GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Una lettura che non scorderò mai: Frammenti di un insegnamento sconosciuto - sull'opera di Gurdjieff.

 

 

C’è modo e modo di cadere nell’errore... o, manovrando col bisturi, fallire un appuntamento importante su cui avevamo investito molte energie, un appuntamento insolito che non capita spesso.

Vi  è mai capitato? Non mi riferisco a quando si sbaglia pensando, in quel momento, di fare una cosa giusta. In questo caso, di cosa mai dovremmo rimproverarci? Mi riferisco a quando si sbaglia sapendo già di sbagliare. Per opera della boria o superficialità o poca lucidità, tutto ciò è diabolico. E molto umano, direi. E il cerchio imperfetto si chiude.

E dopo hai le budella attorcigliate, perché vorresti tornare indietro. A me è successo di recente, ma non lo dirò nemmeno sotto tortura, quando.

Mi ritorna in mente un grande maestro del passato che adoro, il tal Monsieur Gurdjieff che, a differenza degli altri pensatori, non era propriamente un filosofo. Era un signore assai pratico proveniente dall’Armenia e ha avuto relativamente meno fama di altri “pasticcioni” della filosofia; beninteso, come vastità di pubblico.  Esperto di danze orientali, “infiltrato” in isolate comunità asiatiche, conoscitore di tecniche di respirazione e di una chimica tutta personale, uno che spesso cucinava anche ai suoi discepoli, fuse conoscenze Sufi con altre tradizioni. Avrebbe poi fondato l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo.  Molto curioso un passaggio del libro di Ouspensky che lessi molti anni fa (nella foto), in cui G. mostrò di apprezzare l’opera di Kant, aggiungendo che la sua pecca era stata quella di non aver utilizzato una scala di valori.  

Lui sosteneva che pensiamo di essere svegli ma viviamo in una sorta di torpore, da cui dobbiamo uscirne fuori con un certo lavoro di gruppo: dobbiamo imparare a essere presenti a noi stessi. In parole povere, non fare in modo che tutto ci “accada”, ma avere la percezione di cosa stiamo facendo in quel momento. Un lavoro estenuante, ma in grado di elevarci come vitalità psicofisica e consapevolezza.

Chi lo ha conosciuto narra di lui come un uomo dal magnetismo poderoso che, in taluni casi, era in grado di trasfigurarsi e comunicare ai propri allievi, per pochi secondi, una propria “diversa” immagine. Come quella volta che fu salutato dai discepoli alla stazione e si affacciò al finestrino: era un altro.

Una lettura, questo Frammenti di un insegnamento sconosciuto, che consiglio con sette stelline (ehe)… Ne vale mille di libri!

 
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