GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Quella notte in cui gli ululati della sacerdotessa squarciarono la quiete del condominio.

Post n°751 pubblicato il 11 Dicembre 2012 da sergioemmeuno
 

 

   Giorno a tutti. Ehm… ci diamo sotto? Ma dai su! Al limite una cantina con un plug, una presa e un rubinetto la troverò…  

   Riprendiamo allora il filone dell’autobiografico sul bizzarro, sicché qualcheduno, come già è successo in privato, si chiederà: A Se’? ma sono capitate tutte a te? Ma a chi la vuoi racconta’? E io puntualmente alzo le braccia e gli faccio presente che ognuno si becca ciò che merita… Persona bizzarra chiama situazione bizzarra.

 

   Ordunque, nei giorni di quel “laboratorio sperimentale” che fu la mia gioventù, e di cui non cambierei nemmeno una virgola (o quasi), ricordo con un sorriso quella lunga serata passata nella tana della Dottoressa M*******.

   In quei giorni di furiose scorribande galanti fra il tepore acre della Madre metropolitana, una sera uscii a cena con una donna sulla cinquantina, conosciuta in una similcomitiva: silhouette alta e assai magra, capelli corti biondo platino (o giù di lì), occhi assai introspettivi e un alito – ahimé – impestato di tabacco.

   La dama era funzionaria di una banca capitolina, adorava chiacchierare su tutto e scolare buon vino (forse rosso) e, in men che non si dica, rimembro che mi ritrovai nella sua alcova popolata da sculture in legno di animali e stregoni, maschere, obelischi, strani poligoni colorati (ma che caxxo erano? Non l’ho mai capito) e arredo sul genere etnico.

 

   In un battito di ciglia, mi trovai al centro di quel letto, con lei che mi legò – giusto per mettere in chiaro le cose da subito – i polsi acerbi alla spalliera.

   Un minimo, anzi, una buona dose di timore lo provai: del resto la gioventù ci gioca con l’incoscienza e la smodatezza; o quantomeno deve prenderci confidenza.

   In balia del suo molleggiare invasato… ed era invasato, mi si creda sulla parola… dapprima dalle sue labbra uscirono suoni simili a guaiti… ahiii.

   Il misticismo e l’evocazione delle forze della natura non conoscono fasi preliminari né melensi romanticismi.

   I guaiti iniziarono a farsi sempre più lunghi, nel mentre la sacerdotessa danzava nel centro d’energia muovendo il bacino con movimenti sia rotatori che lungo l’asse verticale, in modo un tantino violento e scomposto. Nel frattempo, faceva leva con le braccia e le mani sul mio addome, martoriandolo con le dieci unghia. Ne avrei conservato i segni sacri per diversi giorni.

   Quindi iniziò l’urlo propiziatorio alzato verso il cielo: terribili ululati fuoriuscivano da quelle labbra, squarciando con impudenza la quiete e l’intimità della notte. Senza tregua. La "notte degli altri", aggiungo.

 

   Inevitabile il suono del campanello. Fui costretto, in qualità di adepto gentiluomo, a recarmi alla porta. Un tizio scuro in volto mi chiese di piantarla, carezzandomi in modo rassicurante sul viso con quella palanca di mano, e suggerendomi brutalmente di provvedere con un fazzoletto nella cavità orale.

   Accolsi il consiglio, minaccioso a metà, e infilai un fazzoletto ripiegato a metà in quella bocca estasiata. La notte sarebbe proseguita senza altri drindrin.

   Mi beccai pure qualche dolce ceffone “pedagogico”, per non farsi mancare nulla. E un remoto file mi sussurra che mi fu proposta anche una morbida penetratio, cosa che evidentemente rifiutai con toni garbati. 

   L’indomani, il relativo conto salato: schiena esausta e addome a carne viva. Aulin…

 

   Chissà come starà la cara Dottoressa M. at the moment. Un pensiero doveroso.

  

 

Buone danze a todos!

 
 
 
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