LA FRASE...
"...Se non saremo noi ad occuparci di politica, sarà la politica ad occuparsi di noi, nel modo che meno desideriamo..."
Post n°52 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Il tentativo, forse anche onesto, di riavvicinare il giornalismo alla gente, avvicina la gente, anche quella che non sembra avere niente da dire, al giornalismo. La domanda è: a cosa serve un giornalismo così? L'altro giorno ho guardato il noto programma televisivo Annozero, dal quale la giornalista Lucia Annunziata si è allontanata prima del tempo, protestando la sua contrarietà contro l'organizzazione delle trasmissione da parte del noto conduttore del programma. A parte l'atteggiamento della giornalista, che peraltro replica in sedicesimi l'aventino di un suo celebre ospite, mi chiedo sempre a cosa servano, puntate fatte in questo modo. Che contributo di comprensione può produrre, rispetto alla tragedia della guerra in corso a Gaza, avere, fra l'altro, due ragazze, una israeliana e una palestinese che si parlano addosso? O avere la cavea piena di giovani? E questo sarebbe l'approfondimento? A me sembra piuttosto una sorta di "discussione" alla Maria De Filippi. Queste trasmissioni sia che si parli di guerra o di crisi finanziaria cosa spiegano? Cosa viene spiegato intervistando coloro che subiscono i rovesci di un mutuo che non si può più pagare se non che loro stanno male? Cosa si capisce delle cause, oltre che degli effetti? Cosa si capisce di tutto ciò, dopo aver indugiato sul desco vuoto e sul lesinare nella spesa? Dopo avere inquadrato in close up le lacrime sgorganti, ecco mi chiedo, alla fine, cosa spiegano? Che cosa resta? Cosa abbiamo imparato, che già non sapessimo? Mi viene in mente la nota pubblicità di un'azienda chimica tedesca: contributo invisibile. La trasmissione della scorsa sera su Gaza avrebbe potuto fare un analisi delle vicende storiche; farci vedere le cartine geografiche della zona ed intervistare demografi; si sarebbe potuto tentare di rendere un minimo più "fattiva" l'informazione, invece di dare solo a intendere che tutto sarebbe finito nel solito spurgo di grida e recriminazioni. Al solito si è preferito lasciar parlare la ggente...quello che sempre più spesso si vede anche nei telegiornali: un microfono e una telecamera e via a intervistare a ruota libera e a sentire cosa ha da dire la gente. Questa la sorte dei giornalisti? |
Post n°51 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Anche in America si evadono le tasse: ce lo ricorda la rivelazione di alcune "dimenticanze" del candidato ministro del tesoro Timothy Geithner nel pagare prontamente i contributi previdenziali. Ma non è questo a stupirmi. Mi stupisce che l'evento venga, sorprendentemente per gli standards americani, classificato come perdonabile. Geithner, secondo alcuni, è come una grande banca, "too big to fail" (concetto per la verità discutibile anche per le banche). Il "mercato", si sostiene, già scottato dalla crisi finanziaria, non può permettersi un fallimento della sua conferma. |
Post n°50 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Un recente articolo-inchiesta del Corriere della Sera denuncia la pratica di alcune scuole private che non pagano i propri docenti. Tali docenti, a loro volta, accettano di lavorare gratuitamente perché l'esperienza accumulata nelle scuole private viene poi usata per accedere all'impiego pubblico. L'articolo si riferisce in particolare alla Campania, ma il fenomeno non sembra essere limitato a questa regione. Per chi non ha voglia di leggersi l'articolo la sintesi è in questo pezzo del paragrafo iniziale. "Esiste ormai da anni una regola tacita imposta dai dirigenti di tante scuole private ai docenti freschi di abilitazione all'insegnamento che entrano nel mondo della scuola attraverso il canale degli istituti privati: le scuole paritarie assumono con un regolare contratto i giovani insegnanti permettendo loro di accumulare punteggio e scalare le graduatorie provinciali d'insegnamento (condizione necessaria per lavorare un giorno nella scuola pubblica e ottenere il fatidico posto fisso). I docenti in cambio accettano di lavorare gratuitamente o per poche centinaia di euro nelle scuole private. È raro che un giovane insegnante si ribelli a questa prassi: nelle regioni meridionali il numero dei docenti precari è molto alto e le scuole private non hanno problemi a trovare insegnanti pronti a tutto pur di ottenere un incarico annuale." A dir la verità, l'evidenza empirica offerta nell'articolo non è molto soddisfacente. Infatti l'articolo si limita a riportare tre interviste. La prima è di una certa M., ''trentenne che da quasi tre anni lavora in un istituto primario paritario ... a metà strada tra Salerno e Napoli'' e dichiara di ricevere solo 300 euro al mese. La seconda è di S., che ha lavorato 6 anni per 200 euro al mese ma ora è felicemente approdato a un posto fisso in un liceo pubblico di Salerno. Infine G., che ''ha 27 anni ed è alla sua seconda esperienza in una scuola privata del salernitano'', e dichiara di lavorare del tutto gratuitamente. |
Post n°49 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Noto ora che Heritage foundation ha pubblicato ieri la classifica della libertà economica nel mondo. Il tutto è disponibile in un gratuito libro che si può scaricare sia in ufficio che sul proprio computer personale. Notasi ivi che il “Belpaese” segue in classifica sia il Sudafrica, che la Namibia. In RSA ci sta pure il partito comunista al governo. Domanda non retorica: Suggerisco di rifletterci e parlar meno, ma fare di più, libertà ... i mezzi ce li avete, no? |
