GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

In classifica

 
 

Ultime visite al Blog

captain_harlock_7Prelude2012sergioemmeunoMAGNETHIKACrossPurposesLajla665althea_19631gloria19652014bettedaviseyes1lucilla_800Ventodorienteurlodifarfallavenere674cuoretenero75
 

Ultimi commenti

 

Foto

Molte foto sono state scaricate dal Web. Se sono protette dal copyright, l'autore può contattarmi e ne provvederò alla rimozione.

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 84
 

Chi può scrivere sul blog

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Tag

 

modificare foto

 
Aggregatore notizie RSS
 

Aggregatore _nline

 

Personaggi e fatti

Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

« Madre Adelina Oderisi D...La cattedrale »

Madre Adelina Oderisi D'Arnia - parte 2

Post n°891 pubblicato il 30 Marzo 2014 da sergioemmeuno
 

 

 

>>>> Chi si sentisse colpito nella propria sensibilità, è pregato di non continuare a leggere. Con licenza.

---------------------------------------------------------------------------------------------------------    

 

     Adesso eravamo in una scarna stanza da letto, un armadio a tre ante e un letto di ferro battuto, adornata solo da un crocifisso, alcune pergamene, una bambola in biscuit e un paio di candelabri. Ero stordito, privo del minimo senso di orientamento, e pensavo di essere in un film del grottesco, e che prima o poi mi sarei svegliato di soprassalto, trovandomi sudato nel letto.

   

     Non poteva, una natura così austera, devota e impenetrabile nonché orgogliosa e sull’orlo dell’astio verso il genere maschile, essere risucchiata nel vortice della carne; perlomeno sarebbe stato più comprensibile in un’età acerba.

 

     Forse mi ero sbagliato, e cercai un appiglio, convincendomi che da un momento all’altro avrebbe tirato fuori qualcosa dallo scrigno dei ricordi, o magari mi avrebbe chiesto un aiuto di qualsiasi natura per il Convento.

     Una colonna ordinata di nanetti impazienti e laboriosi e ipertecnologici facevano su è giù per i piani della mente e mi irridevano. Mi ero rivolto verso la porta per uscire, quand’ecco la sua voce rassicurante, acuta, ora insolitamente alterata per emettere un comando: <<Spegni la luce>>.

     Così feci. Provai un piacevole senso di spossatezza frammisto a spaesamento. Mi conveniva giocarci come un bimbo capriccioso, attorno questo nodo improbabile?

    <<Sopra di me.>> Non mi era concessa parola.

     Adesso ero sopra di lei, nella posizione più classica. Le mie gambe erano sopra le sue, assai robuste e bitorzolute; l’attrito non faceva altro che aumentare la mia inadeguatezza.

     Accennai un suono vocale, ma subito mi bacchettò: <<Shhh>>.

 

     In men che non si dica, mi affacciai su quella maestosa intimità, rigogliosamente folta, canne di giunco, ispida e secca.

     Contro ogni senso logico, lo strumento s’inorgoglì, e tentai di far leva sulle mie braccia per non farle del male.

     Sulle prime, dovetti spingere con decisione, per vincere una resistenza scoraggiante, sinora a me sconosciuta. Come un beduino che attraversa il Sahara e viene ostacolato dai venti di sabbia.

     Ecco finalmente l’affondo, un bruciore immenso, un profondo gemito di Ade. Aveva gli occhi chiusi, ma era tutta nervi tirati e ramificazioni di sangue denso. Talvolta ci toccavamo con sobrietà le labbra socchiuse che vibrava a guisa impercettibile come se recitasse un rosario.

     Non mi era concessa parola.

     Ora ne ero completamente all’interno. Non voleva che cambiassi posizione né osassi profanare le adagiate sfere marmoree. Gradiva i lenti affondi, cadenzati e prolungati, a cui reagiva con scosse e contrazioni ben governate dalle briglie: la sobrietà, seppure al servizio del piacere, doveva aver la meglio sull’abbandono scostumato…

 

     Affondo e controreazione.

 

     Affondo e controreazione.

 

     Sarà stato per la conformazione a collo di bottiglia della tana, che aveva inghiottito  l’estremità e al contempo mi strozzava senza pietà sulla soglia di marmo bianco; sarà stato per quell’assieme emanante un acre odore di incenso e minestrone e limoni, e che mi aveva ospitato con la santità che si offre a un ramingo, nulla a che vedere con la casa di un’amante tutta massaggi e fitness; sarà stato perché era la roccaforte inespugnabile della Fede, tant’è che eravamo ormai in una discesa: una discesa a velocità folle, ci saremmo frantumati contro un muro o una parete qualunque…

     La discesa in un canale, ove Lei, l’intransingente, era la mia imbarcazione, io e lei un tutt’uno, ci si può fare del male così.

     Un grosso tonfo e toccammo l’auge per un tempo che si ostinò a perdurare chissà per quanto, da lassù qualcuno l’aveva dilatato. Una commistione di liquidi e pensieri e contropensieri, fors’anche sangue; il suo collo smisuratamente gonfiato.

     Esausto ma in pace col mondo, mi sollevai dalla nave madre, dando un poco di sollievo alla schiena demolita. L’intransigente era immobile. E adesso, dopo averla amata, avevo la percezione che occupasse uno spazio molto più ampio.

     Feci un lungo sospiro, riverente, che Lei parve gradire non poco.

     <<Una cortesia.>> Una pausa interminabile, con Lei sempre immobile e supina; i tratti del volto più distesi. <<Non dovrai farne parola. Non me ne far pentire>>, mi sussurrò, stringendomi le mani fra le sue. Alfine aggiunse col fiatone: <<Fa' che la tua parola sia sempre creatrice.>>

     <<Con permesso, Madre.>> Un inchino.

 

    Era Madre Adelina Oderisi D’Arnia. L'aspra Carismatica.

    Non sapevo di cosa si trattava; sapevo però che smaniavo dal rivederla quanto prima.

 

>>> Tratto dai Racconti dell’Improbabile

    

 
Commenta il Post:
* Tuo nome
Utente Libero? Effettua il Login
* Tua e-mail
La tua mail non verrà pubblicata
Tuo sito
Es. http://www.tuosito.it
 
* Testo
 
Sono consentiti i tag html: <a href="">, <b>, <i>, <p>, <br>
Il testo del messaggio non può superare i 30000 caratteri.
Ricorda che puoi inviare i commenti ai messaggi anche via SMS.
Invia al numero 3202023203 scrivendo prima del messaggio:
#numero_messaggio#nome_moblog

*campo obbligatorio

Copia qui:
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963