GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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IL MIO PRIMO AMORE

Post n°599 pubblicato il 17 Aprile 2012 da meraviglia65
 

I miei ricordi vanno ai tempi della prima elementare, dei primi amici. I miei genitori lavoravano entrambi e io non avevo frequentato l'asilo, ma passavo le giornate con i nonni e i loro coetanei. Abitavo in una zona periferica del paese con case e fabbriche artigianali. Non c'erano bambini, fino ad allora. Iniziata la scuola ho scoperto che alcune famiglie si erano trasferite vicino a casa mia e iniziai a fare le prime amicizie. Passava il pulmino a prenderci per portarci a scuola e riportarci a casa, eravamo una decina di ragazzini scalmanati, anzi erano perchè io, timidissima, ero sempre in un angolo in disparte a guardare gli altri che si divertivano e quando partecipavo era perchè gli altri mi prendevano in giro. Un giorno uscendo da scuola, la mia classe aveva fatto tardi e io credevo che il pulmino fosse partito senza di me. Invece esco e vedo l'autista che mi esorta a correre e a salire, dicendomi: “Devi ringraziare Nicola, se no rimanevi a piedi.” Nicola??? Si, sapevo chi era, ma non ci eravamo mai parlati. Era un bimbo con un sorriso dolcissimo, grandi occhi grigi, parlava con la erre moscia, sempre tanto gentile con me, quanto scalmanato con gli altri del gruppo. Salgo, con lo sguardo basso, vergognosa nei confronti degli altri per aver fatto tardi, immaginando le battute di derisione. Alzo lo suardo e lo vedo, lui mi sorride timidamente, mi fa cenno di sedermi vicino a lui: mi aveva pure tenuto il posto. Mi avvicino, arrossendo in viso come un pomodoro pronto per diventare salsa e tremando come una canna di bambù sotto i colpi di un tornado. Non sono nemmeno riuscita a guardarlo in faccia e a dirgli grazie per quanto ero timida ed emozionata. Da quella volta ci siamo sempre salutati, il primo che saliva sul pulmino teneva il posto per l'altro, quando uno era malato l'altro gli portava i compiti a casa (pur non essendo nella stessa classe). Gli altri del gruppo ci prendevano in giro, dicevano che eravamo innamorati, ma io negavo dicendo che volevo sposare Gianni Morandi...e ne ero pure convinta. I miei ricordi saltano al periodo delle scuole medie, quello delle prime vere cotte e lui era sempre il mio amico preferito, quello che un giorno, con la scusa che sua madre mi doveva parlare mi ha fatto entrare nelle scale di casa sua e mi ha dato un bacio sulle labbra. Frettoloso per non essere visto, ma che mi ha lasciata senza fiato. Dopo quel bacio ci incontravamo di nascosto dagli altri sotto il ponte della ferrovia vicino a casa nostra. Tanti piccoli dolci baci e sorrisi tenerissimi. Niente di più. A quei tempi era già tanto. Poi siamo passati alle scuole superiori e ci siamo persi di vista. Ora siamo entrambi sposati con figli, ma nonostante abitiamo ancora entrambi nello stesso paese che ci ha visti crescere, ci si vede per caso una volta l'anno circa per la festa del paese. Ci si vede e ci si saluta formalmente. Non so lui, ma io a volte ripenso a quei dolci e innocenti baci e la nostalgia mi prende per un attimo. Bei tempi quelli della nostra gioventù.
Grazie a Sergio per avermi fatto ricordare questo pezzo del mio passato.

Meraviglia65

 
 
 
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