Post n°48 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Ultimissime dall'Unica (e Inimitabile) Repubblica delle Banane a forma di Stivale del Mediterraneo. Il decreto milleproroghe è diventato legge alla fine dello scorso anno. All’articolo 9, comma 1, si stabilisce che: "Il termine per il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145, e 2 agosto 2007, n. 146, irrogate nell'anno 2008 dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è prorogato di trenta giorni. Gli importi da pagare per le suddette sanzioni, anche irrogate negli anni successivi, sono versati fino all'importo di 50.000 euro per ciascuna sanzione, sul conto di tesoreria intestato all'Autorità, da destinare a spese di carattere non continuativo e non obbligatorio; la parte di sanzione eccedente il predetto importo è versata al bilancio dello Stato per le destinazioni previste dalla legislazione vigente. L' importo di 50.000 euro può essere ridotto o incrementato ogni sei mesi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, avente natura non regolamentare, in relazione a specifiche esigenze dell'Autorità." |
La domanda è quella giusta. È una domanda importante perché l'elezione di Obama in Amerika, la conversione sulla via di Colbert di Tremonti (e anche di Sarkò) hanno cambiato il vento. Ora tutti si chiedono cosa lo stato - gli stati - possono fare per salvarci. E naturalmente, la realtà è che possono fare poco o nulla di buono, ma putroppo possono facilmente rendere la situazione economica molto peggiore. Basterebbe questo a farmi piacere il libro, che queste cose ormai non le dice nessuno, e tantomeno in Italia. Ma il libro non si ferma a questo punto; la parte più interessante del libro è la profonda spiegazione del perché la politica non può salvare il mondo; in due parole: Il Il punto è importante: checché ne dica Adidas, comprendere i vincoli è già metà del fare una buona scelta. I vincoli di bilancio ci sono e sono inevitabili. Dati i vincoli di bilancio, c'è poco che si possa fare per evitare la crisi (poco non significa nulla; aiutare coloro che sono nel mezzo della riconversione, travolti dalla distruzione creativa è importante; anche qui però ci sono dei vincoli - che gli economisti chiamo Incentive Compatibility - cassa integrazione per sette anni non incentiva a cercare lavoro). In buona sostanza, riassumo il libro, capitolo per capitolo: 1) "la superiorità della politica" in Italia significa economia pubblica, protezionismo, capitalismo di stato; tutte parole brutte; 2) la crisi di questi giorni non è paragonabile alla Grande Depressione; 3) tra le ragioni della crisi bisogna ricordare le politiche espansive di Greenspan e gli interventi statali su Fannie e Freddie; 4) finanza non è una brutta parola; 5) e nemmeno globalizzazione; 6) e tantomeno Euro; 7) l'Italia non cresce perché ha troppo, non troppo poco, pubblico/politico nell'economia. Conclusioni:
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Post n°46 pubblicato il 09 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Quella dei servizi pubblici locali è stato, per due legislature, uno dei casi più clamorosi di riforma abortita. Al di là delle incertezze dei governi nazionali nella XIII e XIV legislatura, le maggiori resistenze alla riforma sono venute proprio dagli amministratori locali. La socialità è una scusa: |
Post n°45 pubblicato il 09 Gennaio 2009 da amministratore_blog
Quali sono gli standard minimi per diventare ricercatore, professore associato o professore ordinario? Questa domanda è stata posta dal Ministro Gelmini al CUN. Purtroppo, il CUN ha risposto. Dopo avere deciso di riformare il meccanismo della formazione delle commissioni per i concorsi, introducendo, di fatto, un sorteggio dei commissari, il Ministro Gelmini ha chiesto al CUN di formulare degli standard minimi di qualità per gli idonei nelle diverse fasce concorsuali. Insomma, il Ministro ha chiesto al CUN: quante pubblicazioni deve avere come minimo un Professore Associato nel settore delle Scienze Matematiche? E un Ordinario di Scienze Economiche? E cosi via. - che la promozione della qualità ed eccellenza del sistema universitario dipende da molteplici fattori e non può prescindere da un'autonomia responsabile degli Atenei nella valorizzazione del merito ad ogni livello; […] Ritenuto - che gli indicatori proposti sono intesi esclusivamente al fine di determinare livelli minimi normalmente accettabili per l’ammissione alle diverse fasce della docenza; - che tali livelli minimi non possono essere utilizzati per determinare in modo automatico l’esclusione o l’ammissione di un candidato ad una valutazione comparativa; - che gli indicatori forniscono una rappresentazione inevitabilmente sommaria dell’attività scientifica dei candidati e che le commissioni giudicatrici, cui esclusivamente compete la responsabilità di stabilire la graduatoria finale, devono comunque formulare un giudizio qualitativo su tale attività scientifica; |
Post n°44 pubblicato il 29 Dicembre 2008 da amministratore_blog
...L’Indice delle liberalizzazioni stilato dal think-tank italiano traguarda i nostri successi sul benchmark dei migliori, Gran Bretagna, Irlanda e Svezia. Benone il comparto elettrico, malissimo fisco e lavoro. Il colpevole? Si chiama Stato… L’Indice delle liberalizzazioni 2008 non lascia spazio a dubbi: l’economia italiana versa in una protratta situazione di stallo, che ingessa il Paese e che è indice di un declino lento ma costante. Realizzato per il secondo anno consecutivo dall’Istituto Bruno Leoni di Torino, lo studio misura il livello della libertà d’iniziativa italiana, la quale è passata globalmente dal 48% del 2007 al 47% attuale, e questo in dodici settori chiave dell’economia nazionale. Dall’elettricità alle telecomunicazioni, dal gas al trasporto aereo, dal trasporto ferroviario ai servizi postali, dal mercato del lavoro alle professioni intellettuali, inclusi quattro nuovi comparti: i servizi idrici, il trasporto pubblico locale, il fisco e la pubblica amministrazione. |
