GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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La miopia dell'Europa (dis) Unita e lo strapotere dell'Asia (2).

Post n°687 pubblicato il 14 Agosto 2012 da sergioemmeuno
 

  

 

 

  

  

   Qualcuno di voi ha mai fatto caso alle conseguenze secondarie del terrificante tsunami in Giappone del 2011 oppure dei frequenti alluvioni in Thailandia?

   Ebbene, a causa del guasto della centrale di Fukushima, migliaia di fabbriche cinesi sono state costrette a sospendere momentaneamente la produzione. Idem per la penisola indocinese.

   Paradossalmente la situazione del continente asiatico è opposta a quella europea. Mentre i rispettivi governi mostrano antichi rancori – si pensi alla Cina, Giappone, India e Corea del Sud –,  e si rafforzano dal punto di vista militare, la loro cooperazione economica e commerciale si rafforza sempre più, sicché un’eventuale crisi di un paese avrebbe pesanti ripercussioni sul partner. In particolare, sia la Corea del Sud che il Giappone  vedono la Cina come il principale destinatario dei propri investimenti.

 

   Quando lo scorso febbraio, il presidente Obama ha chiesto ai dirigenti Apple perché l’intero processo di assemblaggio dell’I-Pad e dell’I-Phone non fosse trasferito dalla Cina alla California, tutti si sarebbero aspettati la più scontata delle risposte: la produzione nell’Estremo Oriente ha minori costi. In realtà, questa spiegazione  trita e ritrita può essere valida nei manufatti di basso profilo.

   Nei prodotti ad alto contenuto tecnologico, in certi paesi asiatici si è raggiunta una capillare ed efficientissima interconnessione di filiere, improbabile dall’essere eguagliata. Perlomeno nel breve periodo.

   Il  sofisticato sistema delle forniture chiamato Supply chain (aldilà di tutti i processi e le tecnologie, non è nient’altro che il coordinamento redditizio dell’offerta con la domanda), l’integrazione fra le snelle imprese dei paesi sopracitati, la flessibilità (e gli orari disumani, aggiungo) del mondo del lavoro, e, non per ultimo, la specializzazione dei cosiddetti tecnici intermedi: tutto ciò è stato creato altrove, mentre noi del Vecchio Continente ci specchiavamo come narcisi nel nostro “laghetto del benessere”, infischiandocene del futuro. E qui mi viene da pensare a quella spocchiosa e indolente Terza generazione dei Buddenbrook di Thomas Mann, ovverosi i mercanti con la pancia piena, dediti ormai al tempo libero e alla musica.

   Se noi europei non supereremo gli egoismi nazionali (vedasi Germania e l’ottusa Merkel) e non saremo in grado di creare un’efficiente cooperazione economica, sarà inutile ogni discorso sul lavoro, sul welfare e le tasse, sul debito nazionale e la sudditanza dai mercati e tanto altro ancora. Non ci vuole un economista per capire che la differenza di velocità (sintetizzato nel famigerato “spread”) fra la Germania/Europa A e l’Italia, la Spagna e le altre, ci spinge verso gli abissi, a cui, peraltro, non siamo più abituati.

   Tra l’altro, il notevole rallentamento della crescita demografica in Europa – figlia di questa concezione del sesso ridotta al puro disimpegno, icona del benessere pret a porter, farà sì che nel 2040 saremo in maggioranza ultrasessantenni (circa il 33%), a fronte del misero 15 % dei ragazzi sotto i 15 anni. In tal senso, l'incrocio delle due curve di crescita era già avvenuto nel 1993 (al 18%).  Sembra lampante che, con queste premesse, le aziende saranno prive di idee nuove e i conti degli Stati gravati vieppiù dalle pensioni.

 

    Le stime di crescita del 2040 vedono la Cina con un PIL al 40% del totale, gli Usa (sorpassato dall’India) a un 15% e l’Europa Unita a un misero 5 %. Una buona fetta di merito va al presidente cinese Jian Zemin, che nel 1998 esortò in modo massiccio la frequentazione delle scuole superiori. Si ipotizza addirittura che, nella prossima generazione, la metà dei giovani cinesi sarà iscritta all’Università.

   In uno studio di Edwin Mansfield del 1971, emerse che i presidenti delle aziende che avevano adottato le nuove tecnologie più complesse erano più giovani e meglio istruiti dei capi delle aziende meno dinamiche.

   Insomma, uno Stato dignitoso che guarda al futuro dovrebbe mettere sempre Scuola e Ricerca al primo posto! E pure questo non è difficile da capire...

 

Buon ferragosto a tutti!

 
 
 
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