo zero, volente o nolente gli uomini si sono succeduti. E io non ero tipa da questo. Poi ci sono loro, i maschi: il mio passato inizia ad avere un peso, ed io sono cristallina. Possibile che non possa parlare delle mie esperienze? E' bandito? Finisce che o pensano che con me sia facile fare centro (illusi), come il bolzanino, o che rimangono seriamente infastiditi dal confronto con tutto sto affollamento di uomini del passato.

Ma sapete che penso? Se una parte di me da quando ha incontrato il Bolzanino gira intorno al pensiero di una storia sbilanciata sulla fisicità, forse vuol dire che la voglio, che sto chiusa sotto chiave da troppo tempo. 

Eppure a me nessuno sembra attendibile. Mi sa che sono troppo selettiva pure per questo.

Che fatica essere me.

 
 
 

Racconto d'inverno

Post n°1331 pubblicato il 03 Gennaio 2022 da Signorina_Golightly
 

«È uno scherzo?»

Il colpo secco sulla scrivania avvertì tutti che il commissarioSarti non ci stava.

«Affatto. Sappia che chiederòaggiornamenti sulla vostra collaborazione che mi auguro sarà proficua. E saràmeglio per tutti che lo sia. Anche per lei».

Il questore se ne era andato senza ammettere repliche. Quandoanche Sarti uscì dal suo ufficio, sapeva che tutti avevano sentito:

«Che ridete? Ditemi se ha senso! Anni di onesto lavoro inpolizia per sentirmi dire che dovrei avvalermi della collaborazione di quelcoso. Scarnecchia, un po’ di ritegno! o quanto è vero iddio ti metto dietroalla scrivania per un mese a fare fotocopie».

Sarti aveva una sola certezza: non avrebbe lavorato conquella bestia. Il caso era chiacchierato in zona. Il ricco industriale EugenioScocchi era scomparso, e in casa c’erano i segni di una violenta colluttazione.Pare che nei giorni precedenti la moglie fosse fuori città. La moglie, quella,lacrime di torrente nelle fessure di cipria del giorno prima, era già statainterrogata ed era tornata a casa per prendere il cane e i gatti; da suasorella avrebbero trovato pace in quei giorni di sigilli sulla porta di casa. L’investigatoreKazoo arrivò puntuale. Se ne stava in silenziosa osservazione. Nessuno credevaavrebbe parlato.

Sarti non si era ancora abituato all’idea. Nello sforzo dellamessa a fuoco, la piega tra gli occhi era un solco profondo. Era sempre statoaffascinato dai sigilli, il limite. Un attimo prima chiunque poteva accedere aquel luogo, e un momento dopo puff!, decadute le regole: posto inaccessibile, manon per lui. Un fremito di vergogna lo riportò alla sua scomoda realtà. Sartifissava l’investigatore, occhi più strizzati che mai, la piega acuita almassimo: davanti a lui c’era un tipo bassotto, peloso, una selva di ciuffibianchi a coprirgli il capo; indossava un goffo cappotto rosso dai bordirosicchiati. Il suo collaboratore speciale era un coniglio. Un coniglio nano. Sartiavrebbe voluto sbronzarsi.

«Buongiorno, sono il commissario Sarti».

«Superfluo. Se non sapessi neppure chi è lei, vorrebbe direche io qui non servo a nulla, e io servo, non le pare?»

Sarti, pugni in tasca, considerò che la notte sarebbero staticavoli suoi con quel dannato bruxismo. “Ammorbidisci la mascella, Vincenzo”. Ripetéil mantra silenziosamente per tre volte. Il tempo di stemperare il rosso vivodalle guance in fiamme per l’umiliazione.

«Forse quello che non sa è che non c’è alcun caso darisolvere: il povero Scocchi l’avrà fatto ammazzare la moglie cornificata. Coseumane. Mi scuso se i miei collaboratori non l’hanno informata correttamente.Grazie per essere venuto e arrivederci. Il custode le darà senz’altro un chilodi carote per il disturbo».

Sarti sorrise per la prima volta nelle ultime ventiquattroore. In fondo era stato facile. Mai irrigidirsi davanti a un problema: è semprepossibile aggirarlo per gli uomini di intelletto come lui. Sorrise ancora. Poi sorriseun po’ meno. E meno ancora. Perché quel coso stava lì immobile?

Kazoo era una statua, accucciato su quattro zampe. L’unicocenno di vita era il piccolo naso pulsante, macchia rosa in movimento tra ilfolto pelo bianco. Ogni persona presente si chiedeva a che cosa stesse pensando.Anzi, ogni persona lì dentro si stava chiedendo come fosse possibile che ci si stessechiedendo a che cosa pensasse un coniglio. Per i più avrebbe voluto mordere il commissario.Stava pensando al disappunto per essere arrivato per niente fin lì, ma da dovepoi? Nessuno lo sapeva. Per qualcuno non stava pensando affatto. Era un cavolodi coniglio.

Kazoo, quando non investigava in gran segreto, era unconiglietto domestico che trascorreva le giornate con la sua umana Daniela, chea quell’ora lo stava cercando impensierita. Sono tipi abitudinari i conigli, eKazoo, dopo pranzo, era solito dormicchiare sul loro letto. Ogni tanto spezzavala regolarità delle sue giornate per scivolare, indisturbato, fuori di casa e guadagnarsiun angolo di verde tra le frasche del giardino dei vicini. Di questo eraconvinta Daniela da quando era morta di paura la prima volta che, cercandolo, nonlo trovò in casa. Lo aveva dato per spacciato quella volta: “un conigliettonano là fuori è morto, ma dov’è andato? come riesce a passare nel giardinoaccanto?”

L’umana non capì mai come Kazoo ci riuscisse, ma volta dopovolta si rassegnò, confortata dal fatto che Kazoo tornava sempre sano e salvo. Leinon immaginava che fuori di casa Kazoo smettesse di essere un morbido pelucheper vivere una seconda vita di agente segreto. E meno male che non lo sapeva,ci sarebbe restata secca. A lei bastava essere certa che sarebbe tornato dalei. E lui tornava eccome dalla sua umana. Non avrebbe mancato per nulla almondo: ad attenderlo c’erano verdure fresche e fieno profumato, ma soprattuttobaci e carezze, cuore a cuore, pancia contro pancia.

«Si è fatto tardi. Per lavorare bene ho bisogno di unpisolino. A domani».

Sarti non sorrideva più. 

 
 
 

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