Post n°43 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Dove, andando a leggere il testo dell'ultimo decreto-legge del governo nella parte che riguarda le agevolazioni sui mutui, si scopre che Giulio prima afferma una cosa e tre righe dopo sostiene l'esatto contrario. Nella stesura del DL n° 185 dello scorso 29 Novembre si scorge l'inconfondibile mano di Giulio Tremonti. Solo il genio, infatti, poteva battezzarlo “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”. A parte l'etichetta, anche il contenuto possiede gli inimitabili tratti della proverbiale acribia dell'estensore. Un esempio? Basta dare un'occhiata all'articolo 2 del decreto, che riguarda i sottoscrittori di mutui a tasso variabile. Il testo dell'articolo é preceduto da uno spot pubblicitario di indubbia abilità comunicativa. Il risparmio annuo, per ogni 100000 euro di mutuo, sarà di 144 euro nel caso di un tasso effettivo del 4,27% (prima riga della tabella). "L'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso non fisso da corrispondere nel corso del 2009 e' calcolato con riferimento al maggiore tra il 4 per cento senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione del contratto. Tale criterio di calcolo non si applica nel caso in cui le condizioni contrattuali determinano una rata di importo inferiore." Chiaro. Il tasso da applicare per determinare la rata a carico del mutuatario é il maggiore fra “il 4 per cento senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione” e “il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione del contratto”. Se, quando si é stipulato il mutuo, il tasso effettivo era maggiore del 4%, si continuerà tranquillamente a pagare la rata prevista dal contratto. Se invece risultasse essere stato inferiore, Giulio - bontà sua - non aumenterà la rata al mutuatario. Grazie ad un raffinato e complesso procedimento matematico - si forniscono ragguagli su richiesta - si può sostenere che il tasso da applicare all'esempio di prima è il 4,27% e non il 4%. L'ipotetico sottoscrittore di quel mutuo di 100000 euro pagherà, per la sua rata mensile, 623 e non 611 euro. Una banca che pubblicizzasse una proposta fuorviante come quella del proclama di Giulio, spacciandola come vantaggiosa, verrebbe giustamente condannata, in quattro e quattr’otto, per pubblicità ingannevole. Va però detto, per amor di verità, che le illuminanti creazioni di Giulio, - che i detrattori si ostinano a chiamare sotterfugi - non possono non deliziare le persone di cultura. La pratica quotidiana di Giulio e' debitrice, nelle sue più geniali intuizioni, del programma dadaista di Tristan Tzara. Sommo artista del '900, si interrogò sulla centrale questione "Si può ancora credere alle parole?", raggiungendo l'immortale conclusione, "il pensiero nasce in bocca". Si può supporre che, in fase di conversione del decreto, l’improvvido aggettivo "maggiore" venga sostituito dal più sensato "minore". Secondo la tabella de Il Sole, il beneficio annuale per l'acquirente di una casa del valore di 600000 euro, che ha stipulato un mutuo a tasso variabile di 500000 euro, é compreso fra 720 e 2940 euro, a seconda dello spread. Per i mutui più recenti lo spread si attesta attorno all’1,8%; qui è possibile avere un’idea dei tassi e degli spread correnti. In questo caso il beneficio supererebbe i 3800 euro. Niente male: il triplo dei mille euro che otterrà una famiglia con handicappato a carico e reddito non superiore a 35000 euro (vedi l’articolo 1 dello stesso decreto). D’altra parte Giulio vuole “ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”. Diamogliene atto: che c'entrano con quest'ambizioso progetto quei pezzenti che guadagnano meno di 35000 euro e sono così sfigati da avere anche un handicappato dentro casa? |
Post n°42 pubblicato il 17 Dicembre 2008 da amministratore_blog
È la nuova parola d'ordine. Tutti hanno scoperto quanto sia determinante il supporto alla cosiddetta economia reale che, nell'ambito italiano, vuol dire piccola e/o media impresa. |
Post n°41 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Nell'indagine precedente, effettuata nel 2003, gli alunni italiani ottennero risultati modesti, appena superiori alla media dei circa 50 paesi partecipanti. La media però era viziata dalla presenza di alcuni paesi in via di sviluppo. Escludendo dai calcoli anche solo il Marocco, la Tunisia e l'Armenia, i risultati degli studenti italiani erano significamente inferiori alla media dei paesi rimanenti. Nei test rilevati alla fine dell'ottavo anno di istruzione la posizione dell'Italia nel confronto internazionale era persino peggiore. Com'è andata nel 2007? Le tabelle rilevanti si trovano nel primo capitolo di ciascun rapporto internazionale (cfr. le tabelle 1.1 di ciascun rapporto). Preciso, e spero con questo di prevenire qualche probabile lamentela da parte dei lettori, che mi limiterò qui ad alcune veloci considerazioni di natura qualitativa nella speranza di chiarire le dichiarazioni che certamente verranno pubblicizzate nei prossimi giorni. Non è certamente lo scopo di questo breve articolo analizzare i dati in modo dettagliato. Chiarisco anche per chi volesse consultare le tabelle (che non riporto ma che sono facilmente rintracciabili dal link che ho appena indicato) che per facilitare il confronto intertemporale i risultati del 2007 sono stati riscalati in modo tale che un risultato di 500 "punti" nel 2007 equivalga a 500 punti nel 1995. I risultati del 1995 vennero riscalati in modo da avere una media di 500 e uno scarto quadratico medio di 100. La media evidenziata nella tabella, pari a 500, è un numero puramente indicativo della scala usata per valutare i test, e non corrisponde alla media dei risultati del 2007, che non viene riportata. Giusto per aumentare la confusione, la corrispondente tabella del rapporto del 2003 invece riportava la media calcolata sui risultati di quell'anno. Il confronto dei risultati con le medie, in ogni caso, ha un valore relativamente poco informativo, essendo queste statistiche calcolate sull'insieme limitato dei paesi partecipanti all'indagine. Meglio dunque soffermarsi anche su valutazioni puramente qualitative. Le conoscenze in matematica In matematica, gli alunni italiani di quarta elementare si piazzano al sedicesimo posto dei trentasei paesi partecipanti (escludo qui e nel resto dell'articolo le regioni che fanno parte dei "Benchmarking participants"). Tutti i paesi con un livello di industrializzazione e reddito simile a quello italiano sono in una posizione migliore di quella dell'Italia, tranne la Svezia e l'Austria, i cui risultati sono sostanzialmente simili a quelli dell'Italia. Il risultato quantitativo di 507 è appena sopra la media della scala di grandezza usata, 500, che va interpretata come ho segnalato sopra. Ho calcolato la media aritmetica dei risultati di tutti i paesi partecipanti all'indagine nel 2007. Questa media è pari a 476, appunto perché in questa indagine sono stati inclusi più paesi con risultati mediocri rispetto al 1995. Eliminando per esempio dal calcolo Qatar, Tunisia, El Salvador, Yemen, Marocco e Kuwait, il risultato dell'Italia si sarebbe attestato di un paio di punti al di sotto della media dei paesi rimanenti. Non un risultato confortante. I risultati degli alunni italiani di terza media invece sono disastrosi. Gli italiani si piazzano al diciannovesimo su quarantanove paesi. Non riesco a trovare nessun paese occidentale industrializzato sotto l'Italia in questa classifica, a meno di non volervi includere Israele. Il risultato quantitativo, pari a 480, ha poca rilevanza di fronte a questa deprimente evidenza. La dinamica intertemporale è piuttosto stabile, gli alunni di quarta elementare hanno leggermente migliorato il proprio risultato rispetto al 2003, ma in maniera non statisticamente significativa; quelli di terza media lo hanno leggermente peggiorato, ma anche in questo caso la differenza non è statisticamente significativa. Le conoscenze nelle scienze Osservando le tabelle riguardanti i risultati nelle materie scientifiche, il colpo d'occhio sembra favorevole all'Italia. Gli alunni italiani di quarta elementare sono al decimo posto di una classifica che comprende trentacinque paesi. Il punteggio medio ottenuto, 535, si colloca all'incirca a metà fra il massimo (587, Singapore) ed il minimo (477, Norvegia) ottenuti da paesi con livelli di reddito agiati (mi scuso per l'approssimazione, ma basta scorrere i nomi dei paesi coinvolti per convincersi). Non ho calcolato la media, che sarebbe comunque viziata dalla presenza di paesi con risultati disastrosi (inferiori a 350), come Kuwait, Qatar, Yemen, Marocco e Tunisia, ma tutto sommato gli alunni italiani se la cavano decentemente soprattutto considerando che hanno eseguito il test ad un'età inferiore di circa un anno rispetto agli alunni di quasi tutti gli altri paesi. Peggiore però è il risultato degli alunni di terza media, pari a 495, che è non solo inferiore alla media della scala di grandezza usata, 500, ma è migliore solo del risultato ottenuto da paesi in via di sviluppo o comunque con livelli di reddito e benessere decisamente inferiori a quelli italiani, con l'eccezione della Norvegia. La dinamica per gli alunni delle elementari è positiva. Il miglioramento di circa 20 punti rispetto al risultato del 2003 (da 516 a 535) è statisticamente significativo, ma non enorme (l'unità di riferimento per valutare questo miglioramento viene dalla deviazione standard su cui sono calcolati i dati, pari a 100 nel 1995). Nessun miglioramento né peggioramento per gli alunni delle medie rispetto al 2003 e al 1995. Conclusione La stampa e le parti in causa contribuiscono non poco a generare una discreta confusione sui risultati di queste indagini, forse a proposito, ma non voglio essere maligno. È ubiqua, per esempio, l'affermazione che la scuola italiana sia "all'ottavo posto nel confronto internazionale", dimenticando di precisare che questo risultato si riferisce solo al confronto delle capacità di lettura degli alunni effettuate dall'indagine PIRLS 2006, che comprendeva un insieme di soli 40 paesi, fra i quali mancano, ad esempio, alcuni paesi avanzati come la Svizzera, la Finlandia, il Giappone, e così via. I nuovi dati mostrano che i risultati degli alunni italiani in matematica vanno dal mediocre delle elementari al disastroso delle medie. Nelle scienze i nostri alunni delle elementari dimostrano conoscenze buone ed in fase di miglioramento. I risultati degli alunni di terza media invece riportano risultati mediocri anche in questo settore. Sarà interessante fra quattro anni conoscere se il miglioramento osservato per le scuole elementari sarà persistente e se si tradurrà in migliori conoscenze alla conclusione delle scuole medie. |
Post n°40 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Ma c'è stata davvero una svolta, e di quale portata? Alcune di queste decisioni erano nell'aria, perché servivano per ripristinare le condizioni minime di dialogo con i sindacati, e sono state favorite dalla linea di mediazione sostenuta dalla presidente della commissione Cultura della Camera, Valentina Aprea (che non ha portato però al voto favorevole dell'opposizione). Ma qual è il bilancio dell'operazione in termini di vantaggi e rischi, di costi e benefici politici? Cominciamo dai vantaggi/benefici. Il governo su un piano più generale, e il ministro Gelmini in particolare, escono dallo situazione di scontro frontale e di incomunicabilità con larga parte del mondo della scuola. E pagano, tutto sommato, un prezzo relativamente modesto, considerata l'entità delle misure varate per decreto legge sul maestro unico. Il maggior rischio, o costo politico, che corre il governo è quello di dare l'impressione di non essere in grado di portare fino in fondo la sua azione perché colpito anch'esso dalla sindrome dell'indecisionismo attendista, come la definisce il pur filogovernativo direttore del Giornale, cioè da quella tendenza a mediare, rinviare e alla fine spesso vanificare ogni decisione importante se suscita troppi contrasti e lede troppi interessi. Una sindrome caratteristica della prima Repubblica, ma che rischia di riprodursi anche nella seconda. |
Post n°39 pubblicato il 12 Dicembre 2008 da amministratore_blog
L’ultima fatica del Senatore Marcello Pera (d’ora in poi M.P.) riguarda, ancora una volta viene da dire, la questione assai dibattuta del ruolo che la religione, nello specifico quella cristiana e cattolica, dovrebbe avere nella sfera pubblica per motivare e sostenere l’esistenza di uno spazio pubblico, politico, nel quale i cittadini possano unanimemente riconoscersi. Secondo M.P. il cristianesimo potrebbe assolvere a una precisa funzione di generazione dei valori morali non solo nello spazio ridotto delle singole nazioni, ma addirittura nell’intera Europa. La tesi di Pera può essere sintetizzata come segue. Diagnosi: L’Europa, e tutti i singoli stati nazione che appartengono all’Unione Europa, vivono una scristianizzazione che induce a) una perdita di valori morali nei singoli e nelle collettività politiche; b) lascia gli stati dell’Unione Europea privi di un collante capace di dare un’anima alla già raggiunta unificazione monetaria e burocratica. Terapia: bisognerebbe riconoscere che il liberalismo, già parzialmente assurto a ideologia di fondo dell’Unione Europea, è intimamente legato al Cristianesimo, sia dal punto di visto storico sia dal punto di vista teorico. Senza questo riconoscimento previo, l’Europa è destinata a rimanere senza radici, perché priva dell’afflato vivificatrice del Cristianesimo, e lo stesso liberalismo sarebbe condannato ad un triste solipsimo edonistico, divenendo la copertura ideologica al consumismo e al capitalismo “senza regole”. PARS DESTRUENS Lo spettro delle possibili obiezioni a questa tesi è assai ampio, ne prenderò in esame solo alcune. Obiezione empirica. Sostenere che il Liberalismo, privato della sua radice religiosa, è destinato a scomparire è empiricamente falso. Poniamo pure che il liberalismo sia effettivamente preda di una scristianizzazione in atto, o anche pienamente compiuta: forse che esso è scomparso come ideologia politica o economica? Io direi di no, almeno a giudicare dalle pubblicazioni accademiche sul liberalismo politico o dalle discussioni, accademiche e non solo, in merito a come meglio interpretare e implementare quei principi di libertà economica che si esercitano nei mercati. Dunque, il liberalismo come ideologia politica o filosofica, e come prescrizione di politica economica, continua ad esistere, seppure i suoi presupposti cristiani siano, secondo M.P., caduti in oblio. Secondo questa prima obiezione, dunque, il Senatore farebbe bene a circoscrivere con più precisione i termini della discussione, precisando che ciò che lui discute non sono il liberalismo e il cristianesimo in quanto tali, ma la sua personale descrizione di cosa cristianesimo e liberalismo dovrebbero essere, da soli o in combinazione. Quanto appena detto è banale, del resto tutti quando parlano, parlano di quanto interessa loro; però in questa luce, le parole di M.P. perdono l’ineluttabilità della diagnosi irreversibile e si presentano nella luce più fioca di una auspicio idiosincratico. Obiezione anti-storicistica. Con ironia si dice che i filosofi corrano rischi professionali di particolare natura: certo, si salvano dal cadere da ponteggi non in sicurezza, ma corrono il rischio di confondere ciò che pensano con ciò che accade. Mettiamo in sicurezza M.P. Assumiamo ancora una volta la bontà della sua tesi storico-filosofica, ovvero che vi sia una filiazione diretta tra il Cristianesimo e il Liberalismo, e che dunque l’ultimo non sia che un fenomeno interamente derivato dal primo, secondo linee di sviluppo culturale, ideologico e addirittura teologiche, perfettamente trasparenti e accessibili a tutti gli studiosi di storia della filosofia politica. In realtà, tale consenso interpretativo è assente tra gli studiosi che si occupano di tali questioni, ma assumiamo pure che tale consenso esista. Ebbene, come potremmo ricavare, da questo fatto, l’obbligo per il liberalismo (in realtà qui l’obbligo sarebbe tipicamente ascrivibile a quanti si professano liberali, mi si passi comunque quest’uso metonimico dei termini) di stare entro la tradizione culturale cristiana, che secondo M.P, avrebbe generato il liberalismo medesimo? In punto di fatto, se è vera la diagnosi di M.P., non sussiste una costrizione de facto per i liberali a stare dentro quella tradizione, perché appunto il liberalismo (si) sarebbe già scristianizzato. Dunque la sua più che una diagnosi è ancora una volta una partecipata invocazione a che le sue personali preferenze, un liberalismo religioso, si realizzino per il maggior numero di persone. Inoltre, è assai ironico che colui che non manca di ricordare, giustamente con orgoglio, i suoi legami intellettuali con il filosofo Karl Popper, si produca poi in forme di storicismo così scoperte: è stato proprio Popper a criticare le miserie dello storicismo. Ma dove starebbe lo storicismo di M.P.? Esso risiederebbe nell’idea, che lui dovrebbe giudicare erronea, di poter stabilire nella Storia gradi di sviluppo prevedibili a partire da una ricostruzione filosofica del passato, e di poter ricavare da tali ricostruzioni filosoficamente generali principi di condotta per il futuro. Poniamo dunque che la sua ricostruzione storica e filosofica sia corretta, in che senso potremmo dire che è la rilettura di certi filosofi o teologi, o il semplice di studio del momento generativo di un’ideologia, a poter essere sufficiente per giustificare l’accettazione di quanto sostenuto da certi autori o l’accettazione in toto della base dottrinaria da cui si presume sia derivato il liberalismo? Se anche fosse vero che il liberalismo è derivato dal Cristianesimo, potremmo comunque, al giorno d’oggi, reputare che quel legame debba andare superato. Mi pare che qui M.P. ricada ancora in un rischio professionale tipico della pratica filosofica: presentare i propri argomenti ricavando l’autorevolezza di questi a partire dallo svolgimento storico-filosofico di idee che guarda caso mettono capo proprio alle tesi che interessano l’autore. In genere, tali stratagemmi argomentativi sono sempre sospetti, perché si rischia di forzare i classici del pensiero a sposare tesi che forse quelli non avrebbero sottoscritto; in questi casi è fondamentale dunque che l’attribuzione di certe tesi ad autori defunti, come John Locke ed Immanuel Kant, avvenga nella più stretta adesione alle parole di questi, in maniera filologicamente rispettosa ed argomentata. Se non lo si fa, ci si espone all’obiezione che segue. Obiezione contro l’autorità (presunta). Usare frasi singole di autori giudicati “importanti”, al fine di sostenere tesi estranee agli autori discussi - senza neppure una discussione filologica dei testi e del tipo di coerenza che essi presuppongono rispetto a quanto sostenuto dall’autore complessivamente - è nulla più che un argomento ad auctoritatem. Infatti, la professione di fede di alcuni filosofi poteva forse essere strumentale a garantirsi protezione politica o a conformarsi a prescrizioni di fede della comunità di appartenenza; in quei casi esse perderebbero molto dell’alone nobile che possiedono a prima vista. Se fra 150 anni, l’ipotetica adesione al Cristianesimo di un mio lontano discendente, nel frattempo iscrittosi a Forza Italia, fosse giustificata sulla base dell’argomento che un celebre filosofo liberale di Forza Italia era anche cristiano, chi potrebbe ricavare da tale rivelazione un argomento decisivo perché un liberale debba essere necessariamente cristiano? Se noi non possiamo accertare, se non a prezzo di un poderoso lavoro filologico, le vere intenzioni retrostanti alcune frasi sul Cristianesimo pronunciate, per esempio da Kant, possiamo più ragionevolmente tralasciare gli aspetti del suo pensiero più direttamente collegati con le sue vicende personali di fede ed enfatizzare aspetti più promettenti della sua concezione morale, al punto da elaborare una concezione dell’autonomia morale molto più radicale di quanto inizialmente pensato da Kant. Un lavoro filosofico ambizioso come quello di M.P avrebbe dovuto fare almeno una delle due cose: o argomentare filologicamente a favore delle sue riletture dei classici del liberalismo o mostrare come argomentativamente esse possano essere conciliate con la ricezione e interpretazione condivisa di quegli autori. Mancando entrambe, l’uso di frasi fuori contesto può costituire l’elegante intestazione epigrafica del libro o dei capitoli, ma non una convincente argomentazione a favore delle tesi dell’autore. L’obiezione instrumentum regni. Raramente tesi tanto ardite, ai nostri giorni, sono affermate con tanta baldanza. La baldanza risiede nel collegare in maniera esplicita la costruzione di una nuova sovranità politica, l’Unione Europea, con l’adozione di un apparato ideologico-religioso. Una simile proposta rende minacciosa la costruzione politica che su quelle fondamenta vorrebbe erigersi e impoverisce il cristianesimo, e il cattolicesimo, del loro afflato universale, collegandoli in maniera speciale a una porzione esigua del mondo, l’Europa. Il progetto politico diviene minaccioso perché potenzialmente esclusivo ed escludente di chi non si riconosca nella concezione liofilizzata di Europa di M.P.; la religione è degradata, a mio parere, perché si associa in maniera troppo scoperta ad un progetto politico, divenendo appunto instrumentum regni. Anche a questo proposito, è singolare l'entusiasmo con il quale le gerarchie vaticane plaudono ad un simile progetto: come possono tollerare che la loro fede diventi mezzo di giustificazione di un processo politico su cui non hanno un controllo diretto? Non temono di poter essere essi stessi utilizzati per fini che non sono religiosi ma politici? PARS COSTRUENS Nella parte precedente ho dato a intendere che alcune tesi di M.P. potessero essere accolte, seppure con beneficio d’inventario, al fine di mostrare che anche se vere esse non avrebbero potuto sottrarsi comunque a critiche esterne ad esse. Adesso intendo svolgere un’argomentazione più costruttivamente slegata dalle parole del senatore. Una riflessione su cosa sia il liberalismo e come sia più coerente intenderlo, alla luce dei suoi presupposti teorici e della sua genesi storica, è cosa assai complessa, ma si può cercare di semplificare tale coacervo di questioni riducendolo ai suoi elementi primi, siano essi storici o teorici. A voler trovare uno sfondo teorico accettabile e informato di cosa sia il liberalismo, si può iniziare da qui, se invece si desidera una riflessione meno filosofica e più “politica” si può guardare qui. Ovviamente esistono molte forme di liberalismo: andando in ordine sparso, vi sono versioni repubblicane; deliberativiste; versioni market friendly; proposte interessate alla neutralità della sfera pubblica, ecc. Tutte però sono interessate ad argomentare a favore della libertà individuale, seppure con mezzi che possono apparire opposti (e.g. espansione o contrazione della spesa sociale). In linea di massima si può dire che il fine normativo e politico-morale al quale il liberalismo tende è la realizzazione della libertà dell’individuo. Questo obbiettivo si realizza in una molteplicità di ambiti: nella limitazione dei poteri dello stato sia dal punto di vista politico, con la divisione dei poteri fra organi separati dello stato, sia dal punto di vista economico, con la generale promozione delle libertà di intrapesa economica; sia dal punto di vista morale con l’ascrizione agli individui di una specifica condizione di dignità. Le basi filosofiche dell’ideologia liberale sono le più varie, anche se si riconoscono degli elementi costitutivi orginari che sono: il giusnaturalismo, che dovrebbe fondare l’eguale dignità riconosciuta in capo agli individui; il contrattualismo, che pone dei vincoli di legittimazione alla fondazione e all’esercizio del potere; e il principio della libertà economica, inizialmente associata a movimenti come quelli dei fisiocrati, dai quali peraltro proviene il motto celebre del laissez-faire. Per quanto la definizione che ho proposto sopra sia assolutamente minimalista, essa coglie l’aspetto decisivo di cosa significhi essere liberale, ovvero la protezione e l’espansione della libertà degli individui. Credo che questa mossa sia necessaria per trovare un punto di appoggio che permetta di abbandonare le secche del dottrinarismo testuale che ci impelagherebbero in oscure discussioni su quale autore abbia meglio espresso il liberalismo o lo abbia incarnato in maniera più compiuta. Andiamo dunque alle implicazioni che derivano dalla mia assunzione normativa che sarà minimale, ma è nondimeno assai esigente. Quale che sia la parabola storica che si preferisce per spiegare la genesi del liberalismo, quali che siano gli autori che si privilegiano, lo sfondo assiologico dell’individualismo è chiaro e prevede che alla libertà dell’individuo spetti una priorità di diritto su pretese contrarie da chiunque avanzate e a qualunque titolo: politico, morale o economico. Se la mia idea minimale di liberalismo è dunque condivisibile non si vede come il liberalismo potrebbe sposare una sola religione, connotata con i tratti comunitari di una tradizione estesa addirittura a tutta l’Europa, assunta inoltre come mezzo per consolidare consenso intorno ad un progetto politico europeista. Si consideri inoltre che i contenuti di quella religione siano alienati ad un potere, quello ecclesiale della Chiesa Cattolica, che presenta tutti i tratti di illimitatezza di funzioni e potere contro i quali il liberalismo si è sempre opposto. L’idea di M.P., del cristianesimo come religione civile di una comunità politica, sarebbe già di suo in contrasto con l’ideale dell’autonomia morale individuale, che subirebbe una amputazione delle sue facoltà di giudizio religioso, allo scopo di conferire stabilità a una costruzione politica. Questa ascrizione teorica è intollerabile, sotto qualunque punto di vista, perché renderebbe le coscienze degli uomini un mezzo per la realizzazione di finalità politiche eteronome. Tale idea appare ancora più scriteriata se poi il contenuto di quella religione civile non solo è inteso in senso collettivistico e storicistico (che deve valere per tutti in quanto comunità storicamente determinata da quanto accaduto in passato) ma la precisazione dei suoi contenuti è demandata all’autorità che invoca per sé stessa un potere spirituale infallibile e non soggetto ad alcun controllo! Come può tutto ciò definirsi in linea con le idee cardine del liberalismo di preservare la libertà individuale e di limitare il potere dello stato e di ogni entità autocratica? PS: il libro di M.P. che ho discusso sopra è stato presentato in diversi articoli di giornali, ma fra i tanti mi preme segnalare questo. Più volte si è ironizzato sui giornalisti del Corriere, per quello che dicono, per quello che tacciono e per come fanno entrambe le cose. Anche questo articolo, sebbene non discuta questioni economiche, si espone alle stesse critiche. La giornalista non esprime nessun pensiero autonomo sul libro che, in teoria starebbe recensendo, ma si limita a intercalare la sua prosa, invero assai poco utile, alle frasi virgolettate di M.P., che dunque si gestisce in tutta autonomia una sorta di spazio pubblicitario. Fin qui dunque saremmo ancora nel campo delle omissioni della giornalista. Il peggio però viene quando la signora Calabrò si lancia in simili affermazioni:
Intanto, cosa c'entrano la phronesis aristotelica e la ragion pratica di Kant con le affermazioni di M.P.? E poi, da quando, un teorema matematico dovrebbe dirimere una questione relativa all'esistenza di Dio? Infine, di quale teorema sta parlando, visto che il matematico boemo ne ha dimostrato diversi, di teoremi? Ecco, è proprio scorrendo queste righe che si percepisce la profondissima crisi della cultura umanistica italiana: essa si caratterizza ancora per quest'uso intimidatorio delle parole e degli autori classici, buttati tutti in un unico calderone (Aristotele, Kant e Godel), allo scopo poi, neppure nascosto, di giustificare progetti politici e ideologici di tipo clericale. |
Post n°38 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Ho iniziato la mia carriera d'insegnante di scuola elementare come insegnante "prevalente". Le prime sperimentazioni di tempo prolungato prevedevano la prevalenza di un docente sulla classe a 24 ore con il completamento di un altro insegnante. Non c'era la lingua inglese e non ricordo la presenza dell'insegnante specialista di religione. L'esperienza mi piacque molto, ma l'anno successivo mi ritrovai a far supplenza come insegnante unica. Entrata in ruolo cercai di insegnare nelle scuole dove si attuava il tempo prolungato e così iniziai le ie varie esperienze di team. Dopo quasi venticinque anni d'insegnamento, penso che il modulo sia valido quando:
Se non sussistono questa condizioni è molto meglio l'insegnante prevalente affiancato dagli specialisti. E' l'insegnante che sa di essere responsabile della gestione educativo - didattica del gruppo, mantiene costantemente i rapporti con i genitori, coordina il team (le ore di programmazione sono essenziali, due sono troppo poche vista la necessita di dover continuamente documentare quanto fatto) e stabilisce con gli alunni, cosa importantissima, un rapporto relazionale affettivo essenziale per la formazione. Il modulo permette le ore di contemporaneità. Una manna dal cielo, viste le problematiche dei gruppi classe della società moderna. Ma, spesso, vengono utilizzate per la sorveglianza durante il servizio mensa, ne rimangono poche e non in tutte le classi, e creano così una guerra tra poveri (a volte sono anche mal utilizzate, è secondo voi plausibile programmare le verifiche di classe durante le ore di contemporaneità?) Allora qui potrebbe entrare la questione dell'insegnante di sostegno. Una delle tante contraddizioni del nostro sistema scolastico: l'insegnante di sostegno è assegnata se sono presenti solo alunni certificati, ma l'insegnante di sostegno è sostegno alla classe, non all'alunno. Se un genitore, anche in presenza di una patologia, non vuole certificare il proprio alunno (non è un bollino blu di qualità) la classe non avrà il sostegno, anche se l'insegnante di classe dovrà fare da sostegno al bambino e al gruppo. Non è raro oggi,trovare nelle classi casi di alunni in grave situazione di disagio, senza la presenza di patologie certificabili, alunni che destabilizzano le dinamiche del gruppo, se i problemi sono comportamentali, alunni con disturbi specifici di apprendimento che necessitano di strumenti compensativi per l''apprendimento, alunni stranieri che senza un aiuto (che non possono avere in famiglia, come gli altri compagni) faticano ad imparare la nostra lingua, soprattutto a livello di studio. |
Post n°35 pubblicato il 05 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Il presidente Napolitano, in questi giorni in visita a Napoli, ha esortato la politica ad una maggiore «attenzione al problema del Mezzogiorno e al rapporto tra Mezzogiorno e sviluppo nazionale» (tutte le virgolette riferiscono alle parole del presidente, così come riportate dalla stampa di ieri e l'altro ieri). Esortazioni alla politica da parte di alte cariche istituzionali sono quasi per necessità esercizi di retorica, appelli ai buoni sentimenti. Questa non fa eccezione. Ma vale la pena di discuterla in qualche dettaglio, per l'idea implicita della Questione Meridionale che ne traspare. A Cura di Alberto Bisin, by www.NoisefromAmerika.org |
Post n°34 pubblicato il 04 Dicembre 2008 da amministratore_blog
Il Decreto anti crisi varato dal Governo prevede sostegni alle sole banche con azioni quotate in borsa. Perchè solo a loro? Sono forse la maggioranza, per numero o per risparmi raccolti? Sono forse, più delle altre, in difficoltà economiche a causa di eventi esterni o altri fattori a loro non imputabili? Hanno forse un minore accesso, rispetto alle altre banche, ai mercati dei capitali? Difficile trovare una ratio convincente. Il sostegno statale limitato alle sole banche quotate è disfunzionale al perseguimento degli obiettivi di politica economica individuati dal Legislatore, distorsivo della libera concorrenza nel settore bancario ed iniquo laddove privilegia proprio quelle banche orientate alla generazione di extra profitti anziché alla sana e prudente gestione. |
Post n°33 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da amministratore_blog
PREMESSA: MA SI RICORDI CHE SIAMO IN ITALIA! MA ALLORA QUANDO UN LAVORATORE VIENE LICENZIATO? VERAMENTE? SPESSO A CAUSA DELLA NOSTRA POLITICA DEL LAVORO, FANNO PRIMA A FALLIRE LE AZIENDE CHE AD ESSERE LICENZIATI I DIPENDENTI, PER NON PARLARE POI DELLA PRODUTTIVITA'! SFIDO CHIUNQUE A LICENZIARE UN DIPENDENTE CHE MAL LAVORA, ALLORA ANDIAMO A VEDERE PROPRIO QUESTO SECONDO CASO. SPENDIAMO LE ULTIME RIGHE PER DARE UNO SGUARDO AD UNA FUTURA (SPERIAMO) ITALIA... |
Post n°29 pubblicato il 19 Novembre 2008 da amministratore_blog
Il 22 ottobre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini hanno presentato un dossier intitolato "Tutte le bugie della sinistra", con lo specifico intento di "rispondere con dati e cifre al mare di falsità della sinistra". Poche ore dopo il Partito democratico ha replicato con un controdossier, punto su punto, intitolato "Tutte le bugie del premier sulla scuola". Ciò che colpisce è che entrambi i dossier contengono imprecisioni, forzature e anche veri e propri errori. Il "dossier verità" di Tuttoscuola evidenzia incongruenze e approssimazioni e riporta tutti i dati per un confronto corretto. D’altro canto il dibattito in corso sulla scuola, fortemente condizionato dalle esigenze di semplificazione della comunicazione mediatica, fa sempre più un uso disinvolto dei dati, spesso piegati a sostenere i ragionamenti della parte politica che li espone, e la cui precisione è subordinata all’efficacia dell’argomentazione. Capita così di sentire scambiare miliardi con milioni (di euro)..... ....."Continua leggendo tutto il Dossier(formato PDF)" |
Post n°27 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da amministratore_blog
Ieri a Roma, come da copione si è svolta la manifestazione degli Studenti, o quasi. |
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